la Fiera Letteraria - XI - n. 15 - 8 aprile 1956

Domenica 8 aprile 1956 Pag. 6 LA FIERA LETTERARIA -=----------------------------------- SILVIO D'AMICO NELLE SUE PAGINE Giornate " Lourdes Melodramma dell'Ottoeento Su Lourdes città di paccottiglia e reli– giosa> e di monumenti orrendi s'è scritto tanto che sembrerebbe inutile ricomincia– re. Difatti, nessun pre,·entivo avvertimen– to vale la realtà: arrivando, la prima im– pressione è cosi repellente. che ogni deplo– razione già letta nei libri par troppo debole, e vien voglia di mettersi a gri- dare e no>. • Dei negozi di Lourdes, forse il novanta per cento sarà d'oggettl di pietà: e anche l'uomo più agguerrito nella pratica con le sole persone su cui Gesù abbia levato la sferza, ossia coi parassiti del Santuario, de,·e rimaner trasecolato dalla miseria spirituale che vi si respira. Lo scoppio improvviso del Miracolo nel secolo della della macchina, qui non pare abbia ser– ,·ito ad altro che a provocare una perma– nente contaminazione. Oleografie e lito– grafie, medaglie e corone. 5imulacri mo– dellati in tutte le fogge e immagini ripro– dotte con tutti i processi, boccette d'acqua di Lourdes in forma di madonnine, e sta– tuette e luminose> che nell'oscurità diven– tan fosforescenti come il segno dei fiam– miferi fregati sul muro, riproduzioni pla– stiche della Grotta e ca,•illons col canto dell'Ave, in tutti questi empori di bibelots e musei d'orrori, battezzati coi nomi più santi e augusti, A" Vatican, A l'Alliance catholiqu,e, Aux Anges gardiens, A l'En– fant Jésus, A la Sainte Vierge, eccetera, mai mai mai accade di scoprire una !or– ma, un colore, una linea, un tentativo, un'intenzione, che confessi almeno l'inge– nuità: tutto è basso, miserando, grottesco, sdolcinato, atroce; e dove cerca d'esser candido diventa affettazione manierosa, e.quando vuole allettare respinge. Quanto alla triplice basilica eretta sul fianco della Grotta, nemmeno in America, nemmeno in Terrasanta il cattivo gusto è riuscito a mettere insieme un pasticcio deforme come questo, a elevare una cu– pola che sembra il lucernaio di un cine– matografo, e guglie che paion bravure di un confettiere. Poi tutte queste statue lisce, agghindate, leccate, Nazzareni usci– ti dal parrucchiere, santi e preti con gli abiti stirati e la barba fatta, e Madonne di cui la più insignificante è proprio quel– la posta neUa Grotta dell'Apparizione. Poi, su per l'erta del colle che sovrasta la Grotta, quelle quattordici stazioni della Via Crucis, volute rappresentare realisti– camente all'aperto, ciascuna con gruppi di otto o dieci statue di grandezza naturale, non si capisce se in bronzo o in ghisa tinta di porporina: fantocci senza espres– sione, che la folgore non ha ancora di– strutto chissà perché. Si ricordano allora le candide edicolette che consacrano, nelle nostre campagne più veramente religiose, i crocevia; o i rozzi e venerabili crocefissi di legno, che i conta{lini tirolesi o bavaresi collocano sui sentieri dei loro monti. E vien freddo a pensare che, se qui a una bimbetta fu concesso di veder Maria, di certo avvenne perchè questo era un luogo d'innocenza; e sùbito la bottega l'ha invaso, e la con– traffazione bastarda l'ha sformato! Ave– va ragione Huysmans, questa è la ven– detta di Satana; del serpe che morde come può il tallone di Chi lo schiaccia, segui– tando a vomitare, sul campo del Prodigio, le brutture sue. Due mitrati, il vescovo di Segni, ch'è romano, e il vescovo di Gozo, ch'è natu– ralmente un maltese, sono a capo del nostro pellegrinaggio: un migliaio d'Ita– liani, ira cui trecento Maltesi che inalbe– rano il loro vessiJlo bianco e rosso accanto al nostro