Fine secolo - 2-3 novembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 2/ DOMENICA 3 NOVEMBRE 22 l,ETTERE AI RADICAl,l, - PIU' O MENO DA LONTANO N ec tecum nec sine te di Marco BOATO I) « Nec tecum, nec sine te viverepossum». Spes– so, quando penso ai radicali, e ai miei rapporti con loro, che durano ormai in forme diverse, da quasi quindici anni, mi tornanÒ alla mente questi versi del poeta latino. E' il primo dei pa– radossi, con i quali provo a sintetizzare (per motivi di spazio) qualche disorganica riflessio– ne critica sul fenomeno radicale. Ed è, nono– stante tutto, quasi una dichiarazione d'amore. Per-chi non si è mai interamente proiettato nel– l'identità radicale, un rapporto troppo stretto– diviene presto impossibile, quasi insopportabi– le. Ma è difficile immaginare la scena politica ·italiana recente senza la contraddittoria pre– senza _radicale.Un «rebus» apparentemente in– solubile. 2) Tolleranza e intolleranza. Quello radicale è un partito liberale e libertario. Negli anni degli ideologismi totalizzanti e del settarismo onni– pervadente, ha messo in primo piano i diritti civili e umani, il valore della democrazia politi– ca e delle sue regole del gioco, il rifiuto degli schieramenti ideologici e il primato dei valori, il culto della laicità e della t_olleranza.Ma rara– mente ho conosciuto tanta intolleranza come all'interno dell'universo radicale, raramente ho vissuto in un clima politico e umano così per– vaso da esclusivismo e settarismi, così permea– to da tensioni «religiose» e da rapporti preva– lentemente <.<carismatici». Mi viene da applica– re loro un monito evangelico: «Fate ciò che di– cono, e non fate ciò che fanno». 3) Pannella, Capanna e Turone. Al congresso radicale di Bologna del 1982, che segnò la fase conclusiva del rapporto di Mimmo Pinto e mio col Partito radicale (a cui, del resto, non erava– mo iscritti), Marco Pannella, che mi aveva da poco querelato (e il processo dura tuttora), evocò strumentalmente contro di me la presen– za in sala di un Mario Capanna sorridente e compiaciuto e poi mi fece replicare alle tre di notte di fronte a quindici persone. Contro di noi, in quel congresso, tuonò anche il neofita radicale Sergio Turone, proveniente dalle file socialiste. Negli ultimi due anni, Capanna ha cercato ripetutamente di scimmiottare i radica– li, attaccandoli al tempo stesso in modo siste– matico e strumentale. Sergio Turone, per parte sua, non partecipa ora neppure al congresso di · Firenze, e comunica il suo dissenso dalle pagi– ne del giornale governativo Il Giorno. Singola-; re nemesi storica. 4) Tutto o niente in Parlamento. Dlfrante la le– gislatura 1979-83 l'attività radicale si svolse quasi esclusivamente in Parlamento, se si ec– cettuano i fallimentari referendum del 1981. Erano gli anni dell'ostruzionismo sistematico, praticato o minacciato. Guai a saltare una se– duta, anche la più insignificante, o· a mancare ad un voto, anche il più scontato e irrilevante. In questa legislatura (con la sola eccezione di Melega), i radicali disertano tutte le votazioni nel Parlamento, totalmente «delegittimato». Lo chiamano «codice di comportamento». Troppo o troppo poco: non convince né l'una, né l'altra scelta. 5) Il narcisismo radicale. Ci fu un tempo -ed era l'«età dell'oro» per i radicali- in cui non c'era quotidiano o settimanale che non parlas– se di loro, e in cui le immagini dei leader radi– cali divennero popolari al grande pubblico so– prattutto attraverso gli schermi televisivi. Tutti impararòno a conoscere e a riconoscere Pan- nella, Bonino, Aglietta, Faccio e 1 via elencan– do. Erano gli anni"del comprome~~o storico e dell'unità nazionale: i radicali erano la «no– vità», i «diversi», e i «dissenzienti» pèr antono– masia. Poi le cose andarono diversamente. Il potere dell'immagine funzionò come un boo– merang e una dtoga al tempo stesso. Il boome– rang tornò indietro e colpì, e per di più ci furo– no vere e proprie crisi di astinenza. La denun– cia è comprensibile. Meno compre~sibile la to– tale mancanza di analisi critica (e autocritica) delle ragioni del fenomeno. 