La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 42 - 22 ottobre 1961

Domenica 22 ottobre 1961 ---------------------- 1 A t" , r:- n " r r.· T T r. n \ , , , --------------- .•. Una 11ocsia di ANDREA ZANZortvro L'incisione giapponese a Roma I DJLA.RIO DJEL JL' APPARTATO * * !'te ·"' 11uole E QUESTO, se si vuole, posso aggiungere: - Là dove il Piave è un altro -- .:. ...::.::_--- . _-:-::-~=· _ :-: =. .=;~-~-- ---··- -- - ~ --· ------- -- - ~.·~=~-=-~ Ancora sul leopardismo e giù corre il mare vicino ai tuoi seni. - __ ...... * ·- ~ - ----- e si scioglie la rete la pescagione il mondo, con te tra le erbe abpondanti non munte giacevo. Amore d'erba _•- ·_ - ---- -- - - -- --·----. - ~ ---·• - di GA~~'l'ANO AllCA.NGEJ.,J non più fondo che l 1 erba 1 lattice lucente, clorofilla. Vampa aurea di fiammifero cui Vùlgere le spalle senza tema come al vento ed al mare. Ma ora ora anche il vero amore tarda talvolta a farmi vivo. Si lasci che io dica « io ». Quanto è difficile: io. Ora e io sono» è questa emorragia .. Ti prego, fammi un segno, lasciati scorgere, tu, tenera come onda rutila pescagione, rete, mano, ' solco di mare, succo. Perché posso giurarlo, posso a fatica scavarlo 1 ma scavarlo da me, questo che oggi non vuole dirsi: con te, io ero. Energia divenivo statura mente: occhio degno di misurarsi ai cieli. Notti di resine, di ccrpi felici. Cieli vigna abbondante, non munta, profumo. Bevevo a1la tua coppa, Urania. Corpi sommi. Vi vedevo scorrere veloci oltre il campo del vedere. Scorrevi mare, notte, fresca mirra. Posso giurarlo: io ero. Senza nulla disperdere, nul~a offuscare 1 nulla ferire. Senza più, ma con solo quel cuore che basta. Beveva il mare; suggeva ai tuoi seni. , , ___ --- « UOMINI SUL DELTA», PRIMO VOLUME D'U A TRIIDGIA PADANA * Govoni O meglio, Corse, per dire meno volgarmcnle: an• cora sul mito leopardia– no, quale giù ci venne fatto di rilevare a proposito di una intervista di Monialc sulla poesia. Ora e la volta di una intervista ad Ungaretti, re– daua da Enrico Roda, e in– titolata • Ungarelli o l'inge– nuità•• inclusa in una ru– brica del III Radiocorricre TV • (n. 41, 8-14 ottobre 1961). Nella !ierie delle risposte del Poeta all'intcrvistalorc, ho avuto prima di tutto il pia– cere di conoscere, direi quasi sintetizzato, lo spirito unga· rettiano nella sua varia e vi– vida gamma di toni e di richiami, personali o critici, e l'impronta della sua mimica straordinariamente comunica– tiva; mi è parso veramente di ascoltarlo nell'atto e nel gesto di scandire una con– ,inzionc nello !iforzo di sem– plificarla e illuminarla di luce oggettiva, o di rfvelare un aspetto della sua umanità privata, con quel baleno di ilarità commiserativa, di au– tocompatimenlo, che gli è così singolarmente proprio, se si confronta la sua conversa– zione con quella di allri; di ogni altro, anzi, credo di poter dire. E mi è parso di percepire quel suo ridere rot– to e strano, che souolinea soprattutto i baleni di quella altitudine a compalirsi, o a compatire altri, a togliere acrimonia a qualche giudizio che potrebbe essere invece pungente di fulminea nega– zione, se il caso meritasse altro che non una umana indulgenza. Quindi, riuscitissima questa intervista; ma quando mai Ungaretti riesce in difetto di comunicativa? Tuttavi:i, la