tricolore. Siamo giunti con due treni speciali, che han mosso da Roma; e un terzo treno ha sbarcato duecento– quaranta infermi a cura dell'Opera a– zionale per il trasporto degli ammalati a Lourdes, con l'assistenza spirituale d'una sohiera di preti, e con quella materiale d'un piccolo esercito di infermiere e di brancadiers. Tra gli infermi, che son di tutte le età e straziati da morbi di tutte le sorta, quasi tutti inguaribili e alcuni in stato gravissimo, più di cento non pos– sono muoversi e debbono esser traspor– tati su carrozzette o su lettighe; gli altri camminano, quale da sè, quale sorretto dagli assistenti, quale appoggiandosi alle grucce. Ma noi siamo arrivati a ora troppo tarda per assistere, in questo primo gior– no, alla processione quotidiana sulla gran– de spianata davanti alla basilica, dove il Sacramento, passando dinanzi agli inier– mi, si ferma a benedirli uno per uno. Quando seguendo i nostri labari entriamo nell'immenso recinto, che comprende ap– punto la spianata, il tempio, le piscine e la Grotta, il sole è tramontato e i fedeli e i malati di tutti i Paesi che hanno già partecipato al rito (sono presenti dodici pellegrinaggi) si stanno quietamente di· sperdendo; centinaia di brancardiers van– no e vengono, trasportando carrozzelle e lettighe agli asili-ospedali. Senonché ail'innumerevole formicolio s'accompagna un murmure discreto e in– ce:;sante; bruch,i sul gelsi, pioggia sui pini. Tutti i malati che possono pregare, tutti i brancardiers che li portano, tutte le infermiere che Ji accompagnano, tutti i preti e tutti i pellegrini che vanno e ven– gono, con la corona in mano o avvo,lta al polso, recitano il rosario: in lat_ino, i~ francese, in inglese, in spagnolo, m ogni lingua nota o ignota. Nel e dominio della Grotta> •l'invocazione non cessa mai, dal– l'alba alla sera. L'Avemarie cosi bisbiglia– te si succedono, s'incrociano e si sovrap– pongono, con un ritmo ineguale ma blan– do che insiste, che persuade, che calma, eh~ consola che inebria. Questa turba di tutti i Paesi e di tutte le classi sociali è venuta a incontrarsi qui per chiedere a Dio qualcosa di straordinario, di folle e di letteralmente impossibile. Essa doman– da che le leggi delia natura siano, per un attimo, sospese e rovesciate; che, per una volta, il fuoco non bruci; che ii fiume tomi alla sorgente; che il seme riassorba l'albero; che la morte, legge della Vita, non vinca. Domanda il miracolo. La sua stragrande maggioranza, com– presa in essa molta parte degli stessi ma– lati non lo domanda per sè: Jo chiede per il tiglio, per il !ratelio, per ii vicino, ~r il malato più grave, per l'ignoto che Dio sceglierà. E anche chi lo chiede per sè. spesso non l'implora se non a confor~o deila fede propria. o altrui; perchè Dio si manifesti. e O Iddio non si manifesta abbastanza ogni giorno nel miracolo di tutte !'albe, di tutt'i fiori che spuntano. di tutt'i bimbi che nascono, di tutti gli occhi che vedono? >. E' vero. Ma è ailche Yero che l'auore della Lee-ge non rivela mai cosi chiaro d'esserne l'arbitro, come quando la sospende. e fa grazia. E la mamma a cui è nato il bambino cieco rido– manda grazia: come duemila anni addie– tro la domandò, e l'ebbe, da Cristo Signo– re. Donde la melodia di questa nenia trita e sommessa, di quest'appello perpetuo, la cui monotonia non stanca, anzi riposa; di questa cheta ostinazione d'una folla con– giurata per vincere Iddio. Sono trenta, quaranta. cinquantamila bocche che ripe– tono, centinaia di volle nella giornata, la salutazione deli'Angelo: milioni d'Ave, mormorate sotto ii cielo misericordioso. D'Amico e Mario Apollonio a Assisi, nel 1951 Incredibile è l'amore che i cittadini di Bosto" portano a Riccarco, conte di War– wich e loro governatore. 