6) I radicali e la giustizia. La lotta per la giusti– zia, la difesa dei diritti civili, l'impegno contro la legislazione dell'emergenza, la fedeltà al ga– rantismo costituzionale ad ogni costo, sono si- curamente caratteristiche essenziali, e ormai «storiche», dell'espc;rienza radicale. Ma il «caso Negri» e il «caso Tortora», giocati prima di tutto e soprattutto sul terreno elettorale in una fase di crisi interna e di pesante disoric;nta– mento radicale, sono apparsi come abili e spre– giudicati escamotages, come una sorta di «sur– rogati» elettorali, che hanno impedito (o me– glio, evitato) ai radicali di affrontare le cause reali della loro perdita di consenso e di ruolo nella società italiana. Anche Toni Negri è di; ventato, fin troppo presto e troppo prevedibil– mente, un boomerang. Tortora, invece, si è comportato davvero da militante radicale «modello» (fin troppo, per chi lo ha ascoltato e guardato in questi mesi, ma era umanamente comprensibile). Eppure i problemi del1acrisi di - identità, di militanza e di strategi·a radicale re- ,,,--- , J ' stano. 7) «Perché non possiamo non dirci radica/iJJ. Prendo a prestito questa espressione, di ascen– denza crociana, da un efficace intervento di Alexander Langer. Ed è proprio così, e vale ad esempio, anche per i movimenti ecologisti, no– nostante tante tensioni recenti tra Verdi e radi– cali. 1,-'esperienzaradicale ha lasciato comun– que un segno positivo nella società italiana di questi anni, anche qualora fosse destinata (per scelta o per esaurimento) a scomparire come tale. Pochi, e con un fortissimo turn over (ec– cetto che nel gruppo dirigente), vi si identifica– no pienamente. Molti si sono riconosciuti o si riconoscono in specifiche battaglie politiche, nei valori più generali, in una prassi di rottura di schieramenti e appartenenze precostituite. Non è poco, nonostante tutto. Uno stato d'animo fatto partito di Rocco BUTTIGUONE . . Il vantaggio dei radicali è stato quello di fare una politica non-ideologica, una politica che raggiunga la gente su,obiettivi molto concreti, vivamente sentiti çla quelli che se li pongono. E' quest~ ciò che 1~,al di là della organizzazio– ne di partifo, del radicale un particolare tipo umano, che ·ha destato soprattutto nel tempo, ormai passato, della· ideologizzazione 'forte', una certa umana simpatia. Verso la fine degli anni '70 i radicali sono diventati "il partito ri– fugio" di n:iolti, convinti di dover assumere una responsabilità, sdegnati dallo stato di cose esistenti, tuttavia _diffidentiverso i programmi, gli schemi, le soluzioni prefabbricate dei "rivo– luzionari di -p_rofessione".Davanti ad essi il ra– dicale ha affelmato, giustamente, che la rivolu– zione non può essere una professione, e ha mantenuto un legame fra la politica e una vita fatta di incontri e di scontri, di antipatie e di simpatie, che viene prima della politica e in qualche modo la giudica. Forse è per qtiestp che è umanamente più faci– le, spesso, essere amici dei radicali che degli 'ortodossi' delle divèrse appartenenze proprie della sinistra. Da questo punto di vista i radi– cali hanno anticipato il "pensiero debole", provvisorio e per questo, almeno relativamen– te, aperto all'imprevisto e al rinnovo. Questa posizione, naturalmente, ha anche i suoi limiti. Quello radicale; più che un partito, è uno stato d'animo. In altri paesi non si espri– merebbe attraverso la-forma-partito ma piut– tosto attraverso quella del gruppo di pressione, che si mobilita su argomenti specifici;controlla e pone sotto pressione il mondo della politica senza farne parte direttamente. In italia il sistema esistente delle relazioni poli– tiche ha indotto anche i radicali a fare un par– tito. Qui si è _vistaperò la loro incapacità di ri– condurre le questioni particolari, i problemi dolenti di una umanità frammentaria che vivo– no con passione, a sintesi più generali, che esprimono un interesse generale. I radicali esprimono la crisi dei progetti politici che hanno dominato nel passato ma non han– no nulla con cui sostituirli. Questo è, in un cer– to senso, il loro primo limite, propriamente politico. Il secondo è legato al _primo.Un vetero-marxi– sta direbbe che i radicali esprimono una cultu-

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