Fine secolo - 7-8 dicembre 1985

/ .. E ■ molto probabìle che f!el prossimo fu– turo, e anche in quello più lontano, si formerà un· capitolo di storia letteraria fittissimo -d'interrogativi, documenti, testi– monianze intitolato agli "ulfimi anni di Elsa Morante" - più o meno agli anni che vanno dalla pubblicazione di Aracoeli fino a qual– che giorno fa. Dico subito che in questo capi– tolo si riunirebbero degli interessi, a mio av– viso, legittimi e auspicabili. Gli ultimi anni di vita della Morante, dopo il tentato suicidio a via dell'Oca, in casa sua (tentativo da inter– pretarsi come un risoluto taglio di nodo gor– diano, perchè la vita senza assistenza era di– ventata fisicamente intollerabile e improlun– gabile) sono anni misteriosi; Elsa li ha passa– ti in clinica, e il ricovero, com,: per i11canto, riuscì a trasformare una persona invalida, che io ricordo disperata, rabbiosamente e ciecamente disperata perchè as.salita da un male ignoto, persecutorio e inafferrabile– come un fantasma, in una persona ferma– mente e consapevolmente decisa a regredire a un livello di vita prenatale o comunque vege– tale, con perdite e sonni di coscienza forse sa~ pientemente calcolati. Elsa aveva perso l'uso delle gambe; finchè visse a via dell'Oca, senza altra assistenza se non la devozione impoten– te di Lucia Mansi, il manifestarsi di questo male misterioso la accecò di disperazione e di collera; ma quando fu ricoverata in clinica, l'invalidità fu accettata da Elsa con una pa– zienza e una serenità a lei sconosciute. In cli- nica, in questi anni, Elsa Morante ha vissuto come se fosse un'altra persona, irric_orioscibi– le per chi l'avesse frequentata anche solo un po' intimamente nel passato: sparite le colle– re, le dolcezze, le risate, cessato, soprattutto, il combattimento, cessata la sua eterna di– scussione col mondo. Elsa riceveva visite; conversava del pi_ùe del meno; dava infor– mazioni su di sé; firmava contratti e discute– va di lavoro; leggeva e a volte faceva proget– ti; ma un assopimento più o meno profondo e più o meno intermittente la teneva lontana e volutamente separata dal mondo, come se l'oscurità e la furia della malattia che prima s.iera impossessata di lei fossero, a un tratto, ·• trasformate e ammansite in una specie di mi- di Cesare GARBOLÌ . U ULTIMI ANNI ·;;Dl···ELSA MORANTE ·racoloso cane da guardia - trasformate in uno strumento di difesa, nella possibilità di sopravvivere e di vegetare senza dolore in una convalescenza rovesciata, nell'anticame– ra non di una temuta guarigione ma, final– mente, del nulla o del paradiso. In questo · contegno, come vorrei definirlo, fisiologico· della Morante iÒ non vedo l'espressione di una malattia ma, in un punto remoto di que– sta malattia, vedo lampeggiare l'occhio di Elsa, là sua occhiuta saggezza, la sua intelli– genza, una decisi9ne, una determinazione che non era solo della mente ma era anche del corpo. Il fatto è che del viaggio compiuto da Elsa dopo questa decisione non sapremo mai nulla, il racconto di questo viaggio Elsa· se lo è tenuto per sé e non ce ne ha voluto dare notizia. Tuttavia, anche di questo viaggio, di questa trasformazione (proprio in senso ovidiano, essendo Elsa Morante uno scrittore e una persona visitata da incessanti "metamorfo– si") possiamo e dobbiamo trovare una trac– cia, anteriore, nei libri della Morante. E' im– possibile non associare l'ultima metamorfosi di Elsa all'intuizione, folgorante, di AracÒe/i, soglia e preludio della malattia: "In verità, di tutte le voragini fra cui ci muoviamo alla cie– ca, nessuna è tanto cupa, e per noi stessi in– conoscibile, quanto il nostro proprio corpo. Lo si definì ùn