Giacomo Matteotti. Giornali del 30 giugno 1924

' VOLON ·· RIVISTA QUINDICINALE - DIREZIONE-ED AMMINISTRAZIONE: VIA IV NOVEMBRE, 154 - ROMA (J) ABBONAMBNTO ANNU01 BostonUoro L. 2n • Ordinarlo L, t& - A.bbonl\1.1 bonomoriu L. 100 • Numoro aopant.o Oent. no ao Ota•no 1924• Anno VI - Numero IO Quoeto rtvlaoo, noto por opero dt oocnbo.uo.r:u.l duronto lu g;uorru, TUOI oaeoro oapr ~._tono di soldo cosclonzo Italiano oontro oant epooulo.ztonc eul do SOMMARIO. - Il testamento di un martire -· L'assassinio di Matteotti -s. Jl crepuscolo di un mito - Rivelazione dieci giornate - Crisi parJ::1mcntart - Un nobile appell? della Vedova Battisti. li volto dèlla Patria - li giudice e la legge Il testamento di un martire le (cioè: i fascisti) u (Farinacci, IO mag– gio 1924). Cioè, in sostanza, i bavagli, i bandi e le interdizioni che sono alla base del– l'illegale regime fascista in mezza Ita– lia, dovrebbero essere applicati per via legale. L'on. Farinacci. che conosce bene la vitaa delle Provincie rurali ita– liane, dalla Valle del Po fino alle Pu– glie, conferma che a base del tegime fascista, per via di arbitrio o Per via di legge, deve rimanere la distinzione dei cittadini italiani in due categorie: fa– scisti con .tutti i diritti - antifascisti, nella condizione di sudditi senza diritti. Quest.o articolo, n'el quale non si sa ac più ammirare il sereno coraggio o la cristallina chiarezza, è stato pubblicato dal fascicolo degli Echi e Comenti del 15 maggio' 1924. Crediamo sia l'ultimo pubbiico scritto del Martire e possia– mo considerarlo come il Suo testamen– to politico. Scrivevo alla vigilia delle elezioni che la battaglia elettorale era priva della sua essenza di fronte a un Governo che si arrog'.ava di tenere e mantenere il po– tere con la forza, in qualunque caso. QualcunO rispose che non era vero Ma evid,entemente non sapeva nuliti: poichè ora è lo stesso Capo del Go– verno che al popolo di Palermo dichia– ra 1< Noi abbiamo Roma per diritto di rivoluzione, Soltanto da un'altra /orza e solo dopo un combattimento che non Potrebbe non essere asperrimo, ci po– .trebbe_ essere tolta " (Palermo, 4 mag- gio 1924). · E' dunque definitivamente chiaro che il Governo Fascista intende fondarsi sulla forza. Sono così interpretati i ri– sultati elettorali. E' così spiegato a che cosa serva la Milizia Nazionale, che non .~ nnzif?n*- .ma J~scis.}8 e ~pone 3W mila· uommi armati a di::i.posizione non del Capo della Nazione, ma del . Capo della Fazione fascista. Di fronte al fatto ormai dichi~rato e inequivocabile, che cosa possono fare gli altri parJ,iti, e il Partito Socialista Unitario in particolare? li solo Partito che si trova giustificato nella sua azione e nella organizzazione dì forza, è il Partito Comunista. E ciò spiegherebbe gli amorosi sensi intercor– si, anche durante il periodo elettorale, tra fascismo e comunismo. La violen– za trionfante ha bisogno de1la violen– za minacciante degli oppressi, per giu– stificare e mantenere se stessa. Ma gli altri Partiti, come possono più continuare la loro propaganda, cO'fne possono contenersi nel civile proposito di conquistare per le vie legali quel consenso che è necessario alle maggio– ranze per arrivare al .Governo? Ad ogni- possibilità loro di diventare maggioranza, in un luogo solo o in tut– ta lo. Nazione, corrisponderà - è evi– dente - u un giro di vite Jl (come,ele– gantemente si esprimono i comunicati ufficiali del Fascismo) di violenza fa– scista, p•er di~truggere gli effett:i del consenso ottenuto dalle maggioranze. In tale condizione. dovranno dunque i .Partiti di opposizione, costituzionale o popolare o socialista, organizzarsi sul terreno della violenza? Per ora, certa– mente no. Anche il Partito Socialista Unitario si rifiuta a questa estrema ipo– tesi. La civiltà italiana deve ancora rifiu– tarsi a credere che tale debba diventa 're la norma della nostTa vita politÌca. Vuole ancora credere che la propagan– da civile e pacifica sia il fondamento unico dei moderni regimi. Si 1ifiuta in– somma al ritorno d'Italia alle faz.iom medievali; dove la norma era l'assalto, la congiura, l'imboscata, l'omicidio, per