Fine secolo - 9-10 novembre 1985

7 FINE-SECOLO* SABATO 9 / DOMENICA 10 NOVEMBRE • . _ _ . fezione. Era un tipo sfqrtunato. Poi c'era _Al.mir,un bra;. siliano cui avevano rubato tutto in una stazione di auto– corriere peruviana. Il capitano gli aveva dato un passag- _ gio gratis. C'era F~rnando, un peruviano ricco che torna– va a casa sua, a Iqtjitos. A. vrebbe potuto tornarc;i in ae– reo, ma si capiva bene perché non aveva fretta. Era stato uno spensierato studente all'università di Lima fino al giorno in cui un incidente di macchina gli aveva fatto an– dare in cancrena la gamba. I medici erano intervenuti troppo tardi e gliel'avevano dovuta tagliare. A bordo, aveva litigato anche con il medico della lebbra, come rap– presentante della vile categoria dei medici, poi si era ubriacato raccontando a tutti che non aveva nessuna vo– glia di tornare a Iquitos sen7J1una gamba. La mattina dopo aveva un'aria colpevole e distrutta e s'era tolto l'ar– to artificiale: «fa troppo caldo», ripeteva. L'equipaggio -era di una dozzina di uomini più qualche donna, come una carovana cosacca. Il più malcapitato era Segundo, fi– glio di un tedesco di passaggio, da cui aveva.ricavato cer– ti occhi azzurri e tristi. Lavava i piatti, caricava e scarica– va le merci, si prendeva gli insulti di tutti, con la colpevo– lezza che sanno avere solo i bastardi. Venne llcenziato ad Iquitos, all'arrivo. Il più antipatico era Muiieca, cioè bambola, il cuoco omosessuale. Aveva un'aria sdegnosa. Serviva il riso e le banane bollite, tre volte al giorno, con un'aria di sufficienza. La cucina era a ridosso dell'angolo in cui erano state rinchiuse ·quattro vacche, i piatti veni– vano lavati nel fiume e con l'acqua del fiume veniva bolli- - to il riso, cotta la yucca, ma lui insisteva con un'aria da Grand Hotel. Una notte l'equipaggio, vendicatosi dei re– clami, tornò ad ubriacarsi spensieratamente. ~Le donne erano andate tutte a ·dormire, Segundo prometteva che sarebbe andato in Germania, Willy chiedeva di ~apoli, Almir caòtava un portoghese sommesso senza fine. Nel- 1'euforia collettiva gli occhi gialli e allucinati di Luis - un tipo magro con un sorriso storto e luccicante'per via di certi denti d'oro - confessarono cpe lui era ùn maestro d'erbe allucinogene, che stava andando a guarire un am– malato, che a Iq.uitos avremmo potuto partecipare ai riti, se lo avessimo voluto. «Devi essere forte, se vuoi essere un maestro», così diceva. «Come sei diventato forte, _tu?». «Rinuncio all'alcol, alle donne, mi preparo, così». Prevaleva, tra i passeggeri, l'interesse per l'alcol e le don– ne e nessuno gli diede retta. La sera dopo, come deluso dal rifiuto, dalla poca attenzione prestatagli, si presentò alla tavolata con un intruglio afrodisiaco. Bevemmo bir– ra, invece. Ne era piena la stiva. A bordo c'era anche un'automobile -avevano imni.egato ore a caricarla- della polizia che.andava,a Iquitos. C'erano cinque poliziotti; in borghese ma armati. Andavano a far la lotta: ai cocaine– ros _ederano sempre ubriachi. «Io sono forte, ma quelli-– mi fanno· paura», così diceva il maestro. C'erano poi tre indi missionari di .una qualche sètta religiosa. Il capo _sta– va sempre a leggere la Bibbia:,e sorrideva a tutti, distante e accattivante. Avevano con sé un canco di croci di le– gno, di diverse dimensioni. Il capo spiegava che il loro compito era elevare croci a gloria di Dio,.dapperttutto. Scesero una notte sotto un acquazzone furioso e la barca non riusciva ad accostarsi alla