sepolcro, che ci portiamo ap– presso; ma la tenebra det nostro corpo è più astrusa per noi delle tombe". E' facile, ed è suggestivo, leggere queste righe come l'oro– scopo degli ultimi anni di Elsa; Elsa sapeva leggere nella realtà' coi sogni, le visioni, le ombre, e sapeva di. sé e degli altri quello che gli altri ignoravano. Ma sarebbe anche ingiu– sto rinunciare a interpretarle come una dia– gnosi razionalistica, riportandole a un tempo molto .anteriore alla stessa composizione di Aracoeli, non solo agli anni della Storia ma anche a quelli del Mondo salvato t4Ji ragazzi– ni, quando i primi sintomi di senescenza si ri– velarono nella vita di Elsa e ia lasciarono in– terdetta. C'è un fenomeno, nella vita di Elsa Morante, al quale i futuri biografi faranno-bene a dedi– care molto del loro interesse. Il sopraggiun– gere della vecchiaia, nella vita di Elsa, non è stato quel fenomeno fisiologico che ci colpi– sce tutti quanti ma lascia i riostri organismi, di solito, per quanto logorati e acciaccati, più o meno simili a se stessi. Il sopraggiungere della vecchiaia, per Elsa, è stato l'esplosione di un uragano, tanto più terribile quanto più i passi della tempesta erano silenziosi; que– st'uragano sconvolse il corpo di Elsa, lo al– terò, lo trasformò, lo spodestò, facendolo oc– cupare a una persona nella quale Elsa non ri– conobbe mai se stessa. Soprattutto, una per– sona che Elsa non amava. Con grande corag- gio, e anche grande astuzia, Elsa cercò ogni ·mezzo per stabilire, col nuovo essere, delle regole di convivenza; e non ci riusci solo per una softa di maledizione e di maleficio. La trasformazione del suo corpo fu più forte di lei; così mostruosa, così inverosimile da con– figurarsi, ai suoi occhi, non solo come una pista, un indizio, un enigma da interrogare, ma come lo spettro ritornante di una colpa rimossa, troppo a lungo rimossa. Una vec– chia piaga si riaprì coi primi sintomi di sene– scenza nel corpo di Elsa e concentrò su di sé ogni pensiero come la· sola della esperienza non éompìute, la sola delle divinità alle quali non era stato sacrificat_o:la maternità rinne– gata e offesa. Sono gli anni della Storia, e, più tardi, di Aracoeli: due romanzi simmetri– ci, due immagini della maternità, e due diver– se figure dell'Annunciazione. Nella Storia, la maestrina Ida Ramundo subisce un'aggres– sione ,che annuncia la nascita dell;agnello Useppe; in Aracoeli, la contadinella andalusa viene visitata da una forza tenebrosa e sacra che uccide la maternità e santifi<;;i,grazie a un'abiezione che è un'espiazione e un sacrifi– cio, il piacere contro il ventre, la vagina (per dirla con volgarità ginecologica) contro l'u~e– ro. Trionfale nella Storia, la maternità è lapidata jn Aracoeli. L'ultimo romanzo della Morante è una parodia del "romanzo" morantiano; il vecchio schenia glorioso madre/figlio (Nun– ziata/ Arturo; ldafUseppe) viene dato in pa– sto ai cani perchè ne facciano strazio. Ara– coe/i è un autod!ifé e un'esibizione oscena, il gesto col quale si straccia ciò che abbiamo amato di più. La madre e il figlio non posso– no più costituire e rappresentare· il mondo; il punto di vista della maternità non è suffi– ciente a legittimare il mondo, ma non può es– sere sostituito da nient'altro: tra madre e fi– glio si stende una sassaia dt:Serta, El Almen– dras, "dove non c'è niente, proprio niente" - niente da interrogare e da interpretare. In questa sassaia io riconosco gli "ultimi anni di Elsa Morante" - _econtinuo a interrogarli. Elsa con Cesare Garbo/i, alla libreria Einaudi di Roma, nel dicembre 1963, per la presentazione dello "Scialle andaluso".

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