Lo Stato - anno II - n. 12 - 30 aprile 1961

tente realismo di sensibilità moderna; i nudi del Domenichino che, rispetto agli affreschi, mostrano già le caratteristiche di ariosità e luminosità; lo splendido e minuzioso disegno della facciata di S. Filippo Neri del Borromini; gli estrosi e dinamici schizzi del Castiglione (Mo– sé che riceve le tavole della legge, cat. n.30) in cui è possibile scorgere l'influs– so iniziale del Van Dyck e il successivo mutamento che ci fa pensare al Tiepolo; e in fine, le due « sanguigne » anonime, Testa di S. Girolamo e Ritratto di Donna Olimpia Muti Caffarelli (per le quali si fanno appunto i nomi del Reni, del Sacchi e del Gentileschi) ove st n– vela una minuziosa e sottile sensibilità quasi nordica del segno. La rassegna è corredata di bozzetti, in terracotta, di artisti « romani > del– !' epoca, appartenenti al Museo di Palaz– zo Venezia, tra i quali spiccano quelli del Bernini. L'importanza della mostra è senza dubbio notevole e non solo in senso assoluto, ma anche in relazione alle opere romane cui i disegni si riferisco– no, inquantoché ne rappresentano la piima ed immediata visione dell'arti– sta. E se si prescinde dal puro godimen– to estetico che ogni opera d'arte produce in chi la contempla, per porsi da un punto di vista critico, ci vien fatto di ri– proporci il problema del rapporto tra la prima esperienza artistica (bozzetto o schizzo) con la versione definitiva del– l'opera. Problema, questo, che nono– stante gli imponenti sforzi fatti dalla critica moderna, non è stato ancora chia– rito, o meglio, non è stato ancora chia– rito in maniera soddisfacente. Si pensi, per esempio, ad un critico della portata del Berenson che non è riuscito a vede– re nel disegno altro che «tipi» o « mo– delli» di determinati autori; cosa che ovviamente non ha niente a che fare e.on lo svolgimento - per così dire - storico dell'attività dell'artista. Si capisce così come uno studio del disegno impostato su tali basi non possa approdare a risultati effettivi e concreti proprio perché ne tien conto solo da un punto di vista filologico di « cata– logo », senza neanche porsi il problema della relazione tra primi tentativi e rea– lizzazione definitiva. Mentre il proble– ma del processo creativo si era già posto nella letteratura critica del Rinascimen– to, e con chiara consapevolezza: l'ar– tista per arrivare alla versione ultima dell'opera d'arte compiva una sintesi tra le prime immagini e una successiva autocritica che permetteva al suo « pen- Lo STATO bibliotecaginobianco siero > di chiarire la sua prima visione fino ad arrivare alla cosiddetta opera definitiva. La critica idealista poi, come è noto, ha risolto il problema ben diversamente. L'identità di intuizione ed espressione viene a svalutare il momento estrinse– cativo, in cui rientrerebbe la tecnica e, in definitiva, lo stesso processo costrutti– vo dell'opera d'arte. Per l'estetica cro– ciana l'immagine, al momento della in– tuizione, è già chiara e definita per cui le fasi successive di un abbozzo altro non sarebbero che opere diverse e a sè stanti, mentre il momento di estrinse– cazione non rappresenterebbe altro _che abilità tecnica e puro fatto pratico. Con– seguentemente, l'opera d'arte definitiva viene anch'essa ad essere un prodotto a s2:che non ha nessuna relazione con gli abbozzi e le versioni precedenti. Ma i critici moderni non sempre han– no accettato la definizione crociana, anzi spesso hanno cercato di mettere in guar– dia contro l'abuso della distinzione idea– lista, e non torto. Difatti, anche se si accetta il principio crociano secondo cui un « bozzetto, tecnicamente incompiuto e relativo ad un'opera tecnicamente de– finita, possa essere esteticamente realiz– zato, compiuto, ed originale in quanto tale; sussiste tuttavia una connessione, un ponte, un passaggio tra le due ope– re: quel momento riflessivo, giudicante, MUSICA dell'artista che nell'esprimersi, nel chia– rire la intera immagine figurativa, po– ne insieme il rapporto di sè col mondo della cultura: che significa, per l'arti– sta, modo di reagire a determinate tra– dizioni, condizioni e situazioni del suo tempo». (Grassi). Che lo studio del disegno non consi– sta solo nella soluzione di un proble– ma riguardante la grafia di un deter– minato artista è un concetto che si fa sempre più strada tra la critica contem– poranea, anche se siamo ancora lontani da una nuova visione di carattere più strettamente teoretico che lo ponga in rc-lazione con l'opera d'arte di cui rap– presenta l'abbozzo. E ciò viene prati– camente a denunciare l'insoddisfazione, in questo settore in particolare e nella estetica in generale, prodotta dalla cri– tica idealista dopo le prime e incondi– zionate adesioni. Ci siamo voluti richiamare di propo sito a questi cenni di carattere generale in occasione della mostra dei disegni di Windsor, poiché gli artisti che essi stanno a rappresentare appartengono ad un periodo della storia dell'arte spesso tra i più discussi e bistrattati: il Sei– cento. « Barocco » e « manierismo » so– no termini che hanno un valore basato ancora troppo sul preconcetto tradizio– nale e come tali vanno interamente ri- visti. DAMIANO FucrNESE Dodecafonia e politica I metodi dialettici del marxismo sono stati applicati al sistema "seriale,, - L'opera propagandistica di Luigi Nono Il mio ultimo articolo ( « Lo Stato > n. 11, pag. 30) era stato appena pubbli– cato, che una eloquente conferma a quanto in esso scritto era data dalla tumultuosa prima esecuzione, al festi– val di Venezia, dell'opera di Lui_giNo– no « Intolleranza 1960 », i cui echi an– cora non s1 sono spenti nei commenti della stampa mondiale. Non è mia intenzione parlare in par– ticolare di questa opera, « seriale » come tante altre, il cui libretto, pur non essen– do un catechismo marxista ad uso delle scuole del PCI - c:he d'altro canto so– no serie - non è altro che un ammasso di temi destinati alla propaganda ester– na del partito. Non si tratta di dimostrare la collu- sione tra i musicisti seriali e comunisti. Quello che, al contrario, non è stato neanche intravisto è il legame tra mu– sica « seriale » e filosofia marxista. Si ha paura delle parole e ci si fa schermo dietro la tesi che l'Arte non ha nulla a che vedere con la politica. Tutt'al più si parla di «avanguardia> accettando per essa il linguaggio e gli ~chemi del loro materialismo storico. Non si vuole comprendere che la rivolu– zione marxista invade tutto, che la sua « concezione del mondo » è veramente uni versaie, che anche l'estetica e l'arte non sfuggono alla sua interpretazione; essendo al contrario, strumenti dialetti– ci tra i più efficaci. Una intera biblioteca non basterebbe 29

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