so· stanza di pensiero, di asser– zione di quelle risposte ci ha lasciati sorpresi e interdetti almeno in un punto, o so• prattullo in un punto; ed è il punto che, ancora una vol– ta, denuncia la ,•italitù del mito leopardiano nella sua più larga estensione, in quan– !o assunto dal più semplice e pri, 1 ato lettore o dilettante di poesia, dal più irresponsa– bile in senso critico e rap– presentativo, come dal poe1:i di più approfondita cultura cd esperienia. Meglio per Leopardi, !i'intcndc: ma non altrettanlo per la verità, per la proporzione del reale. E il grande rccanatasc \"Orrà scu– sarci, in quanto anche noi partecipi della più devota memoria verso la sua poesia e la sua vita. Ma potremmo proporre e Holgere l'obbiezione che in– tendiamo fare ad Ungarelli, proprio in nome di quello acutissimo senso del reale nella sua estrema particola– 'tità, di cui lo stesso Leopardi ha lasciato testimonianza; anche se in tanto più ampia misura nella prosa, infinita– mente articolata dall'osscn,a- 1ionc più minuta e più og– gcttirn fino al più aho ca– priccio della fantasia e dcl– l'umoi;c scnlimcntalc, che non nella poesia. E con questo non si intende di opporre alcuna riserva all'altezza e compiutezza sovrana di quel– la poesia, considerata nel SUD insieme. Leopardi come alibi I L mito leopardiano viene di solito assumo dal di– lettante in cerca di alibi per giustificare la propria sostanziale incapacità ed im– potenza, in quanto sembra, grossamente considerato, che indulga al più arbitrario e gratuito soggettivismo, per la sogge11iva affermazione del sentimento e della condizione, della sorte umana del poeta, che la poesia leopardbna ri– vela nella sua più semplice evidenza. Evidenza che non sembra invece riconosciuta, a conferma, da quel punto della citata inter\'ista dove Unga– retti dichiara che Leopardi 111 era infelice all'estremo, ma non ebbe angoscia e lacrime che per la sorte degli ahri. Per la propria non ebbe mai un lamento"· Mi pare che ci sia tanto che basti per stro– picciarsi gli occhi, e chiedersi se stia proprio scritto così. Ecco dunque in flagrante azione suggestiva il mito, cioè una deformazione della reah~, e sia pure per esi– genza di assoluto, di altcv.a, di \Ublimità, di perfezione. Tutti i miti rispondono a questa esigenza; anche quelli che sembrano più vola:ari e p1u bassi. E' chiaro che Un– w:aretti se ne è foaa:iata una misura e una dimensione sua personale; e potremo credere alla sua buona fede intcrprc– taliva e critica soltanto in nome di quella ingcnuilà che intona il complcs30 dcll'in– tcrvis1a, e che è dote che Ungaretti attribuisce a se SICSSO; come gliel'abbiamo sempre anribuito noi, anche a costo di mellerla in con– traddi7.ione con qualche cosa che, nella complessa persona· lità del Poeta, sembri smen• tirla o almeno contraddirla Potremo cioc credere che egli alteri in buona fede l'imma– gine del poeta più ,·enerato e più famigliare al suo spirito e al suo sentimento, comple– tandola e perfezionandola con l'attribuirle totalmente rcaliz· zato (in una specie di statico grado di perfezione che non conosce intralci di esordii .di approssimazioni ,di deviazioni, di cedimenti almeno tempo– ranei dalla propria linea più alta), quell'ideale che appare di certo ad Ungaretti come il massimo conseguibile quando