Fine secolo - 7-8 dicembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 7 / DOMENICA 8 DICEMBRE 32 !!::mimm!!imrn!!!!ll::mrni::::::::::::mmmmmm:m::m:mmmmm::mmm::mmm:m:w::m:::::i:i)llm@mrnmmmmmrnmm!!mm:im!!!iil!i:ii:!!::!!!!!!!!!!imiiiiiiiiimlll:l:::::iii ....... :;;;;;;;;;;;;;;;;;;,,,,~;;;;,,,,;:-;;;;;,è,èc,c,,E LA FEUCITA' EL'ORRORE di Raffaele LA CAPRIA U na sera sul tardi, le due, mi trattenevo ancora nella stanza della clinica dove si era rico:verata mia moglie per un check-up. E all'improvviso attraverso la pa– rete sentimmo queste parole: Che orrore!. .. • Che orrore! Non era un lamento e nemmeno un'invoca– zione, era un giudizio. E perciò era terribile. Che-orrore!... E dopo una pausa: che orro– re!... Così. Ripetutamente. Corsi nel corridoio, chiamai l'infermiera per un aiuto, presto, che accorresse. E seppi che quella voce era la voce <:liElsa Morante. .La immaginai nel buio della sua stanza, di– stesa nel suo letto d'ospedale, davanti alla Cosa Orrenda e Indicibile, che lei sola ved~– va. Ho ripensato spesso a quella notte. Ci ho ri– pensato perchè quella voce· di Elsa che mi raggiunse portava il segno di un destino. Lei amava molto Rimbaud, era il sub poeta pre– ferito. Dice un verso di Rimbaud: "E ho visto là dove altri ha creduto di vedere". Anche lei, Elsa, era di quelli che vedono ol– tre. , "Cuor di tenebra", un racconto di C onrad che Elsa conosceva bene, finisce con la pa.ro- RacoRDo DI ELSA di Luca COPPOLA e ome Simone Weil, che amava fin quasi all'identificazione, Elsa ha scontato sul proprio ,corpo la fede ne/l'innocen– za e nella poesia: qua/la che lei chiamava (ri– facendosi a Platone), la "realtà". Elsa amava gli amici come degli amanti. Era gelosa e po,Ysessiva, disponibile e generosissi– ma. Il suo temperamento felino la portava ad amare i gatti ( "gli animali più simpatici"), e al ristorante portava sempre un pezzo di carta d'argento per confezionare un po' di pesce che poi offriva ai gatti randagi. Adorava Moravia. e si arrabbiava moltissimo se qualcuno lo criticava. Amava Eduardo e il mondo napoletano." Era stonata ma sapeva fi– schiare divinamente. Le canzoni napoletane le .recitava tutte a memoria, come pure delle poe– sia/e che aveva imparato da bambina. Era sta– ta precocissima: Lasua prima poesia su un gal– letto che si rompe la testa l'ha composta a due Elsa con Alberto Moravia, alla presentazione dello "Scialle andaluso". la orrore. E' Kurt a pronunciarla, un perso– naggio che è andato oltre ogni umana espe– rienza, e perciò ha visto. L'orrore, l'orrore .... esclama Kurt. Elsa era di quella razza lì. Tutto quel che di lei si può dire, in breve, è questo: che lei non ha mai eluso niente. Con quella sua sensibilità stregonesca anda– va fino in fondo alle cose e ai pensieri (que– sto significa non eludere), non si nascondeva niente, non si risparmiava niente. Non accet– tava quella inedia tolleranza che occorre per vivere tutti i giorni, e neppure quella specie di pietas per sé e per gli altri, che l'accompa– gna. Lei era estrema. Chi non elude mai niente è spietato, e spesso Elsa lo era: nei giu– dizi. Era implacabile Elsa a volte, ed era dif– ficile trattare con lei o discutere, perchè il suo metro era quello di chi non elude, era sempre un confronto con l'assoluto. Il suo tipo di co– noscenza non era razionale, era rabdomanti– co, ma non le sfuggiva nulla. "Sortilegio" è una parola che le si addice. Per una specie di sortilegio il suo sguardo ti attraversava l'ani– ma e ti scopriva ..Per una specie di sortilegio le si svelavano le cose. Io l'ho conosciuta nel– la giovinezza, quando ancora si poteva senti– re il suo riso squillante e come irridente. L'ho conosciuta quando scriveva "Menzogna e