la Fiera Letteraria - XV - n. 41 - 9 ottobre 1960

Domenica 9 ottobre 1960 LA FIERA LETTERARIA Pa2 3 ( .......,.. SCJRJCTTOJRJC JCN JPJRJC~O JPJCANO ~ ) Lui;;-i Bartolini La camorcanna Dapprincipio diffidavo di lui; poi le sue mo:ne mi prere.-o. Dfmost.rava d'aver– mi stima. S'intere.s.5ava del– la mia pittura. Veniva a vi– sitare il mio stud:o. COn– trocambiava, invitandomi a v:sitar'e un paese, fra asp:-e rnoolagne, paese di cui era il sindaco, sindaco (eudal– comunista. Ebbi, a un certo mo– r,lento, necessità di Mvol– germi a costu.J. per delle P:estazioni legali, di poco conto: editori, oppure ac– quirenti dei miei quadri. che non paga,.-ano e che. cosi mal.facendo mi costnn– gevano rh."O.!:genruall'avvo– cato. L"anziano avvocato si dimOIStraya sempre di più auaccato alla mia persona cd entusiasta dei miei qua– dri. Veniva a visitare lo studio e diceva: e Deside– rerei possedere qualche sua opera •· E g'..acdlé. intanto, ront.inuava. a prestarmi la sua opera di legale. io gli veni\·o facendo dono di al– cune mie ~u~foct.i. Venne. un bel giorno. a portarmi della cacciagione, e siiccome era. o diceva di essere. gran de ca cciatore di fagiani, di sta.me e pernici. disse che gli sa rebbe pia– ciuto vedere quali inter– pretazioni, di fo.-me e di colori. a,.-e.i dato alla sua cacciagione. D? Segnai. allo – ra. ed incisi all 'acquefcr.te . e dipinsi due sta me. ll ma – schio della starna reca, sul petto - e come oatu:ral– mente dipinto - un fer-ro òa cavallo. d'una bellissima tinta a riflessi. a colori. terrosi. il be<CO lo ha ros– so. d'un bellissimo rosso vermiglie.ne di Orina. il ganzo. • E caso mai - tale otLimo tomo ~un– se - si venisse. per una dannata ipotesi. a scopru-e che !e sue cose si trovano nella mia abitazione. allo– ra. quando si tratterebbe della vendita conseguente al loro pignora.mento, fa– remmo inte. .. ,en:Te qualcu– no che riuscirà a spigno– rarle medinote il versa– mento di una somma di denaro, sempre ;ruenore - pero - a quella che lei do\Tebbe sborsare se ~1- -..-esse al suo debito. deri– vato dalla sentenza ». I miei dubbi intorno alla disonestà di costui si :fon– davano giustamente anche sop.a il fatto che egli non ave,·a presentato. al Tri– bunale di Nancy. i docu– menti, in mia diJesa. ,"3.ndi a dimosttare che. chi non trae fa.\-Olosi guadagni dal– le sue opere, non può pa– gare. sia pure a persona verso la quale ha obblighi di mantenimento alime.nta– re. più di qualche migliaio di lire al mese. Si giunse. cosl. con un tale aV\"OC3C.O (e che. natu– ra:!mente. fa eccezione alla regola dei moltissimi alt.i onesti avvocat.J. trancesj) alla rottura dei rapporti di amtcizia. Io preferii paga...--e quel che dovevo paga:e conseguentemente alla sen– tenza del Tribunale d'ap– pel.lo di Nancy. anziché vale:- m..i. ancora una volta. dell'opera cli costui. Ed anche rinunciai ad ogni ncoroo in Cassazione. An– che pen.savo. dopo d'esser– mi t.anto ucrlficato. raci– molando a destra ed a si– nistra. e mediante vere e proprie svendite di quadri e di libri. che sarebbe po– tuto venire. per me. I 'epo– ca - agognata - di una relativa tranquillità. Ed invece ecco che in un altro bel giorno vedo giungernù una lettera da parte del caro av\'ocato. nella quale era unito un conto, par– cellare.. per una somma ~ strozzinesca. farabutte– sca > - esclamai !à per là - una somma. cioè. che er-a superiore a quella a cui la sentenza m'aveva con– dannato. Stupii. intatti. Mi addolo.-ai. Se.!llP,l;. ÒÌ!!l1!