Fine secolo - 22-23 febbraio 1986

FINE SECOLO 28i!iii!iiiiiii!!l!!!!!i!!!!i!!!i!!!i!!lil!!l!lll!l!!!l!l!!l!!!!!liiiiiiiiiiiii,lliiiiii!!!!!!!!!!U!!!!!!!!!lll···1 ·stiamo viaggiando da più di venti minuti lungo la via Emilia, da Reggio verso Modena, quando all'improvviso la gu– glia della Ghirlandina, la bianca torre che sor– ge accirnto al Duomo, compare dietro gli edifi– ci industriali della periferia. L'impressione è notevole per la grandezza della torre, e non posso fare a meno di pensare ai pellegrini e ai. - viaggiatori medievali, che la potevano scorgere dalla campagna sgombra a chilometri di di– stanza. Il mio accompagnatore, Claudio Fran– zoni. giovane storico dell'arte, mi indica la di– rezione da seguire, ma il dedalo di strade che si intersecano sembra allontanarci dalla nostra meta. Siamo venuti a Modena per visitare i restauri del Duomo. Qualche mese fa v'è stato il conve– gno internazionale dedicato a «Wiligelmo e Lanfranco nell'Europa del Rinascimento», e una serie di mostre sul restauro del Duomo. Per un anno cinque spazi espositivi a Modena, e uno a Nonantola hanno raccolto i materiali di riflessione culturale su quello straordinario monumento che è il Duomo di Modena e l'E– ditore Panini, celebre per le figurine, ha stam– pato tre grandi volumi: un catalogo delle mo– stre di più di 800 pagine, un volume sui restau– ri. e uno straordinario «Atlante fotografico» del Duomo realizzato da Cesare Leonardi, ar– chitetto e fotografo, che raccoglie in quasi I 000 pagine migliaia di immagini. Con il titolo «Quando le cattedrali erano bianche» restau– ratori. ricercatori e studiosi hanno montato un cantiere di ricerca proporzionato a quello eret– to durante l'edificazione del Duomo nel 1099. «L'attuale Duomo -racconta Franzoni mentre .:i dirigiamo verso il centro- è stato edificato nel luogo dove esisteva una precedente catte– drale. retta da un vescovo scismatico, alleato dell'imperatore. Così nel 1099, come narra la "Relatio translationis corporis Sancti Ieminia– ni". inizia la costruzione. Sono i cittadini di Modena a decidere questa costruzione, non i grandi feudatari o il papa. Si parte dalle absidi per poter traslare il corpo del Patrono San Ge– miniano, dentro le mura del nuovo Duomo, e successivamente dalla facciata. I due cantieri infatti si congiungeranno nel mezzo, solo in se– guito e con qualche difficoltà». E Wiligelmo e Lanfranco? «La particolarità di questo edificio è che qui gli "autori" hanno firmato l'opera. Lanfranco, è l'architetto che emerge come personalità au– tonoma all'interno del cantiere, e Wiligelmo, antica versione di Guglielmo, è lo scultore». Al limite del centro storico lasciamo la macchi– na e ci avviamo a piedi verso il Duomo. Ma Franzoni ci fa cambiare strada. Entriamo nel cortile del Museo Estense. Sotto il portico sono allineati sarcofagi e steli romane. «Uno dei segreti del Duomo è custodito qui». Seguiamo Franzoni senza fiatare. Ci illustra i reperti archeologici, commenta le figure, indi– ca ciò che dobbiamo ricordare. Il cortile è il luogo magico. Non c'è nessuno in giro e queste urne hanno un potere di suggestione che indu– ce al silenzio. All'uscita percorriamo una stradina in direzio– ne del Duomo. «I materiali per costruire la nuova cattedrale di Modena venivano proba– bilmente dalle colline di Vicenza prima, e da Verona poi; giungevano qui attraverso una fit– ta rete di canali. Poi un giorno i lavori si inter– ruppero per mancanza di materiali, e la fabbri- . ca del Duomo si arrestò. E' a questo punto che avviene, come scrivono le cronache, la «inventio», la grande trovata. Si scopre per caso una necropoli romana e la costruzione riprende. La «Relatio» parla di miracolo e omette di indicare da dove venisse– ro questi nuovi materiali». Siamo giunti davanti alla facciata,. dominata dal grande rosone, opera dei Campionesi, e dalle sculture di Wiligelmo. E' davvero bianca, come scriveva Le Corbusier, a cui i pubblicita– ri hanno rubato la celebre frase per vendere bi– scotti. <<I materiali per costruire questo Duomo sono in gran parte romani e lo stesso Wiligelmo ha LA STORIA IN.E'INITA DEL DUOMO DIMODENA di Marco BELPOLITI Il Duomo-mondo di Lanfranco, e la selva di Wiligelmo