11' qrt.esta figura lsostit1ttta per ,·agioni censorie a q11ella onginana d, Gustaco III re di Svezia/ U librettista -del Ballo in maschera ha vol1tto, sulle orme det suo e nostro ·caro Scribe, fissare i tratti del principe tdeale, come lo si vagheggiava nel primo Otto– ce,.to. Q11ando, affaticato dalle cure di Stato, Riccardo la matti11a tarda im po– colino ad alzarsi, t1'tti coloro che s'ac– calcano nella Sita anticamera i7' attesa delt'l<dienza non si impazientiscono per nulla; be11sìgli augww10 di prollmgare i.I, 1·iposo, cantando in coro ma sottor;oce, per educazione e per ''°" scegliarlo: Po a in pace, a' bei sogni ristora o Riccardo, ii tuo nobile cor; lolti malati, e parecchi anche de' no– stri. appena giunti si sono !atti portare. sulle carrozzette, davanti alla Grotta. Ed ecco un brancardiers francese, vedendo sul mio petto il distintivo italiano, mi si accosta e m dice: < 1'1onsieu1·, il y a i,ne ma/ade, votre compatriote, q1ti me dit quelque chose, et je ne p11i-s pas com– prendre >. Vado dall'ammalata italiana. E' una donna dei popolo, avrà quarant'anni. è vestita di nero, col mio stesso tricolore sul petto; fisionomia sfiorita di contadina, umbra o marchigiana. Non intendo che male abbia. Ella siede su un piccolo vei– colo, e sorride con una sua goffaggine soave. Mi domanda: e Quanto può costa– re una Madonnina luminosa? Per questa notte, ne vorrei una con me>. nata con la brutta e cara statuina com– prata aM'Alliance catholiq11e, ie ombre hanno sommerso la basilica; e nel e domi– nio della Grotta> si ta svolgendo, come ogni sera, ia processione e aux fiam– beaux >. Son migliaia e migliaia di pelle– grini che sfilano, ciascuno tenendo in ma– no un cero acce o, la cui fiamma è pro– tetta da un cono di carta rovesciata. L'in– terminabile. corteo ascende, per una delle rampe laterali, fino al sommo della bao;i– lica, ridiscende dall'opposta, si ritrova sulla spial)ata e, schiacciando le sue pro– prie Hle l'una contro l'altra in lunghe !ile erpentine, si dirige alla gradinata dei tempio. ella oscurità sempre più !on– da non si scorgono se non le fiaccole in marcia, come grandi fiori dai calici arden– ti. J\fa i peliegrini cantano, gruppo per gruppo, una canzone che è stata volta in tutte le Lingue, con orribili traduzioni me– triche, da un ingenuo testo francese; man– tenendosi però sopra un'identica melodia, la quale scioglie ogni strofa nell'unico ritornello Jatinò: melodia che si ripete all'infinito. Fra le tenebre, pellegrini e peiiegrini si !an co– raggio ad alzar forte la voce, in una sorta d'ebbrezza crescente, esasperata e dolce; da vicino si potrebbero ricono cere i tim– bri, gli accenti, le pronunce dei Paesi diversi, delle diverse regionl; da lontano non s'ode che l'accavallarsi quasi tumul– tuoso del ritornello: a te scudo su questa dimora sta d'un vergine mondo l'amor. S 1 capisce be11issimoe/te il vergi11e mon.– do è l'America, vopolata anco,-a da poco. Meno be11esi capisce la ragione che tiene dispettosamente appartati da si placido idillio i rauchi signori Sam, Ton• < e loro aderenti,, i qu,ali ttttti, ancora piiì sotto– voce aggiungono: Oh arte, oh letteratura, oh Huy man ! Ave, Ave, Ave Maria. Ave, Ave, Ave Maria. E' l'ossessione dell'Ave. Finchè tutto il corteo, ammassate le sue miriadi di favil– le avanti la basilica, sospende l'inno; e, levando in ai! to le fiaccole. intona il Credo. Poi si fa silenzio. I lumi si spengono, la !olià si dissipa. Rimangono le lunghe !ile di quelli che vanno a pregare alla Grotta, o si recano alle funzioni notturne nella basilica. Ma anche negli ospedali