_ace, a chi crede nelle amicizie. dovere pentirsi d'averci creduto. Ed anche feci i miei conti; quelli di quan– to ero venuto dando. al– l'avvocato. con i quadri e con le acqueforti. Gli ave– vo dato non meno di quat– tro quadri e una trentina di acqueforti. per un va– l«e venale la cuJ somma superava di molto quella che costui mi richiedeva per le sue prestazioni. Ri– sposi. alla leotera pa.rcella– re dell'avvocato (che, non per nulla e.a candidato comuni.sta del dipartimen– to di Nancy. per le elezioni amministratf,,e). inviando– gli una noticina di quanto JO gli avevo già dato. e mi scusai di doverla fare fa- cendo osservare che era siato lui a costringermi a fare I conti del dare e del– l"avere. Per tutta rispos:.a egli mi mandò il precetto di citazione. e rico."'Se al Con– siglio del!'ocdine degli av– vocati, sostenendo che la somma richiesta. a me, per le sue prestaz..'Oni. era una somma da deftn:trsi più che equa, ~mfohevo!e e mo– desta. Si gjunse cosl. dinanzi al Pretore dJ Nancy. Io ero sicuro. nella mia innata ingenuità (di persona che non mentisce perché noo. sa men ttre e. soprattutto. perché non vuole mentire). che il caro avvocato non avrebbe negato. dinanzi al Pretore, d'ave:-e ri cevuto tutti i quadri e le acq.ue – ro·rt1 dte gli avevo dona– to. Ed invece. dichiarò. giuro, spergiUrò (da buon comunista e mantenuto da una b.."'utta donna separata dal martto) di non avere maJ ricevuto, da me. né un quadro e né un'acqueforte. An-ossivo. ascoltandolo; ar– rossi\--o per lui! Per costui che mentiva spudora-ta– mente con una sieurezza da stupire me. ).teno di me. però. si stu;>iva il Pretore. Gll uomini di legge si co– noscono tra loro e si rico– noscooo meglio cbe io non sappia. Nauseato. l'istesso Pretore. dalle dk-hiarazio– nl di costui, -..- olle. inna nzi di chkldere il veroa.le di udienza i:-roporr e che s ·ad– d1venisse a un pacifico ac– comodamento: per il quale accomodamento - spiegò - io a\-vei dO'\"Uto far do-- Lul&:1 Bartollnl nel suo studio no, all'avvocato. d'un altro quadro e che io avessi a vers.-"'e all'avvocato (can– didato comunista alle cl~ :zioni 3.mmfnistrative di Nancy) anche una somma di denaro. Per fa:-.:0 ter– minata io dissi di sl E do– nai intatti un quadro. e pagai la somma proposta dal Preto.."'e. Ma mi feci, questa volta. rilasciare dal– l'aV\•ooato una ricevuta di quietanza di tutto il mio cleb,to. Daccapo. dopo di ciò. speravo in un periocio di tranquillità. Perioòo che, infatti. il buon Dio - che difende le cose giuste - volle ft:nalmente acconia,r– mi. Ma quando non pen~ savo più alle malefatte del– l'avvocato. ecco cosa mi ~de. Aocadde un !atto così s:.rano che si può an– che esitare. a ritenere co– me reélMlente accaduto. Un fatto che. d'a.lira par– te. può aoèbe far 50ttr'..de..-e l'onesto lettore. Un giorno - a Nancy - stavo a tavola, mangiando. quando ud:li una furiosa scam:pane.Uata . Ne segui una seconda. p oi una ter– za. Allora m'a! !rett.ai per andare a vedere cosa stes– se aocadendo. &a la don– na di sen.:.zio del caro av– vocato. Con il volto con– gestionato. l"iDCtice puntato contro di me. la p0'\Wa fantesca esclamava. grida– va: venga a vedere. oh si. venga a vedere, facda pre– sto. Dio mio. che cosa è accaduto! Oie eosa è ac– caduto per sua colpa! E' aocadu!o che s"..a per &fon– dare il soffitto! Sì. le ri– peto. il sof:5.tto della ca- men sottostante a quel!a dove lei ha il suo studio! Poi. d'improvviso. si pose a piagnuco!are. E. fra W\ singhiozzo e l'altro andava esclamando: Il signOT av– ,,ocato è assente. è fuori .taney. è and ato a Parigi.. (E qui !ace.io parentesi per avverlli-e il le~:ore che l'avvocato comunista, can– didato amministrativo, ave– va. a Parigi. 'lm'ennesima amante: una donna gras– sa. scalamarata che era g:ià stata amica d'un capo gangster dei bassi fondi del quartiere latino). Per carità - riprese a mugo– !are la fantesca - fo lo dico anche nel suo inte– resse. il pa,;-~o del suo 6tudio sta per sfonda.