la Fiera Letteraria - XI - n. 15 - 8 aprile 1956

Domenica 8 aprile 1956 A Buenos Aires, nel 1917, con Sergio Tofano DUE TESTJ.:uo::u.,~-zE STIU~IEUE Ungrande storico del teatro "ti. essuno era. meglio inclicato cli lui per lan– CÌ,are l'Invito al teatro: Il teatro non deve mo– rire, secondo il titolo di im suo libro famoso di GUSTA\"E COIIE~ Il pit, grande storico del teatro m,iversale ci ha lasciati il 1. a.prile ·corso. La sua Storia del Teatro, gii,nta recentemente alla sua terza edizione, magni/i· camente illustrata, testimonia l'a.mpiezza della sua crtriosità e della sua multi/onne conoscenza d'arcl,eo– logo e di ,·egista, perchè egli era l'una e /"altra cosa. dacchè non co11Cepiva la teo,•ia senza la pratica, il pa-ssato senza il presente. ... Silvie d'Amico 11011 era di quegli emditi, per i q,w.– li tutto è nei libri e- nelle carte. EgU avrebbe sotto· ·sc,~tto volentieri alla mie, formula: « l!l Teatro non è !atto di nero su bianco, ma di verde, di rosso, d'az– zurro e di carne in mo,·imento sulle tavole del pal– coscenico>. Nessun dettaglio deU'o1·ga,1izza.zione,ciel• l'interpretazione e dell"esecuzione gli era estraneo. UnUJ,nista e sociologo, 1101l mono che estetu, cono– sceva la virtì, del teatro e il suo posto nel.la Cittcì e partecipava co11 la sua comvagnia a Ue De lfiacli, che L'Istitrtto Delfico fo11dato dal professore tedesco Leyhause11 e che io vresi,:devo co11 quest'ultinw, or– ganizzava a Friburgo, Verona e Lione. Nessuno era meglio indicato di lui ver lanciare !'Invito al Teatro e vroclamare dal titolo d"1m suo libro: Il teatro non deve morire; per creare e diri– gere rtna scuola moderna d'c,rte d1·ammatica, rtn cen– tro di vrevarazio11e tecnica e drammatica, ca7,ace di offrire alla scena italiana i s•wi futuri intervreti, non soltanto atto·ri, 1na innovazione rivoluzionari.a, regi– sti, dei quali i suoi giri in vatria e all'estero, alla testa della Compagnia dell'Accademia, rivelava110 ·il gio– vane valore, che era anche quello del suo maestro e ispiratore. Cosa strana, non ci sia1no mai visti, -ma ci sianto incontrati idealmente nella para dei Misteri, poichè al mio Mistero della Passione, che doveva presentare al Festival di Parma il 16 aprile prossimo (ahimè/ corrisponde il sito Mistero della 'ativltà Passione e Resurrezione di . S. (1937). Non ci si st1i71irà dunq1te se, ver ,·endergli omag– gio, dedicherò i miei prossimi Studi di Storia del Tea– tro che avparira,1110 da GaUimard, ai quattro gra,idi storici ed esverti del teatro che abbiamo pe>·d1ttore– centemente: al 11ostro indimenticabile president11 Louis Jouvet, al fo11datore deU'Istil1tto Delfico Wil,– helm Leyhausen, allo storico del 11ostro teatro clas– sico, He11ry Carrigto11 Lancaster, e infine - last not least - Silvio d'Amico. GUSTAVE COBEN * Unodei più cari • • am1c1 Cuor f!,eneroso,che non lesinava nien– te dei suoi tesori di conoscenza e di esperienza, specialmente ai giovani di umx CHAHE:\'"CEI, Con Silvio d'Amico, ecco ancora uno dei miei più cari amici e compagni che se ne va. Come Jouvet, egli è partito bruscamente senza aver interrotto le sué numerosé é varie attività; come a Jouvet gli fu– rono risparmiate le pene d'una lunga malattia. E mi hanno detto che negli ultimL momenti, tutte le natu– rali parvenze e le umili realtà del teatro lo circonda– rono, come se, tra la vita e la morte, dirigesse una ultima prova. Gustave Cohen ha ricordato qui l'essenziale di quella vita ardente e operosa tutta votata alla cono– scenza e alla pratica del teatro. Per me. che !ui cosi intimamente legato alle sue iniziative, alle sue lolle, ai suoi progetti alle sue amarezze e alle sue gioie, come Egli fu !