Fine secolo - 20-21 luglio 1985

FINE SECOLO* SABATO 20 I DOMENICA 21 LUGLIO RTO SULLA VASCA DEI DEI ,lf A ppena entro nell'acqua. cominciano a studiarmi. Si avvicinano, mi sfiorano, prendono atto della mia presenza. I delfini Lilli, Bravo, Pelé e Candy sono abituati alla presenza di umani dentro la vasca (anche ora c'é un sommozzatore sul fondo che_fa le pulizie) e l'accettario quasi sempre volentieri. Amano giocare, e giocano anche con me. Prego, assaggia_pure... Le prime osservazioni sono le più elementari. Li guardo, e sono grandi e veloci. Li tocco, e sono caldi. Incrocio il loro sguardo, e mi sem– bra espressivo. Non sfuggono il contatto fisi– co. Sono anche loro a cercarlo, mentre, al principio, me ne sto fermo nell'acqua. Ma é sempre cauto, attento. Sembrano consapevoli della mia fragilità, lì e al loro. confronto. Solo Bravo, l'unico maschio, quando si avvicina, quasi sempre di fronte, spalanca la bocca. Non fosse che mi hanno avvisato, mi spaventerei. Ma non vuole mordermi, solo «assaggiarmi». E lo fa tutto il tempo: assaggia la mano che gli porgo, il braccio, qualche volta la schiena. ·An– che se non stringe, qualche graffio rimane, so– prattutto quando non mi accorgo di lui e mi ri– traggo d'istinto. Dicono che lo faccia un pò per giocare, un po' per far sapere a me, s;stra– neo, che quel posto gli appartiene. Che questo non sia solo un modo di interagire con gli umani lo vedo io stesso, anche nei segni sulla pelle delicata degli altri delfini. Non sono in grado di distinguerliuno dall'altro, ma mi P(lre che anche le femmine talvolta mi assaggino. Nuoto adagio e lascio più che altro a loro di decidere il da farsi. Quando uno mi si avvicina cerco di attaccarmi a una pinna. Se ne ha voi– glia lascia fare e mi trascina per un po', sul pelo dell'acqua o in fondo, fin che non ce la faccio più. Se non ne h~ voglia saetta via e non c'é verso di mantenere la presa. Mi arrivano attutiti i suoni che lanciano, ìischi e gridi rau– chi. Anche a me? di Franco TRAVAGLINI Dopo un'ora di carezze, assaggi, capriole e rincorse, con qualche graffio e molta beatitudi,ne, il nostro redattore é uscito dalla vasca dei delfini e ha steso il suo rapporto. Su un animale più bello e agile di,noi e magari più intelligente. Forse per questo lo uccidi,amo così volentieri. Forse, se facessimo davvero amicizia, / impareremmo a star svegli con un occhio solo. Va e viene da un mondo ali'altro Poco per volta supero l'impaccio, mi muovo meglio, il contatto é più agevole. Allora quan– do uno mi si affianca, nuoto con forza. Il gio– co sembra gradito, e andiamo per un po' così. In un primo momento il delfino mantiene la mia stessa andatura, e solo quando èedo alla stanchezza, si allontana. Mentre emergo a re– spirare mi viene in mente che, a differenza di me, il delfino vive in un ambiente -l'acqua- e respira in un altro -l'aria. Allora per vivere é . costretto ad èntrare e uscire costantemente da due ambienti completamente diversi. Cosa l'avrà spinto qualche decina di milioni di anni fa ad intraprendere questa complicata esisten– za? Tanto più, mi spiegheranno poi, che pare ' che il delfino non abbia una respirazione invo– lontaria come la nostra, bensì volontaria. In sostanza deve decidere di respirare e per farlo d~ve essere cosciente. Cosicché, se dovesse per– dere conoscenza, morirebbe soffocato. Né il delfino potrebbe fermarsi su quel confine fra la vita e la morte che é il coma profondo. Passe– rebbe di là inevitabilmente. Forse c'é un rapporto fra questa e un'altra particolarità dei delfini (anche degli altri ·ceta– cei?):i due emisferi in cui é diviso il loro cervel– lo funzionano, si può dire, in modo indipen– dente. Un ricercatore russo ha infatti scoperto che il delfino dorme,. alternativamente, con una metà del cervello o con l'altra. Il che gli consente di continuare a nuotare e ad emerge– re per respirare anche dormendo, oltre che di vigilare sui suoi predatori. Se non fosse così e avesse una respirazione involontaria, morireb– be annegato? Oppure se, conservando una re~ spirazione involontaria, dormisse con tutto il cervello, morirebbe soffocato? Cèrto é che così campa, e bene. Si guarda mentre sogna Il tèmpo scorre e ·comincio a sentire freddo. Per scaldarmi nuoto un po' «a delfino». Già, ma qui il contrasto é stridente e la mia goffag– gine evidente. Provo -invidia. Sentimento abba– stanza comune insieme all'ammirazione e al senso di inferiorità, nei confronti di molti altri animali, se non altro per la loro forza fisica, per il fatto che volano, nuotano, saltano, cor– rono, si arrampicano, vedono, sentono, annu– sano e fanno tante altre cose meglio di noi. Forse é anche per questo che abbiamo scelto la complessità del nostro cervello, e le capacità che-ne derivano, come metro di misura per col– locarci in cima alla piramide evolutiva che, in– credibilmente, continuiamo ad usare. Mentre nuoto con Lilly, Bravo, Pelé e Candy, mi vien fatto di pensare a quali capacità possono deri– vare da un cervello la cui attività cosciente non cessa mai del tutto. Si può ipotizzare; mi farà poi notare Sandro· Corazza, che il delfino sia in grado di osservare, con la parte di cervello de– sta, ciò che accade in quella addormentata, di osservare é interpretare i propri sogni, di pene– trare nel proprio inconscio e leggervi le stratifi- •.w.• .23

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