Fine secolo - 27-28 aprile 1985

Il ritorno aGottinga "Sono tornato alla città della mia giovinezza, accademica eppure non disumana''. "Ho ricercato pazientemente, e lentamente ho ritrovato, in Gottinga, me stesso". "Ho giurato, non solo colla bocca, di tenerfede a Gottin,qa.Al giuramento mi pare dt non essere ancora ,, venuto meno . ,_ di Giorgio PASQUALI -·' ILTEMPODEI Pubblicato per la prima volta nel marzo 1928 su "Cultura", questo articolo fu ristampato nell<' "Pagine stravaganti di un filologo". Sono tornato alla città della mia giovinezza, accademica eppure non disumana, lo scorso autunno dopo anni e anni (di mezzo c'era stata la guerra); e vi sono giunto all'ora del tramon– to, come quando molti anni sono, suppergiù di questa stagione, tornavo dalla mia famiglia ro– mana all'università tedesca del Nord, e sentivo che il viaggio, quanto nello spazio, altrettanto mi allontanava nel tempo, verso giorni già più brevi, verso campagne già più morte, verso cie– li già più freddi. Ma all'arrivo, specie se arriva– vo, come anche questa volta sono voluto arri– vare, di sabato sera, mi consolava il canto che si inalzava dalle case delle corporazioni stu– dentesche; mi consolava, e insieme mi rimesco– lava il cuore (erano, spesso, canzoni del XVIII, frutto di un'età più piena di libera grazia crea– trice che di conscia forza concentrata, discipli– nata, tesa -invano?- a un fine; canzoni di Mat– thias Claudius o goethiane su labbra guglielmi– ne). Sono tornato, e sono giunto alla st~ssa ora di tanti anni sono, al tramonto; ma non ho ri- , conosciuto· la città del mio cuore. Non. certo perché le case delle corporazioni tacevano, gli studenti essendo ancora in vacanze. Né, così come Ulisse non riconobbe la sua Itaca perché gliela velava la nebbia (invano cercano qui psi– cologia o simbolo filologi non tocchi di grazia divina dalla forza del sole omerico); quella sera a Gottinga, nebbia, contro il solito, non c'era. Ma la mia fantasia, amando per tanti anni Gottinga da lontano, l'aveva, in ripetute stret– te di amore, trasformata, e la memoria, guida– ta o traviata dalla fantasia, cioé dall'amore, si era appuntata su certe strade, su certi canti, tra urbani e campagnoli, su certe case, e aveva la– sciato sprofondare tutto il resto nell'oscurità. Sicché Gottinga mi é parsa, soprattutto, diver– sa. Mi sono sentito, quella sera, straniero come mai in tanti anni di assenza a tanta distanza da casa mia. E il primo sentimento é stato di delu– sione, di dispetto e tristezza nera. Nei giorni seguenti ho ricercato pazientemen– te, e lentamente ho ritrovato, in Gottinga, me stesso,. Sulla porta della birreria, che é nei sot– terranei della gotica casa di città, é scritto: Extra Gottingam non est vita; si est vita, non est ita. lo l'ho creduto un tempo, come i migliori_ dei miei compagni tedeschi, e ho giurato, non ~ solo colla bocca, di tener fede a Gottinga. AL., lriuramento mi pare di non essere ancora venu– to meno. Nel cuore della città vecchia, in mez– zo a un cortile senza linea, é ancora una caset– ta umile ma solida, propriamente senza tempo, ma costruita secondo ogni probabilità nel XVIII: qui in una sala pulita e spoglia io desi– navo, or é quasi vent'anni, studente, un giorno nel colmo dell'inverno, solo, perché i miei compagni erano andati a casa a far Natale, ed _ero astratto in pensieri di studi anche quel giorno, perché gli uomini di studio vivono spesso tra i venti e i trent'anni come in un tubo, senza veder nulla; quando mi cadde lo sguardo su una gazzetta, e seppi che Messina era distrutta, e' sentii la patria, anche questo lembo ultimo di patria che non avevo ancora visto, così vicina e così lontana come mai sino allora. Da una finestra di quest'altra casetta, o forse villa, moderna e signorile, che, all'orlo della città verso i poggi e il bosco, giuoca a rimpiattino fra le piante, eppure vuol essere scorta, or sono quasi quattordici anni, una sera di grand'estate, al ritorno da una passeg– giata per i campi, mi sentii gridar incontro: «Hanno ucciso l'arciduca Francesco Ferdinan– do». lo trasalii; il mio compagno, un ebreo berlinese di vecchia famiglia-coltissima, scaltri-

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