Fine secolo - 19-20 ottobre 1985

breo della diaspora privo di senso della di– gnità». I giornali si scatenarono contro questo «ebreo che si umiliò di fronte al peggiore boia». Nel 1957 Kastner venne ucciso da un attentatore. Un anno dopo la Corte Suprema stabilì che egli non collaborò affatto con i na– zisti e condannò il suo accusatore. Ma Kastner non fu mai assolto dalla pubblica opinione israeliana: Tant'è vero èhe l'autore dello spet– tacolo Moti Lerner partì alla ricerca ·sul perso– naggio Kastner con lo scopo di condannarlo. Nel corso dei lavori cambiò parere. E lo cam– biò così radicalmente che alla fine dello spetta– colo fa dire a Kastner: «è vero che non sono stato un eroe, non ho combattuto come gli eroi del ghetto di Varsavia, ho trattato con il boia, ma è altrettanto vero che sono stato l'unico a strappare dalle mani dei nazisti 1600 vite di ebrei. Gli eroi invece non hanno salvato la vita di nessuno». Lo «shtadlan» riabilitato. Lo humour di, ogni di,aspora on solo gli ebrei hanno il loro spirito «da diaspora», che poi non è altro che la capacità di adattarsi a vivere da «minoranza». Una sera sono al Caffè Kassit, da alcuni decenni il loca– le dei bohèmiens e della sinistra di Tel-Aviv. Attorno al mio tavolo sono seduti alcuni ebrei ed arabi. Gli arabi stanno da anni a Tel-Aviv, sono integrati nella società ebraica, o meglio nella sua parte «progressista». Anche volendo non potrebbero più tornare a vivere «in villag– gio»,(come si dice qui), vale a dire in una so– cietà araba. Passa un altro amico palestinese con in braccio un piccolo bambino biondo e di pelle bianchissima. Una delle commensali mi dice scherzando: «hai mai visto un arabo con un figlio svedese?». Comincia così una serie di battute che diventano sempre più (ironicamen– te) razziste. Mi accorgo che 1 più abili nel rac– contare ed inventare queste battute sono gli arabi. Finiti i bagordi lo dico a K., un mio ca– rissimo amico palestivese, da quindici anni im– piantato a Tel-Aviv. E gli faccio presente che le peggiori battute anti-semite le hanno inven– tate gli ebrei in diaspora. «Siete diventati come noi?» gli chiedo. K. annuisce e poi lui che pro– viene da una tradizionale famiglia musulmana, su due piedi mi improvvisa una lunga e docu– mentatissima lezione sulla identità ebraica e sull'influenza di questa sullo humour mitte- 1-europeo. La finisce con la seguente barzellet– ta: «un ebreo sta leggendo un giornale in un caffè viennese. Di fronte a lui si siede Hitler– .'Mi fai leggere il giornale?', gli fa Hitler. L'e– breo esclama:'ma tu sei Hitler!'. E Hitler:'sì, sono io, allora mi fai per favore leggere 'sto giornale?'. Al che l'ebreo risponde:'no, Hitler, non ti farò leggere il giornale'». «Un non ebreo non può capire questa barzelletta» dice K. il palestinese. «Solo un ebreo può capire e trova– re divertente che l'ebreo della barzelletta non In unavia di Gaza. Sotto: il Murodel Pianto a Gerusalemme. Nella paginaa fronte:una scolarescain gita a Gerusalemme. (Foto di LucianoFerrara). ha un altro modo per punire Hitler». «Anche un palestinese «assimilato» a Tel-Aviv lo può. capire» dico. K.annuisce. Una sera di, piccoli passi, indietro Una sera faccio la «rimpatriata». Vado a casa di Z. l'ex «leader carismatico» di Matzpen. Z. proviene da una antica famiglia sefardita da quindici generazioni in Palestina. E' la stessa casa nella quale tenevamo riunioni, spesso drammatiche, ci scannavamo intorno alle que– stioni che per la maggior parte della società erano lana caprina. ·Z. è rimasto mio amico, anche se non abbiamo avuto un colloquio se– rio da almeno cinque anni. Ora ha un delizioso figlio· che non conoscevo. L'ex «stanza delle riunioni» è piena di giocattoli. Mi· pare molto più bella e allegra che non tanti anni fa. Z. non ha smesso di occuparsi della politica. Anzi, crede di essere oggi molto più impegnato che allora, ai «nostri tempi eroici». Ma ha anche scoperto che le piccole vicende di suo figlio sono molto più importanti di un importantis– smo saggio teorico. Comincia così il colloquio nel corso del quale cercheremo prima con cau– tela, poi con sempre più spregiudicatezza di ca- . pire chi di noi due è.