Fine secolo - 8-9 febbraio 1986

società da forme di aggressività nutrite di ar– gomentazioni religiose: null'altro. Credo che anche un religioso non flOSSll che ec;serespinto. da una situazione in movimento, ad affrontare autocritiche salutari, a interrogarsi sulla pro– pria fede e sulle sue bàttaglie perdute. Ma il libro di Rocher e Cherqaoui, che ci parla di musulmani di casa nostra, ci invita anche a meditare più in generale sull'islam e noi. L'islam e noi Il cristianesimo prevede, già_nel momento della sua nascita, la distinzione tra Dio e Cesare, tra religione e politica. Questa distinzione non si spegne del tutto neppure nei secoli del Medioe– vo in cui più forte è l'ambizione della Chiesa a sottomettere a sè la società. Poi, negli ultimi secoli, la concezione laica della società si affer– ma gradualmente e la Chiesa stessa, di buona o mala voglia, è costretta ad accettarla. Questo processo non è concluso una volta per tutte (esistono ancora integrismi cristiani e velleità di crociate), ma ciò significa soltanto possibi– lità di recuperi parziali da parte della Chiesa: nulla di più. Perchè è la chiesa stessa, nel suo corpo principale, ad aver accettato il nuovo stato di cose, del quale si sfona semmai di co– gliere i possibili vantaggi. Nel mondo occiden– tale, la secolarizzazione della società, la sepa– razione tra politica e religione mi paiono, nel medio periodo, irreversibili. Altri sistemi religiosi e ideologici si sono fon– dati su altri principi. L'induismo, per esempio, investe di sè (investe del sacro) l'intera vita del– l'uomo. Tuttavia, esso prevede anche un posto riservato per la politica, per il reggimento degli uomini. li bramino è superiore a ogni altro nella scala che conduce alla liberazione, ma il guerriero (il re) è superiore al bramino (pur ri– correndo ai suoi riti e ai suoi consigli) nel com– pito di minore importanza, ma pur necessario, di reggere gli uomini su questa terra. In più, l'India ha subito, nel suo lungo contatto con l'Occidente, trasformazioni profonde per quanto riguarda la sfera della politica (che si presenta oggi come un faticoso compromesso tra democrazia moderna e sistema castale). In Cina, il problema di una separazione tra Stato . e Chiesa non si è mai posto per l'assenza di una Chiesa. Quella che passa per essere la "re– ligione" dominante dei cinesi, il confucianesi– mo, era ed è in realtà un'etica e un'arte del buon gove_rno,cioè una politica. Le altre reli- gioni presenti (buddismo, taoismo), sono state, per lo più, assai poco interessate a interferire con gli affaridello Stato, preferendooccuparsi di destini individuali, misticismo ed esoteri– smo, alchimia e scienza. Così, in Cina, la poli– tica (fisicamente rappresentata dalla sua leg– gendaria burocrazia, che si prolunga nell'appa– rato comunista odierno) ha sempre soggiogato la società, riducendo la religione a riti pubblici o familiari. La storia della Cina, tra quelle di tutti i grandi popoli, è dunque stata la più se– colare. Quanto all'islam, è vero, come dicono anche alcuni convertiti, che non ha rinnegato le sue radici e che è rimasto immutato. La non-di– stinzione tra sacro e profano, tra spirituale e temporale, fa parte della sua essenza oggi come nel VII secolo. li dramma sta nel fatto che l'assalto della secolarizzazione che pure l'i– slam ha subito negli ultimi due-tre secoli è ve– nuto prevalentemente dal suo esterno, si trat– tasse di colonialismo vero e proprio o di imita– zione di modelli occidentali. A indipendenze raggiunte, il marxismo ha ulteriormente accen– tuato questo carattere di imposizione dall'e-. sterno, con l'aggravante di uno scarso rispetto per il fatto religioso, visto solo come "retaggio feudale". Il progressismo prudente, i tentativi di ecletti- smo. di mnclemin.azione compromissoria sono slali poven e ugualmente fallimentari. In un quadro reso ancora