--e! Di sotto, da noi. venga. la prego. a vedere. (Di sotto. in co:-rispondenza de;~a stanza del mio stud!o era quella dell'avvocato). Andai. perciò, di sotto a vedere. Ma non si brattava C'hc d"una g:c663. crepa nel– la • camorcanna > (la • ca– morcanna •· ossia di quel traliccio leggiero che sta ootto l a t.~vatu:ra d'ogni ooffit.to per mascherar-la). E qui \~ene il bello! En– trato come fui, cosa vidi? Vidi, appese alle pareti de!J.o studio de:.ravvocato. pa:eochie delle acqueforti ed alcuni dei quadri che gli av'e'\-o donati a com– penso delle sue p.-estaz:ioni. I quadri e le acqueforti che l'a\'"\l'()Catoa-veva gitra– to. dinanzi al Pretore di Naney, di non avere mai da me rice\~tL Oh. la ri– velat.r,ice benedetta camor– canna &fonda tal Ma. oh. quale incauta fantesca! E che lestofante d'avvocato! I Gianna JJlanzini Il mio bestiario Per amWe concessione dcll'Aulrice e dclJ'edllorc :\1ondadori riproduciamo Il capitolo lnWaJe dc • L'Arc,11, di N« », recensito su queste colonne, la settimana scorsa, da Fcrdlna.ndo Vlrdla. Vi sono temi .tui quali insUto o per il gusto d'e.uer fedele a un.'amorQ.sa et~"'ione, o per pigrizia, o magari per grati.tudlne, dato che ad essi riman. sempre legata l'ebbrezza d'una piccola scoperta, sia pure dovute sol– tanto a uno scarto che fu casualmente rivelatore di rapporti nuovi o di visuali in..!o.spettate. Quantu~q":e carissimi, praprio anzi per questo, mi propongo di di– sfarmene. Arrit:are a una rimi.le chiarifi.cazione, mettendo tutto per iscritto, che atto di coraggio sarebbe! Son.o cadenze senti.mentali, partiti presi, motivi co– stanti det pae1aggio, famiglie di tipi. E, insieme, og– getti che si ostinano a far parte del mio panorama. Prepotentemente, si cacciano in mezzo e pigliano un risalto dominatore: fili invisibili, raggiando da un nodo di energie, regolano matematiche di.stanze; e riflettori celati de-ntro gettano intorno imprevi.sti fasci di luce; e magie a Loro proprie impongono un ordine diverso, ma valido, come di gerarchie. Si trotta dunque di og– getti che determinano, in vario modo, tutta ano pro– spettiva. Per lo più umili, assumono d'incanto autorità e /iso– nomi.a, e pouono diventare responsabili d'un accento poetico o di una catena d'aUusi.oni. Li. sento, come il giuocatore accusa La sorpresa nella carta. ancora co– perta: infatti, tra.scurabUi. usuali, hanno di eh.e stupire con la rivelazione d'una seconda apR.arenza. E' facùe scartarli, respingerli? Dire: e Da oggi non più biciclette, né scale a piuoli, né ferri da .stiro, ne pieghe di gonne, né seni, né rondini. nt? ringhiere, né piante di limoni, né antenne?>. No, tutt'altro: ma si sa che sacrifici simili devono es.sere fatti, prim a o p0i. costi quel che costi, anche .se, come nel mio ca.so , non si potrebbe parlare di sempli<:e arredamento , p oiché: si t-ratt.a invece di presenze alte quali una profonda fa– migliarità ci lega fin dal momento in cui uno scambio felice, magari l'ammicco d'un colore da parte loro, la prontezza d'uno .sguardo, d'un palpito da parte nostra., aprì un circolo di comunicazioni, come vene del silen– zio, in virtù delle quali il mondo ci parve, dopo. huie– me più va.sto e più segreto. Eppure, ci .si può trovare Stù punto di farne un falò. Ma non .sard ancora spenta l'ultima favilla che altri oggetti $0lleciteranno in noi un'attenzione speciale, appun to q uella che, come un'in– vestitura, li pUO ricreare, qua.ti rasentando u:i altro nome, palpitante .sotto quell o co nsueto. Ripeto, il coraggio di rinunciare a qualcosa che, in– somma, rappre1enta una mia proprield privata non mi manca; e quando pensavo di formulare addirittura un elenco, mi ripromettevo di render cento fino al cen• tesimo d.i certi valori, e di farne la storia, .secondo la parabola della loro accensione nel mio spirito; ma c'è sempre stato un tema di fronte al quale mi sono impuntata. 