riva e il c~po sguazzava nel fango e una croce venne portata via dalla corrente e il capo la benedì illuminato dai ~ampi e la gente alla balau– stra della nave lo guardava rispettosa. A bordo c'erano anche una scimmia e tre pappagalli. I paesi e i loro nomi giato in questi giorni il secolo di vita. Una trentina d'anni fa ha subito un: assedio di stile troiano da parte degli indi– _geni'.L'aviaziope passava ogni tanto, gettava sulla piazza _un po' _di.mercie articoli di prima necessità e poi spariva all'orizzonte. Ci sono altri paesi il cui nome ben esprime la filosofia pionieristica: Esperanza, Progreso, Republica, Patria Nµeva ... Infine, i nomi che allietano la vita: Bella– vista, Pampa llermosa, e quelli speranzosi: Providencia. _lJnasera, in uri.paese in una stanza invasa da gigantesche 'farfalle notturne chiacchieravo con un vecchio. Astrono– i;nia. Lui mi indicava la Croce del sud, io cercavo di spie– garmi affermando che il cielo cambia a seconda dell'emi– sfero. Lui annuiva. Mi disse di certe· letture sue, che lui era un tipo che gli piaceva sapere, e non parlare solo di stupidaggini. Non so come tirai -fuori lo sbarco sulla Luna. Ma no! mi disse lui. Sì, faccio io. Non lo sapeva ancora, e mi guardava un po' sospettoso, come la stessi raccontando troppo gros~. ' Gli indios e le teste ridotte Bastano quattro capanne per fare un paese. Non c'è luce, non c'è niente. Ogni tanto passà il regat69, il commer– ciante del fiume. Porta qualche stoviglia di plastica, com– pra una pelle di anaconda. E i -paesi :vivònò la loro vita immemorabile. Hanno i nomi più strani. ·c'è anche un paese Fitzcarraldo, tanto per dire. Poi ci .sono quattro . Britannia. E c.'è New York. Chiedo di sapere perché si. chiama così. Mi portano dal capo del villaggio. Ha s<>elto lui il nome, qualche tempo fa, «E perché New York, se– nor?». «Ah, un mio amico mi aveva detto che c'è una, gran città che si chiama così, al nord ...». New.York, Amazonas, Peru, ha settantotto _abitanti.Poi ci sono pae– si un po' più gr9ssi, come Requena. Requena ha festeg- -Cè una fioritura di testi sulla sparizione degli indios. ·E · quelli spariscono sul serio, contagiati da malattie, corrot– ,•ti dalle idee,sfruttati dal progresso. Tribù che erano fiere oggi si an:abattano vendendo collanine (c'è una sorta di contrappasso in questo de~tino: una volta eravamo noi a rifilargli le perline)' e barattano la formidabile mitQlogia della foresta e .le pagaie con contro la coca cola e le bar– che a motore. Naturalmente è meglio bere' coca cola che acqua sporca ed è meglio navigare a motore che remare, nonostante i buoni propositi degli antropologi. C'è però, in questa sforia, qualche aspetto insolito. Mettiamo gli J!Yar'?s.__che _èuna grande ~amigli_a in_digen~.C~ n_es~no alcum che s1 accampano aJ bordi dei fiunu pnnc1pah, e vendono e comprano, e vestono lacere vesti della civiltà come fossero bandiere. Sono dei poveracci, senza più Dio, senza più senso. Poi ci sono gli irriducibili, persi nel fondo della foresta. Quelli che continuano a fare piccole guerre, a formare i guerrieri, a tagliare le teste, a fràntu– mame le ossa, a cavarne il cervello,.a raschiarne la pelle con la sabbia, a ridurne le dimensioni. Costoro vengono raggiunti da certi commercianti senza scrupoli che com-– pdmo le teste e le rivendono a qualche ricco américano. Oggi le teste ridotte, dei Jivaros valgono molto, visto che l'attività appartiene alla sfera delle professioni che spari– scono. In qualche modo, sono più