Fine secolo - 27-28 aprile 1985

FINE SECOLO * SABATO 27 - DOMENICA 28 APRILE 28 La pur naturale morte di Cari Schmitt -a 97 anni- ha suscitato anche nella cultura italiana tutto l'interesse e quasi l'entusiasmo che la tor– renziale traduzione dei suoi scritti, anche mini– mi, negli ultimi anni, faceva prevedere. Interes– se ed entusiasmo che non sembrano avere atte– nuato la profonda ambiguità del fascino schmittiano, capace di suscitare in modo sem– pre nuovo stupore per l'intelligenza delle anali– si, angoscia per la crudezza delle ricette, ammi– razione per il coraggio delle formule, costerna– zione per la miseria dei risultati. "L'ultimo dei classici", ha scritto Gianfranco Miglio: nel senso che è il classico della crisi, in particolare della crisi in quel mondo, pubblico ed europeo, che ha prodotto e rapidamente si é identificato nella politica. L'ultimo perchè, dopo di lui, re– sta davvero difficile parlare di "politica" e si preferisce parlare di "politico". A indicare, forse, il superamento di quel punto di istituzio– nalizzazione dell'istinto politico dell'uomo che è stato, nell'occidente e nel mondo eurocentra– to, l'ordine, sotto forma di République, di Commonwealth, di Stato. A significare anche, allora, che altri campi d'impegno dell'uomo (altri istinti) vanno cercati, e magari istituzio– nalizzati, accanto e oltre quello politico, se si vuole tenere dietro a quel processo di civilizza– zione che, dopo la crisi, sembra aver preso strade perlopiù lontane dall'Europa, dai suoi miti e dai suoi riti. La fortuna "marxista" recente in Italia Schmitt: uomo di contraddizione. Basti pensa– re al fatto che, collocato in pensione coatta verso i sessant'anni, dopo la guerra, ha convis– suto coi quarant'anni successivi di storia, svol– gendo un ruolo non secondario, anche se mai alla ribalta, negli orientamenti dei giovani in– tellettuali politici e nella memoria di tanti suoi antichi compagni di strada. E ancora il fatto che la sua fama e la sua risonanza si sono dila– tati in modo imprevedibile, in una direzione opposta a quella che gli era costata il ritiro dalla vita scientifica e d'insegnamento attiva. Il caso della sua fortuna italiana è in questo sen– so significativo: dopo l'edizione delle Categorie del politico nel 1972 e fino alle più recenti edi– zioni, più tecniche e filologiche, di testi specia– listici, il dibattito italiano su Schmitt ha avuto prevalente tinta marxista. Uomo di contraddi– zione per gli altri, oltre che per sé. Per l'impos– sibilità di classificarlo, ma anche di possederlo pienamente, di impadronirsene, di usarlo in modo esclusivo. La "mancata fortuna" fascista Prima di essere reinserito, negli anni Settanta, nel mondo culturale italiano, Cari Schmitt aveva naturalmente già goduto, nel nostro paese, di qualche considerazione nel periodo fascista. I particolari della sua recezione "in tempo reale" non importano qui: Carlo Galli li ha già ricostruiti in modo esauriente nel 1979 nei "Materiali per una storia della cultura giu– ridica". È più importante sottolineare che l'in– terlocutore principale di Schmitt fu allora De– lio Cantimori e che anche quel rapporto si svolse essenzialmente nel segno della contrad– dizione. Perciò può non essere inutile svolgere qualche considerazione in proposito. Va detto, prima di tutto, che i fascisti italiani non ebbero per Schmitt amore sviscerato. Più che di fortuna, si trattò insomma di mancata fortuna. Ancor più interessante è perciò rin– tracciare il posto occupato da Cantimori, an– che con le sue personali contraddizioni, nella contraddizione di fondo che, almeno a prima vista, questo dato registra. A parte il mitico rogo della tipografia dell'Avanti! nel 1922, in cui scomparve anche il manoscritto della tra- Carl Schniitt e Delio Cantiniori di Pierangelo SCHIERA Morto nomntasettenne, Cori &hnittfa t6scutere comese la, sua, provoca:done t orica.fosse appena avvenuta. Ma la, Jf!Yle, forsepletorica, fortunarecente, che -riflette la, crisi del rapporto fta ~Uettuali e marxismo, haavutomez:zo secolo . pn pr~ una"meUll fortuna"~ di -~ la, crisi delrapporto frain!