~gato alle nostre vicende per più di trent'anni, non posso dire che la mia gran pena, non– chè la mia gratitudine per l'aiuto vigile, affettuoso e cosi discreto quanto efficace, che non cessò cli recare, dalla fondazione del Vieux-Colombicr, tanto a Jacques Copeau che ai suoi discepoli, collaboratori e amici. Tra gli altri motivi cli gratitudine affettuosa, non possiamo dimenticare che grazie a lui Jacques Copeau poté alle tire a Firenze. in Piazza della Signoi:ia e nel chiostro di Santa Coree, il Savonaro/ci e il Mistero cli Sa11ta Uliva - come documenta la lapide apposta per iniziativa di Silvio d'Amico. E fu un suo allievo, Orazio Costa, che allestì • San Miniato Il Poverello. non rappresentato in Fran- cia. se non nel segreto di un convento.. , Della rana dei grandi riformatori e animatori, uomo di bib!irJteca e di fondi d'archivio, cosi come uomo di palcoscenico, cuor generoso che_non lesinava niente dei tesori di conoscenza e d'esperienza che non smise mal d'ammucchiare. amico di tanti giovani che egli ha istruiti, formati, orien\ati, sostenuti, egli fu d) coloro il cui sforzo amoroso s1 prolunga a,J di là degh stretti limiti d'una vita di fede, cli lavoro e d'amore: essi muoiono sulla breccia e all~ra. solo, si scoprono nella Joro pienezza, il senso e I unttà duna vita in apparenza dispersa. LEO:"\' CHARENCEL LA FIERA LETTERARIA SIL\710 D'1UtlUJO N~Ll"E SUE PAGINE * La F'i9lia di Jorio ei 11 q u un t 'anni • eon1p1e * ~,Il poeta laa qui operato una sintesi 111lraeolosa, con risultati di lndlelblle autenticità e vltalltà,, . A sentir dire che d'Annun• tizione attinto aJ folclore a• malò, cedendo def!nilivamen• to Ruggero Ruggert: nel cui zio drammaturgo attinse Il bru,.zesc, ma nell'Intimo ane- te la parte di MIJ!a alla g!o· repertorio di trent'anni e piu capolavoro Quando si decise a lito dei suo! protagonisti alla vanissima Teresa Franchini. rimase poi, come tutti sanno, 1>assare, dalla prosa. al ver- hberazione dal oeso della car- Soltanto sei mesi piu tardi as- una eco di quelle trasognate so. oggi non c'è_ba,rba d'estc- ne: Uhcra,!onc perseguita. e slstemmo allo spettacolo (e· caden,e. Cantava la Casstni– ta ortodos o che non sorride- una volta tanto consegulla. in ravamo ancora adolescenti) R!zzotto nella parte di Can– rebbe: cosi ovvio ·sembra or- versi d'un'acerb!tà scarna. di nei teatro Costanz!: e l'im- dia del!~ Leonessa: creatura mai Per tanti il dogma che una levità. d'una purità qua- pressione orofonda che ne ri- che del resto Il poeta aveva ver o o prosa, dal punto cli li il poeta non aveva cono- portammo non è stata mal espresso non tanto con tratti vista estetico, non si distln· sciuto se non nei più beati cancellata eia tutte quelle. che d'una sofferta realtà, quanto gu":no, sian • puri purissimi rapimenti cli Aidone. il teatro elci più svariali pae- con, richiami a nenie tracl!zio– acctclenll , é d'altra parte n A un pubblico re tlo la si <l'Europa e d'America ci ha nali e rituali (nel delirio fina– no! P~r questo il momento di France.,ca era stata imposta, abbo ndanteme nte lar)?lto du- le, alle sacre rapprcsenta:do– rl,apnre una cosi miseranda attraverso fortunose vicende. rantc mc1.zo secolo. ni mariane). Cantava. al ori– di cus ,Ione.Ci bas,ll prendere dalla innamorata Duse. Ma Pri mo, e f ondamenta•le, e m'atto, Il coro delle tre so– allo d un !atto rnne)?ahl!c: la Duse non poté essere - 1>erlnohliabl!e carattere di quel- rcile (con al centro Gianni– che del d'Annunzio non uno altri Impegni, si disse ufC!