cl si riduca alla resa dcfini· ti,•a del rapporto inten:orso fra la \'Ìta e l'arte; quel su– blime stoicismo per cui uno, pure III infelice all'estremo», sappia evitare, il lagno perso– nale ,e patire III angoscia e la– crime» solo per la sorte degli altri. Si vede che l'affetto e la devozione per Leopardi lo ha spinto ad riloccare con tanto sensibile arbi1rio l'immagine fissatasi per ultima nella sua mente a riassumere in un tratto solo di definizione mo– rale la figura del poeta predi– letto. Nel suo caso, la deforma– zione mi1izzante è l'opposta di quella operata dal dilet– tante di cui dicevo; il suo Leopardi ha superato da sempre gli impulsi soggetti_vi, e ha dunque reaUzzato in grado unico e massimo quella luminosa aspirazione alla con– sacrazione del proprio dolore G LI ESEMPI di poeti ·che 7 dopo aver raggiunto lo * appello ai grandi esemplari narrativi, qualunque essi sia– no; quello che invece conta è che ciascuno sia libero coi suoi mezzi csprcssh•i più ro– busti e più singolari, libero con il suo tono e la sua sin– tassi, con la sua ispirazione e fa sua fantasi:i. ____________________ che fu pure effettivamente raggiunta dalla sua poesia, ma solo a prezzo di un progressh•o superamento di uno stato dell'animo che fu invece a lungo forti,;simo e prc,•alentc nell'atto del tra– dursi in espressione liric;.\; anche se, già assai per tempo, accompagnato e come segre– tamente armonizzato da una attitudine a raggiungere una purezza e limpidezza del tutto 1en1ai6 1 i~~~!e dcr~~~~la~~~6 di narratori, che una volta cuci:iuto_ il successo, sento– no 11 bisogno di cspnmcrsi in poesia, s-:>no tanti ndb letteratura c1·ogni tempo e paese, che no, e il caso d'in– dicarli. Volendo restare sbl– tanto nei limi1i della nostra letteratura contemporanea, volgano quelli di Toui. Pa– pini, Bontempelli. Morelli, Betti, Alvaro, Bacchclli, Pa• \!CSc, Palazzcschi cd altri anco1·a. Ma il caso di Go– voni poeta e .1arratorc, en– tra. invf.!ce,nel gruppo di co• loro che hanno coltivato con– tf.!mporaneame-nte poesia e ~~~han~~· J~1 1 t~c~ad~~~o;~~: per ~o più sono riusciti ad cmc.rp: ere più in una che nell'altra di queste due for– me d'arte. · Ccmunquc sia, la nar.-ati– ' a di Govoni, consegnata in 14 ,olmni, tra romanzi e no– velle, non può •rndare frel– i.olos:imente souo,•alutata o rclcg.at :i. in un ordine mino– re. Essa si è ::mdata sempre srnlgendo di pari passo coi1 la poesia lungo una linea natllrnlc cd islintn•a che non ha accennato mai a t– tere; anzi talora si è , i..:ppit1 .i.i-ricc-hita di cspcl"icnzc .:d esigenze nuove, dedotte 111 buona parte Galla vitalità di un mondo poetico straordi– nariamente lc~ondo di fan– :nsia e d'imen.tioni, di so• stanza spirituale e d'interes– si umani. Si dovrebbe a que– sto punto fare un bilancio d! Govoni nacratore per st..i.· bilfre l'esatta sua colloca– zione nella s1oria della :,ar- 1 ativa italiana e soppesare l'apporto o meno da lui d<.t- 10 alla soluzione od impo– slflzione di quei problemi che hanno :11tira10 l'int.!res– se della matl!ior p.-i.rte degli scrittoti usciti d:1llc due gU<:1-remonrlinli e dalle cnsi degli ultimi rivolgimenti po– Ji1ici e sociali, ma il bilan– cio sarebbe nrduo e com– plesso e, alla fine, ci condur– rebbe al di là delle noslr<! intenzioni cd al di ruoti di quelle corr~nti che hanno· caratteria.a10 !a narrativa cli questo tormenl'ltO cinquan- 1ennio di stotia, perché Go– voni narratore è inscind1b1- Je - s.:: cosi si pllò dire - da Govoni poe1a cd è quasi impossibile in:-.e.