~e 'molu;;ione~ Al centro di rice'fione fi! allora storico De6o Cantimori. In questoarticolo, di letturaunpo' ClJIIIIJlicat" unostudioso di &nmitt - ricostruisce quella parabol& Delio Cantimori, in una foto tratta dal Catalogo Einaudi. duzione italiana della Diktatur (uscita l'anno precedente in lingua tedesca), bisogna sostan– zialmente arrivare alla fine degli anni Venti per trovare traccia di Schmitt nel dibattito italia– no. È però molto importante che la prima vera analisi e presentazione al pubblico italiano del pensiero di Schmitt appaia nel 1930, nel primo volume di una rivista centrale per la formazio– ne del pensiero politico fascista. Si tratta dello "Stato. Rivista di scienze politiche e giuridi– che" diretta da Ettore Rospock e Carlo Costa– magna. Ad opera di Carlo Curcio, il breve sag– gio s'intitola Tendenze nuove della dottrina te– desca: Cari Schmitt, e si limita a indicare i pun– ti cruciali dell'orizzonte concettuale schmittia– n~, insistendo fortemente sul principio di sovranità, inteso più come potestà di fatto che come categoria giuridica, ma soprattutto inse– rendo Schmitt in una linea di pensiero che da Rousseau arriva fino a Treitschke. Cantimori Già all'epoca della collaborazione a "Vita Nova", dal 1927 al 1932, risalgono le prime tracce del profondo rapporto che con il giuri– sta tedesco ebbe Delio Cantimori. Ciò è tanto più notevole se è vera l'osservazione di Gio– vanni Miccoli (Delio Cantimori. La ricerca di una nuova critica storiografica, Torino 1970) per cui "si possono seguire qui i primi inizi di quella lenta, faticosa parabola che lo porterà a staccarsi dall'idealismo in filosofia, gal fasci– smo in politica, per approdare allo studio della storia, al marxismo e al comunismo". È certo in. questo contesto che Cantimori costruì e mise alla prova quella sua idea del fascismo, fondata "sul valore etico, e missionario (di una missione europea) della nazione, unica sede di una vera libertà", ma "con un'accentuazione dell'elemento rivoluzionario, anticapitalista ed antiborghese", in cui si sarebbero congiunti gli insegnamenti di Gentile e di Volpe con le pro– poste di Ugo Spirito (Miccoli). Non c'è da stu– pirsi che questo impianto di fondo (per quanto incerto e barcollante, come fu per Cantimori) trovasse in lui alimento costante dall'attenzio– ne per il mondo tedesco che sia nella tradizio- ne ottocentesca, sia nelle vicende contempo– ranee si muoveva su quella linea. In particolare risalta la cura con cui Cantimori seguiva la vi– cenda del movimento conservatore tedesco che offriva, fra il resto, anche un ottimo punto di osservazione verso la rivoluzione sovietica e comunque verso le tendenze a "legami e co– struzioni fortemente collettive nel campo delle forme politiche" (Miccoli). È anche di ciò che nel 1929 parla, a Barcellona, Cari Schmitt, pubblicando poi la sua relazione sulla "Euro– paische Revue"; ad essa Cantimori dedicherà il saggio su "Vita nova" del 1930 dal titolo La cultura come problema sociale. Ma il bersaglio di fondo è lo stesso Schmitt, di cui viene messa in mostra, già da allora, una profonda "con– traddizione" interpretativa a proposito della "costruzione comunistica". In queste pagine l'approccio a Schmitt è anco– ra diretto e non condizionato, come in parte accadrà in seguito, dal pedaggio sul piano filo– sofico che gli farà pagare Lowith, nel 1935, con· un memorabile saggio, subito tradotto in italiano col titolo Il "concetto della politica" di Cari Schmitt e il problema della decisione, nei "Nuovi studi di diritto, economia e politica", la rivista di Spirito e Volpicelli, che fino a quel momento aveva mostrato scarsissimo interesse ali' opera di Schmitt. Kelsen e Schmitt Weber contro Dalla sua fondazione nel 1928 "Nuovi studi" non solo non aveva in alcun modo presentato il pensiero schmittiano, ma non gli aveva nep– pure dedicato recensioni e non aveva neanche mai citato, pur nei numerosi articoli anche de– dicati a tematiche sicuramente schmittiane, l'autore tedesco. L'unica citazione è contenuta nella traduzione del saggio di Hans Kelsen // problema del parlamentarismo (nel 1929), con– tenente la polemica con Die geistesgeschichtli– che Lage di