si stanno abbassando le luci; e io corro al reparto italiano, appena in tempo per f'ar consegnare, da una dama in1ermiera, la statuetta alla mia malata. e A doinani >. E sia l'odio che prèpara ii fio ripensando ai caduti per te. Chi è caduto per Riccardo 1 E che sor– ta di /io prèpara l'odio contro l'uomo leale, grassoccio e vestito di vell11to, dai bòccoli gialli e dalla cintttra d'or,), il quale e11tra11dodal fo,tdo accett, cor. di– chiarati provositi di clemenza t><tte le supJ)liclte, e perdippiiì a11111t11Cv• l'intento di voler prossimame11te raUegrare i cit· tadini con 1111 baUo ii• maschera e spie••· didissimo > 1 Davanti alla Grotta dei miracoli, questa condannata a morte cerca una statuina fos!orescen te. La sua !ede è cosi ~cile e pura, che un puerile ritrovato chimico basta a nutrirla. Di certo, a lei la basilica è parsa bellissima; come ora a quel gio– vine padre che, singhiozzando, fa baciar la pietra dell'antro sacro al suo piccino paralitico, non importa che la statua sia di Michelangelo o del professor Fabish. è la Madonna. e basta; come a queile peile– grine che s 1 avviano scalze per l'erta tutta sassi aguzzi. i gruppi della Via Crucis sono nient'altro che le scene vive della Passione. E tutt'i nostri sdegni estetici? E tutt'i nostri letterari rimpianti? E tutte le nostre idee suil'Arte vera, nipote di Dio? A notte !atta, quando torno alla spia- Cosi tutto il recinto, dai suoi limiti estre– mi sino alla cupola della chiesa sparita nei buio, è pieno di fiamma e di canti. Occhi e orecchi son come travolti nel– l'onda dei fuoco che va, nell'onda della 'M'immagino li silenzioinsonnedellecor• sie, gon!fo di preghiera e d'attesa. Penso alla notte degli ultimi venuti che aspetta– no. per ii nuo o giorno. il Miracolo. E vedo nell'oscurità. al capezzale della mia mala– ta, brillare tutta bianca la Madonnina. IL\110 D'Ai\llCO (Da Certezze,_ c<l. Garzanti, 19::?J. Senza dubbio, ver esser r01nanticamen– te perfetto, ttn nobile eroe deve a11elte nutrire in. segreto una ptc,1 a e virta~•sa passio11e;e difatti Riccardo la nutre (ma 11essw10 lo sa) per la. florida Amelia, co>'8orte det suo fido segretario ed ami– co, Renato. Tanto che, parla11do del pros– simo ballo, s'i>1ca11taa pe1tsare fra sé e sé alla gioia di quando la rivedrà nell'estasi raggiante di pallore; GENI PER DEURETO L'amore di Napoleo1te per il Teatro 11011 era, è i11utile voler chiu,dere gli occhi Sll cosa ta11to e11i– dente, d'ordine estetico; e.-a d'ordine politico. Perciò la Musica, che politica no11può essere, ''°" lo inte– ressava sul serie. E perciò, nel Teatro drammatico, egli no" amava affatto la Commedia (i,. cui a1tzi l'elemento comico e specie satirico doveva insospet– tirlo e allarmarlo/, ben ì la Tragedia: una certa tra– gedia, di cui dava interpretazio1H altrettanto cw·iose quanto ignificative. C'è, in proposito, 101« sua co11fe ·sione terribil– mente esplicita, che stupisce non, sia stnta, in u.u paese come la Fra,icia, ancora be11rilevata: Io accetto l'ammirazione generale per Molière, ma non riesco a parteciparvi. Gli ambienti in cui Molière ha collocato i suoi personaggi son tali che non mi attraggono, non m'invitano, mi lasciano estraneo. E non d'amore dell'a.rte, ma solo d'uno svago elegante, si p11ò parlare a proposito del teatrino di palazzo che il Prime Console si creò, per divertire il sito circolo famigliare, alla Maimaison. No11 era ancora un sovrano, 1na già seguiva 101. uso ch'era stato della corte dei Re. la quale nell'i11timità aveva applaudito attori regali, ultima Maria A11to1'ietta. fo quel teatrino, dapprima provvisorio e s1110ntabile e11tro ,ma galleri(t, poi stabilm.e11te collocato i11. une• apposita sala al pl'imo piano, si comiltciò il maggio 1802 co11 1111'0J)era comica, La serva padrona di Pai– siello: 111a in seguito vi si recitaro110 molte commedie, da dilettanti che appa,·tenevano tntti alla fa111iglia del Primo Console e al suo entourage (Orte1t.sia de Beauharnais. ant1ni1·at1ssima; Carolina Mw·at. me• diocre; Madame Savm·y, piccante; Madame Ju.,wt, delizio a soubrette; fra gli uomini, eccellenti il gene– mle Junot, il segretario B01u-rien11ee U pitto,-e ls/J.