la conquista del potere. Ma se, come il fascis~o afferma., es- so vuole continuare a dominare eterna– mente ad ogni costo; se esso continue– rà ancora dopo anni, a imperversare in nome di quella 11 rivoluzione u che gli diede il potere nell'ottobre 1922 contro i ridicoli cavalli di Frisia di Luigi· F ac– ta - come potranno essi vivere anco– ra civilmente? Questo è certamente il più grave pro– blema dei prossimi mesi. Poichè la pro_ messa normalizzazione o legalizzazione non viene, e, secondo noi, non può ve– nire. Nulla caratterizza il fascismo, nè come prqgramma nè come idealità, fuori del metodo della violenza. Anche quando i fascisti parlano di legalizzazione, ecco come l'intendono : 11 Le illegalità che noi vogliamo legaliz– zare sono queste : controllo sulla slam~ pa - pene contro coloro che turbano l'ordine nazionale (cioè:. Jascista) - allontanamento dalle province di alcuni uomini e loro ritiro in località innocue - sindacalismo di Stato J.. pena di morie per coloro che teptassero tradire la nazione (cioè : il fascismo} o si ren– dessero colpevoli di agguati a danno di coloro che éli}endono la cdus~ naziona- Ora, è possibile che così conti"uui? E' pensa6ile, che in pieno ventesimo secolo; una parte dei cittadini si raàse– gnino alla condizione di schiavi poli– tici~ E certamente oggi un fatto, come ammettono gli on. Mussolini e F arinJtc– ci. Ma se esso possa durare; e quali giorni o quali condizioni P.repari es!}_o all'Italia - questo è che ancora il Par– tito Socialista Unitario domanda, con · l'affanno di chi non vuole, vel)Ìre meno a qllei principi di civiltà cui crede, e nei quaJì vorrebbe vivesse l'Italia. · ·G. Matteotti Dep&tat'o · di ·Pàrlamenlo ... ,,,,.,....,.- -l' ~ ~ ·•t,r"..r,,_:.7- ...~-. ,..i., L'.assassinio di Matteotti Responsabilità Come molti prec;entivano con ango– scia, c'è voluto del sangue e l'infamia per imporre al paese la questione mo– rale del fascisino. Sì, del fascismo. Ànèhe ·se il potere giudiziario dovrà limitare a dieci, a sei, la torva masna– da che ha compiuto il delitto, non è men vero che al fascismo -icon la or– ganizzazi~ne faziosa dei· poteri statali, con la propaga,nda diuturna di violen– za, con l'impunità concessa - agli ag- · gressori politici, agli autori delle mille spedizioni punitive, con )*idolatra ca– daverico ossequio alle alte gerarchie del partito -· rimonta la responsabili– tà morale della pagina più vile della vita politica dell'Italia moderna. Scrivendo queste parole penso - con uno stringime.nto ali' anima - ai molti italiani incorro~ti, ma deboli, ròa illusi, che - stanchi del torbido perio– do del dopo guerra - hanno creduto di servire il Paese deponendo la loro volontà - come ancor ieri invitava un servo del potere - e< sulle 'ginocchia di Giove, cioè di Mussolini 1>. Ma è necessario che questi deboli per entusiasmo incomposto o per smar– rimento spirituale - a"pprendano I'in– segnamento virile che sale dalla pre– sente abbiezione : che cioè nella vita di una Nazione disciplina non é abdi– cazione di responsabilità, nè amor di patria è idolatria di capi, nè concordia è soppressione di quelle lotte di partiti che sono indispensabili allo ~viluppo politico degli Stati, Pt.!rchè si svolgano in una atmosfera di dignità civile Di ' fronte l alle continue · violazioni delle più elementari libe1 tà, alle parti– gianerie senza vergogna delle ammini~ 6trazioni pubbliche, alle valorjzzazioni scandalose di patriottardi dalle fedine penali nere, essi non hanno saputo fare altro che torcere mestamente gli occhi, che' ,oppor;e una disciplina e– sterna, priva di ogni vitalità interiore, ripetendo a sè stessi e agli' altri, quasi per addormentar~ la rivolta delle pro– prie energie moraJi : fl ogni grande mo- 11 vimento ha le sue ombre... i treni te camminano... nqn vi sono più scio- 1< peri ,,! Che altro se nori il sangue e l'infamia poteva risvegliare tante èo– scienze assopite nella servitù? . Guai se quanti amiamo Puramente l'Italia, non sapessimo rinnegare que– sta triste eredità di compromessi, e per dvitare lo sforzo di una rigenerazione, cercassimo di ridurre ad un