11 tema degli animali. Eh, queno, no; que– sto, no. Quetto lo ,alvo e lo aalverò finché campo. E' un regno. Non .si puo pas1arnla à'un regno. Scherzi a parte; non ci posso rinunciare, anche per– ché, durante que.sti anni di. lavoro, il mio rapporto con gli animali. si. è andato facendo insieme più entusia– smante e piu accorato. Un tempo U guardavo sorri– dendo, e net piacere di quel sorri..!O palpitava quasi una larva di complicità, una. specie di festosa ammissione; ora li guardo con un turbamento che non ha nulla che fare con l'intesa facile d'allora. Forse è l'i.nnnocenza che adesso mi commuove e mi rapisce; un barlume su.perstite dell'antico Giardino; for1e, insieme con l'innocenza., è il mi.stero: un mi.ttero a oolte difeso, parrebbe. delibera tamente. Infatti, vie~ ne spesso il sospetto che, qua.si sull'orlo della parola., essi si sottraggano alla no ltra co nfidenza, dopo avercela acordata in attimi di sbalorditivo abbandono. M'è ca– pitato con gli animali più dom.e.stici, come con quelli di cui meno si ruppon.e che pouan-0 accedere alla ten– tazione d'un'intesa; con un gufo, una volta; e, un·altra volta, con una lucertola. A proposito della lucertola, uno temeraria sfida d'in-– teUigenza ebbe inizio su un raggio di sguardo, il suo. Tenace, acutissimo, pucava in me qualcosa come un timbro rifiutato con paura, o volontariamente ignorato, perché appartiene all'ultimo i.,tante; pescava lo s-pasi– mo estremo: che può essere tanto d'un sentimento, co– me della vit.a intera. lo non sapeoo d'avere già in me l'ultimo istante. Ne conobbi a un tratto il cristaHino, fu.Imi neo delirio. Avvertendomene, il cuore della lucer– tola palpitat:a sempre phi /orte e a-empre più viaibile. Gianna Manrln.l a Cortina d'Ampeno Eccentri co, a ddirittura .periferico, eccedeva H suo eor– po da n.ul.la , ti che umbrava di poterlo isolare, qua.si portar via, e riparlo fra le cose gelose, i.mieme a l suo imprudente messaggio. Pagine e pagine, bilanciate fra quello sguardo e quel cuore strepitosamente vi.ttoso, mi occorrerebbero per render cento d'un tale momento, prelibato e sgomen– tante. C'è un muretto coperto d'edera; let. la lucertola, s'incanta fra le foglie, al sole: e io la fi.. .s.so, affacciata a quel parapetto. Dietro le mie spalle, i l gi ardino, e una ca.s~ e Lettere, e parole, e ge1ti. e figure; vita. che da un momento all'altro, solo che io .sia più coraggiosa, o piU capace, o più vera, può traboccare e diventare il grido deU'uttimo istante: dietro di lei, il silenzio e uno spazio che ri muta in labirinto. Nemmeno allora Potei sfugg;re all'impreuione che gli animali. rul conto noltro, la sappiano più lunga di noi, sul conto loro. A oviene di poter sillabare con una parola U signi– ficato d'un.o sguardo, d'un m ovimento. avendo la cer– tez.:za di non .sbagliare; ma qualsia.si giro di sillabe, per quanto vittorioso, e quasi strappato al mistero pas– sa es.sere, non raggiunge la grnoe espressiva purezza del loro silenzio. Tuttavia, che festa, sapere esattamen– te, con precisione, in tutte lettere, o:::he cosa vuol ,igni– ficare un'ala quando appena si solleva e si ricompone serrandosi; in quali accenti dev·cuere pronunziato l'm– terrogatioo che rende vibrante il maraine d'un orec– chio in a.scotto; come .si compita il grattare d'uno zoc– colo sul selciato, la grave.:za d'una palpebra, uno sba– diglio. Qualsiasi notizia che si riferi.sca ad animati mi ra– pisce. Lessi tempo fa che gli uccelli, dopo la guerra, soffrivano di sinusite. Quei tonfi nel cielo, quei paurosi fragori, quei catastrofici spostamenti d'aria: J:)C1' loro, tutto ciò fu anche la sinusite. Si diceva che votavano onnai col copino basso, grave