– bey, che f11,·on parago11ati, come attori, ai migliori sociétaires della Comédie. Lodato a11che Eugenie de Beau.l1arnaisl. Le ,-apprese11tazio,1i co11tinuaro110 n.n– che 1teUa 1111ova dimora di Bo,w.parte, al volazzo di Saint-Oloud, dove persi110 Talmn. e Michot, della Co– médie. vennero a dirigerle; 11w. sempre lascia1'do a1l'i11iziativa il suo evidente caratte,-e, d'u11 leggiadro gi11.ocodi società. Ma 11011 w, giucco, be11s\ ima cosa i1'timame11te seria, Napoleone co,.siderava. come si sa, la Tra– gedia. Il percltéf Eccolo, co" parole s1ie: I grandi interessi della nazione. le passioni ap– plicate a un fine politico. lo svi'luppo dei disegni d'un uomo di Stato. le ri\·oluzioni che mutano ia faccia deirli imperi. ecco ia materia tragica. Gli altri sentimenti che si trovano frammisti a c<Ytesti,specie i sentimenti d'amore cosi frequenti neile tragedie francesi, non sono altro che commedia nella tra– gedia ... ... La tragedia è la scuoia dei grandi uomini; de– v'essere la scuola dei Re e dei popoli. Anche i so– vrani hanno ii dovere di incora!l'giarla e di difen– derla. Per giurlicarla. non è neces ario essere poeta. Basta conoscere gli uomini e le cose, avere animo elevato, e essere uomo di Stato /sic/. La tragedia riscalda l';inimo, innalza il cuore, può e deve creare gli eroi. Si ra,nmenti che i11 Fra11cia, allora, Shakèspea,-e era press'a poco ignoto; dopo gli strambi e contrad– dittori giudizi che ne aveva dato il suo scppritore Voltaire, ,il p1'bblico no>l 11eco,wsceva che i gelidi rifacime1'ti dello sciagurato sig,.or Duci ; no11 ci è d1rnque·possibile, ed t u" peccato, saper cosa av,-ebbe pe"sato Napoleone dell'opera sita. Si sa, invece, per ce11toatte ta.zioni, che Napoleo11e adorav« il vecchio Cornei/le, come il >r,as imo tragico del teatro mo• derno. Ma e è vero che 11ei grandi scritto,-i ogni lettore s'i,.dustria a tl'ovare ciò che piace a l11i, bene avventu,-osa /1' la sorte di questo: che tre q1iarti di secolo appresso il più ottocentista dei critici pari– gi11i, l'espone11te del gusto borghese, il bue" Sarcey, giu.stifica~a scop,-e,tdo che le Ile tragedie era"o co– stniite alla stessa ma,tiera delle commeclie di Scribe; 1nentre Navol~ne a1:1,va visto, in quelle stesse tra– gedie, l'espressio"e d'1rn ge11ic essenzialme,.te poli– tico. Giunwa: Cornellle ha indovinato la politica; educato agli affari, sarebbe i;uscito un uomo di Stato. Ciò che più ammiro in lui non sono i suoi versi. ma il suo énno, la stia grand~ conoscenza del cuore umano, Ja profondità della sua politica. Grandi azioni deve la Francia ai sentimenti che egli ha cosi stupenda– mente espressi. E aggi1'11geva questa ciiriosa asserzio11e: La ragione di Stato ha sostituito, presso gli autori moderni, il fatalismo degli antichi: Corneille è il solo tra i poeti francesi che abbia sentito questa verità. Dopodiché, si11cerls§imo appa,-e il rimpia11to del– l'Im11eratore che ·co,-iteille non fosse vissuto sotto il suo regno: < l'avrei fatto principe e primo ministro>. fo realt(i s'è ritrovato negli a,-chivi di Stato imo schema di decreto, col quale il Govemò 11apo/eollico propo11eva d'attrib1'irl alle sig11ori11eCaterina e Ma- ria Alessandrina