Nord e Sud - anno IV - n. 26 - gennaio 1957

Non abbiamo alcuna difficoltà ad ammettere che per il passato nella Rinascita ci sia stata una prevalenza di analisi, ·di temi e di fo·rmule comuniste: ' rr1a ciò va i1nputato a'lla scissione che indebolì il PSI., ~ggi ad attenti osservatori dei problemi politici meridionali non sfugge che, dalle elezioni regionali siciliane i11 poi, be11 più incisiva ed utile è diventata l'elaborazione socialista, in forza del maggior prestigio che il PSI ha conquistato nel Mezzogiorno, prestigio originato anche, e non solo, da felici intuizioni politiche espresse da'l partito proprio per lo sviluppo della sua ·organizzazione e dei suoi legami co1n le masse popolari. L'unificazione, sviluppando la capacità , critica dei socialisti, farà cadere p-resunte o reali visioni strumentali della politica unitaria, definitivamente, nelle forze p,olitiche che hanno dato vita e che intendono portare un contributo serio ed originale al movimento merjdionale. Non si può oggi essere tentati di accantonare il patri1nonio organizzativo che i'l PSI si è saputo dare in questi anni nel Mezzogiorno, anche se notevoli sono le insufficienze e ìe lacune; ma si deve avere fiducia nella capacità interna, per vero mai venuta n1eno, per evitare ritorni personalistici e smanie elettoralistiche e per sviluppare, nelle masse meridionali, una pìù salda ed articolata organizzazione di partito. PIETRO LEZZI Paresce La politica socialista nel Mezzogiorno d'Italia e in Sicilia ha avuto due indirizzi: il riformismo bissolatiano e il massimalismo. Questo nella storia prefascista. Le posizioni sono rimaste anche dopo caduto il fascismo, ma se ne è modificata la denominazione. L'istintivo massimalismo meridionale si è distribuito fra il PSI e il PCI. Al primo sono rimasti in dote i residui del socialismo prefascista ed artigiani e gruppi operai qualificati, al secondo sono affluite le masse contadine e gli strati irrequieti della minuta borghesia, intellettuali che avevano ·anche trescato col fascismo. PSI e PCI, però, non hanno potuto trovare una linea di demarcazione. In fondo, nel lVIezzogiorno, salvo pochi gruppi intellettuali particolarmente politicizzati, pochi riescono a giustificare logicamente perché sono socialisti e non comunisti o viceversa. La verità è che, sostanzialmente, gli uni e gli altri sono massimalisti e tali sono restati anche dopo il loro distribuirsi nelle nuove caselle. Anzi, da certi punti di vista, gli autentici massimalisti sono restati - con un certo quale giacobinismo insuperabile - gli aderenti al PSI, mentre il comunismo, con il suo possibilismo, nel Mezzogiorno non ha fatto, sostanzialmente, che profittare a suo vantaggio di alcune tendenze trasformiS1tiche che so,no anch'esse, e pour cause) prQp•rie delle situazioni economiche poco sviluppate. [52] Bibloteca Gino Bianco ..

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