Sortilegio"; e anche lì, in quel libro, non elu– de Elsa. Quale scrittore giovane (e tale lei era) ~i metterebbe a scrivere un romanzo di architettura vasta e complessa quanto quella di un romanzo di Dostojevskji? Ma lei sì. Era di quella razza lei, l'ho detto. Parlavo del suo riso. Ricordo la casa a Capri, a Monte Tiberio, in un punto selvaggio e so– litario, pieno di alberi dove ho trascorso qualche giorno ospite di Elsa e Alberto. Fu anni. A 0110 ne scrisse ww c/1(' 1·omi11ciul'll: "Lungo tuttll la s1mda 1 111fll11ta.mw mi llccom– pagnava ... ". Il fa11fa.mw era f'llngo.H"ia.Elsa ha sempre cm11·i.uu10con una tPrrihile ango– ,·r-in. ma queHn 11011 le impetlira a mite di esse– re Ullt'J,:fll t' l'll'llCl'. Solo la poesia riuscil'a a lenirle /'a_ngosl'ill.Per lei scrfrere - come già per Kafka - eq11Ìl'alel'll li "pregare_". Per questo si immergera nei m– man=i con una passioni' e.1c/11sira e dil'orllnTe. Quando _fìnim un /ihro era .w:mpres1•11owwe disperata. Era impetuosa. dotala d'una i11fellige11:a ora– colare. Quando si infen-oral'l1, nt'lle discussio– ni, sape1•aaffascinarti e illuminarti. U' sue pa– role, impossihi/e scordarle. Negli ultimi 1e111pi Elsa era quasi impa:=ita di dolore. La 1•ecchiaialefacel'l/ orrore. Si guar– dava allo specchio e' 11011 si riconosce\'ll, così come non riconosce1•ail mondo in cui l'il'el'll. Par/al'Qsempre di morte e di suicidio. Ora che riposa in pace. addormelllata col suo fa:::oletto celeste da hahuska russa. (orse il suo spiriTo ha rag,:iu1110 il 1•erdeeliso ·di San– dro Penna e Saha. Stendhal e Giuseppe l'erdi, Bellini e Rembrandt (e poi 1a111i cani e ga((i J: là dove risuona la musica del suo ido/a,raTo Wolfgan,: Amadeus Mo:art. che come lei era pessimista e disperato; eppure. d'una merari– g/iosa'-innocen=a. CoNARTUR Ho avuto la consolazione di conoscere Elsa Morante e non voglio dissiparla, se . non con amici e amanti. e·_con Arturo. Carlo Cirillo nel '48? O nel '49?... Veniva spesso orman Douglas, allora ottantenne, con una bella barba bianca, arzillo e vivace. Fingendosi un satiro· dei boschi, col capo cinto di mirto, il vecchione rincorreva Elsa tra gli alberi, ed Elsa rideva con quel suo strano riso. Aveva una faccia antica, Elsa, da divinità arcaica. Qualche anno dopo andai a trovarla a Proci– da, dove lei aveva affittato una casetta. Il luogo si chiama. "La Chiaiolella" ed è un porticciolo di pescatori sul versante dell'isola di fronte a Ischia e allo scoglio di Vivaro. Al– lora era una specie di romitaggio, fuori mano. Ricordo la bellezza del mattino, l'az– zurro calmo del mare, il silenzio incantato dell'insenatura. Elsa ci stava bene, lì. Stava scrivendo "L'isola di Arturo", un altro libro che non elude (e non delude). E quando la vidi sorridere pensai al sorriso degli etruschi. Se ho ricordato il suo riso squillante e come irridente di quei giorni lontani (dopo, come capita, ci siamo visti raramente, a distanza di anni, di decenni: ma fu lei a presentare il mio libro al Premio Strega, nel '61), se ho ricor– dato l'immagine di una Elsa misteriosa-sorri– ·dente, è perchè ho sempre immaginato che c'era in lei qualcosa dell'antica anima medi– terranea che pone a scopo supremo della vita la Ricerca della Felicità. Che ha stabilito che la Felicità deve essere in qualche parte, in un'lt1tca remota e vicina, e bisogna soltanto esere abbastanza intrepidi per andate a sco– varla. Proprio chi questa idea ha in fondo alla testa, e niente elude, conosce il Naufra– gio. Proprio chi ama la Bellezza e la Vita, può sentirsi abbandonato dal Dio e conosce– re la Tragedia, il desiderio della morte, l'an– nientamento. E vedere l'orrore indicibile del– la Fine.

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