Lo Stato - anno II - n. 13 - 10 maggio 1961

Ribadito ancora una volta l'odio ver– so i valori tradizionali « sottoposti a un dubbio sempre più profondo o senza altro rinnegati come anacronisùci e dog– matici> (p.73), lo S. profetizza la fine della religione, che « sarà risolta nelle forme del nuovo sapere » (p. 78), il tra– monto dei « miti dell'eguaglianza, del– la magg10ranza, della sovranità popo– lare» (p. 80), e l'avvento di una so– cietà comunistica, sia pure antimarxi– stica, in cui si assiste alla « sprivatiz7 zaiione dell'uomo», alla « socializza– zione della realtà », alla radicale elimi– nazione della « distinzione di pubblico e privato », alla mondanizzazione della divinità, in quanto, distrutta la Chiesa come intermediario tra l'uomo e Dio, la religione « deve divenire rapporto con un Dio immanentisticamente concepito attraverso la rilevazione della scienza > (passim, p. 90). Ferri vecchi ottocenteschi Non è Augusto Comte che parla, è Ugo Spirito che scrive: forte di questa fede, ereditata dall'immanentismo asso– luto, egli si scaglia contro la società borghese, da un lato, e contro il marxi– smo, a cui è.contrapposto il comunismo, dall'altro: « La società borghese - egli tuona - è la società dei diritti, .e le carte dei diritti rappresentano ·1e sue conquiste e i suoi ideali. Diritti dell'in– dividuo visti in rapporto alla sua indi– vidualità, alla sua autonomia e perciò al carattere privato del suo programma di vita. La società comunista è la so– cietà dei doveri, e cioé del programma unico, al quale tutti debbono colla~3rare. per il bene di tutti> (p. 92). Bene: diritti per nessuno! Non si rende conto lo S. che questo significa tutti schiavi? Per giunta questi presunti doveri pro– manano forse da una morale oggettiva, assoluta, immutabile, la quale s'impone alla coscienza del singolo e dell'intera collettività con criteri perentorii e ine– luttabili? Certamente, no: altrimenti l'onnicen– trismo a sfondo comunistico si conver– tirebbe in una morale oggettiva e dog– matica, come quella tradizionale dallo S. rinnegata. Allora, una delle due: o relativismo etico, ossia caos morale, di– sordine sociale, crollo e confusione di valori positivi e negativi, secondo la tesi prima sostenuta; oppure dogmatismo etico, ancorato non più ad un'etica e ad Lo STATO bibliotecaginobianco una metafisica trascendente, bensì ad una scienza cieca, ipotetica e problema– tica immanentisticament.e concepita e vissuta, la quale si. rivela in un solo (e in verità poco chiaro) attributo: l'au– mento ... della velocità! Sembra che tutto ciò non sia detto sul serio. Nessun fondamento etico o scientifico sussiste, dunque, nella cosidetta « so– cietà dei doveri > preconizzata dallo S. tranne che un'opzione soggettiva, senti– mentale, extrafilosofica ed extrascientifi– ca, benché egli vada predicando «che la scienza e la tecnica implichino una metafisica comunista, e che tale metafi– sica sia immanente nel processo di indu– st1ializzazione che della scienza e della tecnica è figlio > (p. 93). Mentre « scien– ziati e tecnici aprono la via alla nuova metafisica e alla nuova morale del Co– munismo », lo S. ne attacca per suo conto le radici marxistiche. Egli insom– ma, novello Apollo, vorrebbe far uscire Marsia dalla sua pelle! Ossia, fuori me– tafora, vorrebbe sottrarre il Comunismo a quel Marxismo, che costituisce la sua origine e la sua essenza. E da comunista... antimarxista egli ammomsce: « Il comunismo si deve ormai liberare dei presupposti marxi– stici, da cui ha preso le mosse per il suo rapido cammino storico > (p.95); e ancora: « Il marxismo è morto perché nonostante la sua critica della filosofia e il .suo avvio alla scienza, è rimasto a mezza strada senza sapersi liberare del– la doppia metafisica che gli è propria > (p. 96); e infine: « Il marxismo è diven– tato, perciò, il limite più vero del Co– munismo, anzi il solo eftettivo pericolo anticomunistico » (p. 97). Interpretare il Comunismo in termini di Marxismo significa, dunque, per lo S. cadere nel dualismo di verum e fac– tum, di scienza e filosofia, ed esporre questo ideale dell'avvenire alle contami– nazioni borghesi dei diritti democratici del cittadino, che sono la più radicale condanna della comunistica « sprivatiz– z.azione » dell'individuo. Ottimo caso: anche i servi della gleba erano « spriva– tizzati >. Il gusto del paradosso Chiarito così il concetto del « nuovo Comunismo come Antimarxismo > (p. • 98), lo S. riprende il suo tono profeti– co: « All'uniformità e al Comunismo è vano pensare di sottrarsi nel prossimo avvenire > (p. 99), com'è vano « reagire con una protesta dettata da nostalgie di un mondo finito» (pp. 98-99): allora, tutti al passo con il comunismo! Fac– ciamoci tutti questi schiavi dei novelli padroni. « I regimi comunistici, poi, ci danno l'esempio ulteriore della direzione di marcia > (p. 98), imponendo criteri e ritmi obbligati circa . la concezione e l'esecuzione del dovere: quale confor– mismo più pedisseqùo e dogmatico di questo? Quale libertà è possibile per i « singoli individui fusi nella collettivi– tà »? (p. 102).Ovviamente, nessuna: l'in– dividuo non è più il protagonista della sua medesima· vita individuale! « Nuovo protagonista - conclude soddisfatto lo S. - è questo Comuni– smo già operante al di là di ogni diver– sità religiosa, filosofica o ideologica: questo Comunismo che è forza stori_ca in quanto è forza naturale, perché di una storia e di una natura che si iden– tificano. E' la terra che si fa soggetto e che si riconosce sul piano degli infi– niti astri. E' l'epoca atomica che è co– minciata. A chi non avverte la gran– dezza della rivoluzione in atto non re– st:c.che da versare lacrime nel ricordo e nella nostalgia del passato > (p. 103). A questo punto lo S. riflette e dice: .« Ora non posso più ridere della sicu– rezza dei filosofi che parlano da pro– feti: anch'io parlo e non posso non par– Iare alla stessa maniera ... » (p. 276). E se_ « tutti i filosofi - egli prose– gue - si sono illusi, anch'io mi sono illuso e continuo a illudermi, pur non potendo sottrarmi a questa illusione > (ibid.). Inutile chiedergli la ragione di tale eterno inganno, o qual mai eterno in– ganno, o qual mai genio maligno· at– tenda alle nostre illusioni: l'onnicentri– smo « è un'ipotesi inverificabile > (p. 284) che, per quanto sperimentalmente non si giustifichi, tuttavia giustifica al– la maniera dell'anti~ha Eristica qualsia– si dottrina: « Ogni filosofia, e cioé ogni parola, non può non avere . lo stesso valore dell'onnicentrismo, perché, come questo, esprime il tutto in una propria individuazione » (p. 285). Di qui l'imprescindibile, anche se parados– sale, conseguenza che l'onnicentrismo ri– conosce « la pari validità di ogni filo– sofia > (ibid.), e risum teneatis - la pari centralità di ogni òrgano: « Il 23

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