Fine secolo - 6-7 giugno 1985

FINE SECOLO* SABATO 6 / DOMENICA 7 GIUGNO . Questa Lettera aperta, malgrado l'apparente occasionalità, è radicata a fondo nell'ideologia dell'ultimo Wagner. Si deve prendere sul serio l'affermazione iniziale di questo scritto, che qui si tratta per lui della 'più grave questione dell'umanità'. Del resto il rimorso di Parsifal per il 'sacrilegio inaudito' compiuto da lui con l'uccisione del cigno, segna un primo barlume di consapevolezza verso la compassione atti:va che sostiene la trama interiore di questa 'sacra rappresentazione'. L'identità di sapienza e compassione espressa nel motto 'Durch Mitlei(i wissend (sapiente attraverso la compassione)' è il sostegno del programma di 'redenzione' o ri– generazione del mondo affidata a Parsifal, che culmina nell'incantesimo del venerdì santo. Nella Lettera aperta Wagner esp 1cita la filoso– fia della compassione che sta al centro della sua ultima fase. Su questo tema vi è in Wagner un rapporto insieme di dipeIJ.denza, immedia– tamente riconoscibile, da Schopenhauer, ma di altrettanto forte trasgressione. La _dipendenza da Scho– penhauer · Certamente era stato Schopenhauer a porrei} sentimento ·della compassione a fondamento dell'azione morale, che presuppone la fine del– l'egoismo e il riconoscimento di un'essenza co– mune in cui scompaiono l'alterità e le differen- di Sandro BARBERA e Giuliano CAMPIONI ze individuali. La moralità non ha a che fare con la ragione, chiusa nel mondo dell'apparen– za, cioè dell'egoismo e della differenza. Per Schopenhauer il rapporto di dominio verso gli animali è la spia del carattere esclusivamente strumentale della ragione, che tratta il mondo come un oggetto d'uso, riduce le cose e gli es– seri animati a 'prodotti di fabbrica', mezzi del– la nostra volontà. Lo stesso_vizio strumentale della ragione, Schopenhauer lo attribuiva an– che alla religione ebraica (perciò fondamental– mente estranea al principio cristiano dell'amo– re-compassione): la creazione del mondo dal nulla implica una svalutazione della dignità delle cose e degli animali, riducibili così a stru– menti della volontà umana. Nella Genesi 'il creatore consegna all'uomo, affinché li domini, cioè faccia di essi quello che vuole, tutti gli ani– mali, come se fossero delle cose, e senza nessu– na raccomandazione di trattarli bene, come fa un venditore di cani, quando si separa dai suoi cuc~ioli; dopo di ciò, nel secondo capitolo, il creatore eleva l'uomo al posto di primo profes– sore di zoologia, daQdogli l'incarico di sceglie– re i nomi che essi avrebbero dovuto portare per soma: questo è di nuovo soltanto un sim– bolo della loro completa dipendenza dall'uo– mo vale a dire della loro privazione di ogni di– ritto». Contro l'ebraismo Schopenhauer sotto– linea la superiorità dell'induismo e buddismo, dove "la 'grande parola' Tat-twam-asi (questo sei tu) deve essere pronunciata in qualsiasi mo- mento nei riguardi dell'animale per tenere sem– pre presente ,l'identità delJ'essenza intima in . . esso e in noi, a guisa di direttiva· per il nostro agire" (è, come si vede, la direzione che Wa– gner radicalizza nella· Lettera aperta). Si tratta di una formulazione opposta e speculare a quella che Hegel aveva fornito nelle Lezioni sulla filosofia della religione, dove invece la su– periorità della religione ebraica sull'induismo è ricondotta al suo contenuto di razionalità: in essa la natura è più un oggetto magico e intoc– cabile (la vacca sacra) ma si rende disponibile un progetto di utilizzazione razionale. Basta questo a mostrare come l'atteggiamento verso gli animali segnali un'opzione di civiltà, una perplessità verso la crescente trasformazione delJa natura in magazzino di-inerci. La filoso– fia di Schopenhauer mette in luce i costi della desacralizzazione della natura per un progetto di razionalità dispiegata. Ma proprio su questo punto va notata la differenza tra la versione romantica del riscatto della natura in Wagner e la. posizione di Schopenhauer. La: vivisezione· "inutile" In quest'ultimo non esiste nessuna bontà origi– naria da recuperare della natura, che anzi ap- . pare la scena infernale della distruzione reci– proca tra gli esseri viventi. Inoltre permane in ,. ' lui una commistione non risolta (ma estrema– mente feconda) di critica alla civilizwzione e di adeguamento a un programma i11nministico che integra crescita della ragione e crescita del– la civiltà. La stessa vivisezione appare sostan– zialmente come un inutile spreco, ed è pur sempre commisurata al criterio dell'utilità. Nel IV libro del Mondo Schopenhauer opta decisa– mente per la civiltà occidentale .contro l'indui– smo, facendo valere l'argomento di una grada– zione del dolor-e sulla base della .consapevolez– za: 'Il diritto dell'uomo sulla vita e le forze de– gli animali poggia sul fatto che,"salendo il do– lòre di pari passo con la chiarità della coscienza, il dolore che l'animale soffre per la morte o per il lavoro non è tanto grande come quello che l'uomo soffrirebbe solo per la priva– zione del cibo carneo o della fom animale. L'uomo dunque, nell'affermazione della sua esistenza, può spingersi fino a negare resisten– za dell'animale, e l'universale volontà di vivere ne ha minor patimento che se si facesse il con– trario'. In Sc!Jopenhauer c'è recisa condanna solo della vivisezione 'inutile', che non incre– menta la conoscenza. Il primato della cono– scenza nello Schopenhauer 'illuminista' è tanto forte da fare della vivisezione addirittura la metafora<ie1ta--clitic3:delle illusioni, come sarà poi in Nietzsche: 'Non esiste menzogna degna di rispetto. Vogliamo giungere alla verità e senza rimorsi faremo addirittura una vivisezio– ne delle menzogne .

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