di dolore. Da principio, naturalmente, vedevo stormi d'uccelli ammalati, onda– te d'u.cceUi che, per alcuni istanti, abbrunavano pla– ghe di cielo, di.segnando enonni &ciarpe di celute inno. cente sofferenza; ma quando la 1t.c>ria della sinusite, in quelle testine minuscole, cominciò a serrarmi il cuore, ne distinsi uno solo. Un passerotto. Becchettava sul mio davanzale. Forse era svogliato, e capitava li, ogni giorno, pii& ~ abitudine che per fame. n ruo cinguettio era fievole e stentato. Chi sa eh.e non avene l'affanno. E Poi stupiva vederlo arruffato, da li.scio co– me fuso che era fino a poco fa: colpa senza dubbio di quel dolore che, concentrato alla radice del becco sa– liva, girava, gli stringeva la fronte. Fra le bricioie'. del P~~e, or~i la coda atraKica. E gli zampini: che ai.ano ptu deb oh? Da uoero questo non è il passo danzato e un po' vanito.so d'un pa..sserotto sano. Diplllte come avevo le due starne egl:i ritornò nel mio studio e tanto gl.i piac– que il quadro che mi pro– J)O!'e d'acquistarlo; mi tu p1ace,•ole co..c::a _ m-..·eee- fargliene dono. in-segno di fedel e. lea!e e pie na ami– ci.ua. Anche altre , -o.ii :e,co– stui. e 10 un modo o nel- 1 'a.ltr o insist endo, riusci a farsi dona.re . da me. la se– T:e d elle acq ueforti che va sotto il titolo di • serie de– gli uccelli > o • carnet del cacciatore». Diceva • è un compenso troppo grande. il suo. per la mia modesta opera di presta.ziQoe l~aJe: è un OOno recale aìe io accetto nella speratlUI di potergli essere. con le mie prestaz..~i. seml)Te più utile >. Dentro di me. non mi dispiaceva del dono del– le mie opere. ma del do– vere sta.--e a pensare che. purtroppo, le noie legali. le querele dei male inten:Z::o-– nati non debbano, per me. avere mai termine. e di do– vere essere, in eterno, le– gato ai tribunali. Passavano co.sJ le cose delle nostre - egli diceva - rec,proche prestazioni. quando un bel giorno dovetti a«orgermi. e 010 sa oon quale e quan– ta amara delusione. che co– stuJ non cerca,·a di riool– \·ere rapidamente. con spi– rito d'aml'C.1ziae \.'Olontà di \Sedare e non di ingrandirle, le controvers:e che richie– devano le sue oure legali. Più amaramente an<."()Ta, dovetti aC"COrgermi come egli si aocordasse con la parte avversa per allargar-e le cont.roven-:ie. Un.a di esse si risolse. dinanzi al T~±bunale. · in un modo troppo $lraoo perché io non dovessi t.arre la per– suasione che egli s'era ac-– C!Ordato con la parte av– versa. facendomi, si. vin– cere la caw.a • in prima istanza ,. ma facendomela disastrosamente perdere in appello. Dovetti subire (era una causa civile) una non meritata condanna ad una somma assai grossa per il mio portafog:io. Me ne Ùl– mentai con lui. che mi coo– "igliò di noo preoccuparmi della-disa...<:trosa sentenza in quanto • chi ha. paga e chi non ha. non paga ». Ed io, di ri:mruldo: • Vero è che non possiedo beni. né mobili né immobili; ma i miei quadri, i miei libri? sono soggetti a pignora– mento. non è vero? •· E mi replicò di sl. ma soggiunse che. tali cose, facilmente echssabili, le av•ei potute trasferire nella sua abita– Uone. • Ho tante stanze ,. - soggRJl'l'Se - • che ba– stano per dare ricetto a tuiti J StJoi quadri e a rutti i libri della sua bella bi– b:ioteca >. Enzo De Bernart: Giornate di lug--lio Una voita. incontrai una capra c'1e ac:eoa svernato col pastore. Mesi e mesi co1 pa.store, lei sola. senza mai ani~a viva. into~o. Non ce la faro a scrivere questa .storia:_barrtere da pudore e di spaoento s'alzeranno fra me e ,1 racconto. Ma non dimenticher~ d'aperta tìista ~i, legata a un _albE:"', d~nendo di. una corda lung~ si e no tre metn, let, che di tanto aoeva traoalicato la sua vita animale, lei che era stata cosi pauamente