Fine secolo - 14-15 dicembre 1985

\ FINE SECOLO* SABATO 14 / DOMENICA 15 DICEMBRE 32 CALVINO, PASOLINI, .EL' ARCfilTETTO di Antonin·o TERRANOVA · Ai bordi delle città invisibili e delle città irreali, l'architetto c.ustodisce · l 'eredi.tà di.una doppia esperienza di fallimento del nostro ''poeticamente abitare il mondo". D opotutto Le città invisibili rimane tra i libri più citati dagli architetti (non so . quanto compreso davvero, messo a buon frutto). Quattro volte nel corso.di poche pagine recentemente l'ho fatto anch'io. Lì Cal– vino parlava delle relazioni tra la città, la vita e la morte. Era impossibile evitare la çollisione con uno dei pochi scrittori per i quali l'ambien– te e_ il paesaggio non costituiscono rappresen– tazioni naturalistiche dello sfondo: consonanti se va bene _con ambientamenti storicistici, op– pure con gli stati dell'animo secondo il reper– torio delle convenzioni'. Il tempo delle città Al contrario per Calvino le cicttàinvisibili sono poderosamente disumaniste. Non importa che siano o meno disabitate. Esse vivono di una loro propria vita di protagoniste biologico– geologiche, di cui l'uomo è strumento inconsa– pevole (e insignificante?), quando non disturbo e «malattia della storia», come nel mondo ro– vesciato di Lovençraft. Anzi quella vita pre– storica/post-istorica delle città invisibili mette continuamente in scacco con la propria inces– sante metamorfosi i tentativi di decifrazione di • Kublai Kahn, costernato dominatore di un im- ., pero che non riesce a comprendere. Il confronto con la morte è pervasivo perchè il tempo della città surclassa il tempo dell'uomo, al punto da diventare incommensurabile. Un grande ciclo, secondo cui il prodotto umano persegue l'autonomia dell'artefatro già· però tragicamente sapendo il destino ineluttabile della ricaduta nel naturale, è fissato nell'ambi– guo fascino della rovina e del non-finito. Di fronte ad alcuni manufatti. ihcompleti, scrive Calvino, non sai se ,risultino incompiuti per un'interruzione oppure, appunto, per una rica- dut,a. ~ , .· . . . ._ . . . Paradossalmente la città rappresenta insiem~ il trionfo ed il fallimento dell'umano: costituisce · la sua vittoria sulla natura naturans nei èumu: . lare e perfezionare in un sedimento millJnano ' le forme dell'invenzione; eppure più la guardi .da lontano e nella grande durata più assume somiglianza con gli -automatismi degli habitat · · delle api o delle termiti; o persino con la mor– fogenesi minerale.ed inconsapevole dei cristal 0 è il dio· fuggito o scacciato, il dio nascosto che li, escludendo senza scampo l'illusione-sogget- l'ha abbandonata. tiva. Inoltre· essa nasce già preda della morte, Quel gioco linguistico p~trebbe accreditare l'i– in quanto tentativo di opposizione sconfitto in . partenza, prodotto titanico di una sindrome e · dea leggera di un Calvino astuto manipolatore di un esorcismo che acutamente già Freud (ed con destrezzà delle pratiche magiche ma asso– . ex opposito Jung) individuava nella pulsione lutamente silenziose dello strutturalismo. Ep– del Monumento (del cpstruirlo prima, e poi pure ciò che Calvino coglie con Borges e con dell'ostinatamente conservarlo). Ponge è qualcosa di profondamente diverso. · E' anche la sindrome dell'utopismo velleitario Profondamente, perchè materialmente.· Perchè lo puoi sentire - solo che ascolti - nella città– che in quegli anni ancora tentava gli architetti minerale come nella vita-immobile-eterna del · col futuribile di gigantismi tecnologici. E anco- sasso. Sopra queste cose passa il Tempo, -ne at- ra Calvino ce ne portava fuori con la sua lettu- t fì 1 · Ed - 1 T · d I · · · · · F • d' • • h . raversa e ne orma o spaZJo. 1 empo non ra e prn giocoso ouner, 1 cm scopnva c e . 11 t d I · d Il' I · ·1 già Marx salvava esclusivamente la «poesia».· · ~ 9~e O 1 esen e t a 1 va on fie 0 ~ 0 ?~?• 1 fisuo S I t . t , • . • 1 , . · m1Z10va e quan o a sua me ma m1z10e me o o poe 1camen e puu nuscue esorcismo, d. • N 1 • 1 · Il I Il t fì d . d · · . 1 . . 1 sono 1vers1. e pnmo sorge a nascita, ne a so o ne a me a ora I un mon o m1g10re I d • •d I r· · mondo migl10reevita il gelò totalitario dell'im- secon a si anm a· a !11°r!e, incessante nt?rno 'b'J fì 1- - 1 , • -. 6 1 alla natura della rovma, il quale del resto eco- poss1 1e e 1c a p1am 1ca a. . . 1 .