-lo: lo stile della recilnzlo• na Ohlanlonl. l'Innocente ma fra I drammi In prosa - qua- clalmente - l'interprete della ne: assolutamente estraneo a scaltra Ornella) e all'ultimo lur_iquesia stato Il motivo per Piglia <li loi·io; che pertanto quanto sino allora si fosse vi- quello delle lamentatrici. cut un certo pubblico. dopo fu messa in scena dalla Jeg- sto sulle scene italiane. Gli E prorompevano fra il can– contrasU ed esitazioni. si de- gendaria compagnia Talli - attori non parlavano. e can- to e lo schianto le parole av– c!se ad applaudirli - resiste- Gramatica-Caiabresi. Noi non tavano ,: Il che si dice assu- ventate da Milla, In Franchi· rebbe oggi alla opportazione tacemmo In tempo a vedere mendo naturalmente questa nl. irnienti come folate. Con· cli spettatori sinceri. D'An- la primissima edizione dell'o- parola non nel senso di stuc- trasli violentemente realistici nunzio drammaturgo, oropo- pera, che si ebbe al LLrico di chevole cantilena, ma d'un li- quello di La,..aro, Impersonato stosl cli restaurare Il senso Milnno: dove Irma Gramatl- rico abbandono al ritmo. Can, con stupenda concretezza da della tragedia sulle scene In• ca clooo quattro giorni s'am- tava Al!gl. l'estatico e squisl Oreste Calabresi; e quello de! trist lte nel grigio verismo del- coro de! mieli tor!: ricord!a- l'estremo Ottocento, toccò la 1 l ■ mo ancora oggi l'Impressione mèta quando si decise a!l'au- ! , di terrore, terrore fisico. pro- dacia. straordinaria per quel- i '-f vato all'àpparizione del loro l'ora, d! riportare in teatro due corifei. Giovannini e De nientemeno che Il verso. llla Antonl. dietro le sbarre delle non con l'artefatto, ineguale. alte finestre. Derivava da un tra prezioso e sciatt!), polime- cosiftatto stile, e dai contra- lro della sovraccartca F1·a"· su che lo rompevano, un cli, cesca; bensl con la vasta e te- ma d'arcana stupefazione: neri' melodia della Figlia cli che però non o((ocava l'uma- Jor,o. jijll~illlllil■I nltà dei personaggi (non sto- Ricorre oggi, 2 marzo, Il nava neppure O almeno non cinquantenario della sua pri- lo a,·vertivamo - col verismo ma rappresentazione. E sap- degli scenari di IIJ!chetti): fi. piamo benlsslm? c~e, a ripro- gure offerte non già, come più ponre con amrruraz1one al no- tardi si credette falsamente, stri lettori !'afavola di AJ!gi e alla no tra semplice conlem- dl Mllla. si corre Il rischio di p!az!one. ma alla nostra co• far pe s!ma figura, dinanzi a munione col loro tormento. giovani e a vecchi: specie tra Resterebbe da chiedersi chi questi ultimi ce n'è magari cli avesse suggerito agii attori Ptù 1>ropens!ad accogliere la quello stile. Allora, nessuno cesellata e prosa d'arte> del- dubitò che fos e stato il poe- l'ultimo d'Annunzio, che non ta: cosl diverso esso era ap- l'ostentato areai mo del cpre- parso dai modi consueti al sepio >. dell'c arazzo>. del valentissimo Talli. Ma esiste, < dramma per marionette>, nell'epistolario