episodio di cronaca sanguinosa un delitto che (- come il popolo ha già riconosciu– to - l'espressione di un sistema di po– litica faziosa che aveva già ravvolto ~nelle sue spire gran parte del nostro "sventut"ato paese. i-' Nessuno tenti di separare me dal fa– scismo - ba detto più volte il presi– dente del Consiglio : nessuno lo tenti _:_ ripetiamo noi in quest'ora buia che attende un giudizio integrale sulla fa– zione dominante. L'instaurazione della politica di vio– lenza rappresentata dal fascismo è s\..la: soa la responsabilità dei metodi d~ lotta che hanno degradato lo Stato a'gli occhi delle masse. << Quando si tratta della Patria e del fascismo - egli ha detto nel suo di:. ~corso programma ali' indomani dello scioglimento della Camera - siamo pronti ad uccidere come a morire 11. L'Onorevole Matteotti si preparava dall'alto. della tribuna parlamentare ad un attacco contro il fascismo : il Du– mini, bieco servitore del partito, lo ~a ucciso: che altro egli ha fatto se non seguire la parò la del suo duce i Non aveva questi assunto nèl suo discorso sugli accordi di Santa Marghe– rita alla ·Camera la responsabilità di tutte le violenze dei suoi gregari? <I In materia di politica interna quel– u lo che acc8.de, ,,ccade per mia preci– <1 sa e diretta vol'ontà,te dietro miei or- 11 dini tassativi; dei quali assumo natu- •cc ralmente piena ,e persò'nale respon– ,é sabilità. E' inutile quindi di battere << sui funzionari delle singole ammini– u strazioni : gli o'rdini sdno miei... la « differenza fra lo St'ato liberale e lo e< Stato fascista3"consiste precisamente ,e in ciò : che lo Stato fascista non solo 11 si' difende, ma attacca ,,. Possibile che tutti attribuiscano al Caso la criminosa concatenazione di avvenimenti che - con un creSéendo pari • al crescendo ,della violenza ddle parole del Duce _;_ si venivano accu– mulando di mese in mese? Lasciamo le vittime sconosciute, le vittime umili di cui nessuno ha parlato e nessuno parlerà mtli ma· che popole– ranno di' sl)ettri paurosi le città d'Ita– lia fino a quando non saranno dile– guati dalla luce di una.esistenza piìÌ ci– vile. Or è un anno l'On. l'vlisuri alzava la sua.1.voce alla Ca.mei:.a. contro l" àtm.<>– slerà cli illegali..;,..o creata daì stioi com• pagni di partito : aveva appena var– cata la soglia del .Parlamento che ve– niva proditoriamente b8stonato e .fep rito. 'Chi mai pensò ad arrestare gli ag~ gressorD Il giornale del Presidente del Consiglio non ebbe che parole di mi– naccia contro altie eventuali levate di scudi, e· poco dopo a Bologna veniva offerto un banèhetto ai sicari ben noti. Nel dicembre il capo dell'-opposizio– ne, On. AmendOla, veniva aggredito e ferito in pieno giorno in uila delle ~ie più centrali di Roma. Chi mai pensò ad arrestare gli aggressori?· E. i.I gior– nale del Presidente del Consiglio, allo– ra presente a Milano (28 dicembre 1923): ,e Sfrondata ai lumi delle indagini e u della logica, di ogni tragicO partico– " lare, l'aggressione dell'On. Amendo– t1 la, resta soltanto, nella sua semplicip 11 tà, un episodio di cronaca: che può u non essere lodevole, ma può essere 1( benissimo spiegato. EJ)isodi come n~ u sono avvenuti sempre in Italia, spe- 11 cialmente dµ.rante il periodo bolsce– u vico, e anche ali' estero, e come qe ti potranno accadere ancora (nonostan~ 11 te le tassative contrarie disposizioni (t degli organi responSabili) se i siste- 1< malici oppositori in maggiore o mi– ei nore malafede, del governo fascista, 11 non si convinceranno che è ora di et smetterla J>. Cesare Forni fa le prime denunzie ·sulla cck1:1che circonda il Presidente del Consi&"lio. Poco dopo viene basto– nato a sangue alla stazione di Milano. Tutta la città ,çonosce i nomi degli ag– gressori : ma chi pensa ad arrestarli? E l'organo del Presidente del Consiglio (15 marzo 1924): « Quando un partito u ha ,assunta In responsabilità tremenda cf di dirigere le sorti della Nazione spe- 11 cie nell'attuale periodo storico, esso (e ha perfettamente il diritto e il dovere 11 di essere inflessibile contr:o i suoi ne- .. tt

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