pro– ~oJ::;,ih~t:. giuochi che aorà inventato, le m(Jttie, le . Passò ìl .ffl-0 po.stare con l'aria ozio.sa e il passo ac– ciabattato che hanno speno i past ori. Te neva un ramo ~u una ~~la e, per via della nwno premuta in ta.sc ~ t colzoru gli scende vano da un lato e I.a cintura l o ser – rava in un anello 1bilen.co. La capra si voltò girò tre o quattro volte in torno aU 'albero, aovolgenJovi tutta la cord~, e rima1e Poi a guardarlo, voltando faticosa– mente d capo, co' .suoi occhi bianchi e folli.. lJ pastore non la riconobbe. O te n'era .scordato. Fu un r3Jtlcnam.m to che mi fece esclamare • ho ca– p~o chi è costui > e che però non mi stupL Non mi stupì soltanto perché mi ron!ermò nei dubbi che già da qualche tempo mi pas– sa\-ano per la mente intor– no alla S\la rettitudine. Era del resto un donnaio– lo, una specie di Casanova. m,a che, scrivendo. com– metteva anche errori di gramma-Cca. Aveva sedotto pa.--ecchie ragazze lassù, nel suo brigantesco feudo di montagna. ed oca convi– ve\'a con una disfatta e bnT.-ta donna. una profes– soressa div;isa dal marito, ma che tirava un sufficien– te stipendio per mantenere Era la sera del 24 luglio 1943 in Europa. A Roma gli uscieri allestivano la sala per il Gran Consiglio del Fascismo. Un soldato r.ichiamato Il giorno prima montava di guardia ai piedi delle con– dotte forzate d'una cen– trale elettrica in Abruzzo e ascoltava correre le tur– bine guardando le ste 1 le. Up.a stazione radio tede– sca trasmetteva ~Lilj Mar– !een • ed erano molle fa– miglie ad ascoltare e anche qualche locale pubblico. m città e in campagna. C'era proprio tutta la v.ita del mondo regolarmente in movimento e il tenente Maurì da Spalato parlava per telefono con sua ma– dre a •Roma. Le dlCeva: • Puoi stare tranquillissi– ma. Non c'è niente di nuo– vo_. Passato anche il mal di gola. Proprio niente di nuovo ... Veramente ... ~- Tornando dalla cabina telefonica del Park Hotel rientrava nel salone dove c'era allora la mensa degli ufficiali. Queste truppe d'oltrema– re vivevano come se l'Ila– Lia fosse davvero un Paese ricco e •potente: ma le rappresentanze all'estero fanno sempre cosi, come le Ambasciate. Erano tutti u!ficiali mol– to eleganti, con cinturoni e stivali di cuoio lucido. Il salone del Park Hotel ave– va immense vetrate sul mar e e Spalato, come le al– t.re città della costa dal– mat a non oscurava le sue luci, 'poiché temeva più i partigiani che gli aerei. Perciò dalla spiaggia e dal viale di Bacvice gli spala– tini potevano vedere nelie sere estive i loro domina– tori come al cinematografo in quei saloni risplendenti di tovaglie bianche e di cristalli. Magniliche ragazze con i loro !idazati passeggia– \·ano in silenzio sul viale, senza godersi la sera pro– fumata, perché sapevano di non avere la libertà. Per questo odiavano gli italiani. Era meravigliosa la sera del 24 luglio a Spa– lato, ma quasi del tutto sprecata. Anche i militari italiani non erano contenti di se stessi e di tutto il resto. Mauri tornò al suo Po– sto a tavola. Scontroso e triste più del solito, l'ami· co Ramasti gli disse: •Ce l'hai fatta ... Stanno bene?• e Sì - disse Mauri - stanno bene; ma chissa che voci girano a Roma? Mia madre è molto preoc– cupata•· • Prima di tutto la cosa non è nuova - disse Ra– masti - e poi a Roma ... Accidentaccio a questo schifo di storia... Sarebbe pure ora che finisse._ •· &E' colpa nostra - dfa– se un altro - Noi dovrem– mo deciderci. O così o colà •· e Ma se io ti do ragio– ne ... •· e E io non voglio ragio– ni quando ci ho anche in corpo i sentimenti. Che ci faccio? Li butto a ma– re? Mi cambio dentro? Che ci faccio? •. Intanto alla tavola cen– trale conversavano tra di loro il Generale e il Colon– nello di Stato Maggiore. Diceva il generale: &Mol– to tardi. Io mi sono spo– sato molto tardi e adesso sono vecchio e il pill gran– de ha venti anni. Quando sono tornato dall'altra Un romanzo corale * di ALBERTO BEVILA.CQ ().,l uj' 1:~o e1i~uC~t!