cli Edoardo più o meno e!eg:antemcnte Boutct og)?! conservato nel scoperto dai buongustai nelle Museo teatrale elci Burcardo pagine del primitivo volu- una lettera scritta qualchè metto dove il testo della •etra- anno più tardi eia Gabriele geclia pastora!N apparve in- d'Annunzio al critico napoie• quadrato e istoriato come un tano .dove proprio quello sti- hbro da messa. le si deplora come e erronea- Ma tant'è: per noi. in quel- mente usato>. Disapprovazio- le pagine. non si contiene so- ne d'una iniziativa altrui? lo un'esercitazione letteraria, Pentimento ciclia propria? O c'è un dramma in alto. Da•!· semplice civetteria, d'autore le piu assortite fonti d'una desideroso d'un esperimento tradizione sette volle secola- diverso? Sarebbe d!!ficlle re (con trasli duecenteschi. sa- dirlo. ere rappresentazioni pOJ)Ola- Sappiamo soltanto che. tra ri. commedie rusticali. favole le Innumerevoli altre Figlie di pa !orali, e infine dramma Iorio a cui abbiamo assistito romanti~o) iJ poeta, in un ec- durante cinquant'anni - cl• cezionale momento di grazia, tiamo. in Italia. quella inter- ha qui operato una sintesi mi- pretata da Evelina Paoli e da racolosa, con risultati di in- Alfredo De Anioni al Teatro dicibile autenticità e vitalità. Argentina; e eia Vera Vergani La spiritualità della tragedia e Ruggero Ruggcri. al Valle; non consiste (come a torto e eia ~farla Melato e Annibale detto e facilmente confutato) Nint:hl. al Vittoriale; e da nel suo clima di feroce super- Con Ruggero Ruggcri e signora Marta Abba e ancora Rugge rl. con la regia cli Pirandello. PUO' ANDARE SMARRITO IL 1 UO 1'ESORO? * Una lettera per lozio Silvio La tua più grunde e straordlnurla originalità. è stata proprio quella di essere mt-ra,·lgllosnmente «normale» * di GIOVANNI GIGLIOZZI Carissimo Zio Silvio, t!cco una lettera che non ci sarà neces– sità ti venga recapitata. 'e! momento stesso in cui la scrivo, avverto la tua pre– senza; mi sembra quasi di poter immagi– nare il tuo bonario sorriso; il tuo sguar– do di sottinsu al di sopra degli occhiali. Anche e le anime hanno un modo del tutto clivcr o di sorridere e possono fare a meno degli occhiali. Ricordo, in un tuo libro, l'afle,·mazionc: e io sento il respiro di Dio, come quello dei miei figlioli. ad– dormentati nell'altra stanza•· Nel re piro di Dio, io sento il tuo respiro, Zio Silvio; con quella calda certezza che soltanto la nostra fede ci può dare di una presenza personale, non còn(usa nell'idea vaporo– sa di un Dio luce, pen !ero, anima dell'u– niverso e tante altre cose di cui si parla nei libri di filosofia, nei quali sembra di coglifre la paura nei confronti ciel Dio del Pater nosler, misericordioso e pater– no; ma giusto e attento ad ogni nostro pensiero e azione. cosi come accade in un rapporto autentico cli padre e cli figlio. Buonasera, Zio Silvio. Un freddo sole di novembre sta morendo dietro la colli– na, di fronte alla mia finestra. Gli albe· relli magri rabbrividiscono al primo fred· do: ma domani, se ci sarà sole, stilieran, no verde rugiada e In primavera ·aranno di nuovo colmi di vita. La loro arà una resurrezione effimera, che si rinnova di primavera in primavera; la no tra pri– mavera sarà perenne. E In quella prima– vera non andranno perduti I no tri affetti e I nostri pensieri: « dov'è Il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore>. Il