Fine secolo - 18-19 maggio 1985

FINE SECOLO* SABATO 18 / DOMENICA 19 MAGGIO 34 IL CIOTTOLO •----------------------------- di Francis PONGE-------------------------------' "Il poeta che, evitando ogni speculazione aleatoria, ha la saggezza di partire dal più basso (nulla è più basso della terra) conservando la possibilità di elevarsi. ·Abbando– nando le strade e i sentieri, noi seguiremo la sua traccia". Così, un po' enfaticamente, Georges Braque a proposito di Francis Ponge, poeta e narratore francese nato a Mon– tpellier nel 1899. Surrealista per un po', comunista per dieci anni, la Resi– stenza, un certo successo nel dopoguerra, con l'ammira– zione di artisti e scrittori del "nouveau roman": la bio– grafia di Ponge è tutt'altro che singolare. Ma la sua poe– tica ha invece tratti assai peculiari. Al centro l'attenzione per gli oggetti, per le loro terrestri a particolari qualità, in una sorta di "partito preso per le cose" - come si·intitola il suo testo più celebre - e nella convinzione che c'è anco– ra da dire praticamente tutto su tutto. Lo strumento è una vivace e tenace capacità di osservazione, ma soprat– tutto una scrittura eccezionalmente ricca. Nel suo saggio "'La fuga dalla parola" il grande critico George Steiner ha attribuito effetti devastanti all'impoverimento lingui– stico contemporaneo: "lo sfoltimento del linguaggio ha I I ciottolo non è cosa facile da definire. A contentarsi di una semplice descrizione, si può dire anzitutto che il ciottolo è una forma o uno stato della pietra tra la roccia e il sasso. Ma questa stessa proposizione implica una no.: /Ìone della pietra che vuol essere giustificata. Non mi si rimproveri in questa materia di risa– lire oltre lo stesso diluvio. Tutte le rocce derivano per scissiparità da uno stesso antenato enorme. Del quale corpo favo– loso questo solo si può, dire, che fuori del lim– ho esso non si è più retto in piedi. La ragione non lo raggiunge se non amorfo e sparto tra i balzi ingrommati dell'agonia. Ella si desta per il battesimo di un eroe grande quanto il mondo e scopre il ginepraio orrendo di un letto di morte. Non sorvoli qui il lettore, ma ammiri piutto– sto. in luogo di espressioni tanto crasse e tanto funebri, ammiri la grandezza e la gloria di una verità che è riuscita sia pure un poco a intra– sparirle e a non sembrarne, essa, del tutto oscurata. Così, su un pianeta già sbiadito e freddo, brilla ora il sole. Nessun satellite di fiamme a suo ri– guardo trae più in inganno. Tutta la gloria e tutta l'esistenza, tutto che fa vedere e tutto che fa vivere, la sorgente di ogni apparenza ogget– tiva si è ridotta a lui. Gli eroi generati da lui e gravitanti nella sua orbita, si sono eclissati per loro propria volontà. Ma affinchè quella verità di cui essi dimettono la gloria - a favore della sua sorgente stessa - serbi un pubblico e d,egli oggetti, morti o in procinto di morire, egual– mente essi continuano intorno a lei la loro ron– da, il loro servizio di spettatori. Il numero 1, 1945, della rivista "Prosa" pubblicava un testo del 1944 di Francis Pon~e dal titolo "Il ciottolo" tratto dal 'Parti-pris ·des choses". La traduzione era di Nivasio Dolcemare, alias Alberto · Savinio. condannato buona parte della letteratura moderna alla mediocrità". Ponge forgia parole e frasi nel tentativo di sfuggire questo destino, di catturare con linguaggio gli oggetti; ne risulta un corpo a corpo tra le parole e le cose, animato da quello che Albert Camus definì "una scienza prestigiosa del linguaggio" segnalando anche il cuore di questa ricerca: "la nostalgia dell'unità profonda dell'uni– verso, la nostalgia della parola capace di riassumerle tut– te (qualcosa come l' "Aum" sillaba sacra degli Indù) ...". La Parola dietro le parole: a questa ricerca che per Ca– mus è metafisica, nulla è inutile. Nel suo insegnamento Ponge predilige anagrammi, litanie di nomi e aggettivi, calembours, associazioni e giochi di parole, paronimi. E chi conosce Queneau e Perec sa la pregnanza narrativa che questa ricerca apparentemente gratuita e prestigida– toria può contenere. L'esito è una sorta di rifondazione delle possibilità della letteratura, attraverso una rieduca– zione all'osservazione e alla parola. Il testo qui pubblicato è esemplare: contiene tutti gli ele– menti tipici della scrittura di Ponge, quelli che hanno fat– to dire a Jean Paul Sartre di essere di fronte a un forse inconsapevole fenomenologo, a uno scrittore che applica l'assioma che è all'origine di tutta la fenomenologia: "alle cose stesse". · Tra i numerosissimi scritti di Ponge vanno ricordati "Le parti pris des choses" (1942, tradotto _da Jacqueline Ris– set, Einaudi 1978), "L'oeuillet, la guepe, la mimosa" (1945), "La peintre a l'etude" (1948), "Pour un Malher– be" (1965) e, nel 1977, "L'Ecrit Beauborg", per l'inaugu– razione del Centre Pompidou. In italiano è disponibile anche, curato da Piero Bigongiari ed edito da Mondado– ri, "Vita del testo" (1971). (a cura di M.S.) ,. aggrappano tanfo per religione quanto per al– tri motivi, costituiscono l'ossatura del