Fine secolo - 16-17 novembre 1985

FINE SECOLO *,SABATO 16 / DOMENICA 17 NOVEMBRE 32: EKRF:1 ING ....... · ---------------- a cura di Wlodek GOLDKORN-----::------------------------------.....J Colloquio fra Wlodek Goldkorn e Dany Cohn– Bendit all'indomani della funzione nella sinagoga di Francoforte. D: Quando ti ho parlato del mio stupore per aver visto nella sinagoga, alle celebrazioni del– l'anniversario della «Notte dei cristalli» (ma in realrà quest'anno si parlava della piéce di Fas– sbinder e non degli avvenimenti del '38) anche gli ebrei di sinistra, hai reagiro dicendo: «Ma me non mi hai visto, perché io non c'ero». Mi sembravi molto fiero di non esserc1~stato nella sinagoga. Perché? R: E' una cosa tipica della co~unità ebraica voler recuperare tutti. Spesso ricevo da giovani ebrei richieste di venire a discutere con loro. Nell'a~tuale euf,oria della comunità che attra– verso un'azione di protesta ha ritrovato la sua identi_tà, si cerca di recuperare tutti, ,anche quelli ohe pèr ann1 con questa comunità non. hanno avuto niente a che fare. Q·uando ti ho detto «io non c'ero» volevo essere ironico nei '· confronti dei giovani che sono tornati alla co– munit~ e nei confronti della comunità che li ri– ceve à braccia aperte. Personalmente non ho con che riconciliarmi non essendo mai stato un ebreo religioso o tradizionale. fYon voglio sentirmi in pe rieolo · , D: La fai troppofacile. Alla funzione per l'anni– versario della Notte dei cristalli, questa volta ho visto anche -miei amici che non sono stati nem– meno educati come ebrei. Alcuni di loro addirit– tura per la prima volta nella vita mettevano pie– de in una sinagoga. E uno di loro mi ha detto: « In questa situazione che si é creata in Germa– nia, la comunità é per me una casa, Là mi accet– reranno sempre». Credo che si torna alla comu– nità perché e quando ci si sente minacciati, R: Questo è appunto uno dei principali proble- - mi riguardanti la _discussione sulla commedia di Fassbinoer. Sono diventate esplicite cose che fanno sì che gli ebrei si sentano in pericolo. Forse la parola pericolo è esagerata. Gli ebrei, piuttosto: sentono che qualcosa sta succeden– do. C'è stato un raduno delle SS, poi la com– memorazione a Bitburg, poi la legge che puni– sce chi «mente su Auschwitz», ma che in prati– ca equipara il non riconoscere il fatto dell'Olo– causto al non riconoscere il fatto dell'espulsio– ne dei .tedeschi dai territori oggi polacchi e russi. Sono piccole cose che compongono un mosaico che a sua volta induce molti ebrei a dire: «siamo in pericolo». Ma, onestamente, per quanto mi riguarda, io in quanto ebreo non mi sento in pericolo. E non voglio sentir– mi in pericolo, esattamente come non mi sento minacciato da una guerra, Mi rendo conto che esiste un. pericolo di guerra, che il riarmo au– menta questo pericolo, che la guerra può esse– re una conseguenza di una certa struttura so– ciale ccc. Tutti questi sono argomenti raziona– li. Io non ùso mai la paura della presunta im– minente apocalisse come argomento, anche perchè pe'rsonalmente non credo che l'apoca– lisse sia imminente, E poi c'è ancora un'altra dimmensione della paura, quella ecologica. C'è gente, che parla dell'«Olocausto ecologico>;, e ovviamente si tratta di una grande scemenza, Può darsi eh.e gli el:irei si siano lascia,ti conta-· giare da questi.discorsi, ma non mi piace che usino gli stessi argomenti della fobia da ango– scia che ora regna in Germania.- Forse questa generale fobia da angoscia è una spiegazione della pauia degli ebrei, una paura comunque che mi stupisce. · , D: Vorrei fare un ragionamento un po' com– plicato sulla discussione provocata dalla com– media di Fassbinder. Ho l'impressione che ol- tre la paura ci sia una voglia di vivere l'Olo– causto. Mi spiego. I giovani ebrei, nati dopo la guerra, vogliono fare oggi la resistenza anti– -nazista, Il che è normale e comprensibile. Tut– ti noi, ebrei nati dopo l'Olocausto siamo pas– sati attraverso una fase in cui avremmo voluto essere o addirittura immaginavamo di essere i combattenti nel Ghetto di Varsavia. Alcuni di noi l'hanno superata, altri probabilmente non la supereranno mai. Ma poi ci sono i giovani tedeschi che dicono: «noi siamo vittime di .Qu– bis, siamo quindi vittime delle vittime élell'Olo– causto». Con ciò questi giovani tedeschi insi– nuano però di essere pure loro vittime dell'O– locausto ... R:E' vero! E' vero! 