nostro povero te– soro era In quelle accanite discussioni nelle quali si parlava ... di che cosa si par– lava. Zio Silvio? Di teatro; ma nel teatro tu portavi tutta la tua vita, e vi era sol• !intesa una precisa esperienza di af!'ettl umani; la crena esistenza accanto alla Signora Elsa e al tuoi figli, la tua Inesau– ribile neces !tà di procedere per la tua strada con le mani aperte. La tua piu grande e straordinaria ori– ginalità è staia proprio quella di essere meravigliosamente <normale>. Una mo– glie, del figli, tanti libri, una grande pas– sione per Il tuo lavoro ... Può andare smarrilo Il tuo tesoro, Zio Silvio? Il no tro tesoro, o piuttosto non sarà conservato nel tempo e fuori del tempo? credo nella Comunione del Santi e nella Resurrezione della carne. Credo alla tua vita di ieri, di oggi e di sempre. Ed è per ciò che posso parlarti tranquillamente; so che nel egreto elci mio cuore potr0 attendermi una rl posta. C'è, nei teatri, la tua poltrona vuota; ci manca Il brilllo del tuo spirito; ma il pesante sipario che precludeva le scene alla parola di Dio i è sollevato. E tu, con la tua mano, hai aiutato, primo fra tutti, a sollevarlo. Ed è ritornato Jacopo– ne eia Todi. e sono entrate le Carmelita• ne cli Bernanos. La tua era una pas Ione antica. Era cresciuta con te fin dai banchi della scuo– la. Quando, la prima volta, mi presentai a te, recavo un bigliettino di un vecchio prete. In quel bigliettino era tutto il mio coraggio. Porgendomelo, rivedo la sua mano tremante. Padre Corsi mi di se, sor– ridendo: « Silvio ti capirà ... Semmai ri– cordagli le nostre 1ias·eggiate scola liché al Palatino, quando lui. per gioco, aveva inventalo quello di recitare delle scene di commedie o cli tragedie•· Leggesti Il mio primo lavoro, su « San Francesco>, con una attenzione che mi commosse, e poi - a mia insaputa - lo inviasti alla radio. Fui chiamato da un regista, che mi rimproverò delle sgram– maticature. Questa, per esempio: San Francesco, rivolgendosi a frate Leone, lo chiama: « Frate Leone, frate pecorella>, e il regista, fissandomi severamente: e J.,"rale è ma chlle, pecorella femminile. Quindi lei doveva dire: Frate Leone, sora pecorella>. Ancora ho vivo il ricordo della tua ri– sata, allorèbè ti riferii il colloquio. Oggi ho l'Impressione che tu debba riderne con i diretti interes ati: messer Santo Fran– cesco e Il suo frate pecorella di Dio. Conservo il tuo primo articolo che ml riguarda. Parla di una mia breve compo– sizione radiofonica, e la cosa che più ti colpi !u il particolare di una bambina che, durante il lungo viaggio verso Il cie– lo, si avvede che il ·uo Angelo rassomi– glia al suo parroco, e 1>ertanlo lo chia– ma: « Angelo, signor Curalo•· n han eletto che, nel tuo ultimo cicli· rio, parlavi di teatro. e come se li trova si ad uno spettacolo. Quale volto ha avuto la tua morte, Zio Silvio? al Convegno Volta: - all'e$te– ro. una in ungherese a Bucla- 1>est.con bellissime scene cli Giovanni Horvàth, e una in brasiliaho, a Rio, protagoni– sta la Dulcina - da nessuna abbiamo personalmente rial• tinto quel senso di spasimo tragico provato da ragazzi al Costanzi; ma in tutte abbia– mo avvertlto la comunione di un pubblico partecipe. avvin– to. e spesso folgorato. A par– te rammentiamo Ja sua tradu– zione in sicHiano, fatta eia G. A. Borgese p~r l'incompara– bile Giovanni Grasso: l'apera era