-irlo in u1M dcu1minata direzione. pro– prio perché la forma e l.:t sos1an.ta dcli.:!. sua arte re– spingono ogni aaardabile confronto e qu.llsiasi a.cco– starncnto. La ,_,oesia, infani, domina nella pa~ina da gnm signora con quella s_ua tipi– ca andatura che tutti sanno; filtra nelle fan1a:;bsc !mmc nan-ati-.•e per 'a sua stessa struttura formale; crea un:1 architcllura salda cd a..!r.:a, anche s:! 1i fa pcn!iarc nd– J'inl-icm.: ad un immenso edi– ficio barorco. Con i suoi fu– mismi e le su-.: funambole– ri<>,i suoi arditi ,•oli e 1rJ– passi, con i ;;uoi prezio,i :m•beschi e le sue sottili nen aturc, ~cmi il poeta che racconta e la poesia che ri– suona come una lucen1e e fragor.csa ca:;::ata d'acqua che si scinde • si disperde in una infinità di rh•i. per confluire poi ad una stessa foce. Per iJ suo pcculia1 e profilo liric-:> lin~'tlistico, per )a densità sanguigna degli umori e la su;,. inconfondibile c:>drnra (ora in chia,c reali– stica, ora (utur,<.fk;i ora im• di JUA.ltlO GORINI prcssionistica e talora per– I ino .simbolista e surreali~ sticheggianle) Govoni narra– lore resta al di fuori del clima d'intonazione comune dell'attuale !1~n;'tiva. Questo nuovo 10manzo flu– v;ale (GLI UOMINT SUL DELTA edito d3 Ccschina) è__ la ripr(?\'3 ddla sua po– smone d1 grnnde isolato. Posizione ,•ecchia e !1UOva, tradizionalmente limpida, modernamente spreg,iudicata. La narrativa italiana del– le clue ultime generazioni (fatte le debite eccezioni) ha C<::n:ato. spesso esaurendosi. d1 uscire d;1I lirismo, dal– l'immagine, dal diario, dal– la confessione intimista e dal– l'atmosfera cvocati\'a delle rimembranze, nel tcnta,i\Po, qua1t· · volta raggiunto, di ricondurre l'uomo nella real– i~ del suo tempo, di ogget– tivarlo in un;,. situazione am– t1entale e storica: di offri– re un:i testimonianza viva della crisi di trasformnio• ne della vit:i nazionale e della società, rinnovando, at– trn,·erso gli esempi francesi, nissi e nordamericani il vec– chio canone vcrghiano della impcrsonalilà dell'arte; ma Go,•oni. ocr la sua congeniale natura di artista e di pocrn. si è mantcnu10 i-cmprc alieno da preoccup:izioni d'indole spcrimcmale come da proble– matiche filosofiche; ha rifiu– tato i modelli per ascoltare soltanto la su:i inesauribile ,•oce in1criore; non ha per– corso la s1rad::i insidiosa dei Proust. dei Kafka, dei Mann, dei Joyce e quell:i dei neorea– listi italiani e stranieri, anche se poi, a ben guardare, i suoi temi ed i suoi motivi enlrJno llltti nella stotia cocente del nostro temoo. sostegno dei contenmi, dei fatti, deUa storia, delle ideo– logie. o affidarsi aJla propria espcnenza umana, se la pa– gina non si lascia lievitare e m:iturarc internamente al fuo– co della intelligenza e della fantasia. Con tutte le più no– bili intenzioni si resta ai mar– gini dell'arte. e Che ciascuno cli noi - disse Cesare Pave– ~e - sia radicato in una si– tuazione, in una classe, in uno storico conflitto inevil:i– bilc, è vero. Ma è altrettanto \'ero che quando si prende in mano la penna per narrare sul scrio, tutto è già accadu– to, si