/,~en1: quello di resistere al tempo, d1 conservare la validild dei propri temi anche attraver– so il mutare delle situazioni, dei climi culturali e ston·ci. Se un libro, scntto su di una determinata esperien.z.a o corale o personale, riesce a convincere a distane.a d'anni, a trasferire il lettore indietro nel tempo con una forza di convinzione e una capacitd di commo:.iont!. intatte, vuol dire che ha, in si.,~ t1 segno dello scrittore vero o, come si dia!, dello scrìuore "na– to». E' il caso, questo, dc • Gli i1aliani che dissero no•: il ro man:.o e lle Enzo De Ber– nart seri.su poco meno di dieci antri fa , sulle sue e.spe– rie:nz.e di prigionia e che. sta per apparire nelle ediz.i.oni di Salvatore Sciascia. Con De Bun.art ci incontrammo pu caso, agli inizi della scorsa estate, m un ufficio– stampa romano. Ci interes– sò subito, dello scri.uore, quella vfracità (nel senso di vitalità di idu) impronta- ta forse da un certo san– gue castigliano e resa imme– diatamente assimilabile da una cordialità .senui oppor– tunismi o riserve. Se potes– si mo usar e, se,i:a il pericolo di esse.re fraintesi, una ter– mi nologia ormai entrata nel– l'uso conum.e, diremmo che De Bernart t wi • uonw di i!;lt~a !itd~";:'n::Z P;!'ft,1,~cfin [. di rapporti wnanL Questa rellitudine, che nasce in de– fimt1Va da un autentico in– teresse per gli altri (dall'in– tertsu trpico di clii studia la realtd per (tSSarsela den– tro e trasfenrla poi sulla pagina), caratteriu.a anche il lavoro letterario di De Be.r– nart. • Ho cercato di non fare lo scrillore di mestiere, pro– prio per amore della U11e- ~~1::'':i:J ~~s~~~hi::Pm~in::~: tro, e in questa confessione c't tulio l'uomo, con i suoi pudori, con il suo rispetto per il lavoro creativo mte.so nel senso più puro: qtul ri– spetto, che. per ben dù.- ci anni, lo ha portato a t,mue nel casseuo un ro– man.:o che ha in si una forza ria•ocativa indiscu– tibile. Di questo romanzo noi pubblichiamo, in questo numero della nostra rubri- f:• ~nITJ:f:i~. dtit~nX:e 1 à imper niata sul l'odtssea di quegli ufficia.li italiani che dice d o • no•, con ostina– zione, alle offerte di colla– borazione avan~te dai na– zisti nel tragico cli.ma dei campi di pngroma , scris sero w,a delle pagine più belU della seconda guerra mon– diale. De Berna.rt, come ab- f ~~;;io sJf: b~;o,di ri=pe! nenz a diretta (ric>uamato n.el '40, egli parteapò in- !:';!tie~laq~IilaJr~u~g~ e fu fallo prigioniero a Spa– lato mU'ottobre dd '43) e riesce a dar vtta a sensibili valori di corali.Id. Altual– mente, De Bernart sta la– vorando ad un nuovo ro– manzo, che avrd per titolo • Dieci per ~nlo • guerra ero capitano •· Pensava molte cose in poco tempo e poi diceva: • Era molto più chiara e semplice l'altra guerra. •on è per il grado supe- riore: è perché proprio, io qui, certe volte mi doman– do in coscienza, se il mio dovere di militare mi deb– ba precludere così ogni giudizio come uomo e co– me cittadino •. Il Colonnello approvava, cdntinuando a bere piccoli sorsi di vino, ma non aiu– tava in alcun modo la so• luzione di quel grosso pro– blema che pesava su tutti. Del resto, nell'alloggia– mento trup~ a duecento metrj dal Park Hotel, i sol– dati pensavano le stesse cose e. per lo più, non sapendole dire, tacevano. Così passò su tutta l'Eu– ropa e anche su Spalato la notte del 24 luglio 1943 e tutti dormirono meno che i soldati di sentinella, i ferrovieri di servizio, i membri del Gran Consiglio del Fascismo e qualcun altro. C'era un'aria meraviglio– sa. dolce a respirare, e il cielo era pieno di