diventata, nelle apparen– ze, un dramma realista: ma non perciò la sua suggestio· ne poetica appariva meno profonda. Riprova, quella del– le tt·aduzioni. non solo di ciò che con parola sospetta si suoJ chiamare teatralità. ma della sua essenziale dramma– ticità. E poichè si è cominciato parlando di prosa e di verso; è un fatto che in versi d'An– nunzio scrisse poi altre trage– die. nolisslme e applauditissi– me. Ma non in quelli piani. i più vicini a una increspata pros«, ciclla Fiaccola, non nel– le sontuose tirate oratorie della N(lve. non nei furibondi coppi di lussuria della Fre– da. il poeta ritrovò mai più la vena fresca. il nativo equi!!, brio. la compiuta pertezione della Figlia di Iorio, !LVIO D'AMICO iDal Tempo <I.cl f:-3·'5V Pag. 5 Dopo la recita della e Piccola Città», con Elsa Merlini in costume UN OSSERVATORE NON DISTACCATO * AMBASCIATORE DEL TEATRO * Negli, intervalli, ci si sorprende di non incontrarlo in platea o nel ridotto, quasi che senza di lui lo spettacolo non abbi.a senso ... di GlUSEPPE ANTONELLI ,Un cronista teatrale di complemento, quale sono convinto di essere, accanto a tanti e cosi autorevoli effettivi, avrebbe il dovere di starsene In un angolo, zillo e deferente, a sentir parlare chi di parlare ha più diritto di lui. Per l'occasione però, dato che si tratta di scrivere un pensiero per un maestro e un amico, conto che l'ardire di aggiungere al coro la mia vo– ce si voglia glu tlflcarlo con la devozione dell'allievo piuttosto che imputarlo a pre– sunzione. D'altra parte la po izione di cri– tico di complemento. nel considerare la figura di Sil\'io D'Amico, offre prospetti– ve che possono essere non abbastanza va– lutate da chi vive totalmente e senza di– strazioni la vita della nostra scena di prosa. Un critico di complemento, per esempio, assiste da osservatore distacca• to alla attività teatrale. con un interesse che, nel quadrante positivo, non va molto oltre la cordiale curiosità, e questo non di proposito, ma perchè Il teatro Italiano, ancora In gran pane chiuso nella sua « provincia> spirituale. lo respinge o me– glio non gli invia quegli imperiosi richia– mi ,·ivi che lo costringerebbero a chiede– re la cittadinanza, a passare, appunto, ef– fettivo. E', suo malgrado. uno straniero in patria. Ora Silvio D'Amico era dei po• chi che riuscisse a cancellare questa im– pressione di e traneità. che sapesse invi– tare in quella sua casa ideale che era il teatro e che sape se farla sembrare ricca di echi, calda di vita. La sua passione, la varietà dei suoi intere !, la sua umanità riuscivano a riscattare la modesta realtà che gli veniva offerta dal nostri palco ce– nici, a darle risonanze e colori che, in va– ria misura, attraevano e interes avano sempre. L'importanza di questo fatto non può sfuggire a chiunque si renda conto della pa iva indifferenza e, nel migliore dei casi, della formale condiscendenza con cui il pubblico segue gli pettacoll tea– trali. Con la sua cultura, con la sua cordia– lità; con il suo inesauribile spirito, D'A· mico aveva quasi creato, attraverso le sue cronache, alla radio e sui giornali, un'opinione pubblica teatrale, cioè aveva creato quella cassa armonica, quell'aria che sono indi pensabili al teatro non dico per fiorire ma per sopravvivere. Aver perduto un Interprete, un an:,ba– sciatore, un intermediario come Silvio D'Amico è stato un colpo