chiudono gli occhi e si ascolta una ,·oce che è fuo1i del tempo•· Nonostante l::t sottintesa confessione autobiografica cd il profuso lirismo, i perso– naggi di questo nuo, 1 0 rom:m– zo go,·oniano sono tutt'altro che fabi o stereotipali, nò si prestano a • prclcsti • lette– rari e polemici perchè schiet– tamenlc veri. Essi sono sca– vati e gu:irdati aur.:wcrso nessi impreveduti nei loro complessi e primitivi istinti di lolt3 e di conservazione; colti nelle loro improvvise reazioni, nei loro impulsi al– la gioia come alla disperazio– ne. Il mondo contadino e bracciante del Delta padano è una realtà incandescente dalla quale l'attenzione assi– dua di Go,·oni non si al\on- 1ana m:ii. Egli la pcnclra in– fatti nella sua dolente crn· dezza, sconfessando e con– fessandosi, incolpando ed im– plorando; l'accusa per purifi- ~a~:~ 1 ~r~i~~:rfu~r P~~e;~~~~~ pcgnarsi da una materia cosi difficile e scottante, non gh ~~~r~~a PJ;f dl~10:~cc,:cte~~ c'è), nè la logica serrata dei lalti e delle idee, nè l'equili– bl"io delle p:irti contrastanti, nè il senso della proporzione; perchè quando si ha qualco– sa che brncia dentro come una ferita aperta, quando si ha un:,, realtà da esprimere nei suoi :i.spelli più eccezio– nali e nelle sue pili varie sfu- Tutti i 1;(erimenti ed i ri– mandi che si sogliono fare per incascll:ire uno scrillore in una corrente, ser\Pono fino ad un cerio punlo, ma ca– dono del tutlo quando sì trat– t:i di un temperamento arti– stico particolarmente dotalo quale è, appunto, quello di Corrado Govoni che sfugge di mano ad ogni classificazio– ne per virtù della sua natu– rale disposizione ad ubbidire soltanto alla sua vocazione. Det10 ciò non si creda che questo romanzo non siu esen– te, qua e là, da difetti e non denunci saltuariamente alcu• ne pagine frettolose. Anzi a ligore di termini non si può definire neppure un romanzo, ma piullosto un racconto– fiumc, o megliouna s101iaro• manzata di carati.ere epico popolaresco. l\la ciò nulla o poche toglie al suo indiscu– tibile ,•alore artis1ico, che ~ (Continua 7 pagina 6) NAPOLEONE MARTINUZZI: Maschera - Gesso ~1~el!~~';;.p~gst~i p~u~s~~'. a 11; prova de III L'Infinito•· Mi sembr::i. che occon-a giungere ad un tempo a,•anzato della vita e dell'opera sua per ve– dere raggiunto, e fotse pro• pdo nel momento di tradursi in più vera e più ferma con– quisla, quell'altissimo concct- 10 della poesia, trascendente il limite personale e sogget– tivo, quale ,·ediamo dichia– rato all'inizio della dedica 111 agli amici suoi di Toscana•• apposta all'edizione dei III Can• ti• del 1831. e datata III Fi– renze, 15 dicembre 1830•: 111 Amici miei cari, sia dec\i– ~ato a voi questo libro, do"c 10 cercava, come si cerca spesso coll:i poesia, di co1t– sacrare il mio dolore, e col quale al presente (né posso UNA COMPLICATA AFFJNJTA' ELETTIVA * Claudel e ~hal{espeare C ON il teatro di Shakes– peare e quello di Clau– del siamo in presenza di opere che oltrepassano le frontiere dei Paesi che li han– no generati, che trascendono le comuni misure di spazio e di tempo d'un mondo chiuso e limitalo, - il teatro di Clau– del s'estende nello spazio a tre continenti ed a tulli i ma- * d·i LlllGI CASTIGLIOiJJE rl del globo: sctle opere si svolgpno in Francia, Le Père hwmlié a Roma, L'Echange negli Stati Uniti, Partage de midi nell'Oceano Indiano e nella Cina, Le Soulier de Sa– tilt nella Spagna, nell'America Latina, in Sicilia, a Mogador, a Praga, nelle Baleari e nel ~i~~~d1,eli~~}?fd:r'tf ~l 1 ~~j~ ! ~~T1~es~~!