Con,eille, ultime discendenti dirette del poeta, ttna pe11sio11e vitalizia di 300 franchi a111ui~ Lo schema è seguito da una nota perso11ale di Na– poleone, che quest« voltd postilla: Ciò è indegno di colui che noi faremmo volentieri Re. La mia intenzione è di creare barone il capo dei ramo principale della famiglia, con una dotazione di 10.000 franchi; e fare altresl barone il capo dell'altro ramo della stessa famiglia (se non è fratello del primo) con una dotazione di 4.000 franchi. Quanto a queste signorine, informarsi della loro età, e ac– cordare ad esse una pensione sufficiente a farle vivere. Ma è sorte dei poeti no,, aver fortuna, nemme"o nelle persone dei loro eredi; e 1ton ri-s1ilta che co– desti pmpositi sia1'o mai stati tl'adotti i11 effetto. ,1 og11i modo, Napoleone sarebbe stato felice di potere a,moverare, durante il suo impero cosi scarso di grandi sc,~ttori fedeli a lui, iHl vero poeta tragico. E scriveva ingenuamente al suo Mhlistro degli In– tenti: Signor Champa.gny. la letteratura ha bisogno di incoraggiamento. Voi che ne siete il Ministro, pro– ponetemi di dare una bella scossa a tutti i rami delle lettere, che in ogni tempo hanno dato frutti co I fulgidi alla azione. Pagherei non so che per poter ricompensare una bella tragedia... • P1'rÙoppo i poeti uon si creano per decreto; e il meglio che Napoleone poté fare, /1' di dare opera al riordinamento dei grandi teatri di Francia. ILVIO D'A~UCO (Da Na.poleo11"' e il Teatro tn « In\'lto al Teatro>, ed. Morcelltana, 1925). uoto' Troncone> e qui sia detto di volo che, contro quanti da settanfanni pensano i. Z contra.no , que– sto secon<lo settenarie è belltssimo, stu– pefatto e lwiare: l'avesse scritto Mallar– mé, t1itti griderebbero al miracolo. A og1'i modo, poiché Riccardo non lo sussurra che a sé stesso, gli spettatori lo sentono m.a i coristi no: questi anzi credono che, s'egli si trattiene un momento assorto, il nostro bene oggetto de' suoi pensier sarà: a che altro può pensare "" così sollecito governante, se non al bene dei s1<0isu.d– diti1 Ma lo spirito illummato e la blanda spregiud>eatezza del romantico eroe si n· vela,10 sol quando itn. imparruccato giu– dice si presenta a proporgli di bandire dai co11/in.i certa Ulrica, maga accusata di sortilegio e stregoneria. Riccardo sor– ride con superiorità, scotendo i bòccoli, alla descnzione musicalmente deliziosa che il paggetto Oscar gli fa dell'indoi;i, 11a; e co,icllute: - Niente bando; andia,- 1no tutti in coniiHva, 1na.tra,;estiti, a 1.:e-– dere cosa combina questa Ulrica -. La proposta mette in grandissi11,a allegna gli 1tffi.ziali e gentil1<0mini presenti, che di colpo, preso lo spunto da una esorta– zione di straordinaria eleganza, ogni cura si donl al diletto, paio11diventati altrettanti scugnizzi: cosi lazzarona è la vivacità del coro finale dell'atto, '" cui essi si danno e ri npe– tono, con tenace insistenza, l' appunta– mento per le tre del giorno dopo. N011 pe.r nu.lla, nii raccontava. m.io padre, lo stesso coro appena varato i.:enne imnie– diatamente trasportato in 1to11so quale operetta del tempo; dove, calato il, sipa- 1·io, "" attore tornava alla ribalta per dire ancora al pubblico: - Signori, se per ca&o q!lal.c!l110 di loro non ai;esseca– pito, l'appuntamento per domani è al· le tre -. E il dom.a1ti alle tre, ritrooondosi 11el– Z'antro o, come dice il libretto, nell'abi, turo della strega, fatto di rocce e di tronchi d'albero così spropositati che pa io11 cartone dipinto, con simulacri di deità infernali tipo messicano, e bollore di pentole giganti, i visitatori a -ragione si chiedono: Deh, perché tutto riluce di telfo? Ma le strabilian.ti cose che