che aggrava la frattura fra teatro e pubblico in un mo– merito per molte ragioni difficile nella vi– ta della scena di prosa. Aggiungerci poi che anche l'ambiente dei teatranti ne ha risentito in maniera notevolis ima. Quando si dice ambiente dei teatranti I usa un'espressione a dlr poco eufemistica. Sappiamo tutti C'heque– sto ambiente non esiste, che la gente di teatro è frantumata come mai lo è stato prima d'ora. al limite della dislntegrazlo• ne., Divisa da orientamenti, gusti e perfi– no <la intere I diversi e opposti, essa non solo non riesce a distinguersi ma stenta perfino a riconoscersi. Eppure una cosa l'aveva In comune: Silvio D'Amico. Attra– verso lui le persone piu distanti si avvi– cinavano, si conoscevano e Imparavano ad apprezzarsi; le Idee e le Iniziative che al· trimenti sarebb('ro state destinate a sper– dersi nel tumultuoso marasma della vita culturale d'oggi venivano da lui rilancia– te e. perciò seguite e discusse, cosl da da– re la sensazione che effettivamente li tea• tro Italiano non fosse quel limbo di larve che si sospetta fondatamente che sia. In lui, sul suo metro, si misuravano I giudi– zi su questo o su quell'attore, su questo o su quello spettacolo. Insomma la sua presenza aveva come una funzione de– miurgica; metteva ordine, dava a ciascu– no il suo, disponeva ogni cosa al suo posto. Ciò che di lui contribuiva soprattutto a formare, a far coagulare un ambiente teatrale era il suo infinito entusiasmo, un entu iasmo sempre pronto ad accendersi con intensità giovanile, cosi spontaneo e disinteres ato che subito si comunica,·a a chiunque gli fosse vicino, un entusia– smo che galvanizzava i fedeli, che con– vinceva e tra cinava gli scettici, che rin– cuorava gli incerti, che dava a tutti l'iin– pres ione di lavorare per qualcosa per cui valesse ,·eramente la pena di lavora– re. Ad e o il teatro italiano deve anche alcune iniziative pratiche, l'Accademia di Arte Drammatica, l' Enciclopedia dello Spettacolo, che gli hanno conferito quel tanto di tono europeo che vi si può ora rintracciare. Unito alla autorità dello stu– dioso, e so faceva di Silvio D'Amico il centro di tutta la sparsa vita teatrale no– strana, il punto In cui convergevano ed avevano la possibilità di incontrarsi gli orgoglio i. i solitari, i vagabondi. i chie– rici vaganti e magari gli avventurieri, gli scombinati, i frenetici, insomma il vario panorama umano del nostro palcoscenico. Cosl la sua scomparsa ha lasciato de– serto il teatro italiano di quella che si poteva considerare la sua ste a anima. E se ne ha la sensazione concreta la sera delle e prime>. quando, negli intervalli. ci si sorprende di non incontrarlo in platea o nel ridotto, qua i che, senza di lui, lo spettacolo non abbia senso, che, senza di lui, possa ancora farsi del teatro. GJU EPPE ANT01''ELLI Io credo, come tu credevi, come milioni di persone credono, come crede~ano Da:1• te Alighieri, Aless~ndro Manzoni f la mia mamma che sa fare appena la sua firma, Chissà, forse Il volto di una antica ma– schera tragica. Ma su quel volto ebbe Il sopravvento il volto luminoso di Cristo che ti addormentò nella sua pace. GIOVANNI GIGLIOZZI A Castiglionceiio, nel 1931:: Dc Pirro, ìllarta Abba, Labroca, Pirandello, Campanile (nascosto), Bontempelli e Paola ~lasìno, se la prendono col «critico»

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