Fine secolo - 7-8 dicembre 1985

Come tutti sanno, nel gustare questo frutto, l'uomo acquistò la conoscenza del bene e del male, vale a dire la-capacità di gìudizio. Ma gli altri animali rimasero immuni da simile capacità: è questo il carattere più amabile che distingue gli altri animali dall'uomo; ed è qui che risiede soprattutto la grazia della loro compagnia. Nella quale noi ritroviamo un poco dei piaceri, e del lusso impàreggiabile, che ornavano le feste dell'Eden perduto. E ci spaventa pensare quanto amaro sarebbe il . nostro esilio se non ci fosse rimasta questa consolazione. Una consolazione non dissimile è pure con– cessa agli adulti della specie umana durante la primissima infanzia dei loro nati. Ma su questi, purtroppo, ad ogni giorno che passa, sempre più l'albero della scienza del bene e del male stende la sua ombra. Ed è quest'om– bra che oscura le nostre più care conversazio– ni coi·nostri simili. La paura di venir giudica– ti soffoca la sincerità, impaccia gli abbando– ni, falsa gli affetti, e logora ogni fiducia. Fu detto che f'amour est un combat d'orguei/ et d'espérance ma nella compagni.a del nostro cane o del no– stro gatto noi troviamo un riposo dalle guer– re faticose della speranza _edell'orgoglio. Grazie a loro, non possiamo incontrare, sulla terra, uno sguardo vivente che ci dichiari l'a– micizia più tenera, senza nessuna ombra di giudizio! Potrete prese11tarvia lui nei più sor- · dirli aspetti della miseria, e per lui sare,te sem– pre l'antico signore dell'Eden. Non dovrete temere l'apparizione delle rughe sulla vostra faccia: la bruttezza, la malattia e la vecchiaia non sono vizi ripugnanti per lui. Lui non avrà a noia la vostra tristezza, non diffiderà delle vostre intenzioni; né dovrete temere che possa, col suo affetto, forzare le porte sbar– rate della vostra accidia. Infelice l'uomo che ignora le consolazioni di simile amicizia! Per lui, là terra è davvero un esilio ·sconsolato. E .chi negò che i nostri compagni animali possiedano un'anima? Co– stui dà prova di non possedere né cuore, né criterio. Egli confonde la trasparente luce dell'anima con l'ombra di lei, la scienza del bene e del male. IL vÈRO RE DEGLI ANIMALI Lodiamo tutta la multiforme nazione dei no– stri compagni animali, questo circo ,angelico in cui l'uomo può riconoscere, a testimonian– za del suo rango perduto, la nobile infanzia· dell'Eden. Ma, fra tutti gli animali esistenti, il primato assoluto lo decretiamo al gatto siamese. Da tempo dovevamo alla nostra consuetudi– ne con la invidiata società dei gatti siamesi questo pubblico riconoscimento delle IÒro grazie. Ma chi volesse scrivere degnamente le loro lodi dovrebbe, per usare il linguaggio prezioso di Diderot, «... intingere la propria penna nell'arcobaleno, e asciugare lo scritio con una polverina d'ali_di farfalla». Noi ci accontenteremo di citare qui un'antica principessa siamese: la stessa che, per la sua abitudine di infilare, mentre si lavava le mani, i propri anelli alla coda del suo gatto, legando questa con un nodo affinché gli anelli non si perdessero, originò la graziosa deformità che ancor oggi_si osserva· nella _codadel nostro animale impareggiabile. Di lui, dunque, la storica principessa soleva dire che è più bello della stella del mattino, più sapiente dell'elefante, più f,ero del leone, più spiritoso della scimmia, più fedele del cane, più prezioso della perla, e che la voce della sua sposa è più dolce di quella della tortora. Ebbene? Noi che qui scriviamo saremo forse _viziatidalla fortuna: giacchè i tre _gattisiame– si coi quali abbiamo presentemente l'onore di convivere sono probabilmente (abbiamo non poche ragioni di supporto) i tre prodotti più straordinari che abbia mai dato questa elettissima specie. Ma non possiamo tenerci dal deplorare che l'immaginazione della prin– cipessa citata sia stata, in verità, impari al– l'argomento. Quanto a noi, fra tanto mutare di regni e di corone, osiamo qui proporre la candidatura del gatto siamese a vero re degli animali. Sia– mo certi ·che questo titolo non gli farà perde– re la sua nativa discrezione e affabilità. Infat– ti, non avendo mangiato il frutto della scien– za del bene e del male, Egli~ fa minor conto del titolo di_rè che d'un pesciolino: e non potrà mài mòntarsi la t,esta. - Sc~NSOIATO ELOGIO DEUA CRAVATTA DIFESA DI UNA CERTA FRIVOLEZZA NELL'ABITO VIRILE, CONTRO I PERICOLI DELL'AUSTERil A' Rimandiamo ad altro luogo l'elogio della fri– volezza, la ·quale (e non sempre a dispetto dei santi eu!