aui;engono nella bizzarra dimora no" è chi le ignori. Fra coloro che segretamente si presen– tano a interrogare la strega, arriva Ame– lia in persona per pregarla a quattr'occhi d'arcano parer. Se,wnché è deplorevole che conwltazion: di carattere così privato si tengano in luogo dov'è possibile a Riccardo, sia pu– re travestito e nascosto, ascoltare Ulrica che consiglia alla poc-cra donna, venllta a chieder l'oblio d'una cri,da passione a cui n.on . sa resistere, un.a < magic'erba >, da cogliere sotto la Zl<na, della città all'occaso sul campo abbominato. - All - pensa subito il nobile Riccardo - lascia fare a me; ci vengo anch'io -. l>ttanta, tornati in sce1'a tutti gli altri, egli profitta del fatto d'essersi trac'estito da pescatore, per intonare ttna ca11Zone ·marin.ara, am.pia, ondeggiante, accorata, pie11a d'echi; a cui gli astanti fa,.no il, ritornello co" w1a cadenza larga e no– stalgica, che ci porta t1Ltti via dal l1<0go dove siamo, a vagar lontano, non si sa piiì dove, tra fllitti e firmamento. I guai comi,iciano qua11de la maga, esaminata la mano del fi, t.to pescatore, e dopo avern.e stuzzicato la curiosità fa– cendosi pregare u,. po', gli dice: - Pre– sto morrai -. Q1ti il tenore di qua>ld'io ero ragazzo staccava t1na corsetta, dal pentolone della strega fino alfa buca del wggeritore, per trillare i11 faccia al di– rettore d'orchestra: Se sul campo d'onor, ti so grado! Adorabile eroe. P1'rtroppo il te11ore di oggidì, accidenti alla regia moder1'a eh.e lta rovinato t,itto, 1ton fa pift la corsetta; peggio, rifiuta la nobile espressione e sa– per grado>, e si co11te11ta di dire alla b1uma: - ti SO>l grato -. In compenso, si guarda. be,ie da.Z modificare l'ardita granimatica dell'arietta che segue: Ma come fa da ridere la lor credulità; e i11siste, pilì che 11011 si usasse ai tempi miei, nel metterci la risatina tra sillaba e sillaba. A me il riso i,·011ico del perso– naggio sem.bra già tutto espresso nel sal– tellar della melodia, e 110,l i>1te11do per– cM s'abbia da sci1tparla co11 w, elemento e traneo, veristico e 1,-0/gare. Sarebbe co– me se, 1tella cavalcata delle Valchirie, si credesse di fare una belli-ssima cosa aggi1mge11do alle note, che già esprimo" da. sole tutto quello che debbo110,u11 vero e materiale galoppo di cavalli. Né so dar torto a chi, sente11do q1iesta risatii1a, ri– pensa al vecchio disco d'IL" macchietti– sta dei Varietà di ta11ti a111tifa, Ca11ta• laniessa se non er1'o, che cantava tin'aria, La risata, fatta no,, di parole ma di risa sca11dite sulle 11ote. Il pllbblico i1111ece nO>l la pensa così; in barba a Verdi, s'entlL– siasma del tenore clte ride con accompa– g,w.me1'to d'orchestra, e chiede il bis. Fra tale e11t1Lsia-sm.o, il truce ei;e11to che se– gue, ossia l'entrata di Re11ato che stringe per primo la 11w.110 a Riccardo (orribile cosa, perché la strega gli aveva detto cll<J e chi primo t11a ,na,l stringerà fia !'uccisor >) passa quasi i11osservato. Co– ro finale, ecc. E siamo al terz'atto, il ca,apo abbomi, nato della città dell'occaso, co" e Amelia dalle eniine1t:e > che cerca la e ma– gic'erba >. No11 scopriremo L'America, 11enimeno q1tella del Ballo in ma chera, ricordando che questo è 11110 dei pi1ì belli atti del melodramma e1iropeo. La Zima, la fat– t1'ra, gli ama11ti. l'implorazione, il pii– dore, il docere, la pa io11e, la straziata co11fessione. la co11gi1ira che bro11tola fa fon,do. il marito dabbe11eche sopraggitm– ge ad a1u11rnciar l'arrivo dei cospiratori, il, 110bile eroe clte si quaglia affidando all'ignaro la moglie velata, l'arrivo dei SILVIO D'AMICO ----- (Con.tmua a pae. 7)

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