Nord e Sud - anno II - n. 8 - luglio 1955

• e di inconscia profondità, di << sfor_tunata, poco nota, lunga, mesta e rassegnata bravura>> che appartiene ad un tipo divenuto eterno, ad un'a11tica ed esausta caratterizzazione folcloristica. « La possibilità di riaversi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza. Arrotoliamo i secoli, i millenni, e forse ne troveremo le origini nelle convulsioni del suolo, negli sbuffi di mortifero vapore che erompevano improvvìsi, nelle onde che scavalcavano le colline, in tutti i pericoli che insidiavano la vita umana; è l'oro di Napoli questa pazienza» (9 ). l L'oro, nascosto nelle pietre ed occhieggiante dalle nuvole della assurda città, regala splendore agli stracci dei suoi abitanti; tra il reale e il surreale, la tipologia si tinge di toni umoristici e patetici, con varie sfumature, inseguendo le cangianti tribolazioni di un popolo che << dispone di sette spiriti come i gatti>>,e che è « praticamente immortale». Osserviamo in che modo I • • si atteggi, sotto questa penna veloce e modernamente immaginifica, la figura eterna del poveruomo. La sua stessa rassegnazione ne fa una macchietta che vive e spicca umoristicamente più per una passività quasi i11naturale, per una non-reazione agli eventi, che per una carica di esplicito o polemico menefreghismo. Seguiamo il primo eroe che si prese~ti nel primo, fortunatissimo « poemetto napoletano >>di Marotta: Don Ignazio Ziviello, capostipite di una nutrita serie di personaggi che ne rifaranno i gesti, che ne riprodurranno l'elementare psicologia. Egli « è un singolare, aitante e massiccio gobbo, di statura superiore alla media», ricco di famiglia e doviziosamente fornito di quell'altra aurea ricchezza, segreta e inesplicabile, che lo aiuta a darsi al bel tempo, a dimenticare la sua deformità (<<è un difetto che fa compagnia - finì per dire della sua gobba. »): « Ma u-n giorno, nell'ultimo dei suoi aviti palazzetti, entrò, come dice il poeta, 'una carta in mano a un avvocato'. L'indomani don Ignazio non possedeva che certi anelli e orecchini di sua madre, legati con lo stesso fazzoletto col quale si faceva vento mentre attraversava fra due siepi di stupefatto popolino il vicolo in cui era stato un sign·ore. Si diceva che avesse percosso gli ufficiali giudiziari: e in realtà era stato sul punto di farlo; ma gli venne da ridere quando si accorse che tra gli oggetti sequestrati ·figurava un antico, polveroso clistere. Due ore dopo, al tondo di Capodimonte, attaccò discorso ( 9 ) GIUSEPPE MA.ROTTA: L'oro di· Napoli·, XIV ediz. (Bompiani, Milano, 1954), p. 18. , [94] Bibloteca Gino Bianco '

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==