'E' la stessa te– matica che qualcùno ha definito come la dia– lettica tra l'ebreo, ·il tedesco, la morte. E' la stessa tematica del filrri di Fassbinder «Lily Marlen». Alla fine del film Lily Marlen è la vittima, E' distrutta dalla gang degli ebrei, L'e– breo borghese si reintegra nella società, mentre la «povera Lily Marlen» rimane tutta sola fuo– ri dal consesso umano, è lei la vera vittima del nazismo. E poi c'è un altro esempio, quando c'è stato il Berufsverbot, i giovani tedeschi col– piti da questo provvedi.mento protestavano mettendo la stella di David gialla sul vestito. Il problema di Fassbinder sono i tedeschi D; Lo trovo vomitevole. R: Sì, sì, ma il problema è cosa facciamo con tutto ciò. Ora in seno alla sinistra tedesca è in corso una gara, una specie di Olimpiade che ha _ per oggetto la questione: chi è la vittima più vittima, E quando tu sei la vittima più vittima di tutti, allora sei legittimato a dire ogni sce– menza che ti passa per la testa, Perchè «moral– mente hai ragione», Or a, F assbinder soffre (Dany Cohn-Bendit parla'tl.el defunto Fassbin– der al presente, ndr) di una fobia delle vittime e di una fobia delle minoranze. Egli cerca sem-. pre di far vedere come sono cattive nei con– fronti degli altri le minoranze e le vittime op– presse. Ma occorre anche vedere e e Fassbin– dçr, benchè egli interpreti stati d'animo esi– stenti, non è bene accetto in Germania. Fas– sbinder inoltre descrive le cose, e non si sforza di analizzarle. Ora, si può dire che le sue opere, i suoi sentimenti sono pericolosi, ma trovo che sia limitativo ridurre tutto all'antisemitismo. Può darsi che Fassbinder abbia paura degli ebrei, paura delle minoranze, ma da questo non si può dedurre che egli è antÌseJIIÌta. Il suo problema non sono gli ebrçi~ ma i tedeschi, come cioè sia possibile che i tedeschi siano· come sono. Beninteso, sono lontano dal consi– derare Fassbinder e tutto ciò che lui fa come «kasher», ma i contenuti della sua opera non spiegano questa angoscia, questa paura, que– sta follia, questa lettura esegetica dei suoi testi, fenomeni questi ai quali assistiamo oggi. Nella commedia incriminata Fassbinder non ha scritto come deve essere presentata la figura dell'ebreo. Si poteva farla simile a Paul Ne– wman, oppure a Woody Allen, ma chi sa perchè tutti credono che si tratti di una figura di ebreo da caricatura antisemita. Questi sono gli occhiali attraverso i quali Fassbinder viene visto oggi in Germania. Auschwitz e la ragione D: Si dice, e lo affermi anche tu che la vicenda dello spettacolo fa parte delprocesso di «norma– lizzazione» della Germania. Puoi dinni come sarà a tuo parere, o come te la immagini questa Germania «normalizzata»? E quale sarà il posto degli ebrei in una Germania normalizzata? R: La normalizzazione della Germania è in– nanzittutto un problema biologico. Credo che finchè sarà viva la generazione che come Hel– mut Kohl durante la guerra non era ancora adulta, ma già abbastanza grande per capire e partecipare alle cose che succedevano, non ci sarà la piena normalizzazione. La gente di que– sta generazione è oggi al potere. E sono politici le cui azioni sono spiegabili solo a partire dalle conseguenze del nazional-socialismo. Ad esem– pio la posizione dei socialdemocratici ei con– fronti dell'URSS si basa solo ed esclusivamen– te sul fatto che nel '41 i tedeschi hanno invaso l'Unione Sovietica, e che quindi il compito dei tedeschi oggi è quello di garantire ai russi che mai più saranno soggetti ad un'aggressione da parte della Gcrmanìa, e ciò indipendentemente dalla struttura sociale e di potere dell'URSS, Indipendentemente da chi e come governa quel paese. Ho fatto un esempio che riguarda i so– cialdemocratici, ma questa regola può essere applicata a tutti i partiti. Ora, io credo che la - vera normalizzazione della Germania verrà solo quando saranno chiari i motivi a causa .dei quali venne il fascismo, a perchè insomma un popolo divenne folle. Ora, a differenza di molti miei amici ebrei di sinistra, io credo che sia possibile dare una spiegazione razionale ad Auschwitz, Le teorie bio-genetiche del fasci– smo, ricordano l'approccio odierno all'AIDS. Allora il popolo ebreo era l'AIDS e ogni c-0n– tàtto dell'ebreo con il popolo tedesco era con– siderato distruttivo per i tedeschi, L'Olocausto aveva una logica, barbara e distruttiva, ma pur sempre una logica. Si voleva separare e poi an– nientare gli ebrei in quanto «inquinatori». Per me la normalizzazione significa che si capisca che una certa logica politica e sociale porta ad una tale barbarie, e che questa logica politica ha qualcosa a che fare con l'approccio autori– tario al problema dei rapporti tra la gente. E quindi una società tedesca normalizzata signi– fica per me una società radicalmente democra– tizzata, nella quale le minoran~e possano vive– re senza dover essere soggette alle f oliie della maggioranza. Gli ebrei potranno vivere a pie– no titolo in Germania, in quanto ebrei, solo quando non avranno ·paura di cosa potrebbe suocedere se qui all'i~provviso girassero per le strade, come avviene a New York, centomila ebrei con le barbe, le treccine e i vestiti tradi– zionali, (Guarda che se una_cosa del genere fosse successa, i tedeschi diventerebbero pazzi, non reggerebbero fisicamente una sfida del ge– nere). Direi che la normalizzazione in senso positivo (non solo in Germania) presuppone che le minoranze abbiano la possibilità di eser– citare una radicale autonomia e il diritto al– l'autodeterminazione. Ma siamo assai lontani da una situazione, del genere, D: Torniamo però un momento alla normalizza– zione «reale», quella in atto, Quella i cui promo-

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