Fine secolo - 23 aprile 1985

via che invecchio, amo sempre più rovi– stare nella mia testa, seduto alla scriva– nia; distillo dell'oppio per il popolo. La costruzione di un romanzo è un culto solitario e insegna ad accettarsi. La me– ditazione attraverso il travestimento della scrittura è la situazione corporale che mi si addice me.~!lio.Si può opporre il delirio della comprensione al'etica del– la lotta. Io cerco di rifiutare ogni lavoro che non potrei realizzare da solo. E se tutti si comportassero ·così? Non succe– de. L'epidemia della contemplazione non contaminerà la maggioranza della popolazione. Rimasticare pensieri arric– chisce la nostra vita. Più mi riconcentro, più Ì'oggetto della mia attenzione diven– ta misterioso. Scrivere fa bene perchè si può affidarst alla carta, e poi si riceve piacere ad ascoltare gli altri. Io non ho l'anima di un professore, io mi stiro scrivendo. La libertà dell'immaginazione e quella dei cittadini sono legate. Scrivere è un 'impresa diretta contro la censura. Scrivo quello che voglio scrivere, si pub– blica quello che si vuole pubblicare - ho tempo. É più importante scrivere tran– quillamente i miei libri che vederli rapi– damente pubblicati. Ma prima o poi, le parole hanno bisogno di sentire l'odore della stampa, altrimenti mi restano ap– piccicate addosso come dei vecchi bam– bini. Il romanzo è una forma senza limi– ti, che può contenere intera la mia co– scienza, il suo carattere epico e seconda– rio. Io cerco di dilatare il concetto della letteratura per poter trasformare in ro– manzo il mio sapere personale con meno angoscia. Quanto più è inverosi– mile, tanto più la letteratura è pertinen– te. Per quanto lontano vada, resto anco– ra troppo vicino. Se mi smarrisco nel ·passato, atterro nell'avvenire, mi ricor– do di sconosciuti, il passato e il possibile si incontrano nel campo della coscienza. Che miseria se non trovo il tono di un nuovo libro, che ebbrezza innamorata se lo scopro -questo mi ringiovanisce. Ho vissuto una doppia vita, il libro da scrivere ha sempre assiJlato il mio spiri– to e mi ha avvelenato. Il libro si scrive da solo e non obbedisce ad alcun piano nè ad alcun personaggio inventato. L'a– zione si svolge sulla carta, il mio roman– zo si situa nel mio cervello. Un testo è letteratura solo se sfugge così alla com– prensione del suo autore. D'altra parte, tutta la letteratura e i ricordi stessi sono poesia pura. SandorWeores Nato nel 1913, è considerato il più gran poeta ungherese con– temporaneo, che si dissimula dietro le forme d'espressione e le figure linguistiche per dire ciò che sa dell'umano, del na- turale e del divino. · Perchè ne ho voglia. É un'obbligazione interiore. E per una quantità di ragioni ancora. URSS Alexander Zinoviev Nato nel 1922. Logico e filoso– fo, accademico sovietico prima di emigrare nel 1976. L'impla– cabile spregiatore dell'Homo Sovieticus, il pessimista assolu– to, il deprecatore di Monaco, oggi ritene di non poter più vi– vere in Occidente e di voler ri– tornare nel paese delle Cime .abissali. Scrivo perché sono obbligato a farlo. Per più di cinquant'anni sono riuscito ad astenermene. Ma finalmente le circo– stanze hanno fatto sì che non mi dovessi più trattenere e ho scritto i miei primi romanzi, liberando così la mia coscien– za dal peso dei pensieri e delle immagini che si erano accumulate nella mia vita passata. Quando mi mandarono via dalla Russia in Occidente, risultò che l'attività di scrittore era il solo mezzo per guadagnarmi da vivere e mantenere la mia. famiglia. E sembra che questa maledizione letteraria mi seguirà fino alla fine dei miei giorni. E' possibile che qualcuno provi piacere nella creazione letteraria. Io ci trovo so– prattutto sofferenza. E' possibile che al– cuni scrivano per illuminare l'umanità. Io non voglio far sermoni a nessuno, perché credo che si tratti di un'impresa assolutamente disperata. Scrivo, obbe– dendo -alle leggi imperative della vita, del processo della scrittura, della conca– tenazione dei pensieri e del movimento plastico delle immagini. VENEZUELA Salvador Garmendia Nato nel 1924 a Barquisimeto. .. Si attacca a cose non divertenti ma che potrebbero esserlo: di– sturbi della comunicazione, de– riva dei poveri urbani. Se mi avessero posto questa domanda in differenti momenti della mia vita, cre– do che avrei dato risposte