Schmitt. Infatti, un altro aspetto interessante di "Nuovi studi" è la traduzione a tappeto di scritti di Kelsen: oltre al saggio indi– cato, si registrano infatti, nel 1930, Lineamenti di una teoria generale dello Stato; e Concetto del diritto naturale; nel 1931 Formalismo giuri– dico e dottrina pura del diritto. Mentre, nel 1930, Volpicelli accetta la polemica con Kelsen in un saggio dal titolo Dal parlamentarismo al corporativismo. Polemizzando con Hans Kelsen (va ancora ricordata, a definire lo spettro della rivista, la traduzione nel 1931-32 di L'etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber e la pubblicazione, nel 1933, del grande saggio di Sestan su Max Weber). Una rivista dunque votata alle relazioni esterne, cioè a sta– bilire e fissare contatti fra il fascismo e la cul– tura borghese, magari anche critica e ripiegata, ma ancora saldamente arroccata sulle sponde del liberalismo più o meno democratico. Var– rebbe la pena di accertare se l'occasione della liquidazione "filosofica" di Schmitt ad opera di Lowith, così prontamente colta e corrispon– dente, sulle pagine di "Nuovi studi", alla rece– zione di Kelsen e Weber, non sia stato uno strumento per rimuovere, in un momento in cui al fascismo si ponevano i primi problemi di bilancio sopra tutto ideologico, un ostacolo in– gombrante e compromettente come quello rap– presentato dalle teorie schmittiane. Le '·'Note sul nazionalsocialismo'' Se si pensa che la fondazione di un'ideologia fascista pura, a cui lo stesso Cantimori aveva prestato grande attenzione, era stata tentata prevalentemente sul piano filosofico, non ci si può stupìre dell'eco che trovò la traduzione italiana del saggio di Lowith. Nello stesso anno 1935 appare però anche un altro frutto, forse il più maturo, dell'incontro di Cantimori con Schmitt: la silloge pubblicata da Sansoni con il titolo PrincipUpolitici del nazionalsociali– smo, con una Prefazione di Arnaldo Volpicelli che mira ad esporre, facendo ricorso ai più scontati pseudo-concetti gentiliani, i principali errori delle tesi schmittiane e in particolare quelli relativi alla contrapposizione amicus-ho– stis e all'indicazione del partito come termine di mediazione e sintesi fra stato e popolo. La traduzione di alcuni dei saggi principali di Schmitt (dal Begriff des Politischen a Staat, Bewegung, Volk, appunto) è preceduta anche da un commento dello stesso ·cantimori, Note sul nazionalsocialismo, steso nell'aprile 1934 e già pubblicato, in quell'anno, in "Archivio di studi corporativi". Fra la stesura delle Note e la pubblicazione nei Principii gli avvenimenti del 30 giugno 1934 (che a loro volta erano stati commentati positivamente da Schmitt in un saggio dal titolo poco profetico Der Fuhrer schutzt das Recht) avevano spinto l'autore a precisare in una nota finale: "La interpretazio– ne più probabile di essi (avvenimenti) ci pare questa: che in sostanza si tratti di una vittoria dell'elemento militare e 'reazionario' su quello rivoluzionario ..." Ecco apparire di nuovo il problema della rivoluzione, che costituiva per Cantimori il punto interrogativo dell'esperien– za nazionalsocialista, e insieme il suo punto di rannodo col fascismo, con evidenti conseguen– ze anche sulla sua adesione a quest'ultimo. In– fatti le Note, redatte come s'è detto prima del Rohm-Putsch del giugno 1934, si concludeva– no non a caso con la domanda: "quali saranno le soluzioni, quelle volute dalle forze sostan– zialmente intatte della Reichswehr, della gran– de industria, dell'alta finanza, degli agrari, o quelle ardentemente auspicate dalle folle dei giovani hitleriani?". Anche a prima vista, le due letture di Volpicelli e di Cantimori palesano la loro netta diversità: entrambe ostili, comunque non sintonizzate, al discorso schmittiano, preso a pretesto per fare i conti con il nazionalsocialismo. Dal punto di vista del fascismo da tavolino ad opera del pri– mo, da quello ancora vivo della rivoluzione, ad opera del secondo. D'altra parte, lo stesso Cantimori era andato nel frattempo perdendn i toni gentiliani di filosofia della storia che era– no presenti nel suo · primo impatto con

RkJQdWJsaXNoZXIy