~1~~a t~~!a tcd~fl~ questioni d'unità e di non unità teatrale, abborda i pro– blemi di composizione e d'ar– tificio letterario e scenico ed esamina il tempo come qual– cosa d'intimamente subietti– \'O,«com'è colto dall'uomo at– traverso l'a1Jone, la noia, la passione e il destino». orizzonti. chinj sugli stessi problemi, colpendo con le stesse immagini, estremamen– te ricche della loro fantasia essi, a volte, si rassomigliano' ma Claudel •• il C\audel dclii? Ciuq Grm1des Odes, a di!Te– renza di Shakespeare, ha Dio con sé. Ma anche nella narrativa, come del resto nella poesia, c'è un modo di cssen:: ad un tempo soggettivi ed oggettivi, personali cd impersonali, ana– litici e riflessi, concisi fino all'addità cd cloquenli fino all3 re1orica, senza bisogno di ricorrere ai canoni ed agli schemi. Nè ,·:ile cercare i~ matllre, è inulile o quasi fare _________ _ nella Germania, L'Hisroire de Tobie et de Sara a Ninivc, Le Paili dure nel\:\ Polonia e Dividendo il volume in tre parti, L'Horloge et le Mappe– monde, Duratio11 a11dSceuary, Le Temvs et l'Espace, dedica la prima allo s1udio del tem– po e dello spazio in quanto concezioni storiche e geogra– fiche; la seconda al modo co– me Claudel e Shakespeare tra• ducono sulla scena, nel qua– dro necessariamente ristretto d'un lavoro 1eatr,,le, le conce– zioni generali del 1empo e del– lo spazio, al modo come fan– no entrare, nei limiti d'una rappresentazione, la complcs– !iità, la portata e la durala della vit:i reale; la terza, in– fine, .al tempo, non più con– siderato come una realtà esterna all'essere, ma come qllalcosa d'intimamente su– biellivo. Claudel ha incontrato Sha– kespeare in un'età in cui l'ar– tista foggia la sua III ma1eria,. ';~l;~;:;:~nt~ha;esi~~~~ien~~= nell 1 Algeria; nel 1cmpo si estende al Mcdioe,,o, al Ri– nascimento, alla Rivoluzione francese, agli inizi del XX se– colo; le opere di Shakespeare, nello spazio, si svolgono quat– tordici, integralmente o in parte, in Inghilterra o nella Scozia, tredici nell'Italia o in Sicilia, tre nell'Europa Cen• trale, sei in Francia, tre nel– l'Arcipelago greco e nel Me– diterraneo, una nella foresta dell'Ardenna, tre ndl',\sia Mi– nore, una in Danimarca cd una in Egitto; nel trmpo, si estendono all'antichità leggen– daria o storka, a Roma, al Medioe"o, al Rinascimento; - siamo in presenza di opere che ci proiettano al di là del tempo e dello spazio contin- genti. · Nel volume Cfaudel et Sha- kespeare, edito recentemente dalle Edizio11i Palatiue di Gi– nevra, Jean - Claudc Berton confrontando infatti i due grandi dramrnalllrghi non si limita soltanto a rilevare le affinità evidenti tra l'universo drnmmatico di Shakespeare 1 ~iiu:~~h:id~f a~~~lt~ e9f i,~~~~ Una rarità: la casa di Corrado Govoni In Padanla, da moltJ Rnnl distrutta, che è al storico e geografico la proie- ~centro del suo grande romanzo • Uomini sul Della•, ora apparso In vetrina zione della scena claudeliana Shakespeare e Cl::tudel wn pos1i l'uno di fronte all'altro e, magistralmente, tutt'e due di fronte al comune proble– ma che li ha tormentati, al <lr~~ie ?in1oioer~icct~t 