in una visita guidata dopo i grandi lavori di restauro. Un grande cantiere di «riuso» dell'arte classica e del materiale antico, e una grande enciclopedia di pietra dell'immaginario medievale. ::::::::::::-.::::::::::::::::::::: .. . .. . . ·::: .. . . - - riusato in maniera originale le immagini che venivano. alla luce nell'opera di "furto" che il cantiere aveva intrapreso». Era questo il segre– to; jl "reimpiego". Sul lato sinistro del Duomo ci attendono i re– stauratori. Ci arrampichiamo sulle impalcatu– re che circondano la Porta della Pescheria, il cui restauro è in fase terminale. Chiedo a Franzoni informazioni sul cantiere del Duomo e sui suoi lavoratori. La mia guida mi indica su uno stampato del Comune di Mo– dena le miniature della «Relatio». Ci sono Li.tnfranco con in mano· probabilmente il me– tro del «magister», gli «artifices» e gli operai. Si scavano le fondamenta e si innalz.ano.i muri. Mi .sembra che gli operai abbiano il volto con– tratto dalla fatica: guardo meglio e vedo le ger– le cariche di terra e gli operai che salgono dalle fondamenta aiutandosi con un bastone. In una immagine posta sotto gli «artifices» impugna– no le martelline, mentre gli operai sono piegati sotto il peso dei mattoni. Possiamo osservare da vicino l'architrave e l'archivolto che sono stati appena puliti. Nel– l'archivolto sono effigiati i Cavalieri della Ta– vola Rotonda, coi loro nomi dal suono magi– co: Artus de Bretania, Galvaginus ... Mi soffermo a guardare un cavaliere che assale una città fortificata o un castello. A difender– lo, fuori dai bastioni, c'è un uomo appiedato, e impugna un piccone che assomiglia strana– mente alle martelline degli «artifices» che han– no costruito questo Duomo. Dietro le sue spal– le, dentro la fortezza, una donna con le mani coperte e con lo sguardo impaurito osserva la scena. La bellezza di queste immagini mi indu– ce a toccarle, a passare la mano sulla pietra che è stata da poco ripulita. D~ secoli il nero del tempo le rendeva illeggibili dal basso. I re– stauratori hanno ricoperto l'archivolto con l'essenza di .trementina e le mie mani ora ne odorano. La signora bionda, che ci accompagna, dalla evidente pronuncia emiliana e dal camice bian– co, attira la nostra attenzione sugli stipiti, dove si arrampica un tralcio di pietra. «Secondo Uber Ferrari -che guida il restauro- si tratta di fiabe di Esopo e di Fedro». Ma subito si ritrae: «Ma è presto per dirlo con sicurezza: bisogna ancora studiare la questione». Saliamo ancora più in alto, all'altezza deJle ar– cature e possiamo osservare da vicino le pietre di origine romana reimpiegate nella fiancata. La lavorazione è così minuta che un concio, una pietra squadrata, appare marginato non solo sui lati ma anche nella zona che circonda una scheggiatura. La tappa successiva è al Museo Lapidario, proprio di fronte alle impalcature, nel palazzo della sacrestia. Qui ci troviamo di fronte alle celebri «metope». Appoggiate su degli eleganti supporti di legno chiaro otto lastre scolpite rappresentano esseri mostruosi. Franzoni spiega: «In origine queste immagini erano collocate in alto, in corrispondenza dei salienti dei muri, che attraversavano la catte– drale. Il loro significato è probabilmente dato da questa collocazione "ai confini" del Duo– mo. ,Chiara Frugoni, che ha proposto una in– terpretazione di questi esseri mostruosi, li ha paragonati ai mostri che son{) posti sui lati estremi del timpano centrale della chiesa di. Madeleine di Vézelay e alle- razze mostruose del mappamondo di Ebstorf, che era custodito ad Hannover. Si tratta di coloro che abitano i confini del mondo.conosciuto. La loro funzio– ne nel Duomo era proprio questa: indicare i confini». Dunque non stiamo visitando solo un edificio, ma la rappresentazione simbolica dell'univer– so. I limiti del Duomo, alla cui guardia erano posti questi esseri mostruosi, sono anche i limi– ti del mondo. Sono attratto dalle figure femminili qui rap– presentate: dalla sirena con le code divaricate, che richiama l'attenzione sul suo sesso assente; dalla donna che rappresenta uno degli antipo– di, la cui schiena è attraversata da una lunga e

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