vicini alla civiltà, al suo mercato, gli ultimi indios Huallaga, irriducibili, che le tribù mansuete ed emarginate della riva. L'anaconda 1! le uo-va Dice: «hai_visto l'anaconda?». No, io l'anaconda non l'ho vista. Né ho visto il giaguaro. Ho visto maree di in– setti e stormi di ucceJJi,tutto li. Certo, ho sentito raccon– tare storie formidabili, ed ho visto spesso i delftni del fiu– me, ho mangiato carne di tartaruga, ho. visto piranh~ imbalsamati, ho tenuto pappagalli sulla spalla, ho gioca– to con scimmie ammestrate~ Però anaconda niente, e neanche_caimani, né giaguari. Una volta stavano taglian– do un ramo di un albero enorme e io stavo lì a guardare, come altri. In mezzo c'era un cane che abbaiava e scodin– zolava. Poi il ramo è venuto giù e il cane ha visto l'ombra ed è corso sotto. Il ramo l'ha appena sfiorato, cadendo a terra. Il cane è _rimasto ritto ancora per un momento poi è piombato giù, le zampe rigide, un filo di sangue dalla bocca ~ è morto. Attorno la gente ha nso, solo un po' imbarazzata. Appena un attimo prima éra vivo e poi era morto. Questa è stata l'avventura più selvaggia. Ho visto i pipistrelli vampiri, ed ho imparato come si cat– turano i coccodrilli. Si .getta un pezzo di legno foderato di interiora di qualche ·altro animale appena ucciso. Il coccodrillo mangia e il legno resta conficcato nelle fauci. Annega e tu lo prendi con il ventre molle all'aria. Ho vi– sto farfalle che sembravano lenzuola colorate e scarafag– gi tipo quei mostri di plastica che piacciono ai bambini. E ragnatele c9me amache. Poi una volta che ero affamato ho comprato in un paese sulla riva tre uova di gallina. Prendo il primo e me lo bevo crudo, e tutti i miei compa– gni di viaggio mi guardano_stupiti. «È buono,» faccio io. «Mai visto mangia~e un up ~.xrudo? Provare pei_crede– ré». Offro inutilmente il secondo uovo al pubblico, men– tre mi bevo, a dimostrazione, il terzo. Passa un po' ed ecco che arriva un ragazzino con un uovo di tartaruga e me lo porge. Invito declinato. Mangiauovo mancato. L'importanza delle mutande Però si imparano un sacco di cose sugli animali. Sui lor-0 suoni, sulle abitudini, sulla loro anima, su come catturar– li. Il momento migliore è la sera, quando la barca ferma il motore ed accosta a riva. La riva è un concerto. Meglio ancora sono le- lagune, le pozze nere di acqua o coperte da distese di erbe galleggianti. Lì c'è il maggior numero di animali. Ci si può anche fare il bagno, l'importante è · fare rumore, battere l'acqua, mai stare fermi e non farlo se si sanguina sia pure da un taglietto da niente. È anche il posto migliore per pescare. Si pesca con l'arco, o con l'arpione. L'acqua è-sempre torbida e il pescatore sta tut– to fermo, concentrato, teso, gli occhi fissi. Poi, dall'incre– spatura in superficie intuisce 1a preda, quanto è grossa e quanto_ corre. E colpisce giusto qualche centimetro in avanti. Artigianale, ma ho visto prendere così dei pesci lunghi due bràccia; ·- , - Non declino le statistiche sulla mortalità infantile, che sa– rebbe di cattivo gusto. Però quelli che si fanno ragazzetti, farebbero arrossire quelli della via Pal. Metti il bagno nel - fiume~Dei ragazzini sulla riva, nudi e lucidi. Poi corrono a casa e si mettonq un costume e fanno il bagno nell'ac– qua caffelatte. «Perché?», faccio io. C'è un pesciolino lungo e sottile, il caiiero, che si infila in tutti i buchi, e J?rincipalmente in quello del culo. Molto doloroso, anche

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