differenti -an– che se ciascuna avrebbe contenuto la sua parte di verità vivente. Così, per esempio, quando avevo 10 anni, scrivevo perché sognavo, e sento che questa risposta riprende ora tutta la sua forza, almeno come una aspirazione o una sfida. ZIMBABWE Dambudzo Marechera Figlio. di un camionista, nato nel 1955 in una piccola città di• quella che era la Rodesia. Co- . stretto a darsi alla macchia, lunghi e difficili soggiorni in Gran Bretagna da una univer– sità all'altra. I suoi due libri , The House of Hunger e Black Sunlight hanno avuto un im– patto considerevole sui lettori africani che vi ritrovano l'esa– sperazione e la brutalità di una società. Il suo ritorno in Zim– babwe fu seguito dalla TV in– glese che ne trasse un film. In Zimbabwe, prima dell'indipendenza (nel 1980 -NDR), c'era un rapporto di– retto fra la scrittura e la nostra esperien– za politica. L'impegno a favore del cam– biamento, di un cambiamento rivoluzio– nario, era in effetti Ja forza principale che sosteneva tutta l'iniziativa lettera– ria. FINE SECOLO * MAATEDI' 23 APRILE Io ho cominciato a scrivere quando ero alla scuola secondaria, novelle e poesie che sono stati pubblicati solo sui gior– nali scolastici. A quell'epoca era abba– stanza duro vivere nella township (quar– tiere nero) di Rusape dove sono cresciu– to. I miei genitori non avevano alcuna qualifica, mia madre era nanny di bam– bini bianchi, e mio padre faceva ogni genere di piccoli lavori. C'era un'enor– me sfasatura fra la vita che si faceva a scuola, con una educazione di stile in– glese, e Ja vita che ci aspettava dopo la scuola, la povertà estrema, l'orrore di aspettare il pasto seguente senza sapere se ci sarebbe stato ...11 contrasto fra la realtà brutale delle nostre vite, e l'ideali– smo generato dai racconti inglesi che si potevano leggere a scuola. Prima del 1980, scrivevo per un bisogno indispen– sabile di evasione intellettuale, di fuggi~ re l'orrore circostante ascoltando la mia immaginazione interiore. Vivendo nella propria testa, il resto contava meno. Il paese intero era, allora, in uno stato di assurdità. E' più difficile scrivere dopo l'indipendenza? Le assurdità visibili se ne sono andate. Se prima dell'indipen– denza uno scrittore poteva sedersi ed esprimere quel che gli si presentava, la denuncia del razzismo, i suoi dolori, le sue rivolte, oggi non più. Per quel che mi riguarda, ora voglio ascoltare e in– terpretare tutte quelle passioni occultate finora dalla imperiosa necessità del cambiamento politico. Ora mi preoccu– po di libertà individuale, più che di libe– razione nazionale, la difesa di quelli che non possono difendersi da soli. Ora che noi siamo indipendenti, scrivo per esem– pio sulle prostitute, perché tutte Je rivo– luzioni in Africa se la sono presa, in nome della morale, con le prostitute, con i mendicanti, con quei settori della popolazione che non hanno mai avuto chi li difendesse. E' più difficile scrivere oggi. Si ritiene che noi siamo un paese in via di svilup– po che ha bisogno di conoscenze per tutti per lottare contro la povertà, per migliorare la qualità della vita della maggioranza. In questo contesto, alcuni pensano che uno scrittore come me sia insignificante, che dovrei diventare inse– gnante, aiutare a lottare contro l'analfa– betismo, ecc. Mi si dice «Compagno, noi abbiamo vinto la lotta, allora di cosa ti preoccupi». Lo scrittore non é più consi– derato comé facente parte del processo di cambiamento, ma come ...un proble– ma! Criticare questo o quello diventa antipatriottico! I miei scritti erano con– siderati sovversivi da Ian Smith prima dell'indipendenza, lo sono sempre anche oggi. Mi hanno vietato un libro nel 1981, e mi hanno buttato in prigione durante Ja fiera del libro di Harare l'an– no scorso. Durante quei sei giorni in prigione mi sono fatto un mucchio di amici fra i truff atoiri e i piccoli ladri che erano miei compagni di cella. Quando sono arrivato, mi hanno chiesto per quale ragione ·ero là. Ho risposto: « Dei libri». Allora mi hanno chiesto: «Hai /'atto molti soldi prima che ti arrestasse– ·,.o?». Per loro, tutto é questione di ra- . cket o di soldi. Io combatto questo at– teggiamento, allo stesso modo in cui combatto quelli che pensano che gli scrittori non sono necessari in un paese in via di sviluppo.

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