0 c ~:= boccanti personalità, rispo– ste differenti. Mentre, infat1i • il paradiso di Shakespcaré è un paradiso perduto, quel– lo di Claudel proietta sulla sua opera una luce abba– gliante,,._ 111 Interrogando gli s te s s i mente, non poteva non in– tcn1e,nirc nella <:onScguente creazione drnmma11ca di Clau– del. Tutlavia, più che d'una filiazione spilituale tra Sha– kespeare e Claudel, ed anche, si potrebbe aggiungere, Eschi- ~~iri~~~lc~1~~tt~l~~ta'à~~~~el: d'una affinità e\c11iva del ge– nio che si 1ratta. Shakespeare non diede mai infa11i a Claudcl quello «choc• che Claudel ricevette da Rim– baud soltanto. Le1terariamcn– tc parlando, però, Claudel è dcli~ famiglia Eschilo, della famiglia Shakespeare, più che della famiglia Rimbaud, Eschilo, Shakespeare e Clau– dcl sono indubbiamente tre fari che di tanto in 1anto si ,;spondono, quasi una me– desima eco che, dalle profon• dità dell'infinito, si ripercuo– te :ittravel"So i secoli perfe– zionata e arricchita. aI,~1~.~~ :i~~t~s?~~e;1r~r::~~~ ni e di testi, non mancherà di portare nuorn luce sulla tematica teatrale di Paul Claudel (e di Wi\liam ShJ– kespcare}. già dirlo sen1.a lacrime) pren– do comiato dalle lettere e dagli studi». Mi sembra fa– cile osservare che quel con· cctto trascendente aftiora in parole cosi lumino!,C proprio in quc:<.ta specie di circo-– .-..rnn1.atestamentaria, nell'at– to di affidare un mes..aagio ultimo agli uomini, li più af• fettuosamentc considerati at– traverc;o lo schermo della amicizia. Il diritto del soggettivo ~~!io 3 ~!r~ ~mfi~~~fic~~tt~h~ altro po!.o;a es.e.ere. In quella trasccndenr.a, in quella Oifgct– tiva7ione. S"on inganni 11 falto che è ill\eCC comune la qua– lifica il riconoc.cimento di uni\.ér~alita; perl·hé d_isolito. o il piu delle \.Olle. s1 scopre qualifica1:ione re1ori1:a .e a– t,tratta. Il raro. il d1ffic-ilce, im:ece, a,cre, di tulto questo, un o;cn,;o pratico e_con<reto; !>Cntirc quell'atto d1 subhma• .1ione immerso e delineato nel disegno della "it,:1. nel su'? fluire molteplice e n~IJ"ur1ars1 di ogni contraddi710ne, ap– parente o reale In conclu<;:ione. non escludo che Ungaretti abbia \"Oluto P RIMA di concludere, mi affretto a suggerire che le parole di .Ungaretti. debbano o possano intender.si come implicanti quanto ¼>· pra da me citato e richia– mato, quasi come metaforiz• zassero, nell'esemplare del poeta per eccellenza (almen~ tale relativamente ai tempi moderni in senso largo), la parabola della esperienza del– la poesia e della vita, cos1 come può ridurle all'ultimo e più sublime schema del loro più stretto rappQrto chi me– glio di altri possa rappre– .!tcnlarc una tale ,·icenda. Ma, almeno per parte mia, anche attraverso l'insegnamento, ho avuto modo di riscontrare che quell'idea della • consacrazio· ne del proprio dolore,. non è per nulla presente e fami– gliare ai più, disposti in gc• nere a concedere al poeta, al modo del dilettante sopra ci– tato, il diritto ai più gratuiti e soggettivi arbitrii: essendo, di solito, difettiva la coscien1.a pubblica e generale che si ha del modo come invece ogni alla esperienza poetica si tra– duca da ultimo in quella con– sacrazione, sia di un moth·o _del tutto doloroso, sia di J/c~ia~~~~t~la 1 ~~1~oi~acÌi :n 3 ; inten.is1a pubhlicata su un periodico di cosi univer4>-1le