• · d 1· · · L h. d.. lt d 1 · · · d. c· 1 •· 11 mmc1ato con a nascita, e neon uce ag I spazi _ a ~ _1avc,: _1~o. a e pensiero 1. a vmo su a . del prima della nascita. c1tta mfatt1 ns1ede nella sua lucida compren- , sione del «tempo dello spazio» della città. Quel " tempo lunghissimo ed incessantemente abitato La spazzatura di Leonia dalla metamorfosi. La città come incommen- •. _surabile-imperscrutabile «gioco . lingl!istico» ·.,Tutto que~to groppo tematic;_ono~· si. può ri– esercitato da una misteriosa entità interna che- muovere, né ci è più concesso sublimarlo senti– non__ è l'uomo (umano, troppo umano ...) e non mentalmente. Romanticamente. L'infinito si '- annida nell'etereità immateriale della luce in cielo come nella materiale immobilità silenzio– sa e senza vita del sasso. E là città? Se oggi ci appare patetico simulacro la replica della rom~ntica «poesia della ruina», è grottesco il tentativo modernista di sublima– re il tempo vitale della 'nascita e della morte nella temporalità. meccanicistica dell'aleatorio urbano futuribile. Ed è ambiguo ed inquietan– te l'ingenuo desiderio museificante di fermare il tempo della città nel sacrario del «centro sto– rico», nella· memoria eternizzata del «monu– mento». Anche questo ci dice Calvino, mentre lieve– mente decifra piega per piega i manufatti urba– ni nelle rughe delle loro età nelle ferite cicatriz– zate nel ~ontinuo degradare sempre di nuovo nella stessa superumana natura naturale. «... Non. di questo èfatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passàto ... Di quest'ondà che rifluisce dai ri– cordi la città s'imbeve come una spugna e si di– lata. Una descrizione di Zaira quale è oggi do– vrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli -delle vie...». La città come luogo dei luoghi diversi, nello spazio topografico come nel tempo della sua storia molteplicità e stratificazione degli stili architettonici come la sa rappresentare la mul– tiformità di Steinberg, i suoi «innumerevoli modi d'usare penne e matite e pennelli...com– presi i multiformi innumerevoli modi in cui · penne e matite_,e pennelli possono raffigurare penne e matite e pennelli»: «forse gli stili in cuor loro sanno di non essere autosufficienti; f()rse ognuno d'essi sa d'esistere soltanto in con– trasto con'ogni altro stile possibile». La cjttà li contiene tutti si incarna in tutti, si fa nel tempo entità di ordine superiore a ciascuno stile o au– tore individuale (la letteratura è il grande libro costituito da tutti i libri, i cui autori sono sol– tanto strumenti del grande.libro della lettera– tura: ciò che in Calvino come già in Eliot non toglie la respon·sabilità al singolo scrittore, o architetto, ma gli permette di raggiungere la imperturbabilità impersonale contro l'emoti– vità spontanea, individualistica ...). «Una fila di case sulla strada, ognuna d'una di– versa epoca e stile, richiede, per essere rappre– sentatt;,e anche solo per essere guardata, che si, .ricorra a tecniche grafiche differenti .... Il passato si somma alprese11tenelle nostre città come un collare d'incisioni minuziose d'aggetti stracarichi d'ornamenti d'un vecchio catalogo, · che troneggiano su uno schizzo a punta di penna d'una via piena di traffico. E delfuturo non pos– siamo farci un'immagine che non sia marcata dalle ipoieche visuali che-urbanistica e fumetti, cubo-futur-costruttivismo e fantascienza vi han– no depositato sopra e che danno volto alle nostre angosce per quel che ci aspetta». Per Calvinp le due tensioni verso il piacere del– l'identità nel passato e verso lo ·stimolo del di– verso nel futuro non agiscono separate, né lun– go una linea di tempo astratto e monodirezio– nato. Ciascuna delle tensioni conosce i pericoli dei propri eccessi e le ragioni positive dell'al– tra. Quasi come l'angelo di Benjamin procede perchè costrétto verso il futuro ma di spalle, guardando indietro le rovine del passato. Inol– tre quella linea non è geometrica ed isotropa, ma ha sempre presenti agli estremi la nascita ~ la morte, l'origine inspiegabile e l'inspiegabile epilogo, quindi il dramma originario ed inestir– pato della difficoltà umana di «poeticamente abitare» il mondo mediante le forme del suo abitare nel mondo. (fZora Ira la proprietà di restare nella memori{' punto per punto, nella successione delle vie... Il suo segreto è il modo in cui la vista scorre sufi– gure che si succedono come in una partitura mu– sicale nella quale non si può cambiare o spostare nessuna nota... Ma inutilmente mi sono messo in viaggioper visitare la città: obbligata a restare sempre immobile e uguale a se stessa per essere meglio ricordata, Zora languì, si disfece e scom– parve. La Terra l'ha dimenticata". "La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni... Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spaztaturaio ... E' 1111a fortezza di ri– masugli indistruttibilj che circonda. Leonia ... Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al, centro una metropoli in eruzione ininterrot- ta". - · · La Gerusalemme INA-Case In quella spazzatura è morto dieci anm ta Pa– solini, nella terra e nel sangue. Dentro i bordi sfranti di quella che Calvino chiamava dispera– tamente sereno (a differenza di Ceronetti) "la città continua". Mentre il termine "metropoli– tano" già distorte in senso progressista e gi– gantista dal vocabolario degli urbanisti trasco– lorava negli universi dei fumetti e _dellacrona– ca nera, da un bel pezzo ormai il ..;progresso senza sviluppò" aveva· ucciso "le lucciole".

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