nei forzi eri dei miliardari locali, come un santo imbalsamato nelle cripte degli altari » (13 ) ) ; non che gli manchi, insomma, la buona volontà: gli mancano, invece, i mezzi letterari, le corde adatte a suonare, senza stecche, la musica della miseria umana. Non sono la malafede, l'amplificazione retorica degli stati d'animo, o la suggestione di sanguinanti emozioni a rotocalco che lo boicottano, sulla strada dell'espressione artistica di quel mondo di diseredati con il quale egli pure scherza, si dibatte, s'immischia in decine di pagine: qui è lo stile, il gusto dell'elzeviro ad aver la meglio su tutto. Il trapasso da un'emozione reale, storica, documentaria, in un surreale che poco crea e lascia al di là delle righe scritte; la verità mista a un paradosso che è quasi solo un gioco di parole; i riccioli stilistici e la copiosità spesso affaticata di una scrittura tutta a guglie, tutta punte impreviste, ma che è spesso la dilatazione di una suppellettile folcloristica tutta presente e prevedibile fin da principio; una frase bella, malinconica o pensosa, urtata improvvisamente da un aggettivo che non ci vuole, ma che si avverte come il più paternamente ricercato e compiaciuto dall'autore; · l'umorismo delle cose serie e il flebile romanticismo delle inezie, giustap- . posti senza criterio, anzi con il vezzo di non averne; il trasmigrare, talvolta felice, ma spesso meccanico e voluto, dal popolaresco nel mitologico; e sempre, nel piacere di una pagina indovinata, l'irrompente vendetta del frivolo: « Non finisce mai la storia· dello 'scugnizzo ' Guarracino: io poi sto raccontandola senz'arte e senza piacere, scrivo questa volta come chi fuma al buio. Ora voglio raggiungere Luigi dove aspetta, sullo scoglio di Mergellina mentre la sera approda. Ragazzo~ a che servono avidità e p·erfidia? Che tu abl)ia mangiato nei quattordici anni della tua vita non solo il frutto ma l'albero, dalle radici alle foglie l'intero albero del bene e del male, a che ti serve, ragazzo? ... Prima di nascere ipocrita, o malvagio, o ladro, o matto, o comunque infelice, nascesti guerriero. Sei vivo sul tuo scoglio? Rassegnati. Sei morto? Dio ti ascolti e ti consoli. Frattanto la notte è venuta e Napoli piglia fuoco. Da via Partenope a Posillipo il mare divampa di luci riflesse, do1lgono gli occhi ai pesci) un turista che percorre la litoranea in carrozza non vede i cenci che respirano sul marciapiedi ma scorge distintamente gli scheletri delle sirene che si rivoltano nelle loro tombe di sabbia. Voi dite a Napoli: 'Quanto sei bella! ', e Napoli è perduta. » (14 ) cc Luglio: ma viene immancabilmente un'ora, la sera, in cui Napoli s1nette ( 13 ) San Gennaro non dice 1nai no (Milano, Bompiani, 1951), p. 66. ( 14 ) L'oro, p. 123. [96] Bibloteca Gino Bianco
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