globo. Frammenti che sono altrettanti templi: non co– struzioni arbitrariamente innalzate nel sotto– tei::ra, sì gli impassibili avanzi di quell'antico eroe che una volta fu veramente al mondo. , . Intento alla immaginazione di grandi cose, tra l'ombra e il profumo delle foreste che talvolta ricoprono quei massi misteriosi, l'uomo solo in ispi~ito suppone là sotto la loro continuità. In quegli stessi luoghi numerosi massi più pic– coli attirano la sua attenzione. Sparse nel sot– tobosco dal tempo, palle ineguali di mollica di pietra, impastate dalle luride dita di quel dio. Dopo l'esplosione del loro enorme antenato e dopo la traiettoria da esse stesse tracciata nei cieli abbattuti senza molla, le rocce si sono ta– ciute. Invase e frantumate dalla germinazione, simili a un uomo che non si fa più là. barba; scavate e riempite dalla terra mobile, nessuna di quelle rocce, insensibili ormai a ogni reazio– ne, spiccica più parola. Le loro figure, i loro corpi si screziano. Dentro le rughe dell'esperienza, il candore si avvicina e .prende sede. Siedono le rose su le loro ginoc:.. chia grige, e fanno contro di esse la loro inge– nua diatriba. Le rocce per parte loro le accetta– no. Esse, la cui grandine disastrosa rischiara le foreste, la cui durata è eterna nello stupore e nella. rassegnazione. S'intende che un siffatto sacrificio, l'espulsione della vita fuori da nature già così gloriose e ar– denti, non si è compiuto senza drammatici sconvolgimenti interiori. Questa l'origine del grigio caos della Terra, nostro umile e magnifi– co soggiorno. Così, dopo un periodo di con– torsioni e di ripiegamenti simili a quelli di un corpo che nel sonno si agita sotto le coltri, il nostro eroe, domato (dalla sua coscienza) come da una mostruosa camicia di forza, non ha più avuto se non delle esplosioni intime e sempre più rade, di un effetto affrangente so– pra un involucro via vìa più freddo e pesante. Egli morto ed essa caotica, essi oggi si confon– dono assieme. non ha nulla in comune con quella. Immedia– tamente, a infinite risorse. Tale è oggigiorno l'apparenza del globo. Il ca– davere a pezzi dell'essere della grandezza del mondo, altro ufficio non ha ormai se non di S':rvire da scenario alla vita di milioni di crea– ture infinitamente più piccole ed effimere di lui. La ,(oJla di quèste. è in alçuni punti così densa, da nascondere~interamerite la,sacra os- sente a essi da qualche giorno a questa parte di riprodursi senza niuna partecipazione della roccia. Ridono le rocce a vedere nel loro contorno su– scitate e condannate tante generazioni di fiori, di una carnagione del resto e per quanto si dica solo di pochissimo più viva della loro, e di un rosa non meno pallido e non meno appassi– to del loro ·grigio. Pensano (come pensano le statue, senza prendersi la briga di dire i loro pensieri) che quelle tinte sono tolte alle luci dei cieli-al tramonto, le quali a loro volta sono ri– messe in prova ogni sera dai cieli, in ricordo di un incendio ben più sfolgorante, al tempo di quel famoso cataclisma in occasione del quale, proiettate violentemente in aria, esse conobbe– ro un istante di magnifica libertà, terminata in quel formidabile atterramento. A poca distan– za, il mare dai ginocchi rocciosi dei giganti spettatori sulle sue rive degli sforzi schiumanti delle loro donne abbattute, senza posa svelle dei blocchi e se li tiene, se li stringe, se li culla, se li·dondola, se li carezza, se li po lisce tra le braccia oppure abbandona in un angolo della sua bocca come una car·amella, poi li risputa e li depone s0pra.-un orlo ospitale in dolce pen– dio, in mezzo-.a una mandria già numerosa a portata della1,~ua mano,_ ,c.or propos\to ·di ri– prenderseli indi ,a. poco per curarli anche 1più affettuosa~nte, anche più appassionatamen– te. Di questo corpo, che una volta per sempre ha perduto_ la facoltà di commuove,rsi e a un tem– po quella di rifondersi)n ,1;ma:pers0:11a intera,, la "toria. dopo la lenta catastrofe del raffredda– mento, non sarà più se non quella di un di'sgre– gamento perpetuo. Ma è in questo momento medesimo che avvengono altre cose: morta la grande;zza, la vita si affretta a mostrare che . ' " ... ' ' ..-· ·.>'1 '.• satura che una volta era il loro unico sostegno. E non è se non una innumerabile quantità dei loro cadaveri che, riuscendo di poi a imitare la consistenza della pietra, per mezzo di ciò che siamo usati di chiamare la terra vegetale, con- Per altro l'elemento liquido, di una origine for– se altrettanto antica quanto l'elemento di cui qui si parla;.essendosi raccolto su distese più o meno grandi,'' lo ricopre, vi si sfrega, e median– te urti rèiterati affrètta la sua erosione. Descriverò dunque--talurie forme"che la pietra i ·sp'àfs~- attualmeiiì:è'-per· il ''m'bndo, e umiliata, presenta al nostro sguardo. • . I frammenti maggiori, lastre quasi invisibili sotto le intrecciate vegetazioni che su esse si Intanto il vento soffia. Leva a volo la sabbia. E se una di queste particelle , forma ultima e infi-

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