più complicato dalla po– vertà di alcuni paesi e dalle facili ricchezze di poche minoranze, dalle rivalità inter-arabe, dall'ingerenza delle potenze, infine dalla que– stione palestinese, la lotta alla modernizzazio– ne, la rivendicazione dell'unità di sacro e pro– fano, il richiamo alla legge coranica sono ap– parsi (o sono stati spregiudicatamente usati) come l'unica via all'emancipazione dei popoli arabi e islamici. Rivendicazioni sociali e nazio– nali si sono espresse e si esprimono sempre più in linguaggi religiosi che generano fanatismo e intolleranza. Le forze politiche, sociali, intellet– tuali che hanno tentato di introdurre nel mon– do islamico la secolarizzazione e il laicismo sono state sconfitte, o corrono grave pericolo di esserlo. Fatto altrettanto grave, assistiamo in questi anni alla sconfitta dell'islam tolleran– te, ecumenico, pacifico, creativo di fronte a quello aggressivo, intollerante, violento, tradi– zionalista. Mi sembra chiaro che questi processi (che pure rischiano di coinvolgerci direttamente) mal sopportano interferenze esterne di alcun tipo: ogni turbamento della loro dinamica interna potrebbe essere ca,usa di ulteriori tensioni. Cer– to, l'islam conoboe nel Medi_oevointrecci con- tinui, e di straordinaria fecòndità, con altre culture (soprattutto con quella ebraica): ma non mi sembra che la situazione odierna con– senta, nell'immediato, analoghe speranze. E tuttavia questo non ci esime dal riconoscere le nostre responsabilità per molto di ciò che acca– de in quel mondo. Non solo e non tanto per l'eredità del colonialismo, vecchia storia cui non c'è più rimedio (che non sia la ricerca sin– cera di rapporti nuovi, tra eguali); quanto per non aver saputo o voluto appoggiare, a tempo debito, le forze della ragione, della pace, della tolleranza che pure erano presenti nel mondo islamico. L'ipocrisia, la scelta di meschini van– taggi immediati hanno sempre prevalso su vi– sioni più lungimiranti. In particolare la sinistra ha sempre applaudito, nel suo cupio dissolvi terzomondista, chi gridava più forte e agitava di più i fucili. Con i palestinesi, ad esempio, in tempi in cui la loro "questione" era assai meno incancrenita di oggi, abbiamo tenuto, chi più chi meno, un contegno a dir poco irresponsa– bile. Abbiamo fatto il tifo per loro invece di di– scutere con loro. Abbiamo lasciato che credes– sero di essere "l'avanguardia della rivoluzione araba" contribuendo ad allontanare la solu– zione del loro problema di una patria, di un · luogo. Oggi non c'è più molto da fare: ma il poco va fatto. Si possono ancora favorire in tutti i modi le forze di pace, per quanto esili esse sia– no. Si deve stare all'erta contro ogni possibile forma di rinascente razzismo. Ma la premessa a una qualsiasi influenza positiva, per quanto modesta possa essere; è la rinunzia ad ogni op– portunismo, è il rimanere se stessi. Solo quan– do due persone, o due culture, si parlano con franchezza, c'è tra esse un dialogo: altrimenti, questa parola abusata rimane priva di senso. Ora, per un europeo del ventesimo secolo (che ha alle sue spalle, non dimentichiamolo, una storia di orrori), essere se stesso significa, per esempio, rivendicare per tutti la libertà di sce– gliere·una religione o di uscirne. Significa non poter approvare la lapidazione di un'adultera _in nome di un malinteso anti-eurocentrismo. Siamo stati eurocentrici per troppo tempo, e oggi ci si impone il rispetto di ogni altra cultu– ra. Ma rispettare non vuol dire abdicare al proprio pensiero. E c'è un limite al di là del quale il silenzio, sia pure ammantato di rispet– to, è colpevole. E' il limite costituito dalla vio– lenza, dalla mutilazione, dalla tortura, dall'uc– cisione. I collaboratori di questo numerodi Fine secolo Sandro CANESTRINI fa l'avvocato a Rovereto, e abita a mezza costa vicino a Bolzano. Informazioni sul suo conto