Fine secolo - 23 marzo 1985

.. . ,.,.: .,, . . ~~ I IL ''NO FUTURE'' DEGLI SCRITTORI DI FANTASCIENZA Li hanno invitati, li hanno scarrozzati attraverso i'EXPO, ma loro hanno arricciato il naso. Da un pezzo ormai gli autori di fantascien'?a giapponesi hanno rettificato il tiro: la catastrofe ecologica e il giorno dopo li ispirano più dell'avventu~a spaziale o dell'androide ultimo grido. di BertrandRAISON . Nausicaa morirà. Insetti orribili, mutanti a un ritmo infernale, ricoprono il suolo di un hu– mus infetto che si ispessisce a vista d'occhio. Funghi velenosi rigettati dal mare cancerizza– no inesorabilmente l'ambiente. Solo il sacrifi– cio dell'eroina permetterà l'avvio del ciclo di purificazione. Tutto si svolge un migliaio di anni dopo l'an– nientamento della civiltà. Nausicaa è il cartone animato di Miyazaki Hayao che ha riempito le sale giapponesi l'anno scorso. Gli spettatori vi si sono precipitati per assistere alla lenta putre– fazione del globo. Nel momento in cui lo stato giapponese si dà sei mesi per far conoscere agli ignari tutte le sottigliezze della chincaglieria tecnologica del Giappone, e inventare l'uom<I del XXI secolo, la letteratura fantascientifica non concede più molto credito alle speculazio– ni della scienza. Ma i'EXPO di Tsukuba, vetri– ha dell'immaginario ufficiale, non poteva fare a meno della cauzione degli scrittori. Komatsu Sakkyo, uno dei padri della fanta– scienza nipponica, si è ritrovato così proiettato al posto. di_consulente del padiglione Mitsubi– shi. Profeta, egli afferma che "è il momento fi– nale per coniugare l'arte e la scienza". Ha ac– cettato questa missione, perchè, secondo lui, Tsukuba rappresenta "un punto critico per il_ Giappone, la possibilità di rinnovare le idee su alcune questioni di fondo. Occorre scegliere - FINE SECOLO e SABATO 23 MARZO ···-f:'<'J'>:- :-:-:❖ 25 h.••· ••• - ~lit.li Qui accanto, la bella Maria di "Metropolis" (Fritz Lang, 1926). In Metropolis, il robot riprende le fattezze metalliche delle armature medievali, e non le lascerà più. Pochi anni prima la parola robot aveva fatto la sua comparsa in un dramma del boemo Karel Capek, R.U.R., i Rob9t Universali di Rossum (1921). Capek iinmagina la presa del potere da parte dei robot, forzati ribelli, su tutta la terra. Ma i suoi automi non hanno armatura, bensì la tuta di tela della massa operaia spersonalizzata. Robot ha la radice slava che vuol dire lavoro P,FSante, fatica, corvée. Più tardi, l'incubo di un'umanità lavoratrice anonima e uniformata sarebbe stato sostituito da quello di un'umanità ·estromessadal lavoroe dalla valorizzazionesociale ad opera di unesercito di macchine.La riduzionedella giornatalavorativa,il cuoredella speranzasocialista, assumela forma della sostituzionedel lavoro umanoda parte di automiinavvicinj!bilmente sofisticati. Forse, era l'unicapossibilitàreale di ridurrela giornata lavorativa,e il lavorofaticoso e mortificante. Diceva Spengler:"Si é sentito il demonionella macchina,e non a torto. La macchinasignifica, agli occhi di un credente, il Dio detronizzato".L.– frase può applicarsian~heai credentinell.1 giustiziasociale, e nel suo attore, la classe operaia. Qui a fianco, una piroettantebamboladanzante vestita di piumedi cigno. Sotto, la bambola parlantedi Lioret, 1893. Anchelui orologiaio, Lioret(1848-1938) entrò nell'industriadel fonografoappuntonel 1893, quando fu incaricato di dotare di un meccanismo vocale un modellodelle celebri bambole pariginedi Jumeau . aggiunge- fra la creazione e la distruzione. Se - la scòmparsa della nostra cultura non preoccu– pa gli adolescenti, per noi, figli della guerra, essa è una realtà". E il ruolo dell'EXPO in tut– to ciò? Nè più nè meno che "dimostrare che la scienza è lo strumento efficace della nostra so– pravvivenza, anche se l'insieme ha preso l'an– dazzo di una grande Disneyland". Per pro– muovere la Disneyland in questione, la casa editrice Kodansha, che possiede un padiglione estivo (dedicato al cervello) snl posto, ha orga– nizzato poco prima dell'inaugurazione, una vi– sita guidata dell'EXPO destinata ad alcuni scrittori. Un'opportunità per confrontare le loro invenzioni con la scienza. Nella piccola carovana degli esperti in immagi– nazione, ci sono Shin'ichi Oshi, il professioni– sta di cento romanzi, Tsutsui Yasutaka, autore del best-seller del 1983, "La ragazza che è in– ciampata nel tempo", Komatsu Sakkyo, noto per il suo testo-catastrofe, "La sommersione del Giappone", e una valanga di nuovi venuti, tra cui Ogura San, la sola scrittrice (25 anni) del gruppo che, fra altre occupazioni, fa della musica planante con un'orchestra pop-rock chiamata "Chiappe piatte". Il menu di quella mattina offre il film d'anima– zione della casa editrice Kodansha sul tema dell'encefalo: un bel ragazzo, Ugoku, vi fa un viaggio nei neuroni di una bella ragazza, e ne esce meravigliato. Succederebbe con meno. Da Toshiba, il padiglione dell'«elettronica ·umana», lo «show-scan», una coproduzione . nippoamericana, mette in scena un giovani: giapponese, Hiroshi, che nel corso di una visita in un istituto di ricerca si lascia sedurre da un robot che lo guida attraverso i progressi dell'u- · manità, dal microcosmo al macrocosmo. Co– sicché alla fine egli dichiara di aver deciso: di– venterà ingegnere. Erika trapassa letteralmente lo schermo del padiglione Sumitomo. Nessun compagno me– tallico per lei, bensì un cane in carne e ossa, Bozo, col quale attraversa gioiosamente il mare, la foresta, il deserto ... il tutto in tre di– mènsioni, e a gloria della natura. Disincantato, Kosai Tadashi, che dedica, nei racconti che scrive, un'autentica passione alle vetture futuriste, sbaçiiglia maneggiando la sua macchina fotografica. Gli altri sembrano con– dividerne la noia. Il lato "tecnologia sorriden– te", per dirla col patron dell'associazione "Tsukuba 85", dà loro un po' sui nervi. Tsu- · kuba può moltiplicare le genuflessioni davanti all'orizzonte immacolato del secolo a venire, la fantascienza dell'arcipelago ha abbandonato queste lanterne da un· bel pezzo. Soltanto il futuro interessa l'impero? La que– stione prende alla sprovvista Shin'ichi Oshi. Il quale cerca le parole e finisce per convenire che "non ci si pensa molto, non più che allo spa– zio, del resto". A stare allo scrittore, i giappo– nesi non sarebbero preoccupati che del loro te– nore di vita, perfettamente soddisfatti dal presente che offre loro il modello giapponese. "Occorre riandare agli anni 60-70 per ritrovare

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