çi savi, ma, •anzi, col loro affettuoso consenso), va intesa come una virtù, non come un peccato. Una delle poche gioie virtuose che ancora ci sono concesse, è, all'inizio di ogni nuova sta– gione, lo spettacolo delle collezioni di IJ!Oda. Infelici, aridi e rozzi sono i cuori insensibili a una tale gioia! La quale non è, come i volgari sospettano, un piacere materiale, ma, al con– trario, una letizia spirituale, seconda certo, ma affine, a quella che può venirci da una collezione di quadri, o da un concerto. E' un ,~ç. FINE SECOLO* SABATO 71 DOMENICA 8 DICEMBRE grazioso, umano esercizio di armonie e fa,n– tasia, che aiuta la conoscenza di se stessi_e svela perfino dei segreti d'amore. Nei bei po-· meriggi 'di questo principio d'autunno, che abbiamo trascorso a simili feste della moda, unica amarezza '5ra, fra un popolo di signore e signorine, l'ass~nza dei signori. Perchè? Lontant da queste - sale rilucenti, esclusi da questo~affabile tripudjo, do,v.'erano i signori? _ · _ Chi dietro a iura, e chi ad aforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare e chi civil negozio. Dobbiamo dunque sospettare, se è vero quanto affermavamo più sopra, che nel pre– sente secolo tutta la felicità, la delicatezza e il fuoco si siano rifugiati nei cuori delle signo– re, e i signori, al co~trario, siano tutti di cuo- re arido, rozzo e infelice? · .Non sia mai detto. La verità è che i signori, se s.'inducono ad assistere a una esposizione di moda, sono condannati ad assistervi come ad un esilio. Ad essi infatti non s'addice, se– condo il costume moderno, d'indossare altro abito fuori dalla scialba divisa a tutti nota, qegna, al massimo, d'un quacchero, se non addirittura d'un galeotto; né di usare altro tessuto fuori della lana e della tela, tessuti austeri, convenienti ai monaci, cui l'austerità è cammino alla grazia, ma non ai mortali co– muni, .cui l'austerità sbarra sovente il cammi– no della cortesia, della gaiezza e di altre virtù. Oh, Austerità, quanti peccati si commisero in tuo nome! Chi dunque escluse i signori dalla nobile re– gione in cui si dispiegano i merletti, i rasi, i velluti, e gli amoerri cangianti, e volteggiano le piume e le gaie? E' questo l'unico rimpro– vero che muoviamo alle rivoluzioni_democra– tiche. Né si dica che la fantasia dell'abbigliamento offende il decoro della virilità. Prendano esempio, 1 signori; dagli alberi del frutteto: non si adornano essi di fiori, in primavera, come le futili ·piante del giardino? E prenda– no esempio dal leone. E' forse il suo mantello meno fastoso di quello della leonessa? Ancora nuovi argomenti: con tutta la nostra ammirazipne per gli artisti contemporanei, non crediamo che il loro decoro sia superio– re, per esempio, a quello del fiero tragedio– grafo astigiano e neppure a quello del pittore che, dalla sua patria, fu detto il Veronese. Né la legittima ubbidienza ai poteri assoluti ci vieterà di affermare che non crediamo, per esempio, i maggiori Luigi di Francia, inferio– ri, quanto a decoro virile, ai nostri dittatori contemporanei. (A proposito di contemporanei, ci piace d'immaginare come la leggera pinguedipe del poeta S. C. si abbellirebbe di arguta tolleran– ·za s'egli potess~ andar vestito d'una giocon– da ve/ada a fiorami; e come la gigantesca per– sona dei rgmanziere M. P. apparirebbe mae– stosa sotto robe e roboni tessuti d'oro, ecc.). (E a proposito di dittatori, e, in generale, di uomini di Stato: crediamo che una certa ru– stica avventatezza, che talvolta si osserva nel– la loro condotta, sia conseguenza, magari in minima parte, dell'aus~rità del loro abito. Certe parole troppo sostanziose (e la parola e l'azione sono sorelle), le quali possono armo– nizzare con un berretto a visiera o con un te– tro orbace, · si nasconderebbero per conve– nienza se l'oratore calzasse scàrpini orlati di piume di cigno; e verrebbero ricacciate dalla presenza di un jabot). SCONSOLATO ELOGIO DELLA '"CRAVATTA Ma se, come temiamo, il nostro presente scritto rimarrà senza conseguenza, ci promet– tano almeno, i signori, di serbare la massima considerazione alla cravatta, ultimo sospiro della fantasia nel loro abito moderno. Chi disse (usarido l'aggettivo in senso di spregio), che la cravatta è l'ultimo residuo borghese? Al contrario, essa è un'estrema concessione della grettezza e dell'avarizia alla festevolez– .za del costume sociale. Sconsiderato chi cerca la sobrietà anche nella cravatta! Se ne facciano di broccato, di rrier– letto, di raso e di ermellino; _sidipingano di fiori e d'ogni sorta di sorprese, si componga-. no di piume e s'intreccino d'oro e d'argento. Nessuna cravatta sarà mai troppo animosa~ Essa è _l'ultimoponte .(ra !'_uomoe la fantasia; è l'ultimo fossato fra !;uomo e la barbarie.

RkJQdWJsaXNoZXIy