si deducono dall'articolo qui pubblicato. E' stato più,..volte consigliere nella sua regione, non arrampica, è gran camminatore. Claus LUTTERBECK è corrispondente da Roma della rivista "Stern" ma sta per andare a Parigi, con Max, Felix, Gaby e tutto. L'intervista qui tradotta è stata in parte utilizzata in un articolo per Stero. Vi ha collaborato Ulrike Radziwill. Gianni SOFRI collabora con noi più o meno scopertamente, sempre fraternamente. Anche Francesco CATALUCCIO è nostro frequente collaboratore, con una forte predile– zione per la Polonia (una mania, secondo i maligni: sconfessati oltretutto dall'articolo di oggi, che mostra una disponibilità del Nostro a occuparsi anche di Cecoslovacchia). Fabio LEVI è storico di professione, vive e insegna a Torino. Ha pubblicato un anno fa L'idea del buon padroni: (ed. Rosenberg e Sellier), storia di una dinastia industriale. Il suo interesse per l'universo dei non vedenti non è episodico. Luca LOMBARDI è nato a Roma nel 1945. Ha stùdiato pianoforte e composizione a Fi– renze, Vienna, Colonia e Berlino. A Roma si è laureato in Lettere. Vive a Milano, e inse– gna composizione al Conservatorio Verdi. Ha scritto numerose composizioni, pubblicate dagli editori Moeck, Suvini Zerboni e, dal 1985, Ricordi; ed eseguite oltre che in Europa e nelle Americhe, in Giappone, Corea, India, Nepal. Fra le più recenti "Nel tuo porto quie– te", requiem per soli, coro e orchestra, su testo di E. Sanguineti. Ha pubblicato fra l'altro un trattato di orchestrazione (con Gieseler e Weyer, Celle/RFT 1985). Giacomo MANZONI è nato a Milano nel 1932, ha studiato composizione a Messina e a Milano, e si è laureato in letteratura straniera alla Bocconi. E' stato critico musicale per riviste e per l'Unità, e insegnante di armonia e contrappunto, poi di composizione, a Mila– no e Bologna. Ha composto numerosi lavori teatrali e musiche da camera; ha curato e pubblicato libri di argomento musicale. Tra i suoi dischi, "Masse: omaggio a Edgard Var- èse", nell'esecuzione di Maurizio Pollini e la Filarmonica di Berlino diretta da Sinopoli. Gilberto SACERDOTI, del quale abbiamo pubblicato le poesie la settimana scorsa, è nato a Padova nel 1952. Ha pubblicato un volume di poesie, Fabbrica Minima Minore (ed. Pra– tiche) premio Mondello 1978;e altre poesie sull'Almanacco dello Specchio 1985 e su "Nuo– vi Argomenti". Vive fra Venezia e Roma. Peter HUCHEL, nato a Berlino nel 1903 e morto a Staufen nel 1981, è dei massimi poeti tedeschi contemporanei. Dal 1949 al 1962 ha diretto la rivista letteraria "Sinn und Form" dell'Akademie der Kiinste della DDR. Dal 1971è vissuto nella Repubblica Federale Tede– sca. Le sue poesie sono raccolte nei Gesammelte Werke (Frankfurt a.M. 1984). In italiano è stata tradotta da R.Leiser e F.Fortini la raccolta Chausseen Chausseen (Strade strade, Mi– lano 1970). Le liriche qui pubblicate sono tratte da Geziihlte Tage, Frankfurt a.M. 1972. Valentino BOMPIANI cura una pagina antologica di autori dimenticati, esordienti, inos– servati e comunque meritevoli. Chi si crede meritevole e inosservato indirizzi discretamen- te a noi per lui. · Silvia GINZBURG studia storia dell'arte a Roma, e per arrotondare viene, ingentilisce tutto, trasceglie appuntamenti, poi prende cappello e se ne va. Hanno variamente coliaborato: Carmen Bertolazzi, Viviana Finzi Vita, Sabine Valici, Martinez, Francesco Saponaro, Marco Melillo, Paolo Brogi, Gianni Coppola, Antonio De Marco. La foto di copertina è di Herbert List. Carolyn Christov Bagarkiev compila per noi la rubrica degli appuntamenti d'arte. Calliga– ro, OL'79, Vincino disegnano regolarmente per noi. Ginevra Bompiani è la curatrice della pagina settimanale dedicata alla poesia. Curano Fine secolo: Nora Barbieri, Paolo Bernacca, Marino Sinibaldi, Adriano Sofri, Franco Travaglini.

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