«più realista e chi si è al– lontanato di più dalle utopie». Z. non fa politi– ca in un partito deH'establishment. E' rimasto all'opposizione. Fa parte della «Lista progres– sista per la pace», un raggruppamento di ebrei ed arabi che ha due deputati alla Knesseth. Ma Z. crede che oggi occorra sapere interpretare le angosce e i bisogni della società. «I tempi delle avanguardie radicali ed isolate sono finiti», ·dice. E aggiunge «fa guerra del Libano mi ha aperto gli occhi, quando ho visto centinaia e centinaia di migliaia di persone manifestare in piazze di Tel-Aviv e di Gerusalemme contro questa guerra, ho capito che in seno a questa società ci sono tante forze sane. E che non oc– corre chiedere l'attestato di "antisionismo" a nessuno. Non sono le convinzioni ideologiche a cambiare la realtà, ma è la gente a farlo»~ Z. non si pente· per la sua attività in Matzpen (come l'avanguardia di una rivoluzione che se– condo le nostre convinzioni di allora sarebbe venuta da fuori). Allora abbiamo capito cose che gli altri non volevano comprendere. Ab– biamo capito la centralità della questione pale– stinese quando gli altri la vedevano solo come una questione umanitaria. Abbiamo anche ca– pito che il destino del popolo israeliano e quel– lo palestinese sono strettamente legati tra di loro. «Contro gli ebrei» abbiamo capito il ca– rattere coloniale e «contro gli arabi» il caratte– re nazionale del conflitto tra Israele e i palesti– nesi. Abbiamo cioè capito il diabolico sovrap– porsi di due piani del conflitto, un sovvrappor– si che nessuna parte voleva comprendere. Ma con tutto questo non abbiamo saputo fare po– litica. Oggi Z. parla di «politica reale» e di pic– cole cose che intanto cambiano la vita della gente e la struttura della società. «Ottenere ad esempio che da subito i palestinesi possano de– cidere se vogliono piantare fiori o invece colti– vare la frutta, senza che a stabìlirlo siano gli israeliani, vuole dire fare la vita della gente mi– gliore e fare anche un passo in una direzione giusta». «E si può ottenerlo anche senza risol– vere prima i problemi globali (come pensava– mo ai "tempi eroici") e senza dover provare che il fondatore del sionismo Teodor Herzl e i suoi seguaci avevano sbagliato tutto e che pri– ma di parlare con i palestinesi essi (i seguaci) dovrebbero fare abiura delle loro convinzio- · ni». Z., una volta rivoluzionario «anti-imperia– lista», anti-sionista intransigente, è oggi un ri– formista reintegrato nella società israeliana. Ed anche un democratico profondamente anti– -comunista ed anti-sovietico. E fa politica. Qui e ora. L'evoluzione di Z. Ma anche della so– cietà israeliana nella quale alcune cose che die– ci anni erano tabù, oggi fanno parte del senso comune. Divertirsi finché si è in tempo Tel-Aviv è una città affascinante. Quando sono arrivato qui, fresco da Varsavia, sembra– va una piccola cittadina provinciale, puritana, chiusa, xenofoba. Oggi sembra una mini Ne– w-York. A Tel-Aviv c'è di tutto. Il quartiere degli alternativi che hanno affittato o compra– to le bellissime case costruite dai «tedeschi» ne– gli anni trenta. Gli edifici e i centri commercia– li che assomigliano a Dallas. Ristoranti cinesi, italiani, arabi, ebrei stile polacco, romeno, un– gherese. I ristoranti sono aperti tutta la notte. Quando chiudono gli ultimi, aprono i primi. A Tel-Aviv puoi non andare mai a dormire. Alle due di notte i locali sono strapieni. E'' difficile trovare un posto. La gente mangia. In nessun luogo del mondo si mangia tanto e tanto bene come a Tel-Aviv. C'è il Red Pub, il ritrovo notturno degli alternativi. E' brutto e ango– sciante. Sembra un locale della sinistra tedesca anni settanta. Dentro c'è il poeta più alla moda, lo scrittore «ribelle», da trent'anni «ri– belle», lè attrici impegnate. Poi ci sono caffè stile «New-York ricca». Le cameriere sono gio– vani e bellissime, sul podio un gruppo che suo– na un ottimo jazz. Ci sono le bibite più esoti– che del mondo. Nella parte sud alle tre del mattino fai la seconda o la terza cena della se– rata a base di cibi arabi, alle quattro puoi già prendere il primo caffè. Tel-Aviv si sveglia, co– mincia una nuova giornata. Tra un attacco dei terroristi e l'altro, tra un dirottamento e l'altro la gente cerca di vivere e di divertirsi, dispera– tamente, prima che tutto finisca.

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