diffusione quale e il • Ra· diocorriere TV •• do\.eva al– meno suggerirne lo S.Punto ~i necessaria ehiarifica71one. di– versamente. il passo riesce non di certo comprensibile ai più, e non solo ai piu. E contribuic;ce per la sua parte ad alimentare un mito che, se pure co:<.ti1uitos1sulla base di una vita e di un·opera che po,;sono bene in qualche mi:,ura giustificarlo. almeno nella sua accezione pm di· , ulgala e più semplice, è pur sempre un mito: e, nel ~uo trasferirsi ed influire in sede di più alta cullura e re!\.pon· sabiJità, di, iene poi tramite ncgatirn di cristalli.7787ioni e inibizioni. di dhieti \er;o di– rezioni più libere e verso im– pulsi più dinamici; di esclu– sivismi cd esagerazioni che difficilmente si può credere possano giovare al libero ed equilibrato mo'"imento della , ita culturale, e della c;tes-.a diretta esperienza della let– teratura e della poesia 1' . . JI. DE ,1,1·GEL/S oresenta: * N ON E' FACILE incon– trare un poeta, è più d i f f i e i I e incon– trarlo fuori d'Italia, in di– gnitoso, volontario esilio, a Zurigo, tra i gabbiani e le chiese gotiche che gli !anno compagnia. Tutl'altro che poeta ro– mantico, Arturo Fomaro, nato in Abruzzo tra mari e monti, non ha dimenti– cato il nembo che amman– ta le cime delJa Majella, ma ha dovuto sostituire al mito dannunziano della e parola> un linguaggio scabro, di analogie diret– te, chè seducono non per l'inganno delle immagini. quanto per il barocco fu– nebre delle imprevedute allegorie. ARTURO FOR~AR * Un poeta ita– liano ,n via/!gio per il mondo La poesia di Fornaro è chiu_~, severa. ferrigna, e se il sigillo si scioglie dalla bocca dell'angelo scolpi– to in un blocco di arenaria. allora il canto trasale da un profondo che accoglie acque amarissime. ma in cui non serpi lubriche si annidano, bensì radici ar– caiche, richiami ed echi di tombe scavate nel ltmo della preistoria. Preistoria italica. che richiama al– la mer'lte epoche forse ancora più remote. le incl– sioni rupestri delle caverne di Altamira Arturo Fornaro ha il volto di un banlbino allar– mato e detta. incide - ascoltate le voci. captate le presenze - con la forza medianica di un anacoreta che si rìf~uta alle preghiere e alle invocazioni. pre– ferendo cimentarsi di un'analisi cui l'esilio è l'es– senza e la polvere. come in certe bare di sicomoro l'odore ammuffito delle mummie di una terra che si potrà anche denominare Egitto. e che ricorda invece 1~. ossid~zioni minerali delle montagne mate'rne be~ p~u antiche, tetragone a Oj?"ni lu!,"=ingae oiù con,2"e– malmente favolose per una meditata ispirazione. * Il ponte TU SEI nato a Parigi in una famiglia di pietra, dal muratore e dalla Senna. Quando sono arrivato avevi già l'età per abbracciare una pena. Gennaio allineava tori di cristallo a guardia di cloache. Non c'era casa più grande del gelo: vi giocava dentro tutta la città con rancore di leone fuggiasco. Hangar, con porte da ogni lato del mondo accogliesti il mio volo disperato. Non eri solo. C'era acqua, acqua, fino a ubriacarsi per sempre. Era un fascio di minacce e la mia speranza una bestia inafferrabile. Arrivavo da un viaggio interrotto lungo la fortuna. A primavera ti lasciai per ricordo l'unico lenzuolo di giornale. ' ARTURO FORNARO

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