Nord e Sud - anno XI - n. 59 - novembre 1964

- RECENSIONI Da Pisticci a Wolfsburg Giovanni Russo aveva già dato alla letteratura meridionalistica di questo dopoguerra - col suo Baroni e contadini, pubblicato da. Laterza nel 1955 - un assai valido contributo. Con Chi ha più santi in paradiso, ora p•u_bblicat_o dallo stesso editore, egli reca alla letteratura meridionalistica un nuo·vo e diverso co·ntributo. Il suo nuovo libro, pur con.dotto, come il primo, sul piano di un reportage aggiornato e brillante, ha infatti un'orditura sistematica appena dissimt1lata. Il Russo si è, i11sostanza, soffermato soprattutto su un tema: quello della odierna emigrazione meridionale, e ne ha indagato ragioni e modi prima nelle regioni di partenza e poi (ed è la novità maggiore) in quelle di destinazione. E se dubbi ci fossero sulla natura sostanzialmente sistematica del libro, dovrebbe bastare a scioglierli la lettera della breve, ma importante « premessa», in cui le fila unitarie del libro sono chiaramente messe in evidenza. Seguiamo ancl1e noi, rapidamente, queste fila attraverso· .i sedici capitoli del libro. Il punto di partenza è Napo-li. Lo1 sguardo che il Russo, ha gettato sulla grande. metropoli 1neridionale è acuto, anche se, forse, il quadro· che ne è venuto fuori risulta colorato·· un tantino più foscamente della realtà. Ciò che lo ha attirato è stato il contrasto tra « miracolo» italiano e · « miracolo» napoletano. « Il miracolo di Napoli », egli nota, « è consistito ancora una volta, nella capacità con la quale centinaia di migliaia di napoletani hanno ripetuto il miracolo di creare un equilibrio di sopravvivenza che si fon·da sulla fantasia nell'arrangiarsi, sulla sottomissione a un lavoro artigianale molto male ricompensato, nonostante la sua delicata perizia, e, soprattutto, su una rassegnazione cl1e costituisce, però, l'unica riserva di energia per andare avanti ». Ecco perciò portata in primo piano la Napoli della « campata » (ossia il frutto della ingegnosa trovata quotidiana per procurarsi il minimo in-dispensabile al sostentamento) e dell' « economia del vicolo» (ossia qt1ella rete di rapporti provvisori e fortuiti che nell'ambito della convivenza rionale viene determinata dal reciproco intrecciarsi degli sforzi per guadagnare la « campata »). A questa Napoli tradizionale il Russo oppone, con ragione, quella nuova che è an,data a risiedere sulle colline del Vomero e di Posillipo. È la Napoli « dei com~ercianti ricchi, delle cooperative di impiegati e di professionisti, delle villette di borghesi che .sono riusciti a strapparsi dagli intestini dei rioni antichi. Ora hanno i portieri col berretto gallonato nelle garitte dei portoni di falso marmo delle palazzine moderne, l'ascenso 1 re col gettone, i bagni maiolicati, i mobili o svedesi o antichi o di falso antico, l'automobile, e un pochino di vista sul golfo, ma pro·prio un pochino, perché il golfo sta scomp·arendo dietro la cortina di cemento armato che avanza. Hanno guadagnato in spazio, luce, igiene e « signorilità», ma hanno- perso ogni rapporto con il popolo dal quale rice:vevano linfe e umori. Umanamente, si sono impo1'08 \ , Bibliotecaginobianco

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