stelle. Il 25 luglio era una gior-– nata d'estate senza brezza, come prossima a scoppia– re. Anche il mare emanava calore e il bianco delle pietre spalatine accecava. Al primo pomeriggio c'era nell'aria quella sotti– le ossessione che sale coi profumi dai fondachi di oriente; come materializ– zato e nutrito di luc-e e di calore, s'incontrava per strada il senso della vita. Mauri era in casa: ave– va chiuso le persiane e preparato un pacchetto di pasticcini e mezza bottiglia di vermout. Enzo dc Bernart Pensava alla sua pas– seggìata con Marica lungo la scogliera di Firule, pri– ma del coprifuoco. Pen– sava ai sotterfugi, ai peri• coli che correva lei, ma anche a quei baci lun– ghi, inevitabili. Uno strano amore tra vincitore non convinto e vinta non do– ma; un autentico amore che da fuori sembrava pie– no di complicazioni pa– triotticlle. Niente: Mauri avrebbe voluto star di più con Marica e dirle molte altre cose; solo credeva che lei volesse bene alla J ugo– slavia più che a lui; lui ~e ~le;a ~~~::~\{:ù ~ la verità... E allora, che autentico amore? C'erano proprio le complicazioni politiche. • Non so - pensav-a Mauri - certe v-olte sem– bra davvero cbe mi voglia bene questa Marica scon– trosa che non dice niente e l'affetto le scoppia tutto (continuaa pag. 4) ... E stanotte ho fatto un sogno bizzarro: mi suo sve– gl.ia.ta all'improvviso, mentre una voce limpida mi di.– !:et;a : e ~evi ~crivere una cosa sul tarlo e intitolarla L onore >. L onore? Tra.secolaoo. Poi stamani mi sono r~ccapezza~; sicuro: U suo rintanarsi scavando galle– r1_~nel_le fibre del legno, 1empre più profonde, sempre p:u ma.steriose; il suo seppeUirsi: è I.a vergogna, è il ~a.sonore.. Lo vedo al momento d.i recuperare la luce, tl corag gio de lla luce, Con l'angelico furore eh.e viene dall'im. ~inen.za d'un riscatto, trivella l'ultimo strato. Or? sta in!accato un velo di vernice, qui, sul piano del mio taoohno, fra un mucchio di libri e il portapenne. Nessuno ha saputo mai. nulla de' suoi amori, delle rue nozze segregate. Io ,o appena qualcosa della sua ontosa. e pugnace reclusione. Ma fra un momento rivedrà luce. No; non è .soltanto una storia di bestie; tanto più che potrebbe anche trattarsi d'un tarlo che aoeoo cir– colato nella statua di legno d'un santo (il torace le gambe, Poi aneo:a il Vf!!1lre, il costato, La gola, Le ~n– ceJ,. ed ~a u.sctto ~etando un forellino poco più sù de_U~ch10 destro; n che non posso proprio contentar– ml d, farne cenno, in questo modo. E così ho gettato il laccio al mio lavoro di. domani C?nfe~ndo che ii dilettinimo tema degli animati. con~ tmuera ad accompagnarmi.. In . questo volumetto ho raccolto alcune immagini e storie,_ f-ra quelle che tono venuta scrivendo in circa ven'anm.. Va da sé eh.e le più reci?nU perché più vicine mi sono pi~ car_e. L'ultima è 11 ca,;allo di San Paolo: E a proposito di comunicazioni o di riflessi douuti ad oper~ d'arte: _m'è capitata sotto gli occhi un"aia: è uno studw del Du_rC;. Que!t'ala la riconosco, sento la pena leggera, q~ U s~ro, con cui i.e ultime penne si scostano. _lu~ dal.I altTa, e La tenerezza impaurita di. que~le ptU PU:COle, sovrapposte e addensate. Sicuro che la nconosco:_ e 1'a1? delta Malinconia. Me ne impouesso P~ mettcnn al nparo tutto il mio piccolo bestiario· e ~nsie?"-C la purezza di un'alba di 'Vita che io. negli anunaU., saluto come una mia preistona stravaoante: e anche quel 1emo della carne - istinto, malauia, eb~ brezza! dolore, morte - ch.4! in es.si trooa una fatalità tanto ~mi>?~te e on~e-vole; ~ ~nfine un piccolo cùm• tero d anua es_emplari (ucceUnu, gatti, cani, cavalli). c~e for!e ~tt~ua11-0 ad essere i dolci numi tutelari d u.n po di sorruo. f

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