Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

FINE SECOLO * SABATO 5 / DOMENICA 6 OTTOBRÉ 32 CI INFLUSSI DEI PACll'tSTI sm· NOSTRI RAGAZZI ... Sul disagio' di scoprire che i nostri amici di undici anni hanno imparato a scuola molta storia del quartiere, e nelle feste pacifiste la storia di Hiroshima: Auschwitz è stata loro, .viceversa, accuratamente risparmiata. Per esempio, Giacomo. . N eU'anno 2000 Giacomo avrà ventisei anni. Ora ne pa undici, va in prima media ed è «reduce» da una scuola ele– mentare «progressista» in una città di salde tradizioni democratiche nell'Italia centrale. Che cosa sa oggi e che cosa saprà nel 2000 del mondo intorno? Una domanda che sembra .oziosa, così éome potrebbe sembrare ozioso questo testo. E allora chiarisco subito che si tratta di'un fatto personale, che però mi ha in– dotto a fare una riflessione di ordine generale. E aggiungo che vorrei parlare dei «malefici in– flussi dei pacifisti sui no~tri ragazzi». L'antefatto risale ad un piuttosto scialbo e ste– reotipato dibattito alla festa dell'Unità in una piccola città sempre dell'Italia centrale e che ebbe come tema «La pace e i.diritti umani». Vi presi parte in quanto «critico del pacifismo». Ciò che mi colpì non era però lo svolgimento del dibattito (gli argomenti, sia i miei, sia dei pacifisti, in questi dibattiti sono quasi sempre gli stessi), quanto l'atmosfera clÌe aleggiava nello «stand dei dibattiti». Sulle pareti di pla– stica bianca erano appese grandi fotografie raffiguranti Hiroshima distrutta dalla bomba atomica e altre foto apocalittiche con immagi– ni di esplosioni nucleari. Nemmeno una foto, di Wlodek GOLDKORN ------------------------- nemmeno un ricordo di un campo di concen– tramento, nemmeno un accenno al genocidio. Tornando a casa ebbi una sensazione di disgu– sto, ma anche di rabbia e dissi alla mia compa– gna: «Se Giacomo (a questo punto è doveroso svelarlo: Giacomo è il figlio della mia compa– gna), o un suo amico avessero visto solo le mo– stre dei pacifisti e sentito i loro discorsi avreb– bero senz'altro immaginato che la seconda guerra mondiale è consistita soprattutto nel– !' orrore della bomba atomica sganciata su Hi– roshima. Del resto, delle altre cose non sapreb– bero niente». Qualche giorno dopo portai Giacomo a cena fuori e dopo che avemmo esaurito vari argo– menti personali, lui mi fece una 'domanda. a bruciapelo: «Ma chi era questo pazzo che deci– ~e di buttare la bomba su Hiroshima, come osò il pilota 9ell'aereo commettere una simile bestialità? E come gli è venuto in mente di far– lo? Non riesco ad immaginarmi come una per– sona possa farlo». E proseguì: «Ma non sape– vano gli amçricani ciò che sarebbe successo in seguito?». A cena con Giacomo Prima di proseguire con la ricostruzione del dialogo che .si sviluppò in seguito a questa do– manda dovrei aggiungere alcuni particolari. Nella scuola «progressista» di Giacomo la sto– ria non veniva insegnata, se non un po' di sto– ria locale, del quartiere. E fin qui niente di male. Si prediligevano attività creative, il tea– tro, la poesia e simili, e la cosa andava bene. Per bambini di una certa età saper pensare e creare autonomamente è senz'altro più impor– tante che ricevere varie nozioni più o meno uti– li. Del resto hanno una vita davanti per ap– prendere anche le nozioni. A ,casa (nella quale– l'autore di queste righe sta da molti anni, da quando cioè Giacomo è in grado di pensare) delle vicende della seconda guerra mondial.e si parla poco e per una ragione ben precisa. Que– sta ragione non è altro che il fatto che io sono– cresciuto «all'ombra di Auschwitz». Benché io sia nato dopo la guerra, poichè sono un ebreo polacco, il genocidio effettuato ai danni del mio popolo costituiva in casa dei miei genitori un tema di conversazioni quoti– diane. Non fu un'educazione piacevole. E co– munque il risultato è che noi tutti (io, i miei amici coetanei· ebrei polacchi) siamo sì sensibili a certi temi, ma evitiamo di educare i nostri pargoli in una atmosfera simile. Non ho inten– zìone di addentrarmi nelle spiegazioni dei mec– canismi psicologici che !'«educazione Au– schwitz» innesca in coloro che attraverso que– sta .educazione sono passati, voglio solo con– statare che nelle case delle «vittime» di questa educazione con i bambini di questo argomento di parla di• rado·. Si cerca insomma di essere «normali». Oggi la fame nel mondo mi sembra comunque una questione ben più urgente ed attuale della quale far partecipe un bambino che non le camere a gas. Nella scuola «progressista» di Giacomo le maestre giustamente volevano fare i bambini consapèvoli dei problemi del mondo. E così i ragazzi, con l'ausilio di un locale gruppo di «scienziati per la pace», nonché di esponenti della Lega per l'Ambiente si sono occupati del pericolo della guerra nucleare. L'iniziativa sembrava lodevole in quanto poteva essere per · i bambini un'occasione per uscire dalla storia locale e parlare di quella universale nonché per apprendere qualche nozione elementare della politica attuale. Il vero delitto E qui torniamo al mio dialogo con Giacomo redoce dell'educazione pacifista. Alla sua do– manda su come sia potuta accadere una bestia- lità come lo sganciamento dell'atomica su Hi– roshima risposi dicendo che la seconda guerra mondiale fu particolarmente disumana e che a parte gli effetti delle radiazioni delle quali però allora si sapeva ben poco, la gente era abituata a che intere città venissero rase al suolo. Al che Giacomo mi disse: «Non ci credo, non è possi– bile, dimmi che città fu rasa al suolo prima· di Hiroshima». Ne elencai un buon numero. Gia– como rimase assai stupito. Poi gli dissi anche che sebbene l'atomica su Hiroshima fosse un atto immorale e esecrabile, non furono _gli americani a scatenare la guerra contro il Giap– pone e che in una logica di una guerra totale e condotta senza scrupoli tutto era possibile, ma che in fondo la colpa «ultima» per l'accaduto durante· questa guerra non era certamente dal– la parte degli americani, sebbene anch'essi avessero compiuto azioni condannabili e con– trarie all'etica. Risparmio al lettore la trascri– zione letterale del seguito del dialogo, durante il quale scoprii che Giacomo non sapeva che erano stati i giapponesi a.cominciare la guerra contro gli americani, che i giapponesi in Cina e in genere nell'arèa del Pacifico avessero com– messo delle efferatezze incredibili e che Hitler non condusse una guerra normale, «conven– zionale». In parole povere scoprii che i miei peggiori ti- •mori erano realtà e non incubo. I nostri ragaz– zi educati dai pacifisti si immaginano davvero che la seconda guerra mondiale consistette in qualche scaramuccia provocata dai nazisti alla quale è seguito il Vero Delitto, l'ingiustificato, criminale, barbaro, e deciso a fred4o con scopi omicidi Atto degli americani. Lascio al lettore e ai pacifisti le c-0nclusioni da trarre da tutta questa vicenda (a parte quella mia personale di allentare le mie resistenze a parlare di Auschwitz). Ho· solo qualche do– manda che riguarda la cultura pacifista, ma farla sarebbe offensivo e senz'altro «guerra– lOndaio».

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