Nord e Sud - anno XI - n. 59 - novembre 1964

Recensioni « Sette scrittori italiani - dice Giancarlo Vigorelli, nella prefazione - aprono qui un processo ... » A cosa? Un po' a tutto e a tutti, partendo da Napoli e dal S~d (Bernari), dalla mafia (Sciascia), dal boom della provincia lombarda (Mastronardi), dalla crisi dell'istituto familiare (Rea), dai tribunali (Troise), dal problema della casa (Zanzotto), dall'emigrazione (Co·stabile), mantenendosi sulla cerniera del racconto e dell'inchiesta. Ma chiamare « processo » un alternarsi di denunzie, memorie, note di costume, è un .po' . troppo. C'è molto., ma non tutto, dell'Italia del '64, della sua « aria di scandali», dei « suoi vizi atavici e errori dell'ultima ora». Sette testimonianze, anche veritiere, anche dolenti o irritate non fanno un processo, pur se è giusto ammettere col Vigorelli che la loro validità riposa nella coincidenza tra « la violenza del j'accuse » e « la pietà di un mea culpa». Come in ogni inventario delle piaghe d'Italia anche in questo non poteva mancare,. né poteva non avere il posto d'onore il ·capitolo dedicato a Napoli, città-piaga, realtà emblematica di situazioni-piaga, politiche, economiche, sociologiche. Il « Rappo,rto su Napoli o·ggi », che apre il volumetto, è firmato da Carlo Bernari; per la misura in cui in esso si fondono narrativa e indagine sociologica e, soprattutto, per la contiguità ai temi che più di frequente vengono trattati su questa rivista, è giusto dedicargli una particolare attenzione. Nelle quaranta pagine del «Rapporto» c'è il Bernari di Speranzella e quello de L'anno del sole quieto; ci sono-, dunque, dei salti bruschi, squarci grotteschi e immagini dolenti. Il racconto se n'avvantaggia, acquista efficacia, respiro, getta luce su panorami e dettagli; ma è luce di lampo, troppo rapid() perché, una volta svanita, si possa davvero esser certi di ciò che ci è sem, brato vedere: cose non di rado contraddittorie. Né in questo ci sarebbe motivo di stupore perché Napoli è di per sé contraddittoria, lasciando coesistere l'economia del vicolo e l'economia industriale, frutteti e ciminiere, rivendicazioni operaie e reminiscenza borbonica, inefficienza amministrativa e laboratori di cibernetica. Coesistenza senza integrazione, dialettica senza conflitto, quasi la vita napoletana si svolgesse su piani diversi, senza contatti, in vasi 110n comunicanti. Nel che, poi, è uno dei più gravi pro·blemi della città, l'origine dell'ambiguità delle relazioni che vi fioriscono, - l'abnorme coagulazione sottoproletaria intorno al mito laurino, certo camaleontismo della borghesia professionale, l'adesione protestataria, acritica, di parte dell'intellettualità cittadina allo schieramento comunista ...:__l',impossibilità di • una integrazione o, almeno, d'una lotta aperta; e quindi il permanere d'un continuo dualismo tra vecchio e nuovo con il corrompimento del nuovo da parte del vecchio e il mascheramento del vecchio sotto il manto del nuovo. • Questa «piaga» il dito di Bernari, emigrato che ritorna, non immemore ( « la città che ti diede i natali ... creandoti un 'ambiente' più che decente da andarne fiero addirittura ») ma non cieco, la indica e la fruga impietoso ma partecipe (« è un modo di essere, dentro e fuori di te»). Partecipe, esperto, eppur talvolta fuorvi~to dall'ambiguità che è delle cose, dell'« aria» di 111 Bibliotecaginobianco

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