La Differenza della Razza - anno I - n.3 - 5settembre 1938

\NNO I • N. 3. SPEDIZ. IN ABB. POSTALE . 5 SE1TEMBlm XVI RETTO ·E 'J:.ELESIOINTERLANDI 1 loteca mo ts1anco SCIEDNOZC! UUENPTO!lZEIIOHN

Bibloteca Gin Bianco

2 ANNO I· N. 3 SOMMARIO 5 SETTEMBREXVI T. I.: LA RESA DEI CONTI SCIENZA GUIDO LANDBA: CARA TIERI FISICI DELLA RAZZA ITALIANA; GIUSEPPE E. GENNA: GLI EBREI COME RAZZA; LIDIO CIPBlllNI: RAZZISMO E PROBLEMI COLONIALI; MARCEUO RICCI: IL MENDELISMO NELL'UOMO; G. L: ANTICHITA' DELLE DIFFERENZE DI RAZZA ; GIUSEPPE LUCIDI: SANGUE E RAZZA ; UNO BUSINCO: SARDEGNA ARIANA. POLEMICA GIORGIO ALMIRANTE: ROMA ANTICA E I GIUDEI; GIUSEPPE MAGGIORE: LOGICA E MORALITA' DEL RAZZISMO ; FRANCESCO SCARDAONI : L'OMBRA GIUDAICA SULLA FRANCIA ; GIUSEPPE PENSABENE: LA cCIVILTA' CATIOLICA > E GLi EBREI; QUINTO FLAVIO: IL RAZZISMO E LA PACE. DOCUMENTAZIONE THOMAS MANN: SANGUE RISERVATO; IL MANIFESTO DEI RABBINI D'ITALIA; FJLl'.NCESCO BIONDOULLO: LEOPARDI E GLI EBREI; CHIARIMENTI Roma - Uffici: Largo Cavalleggeri, 6 - Telefoni N. 64.191 - 60.463 SOCIETÀ ITALI.AN.A PER LE STRADE FERRATE MERIDIONALI .. SOCIETA SEDENTE CAPITALE L. 340.500.000 INTERAMENTE VERSATO AMMORTIZZATO L. 7.415.000 ANONIMA IN FIRENZ·E ... E IMMINENTE LA PUBBLICAZIONE DEL VOLUME ARENA SPAGNOLA di William Foss e Cecil Gerahty che iu Inghilterra non ha ancora· potuto vedere la luce per l'opposizione del1a consorteria sovietica, giudaica, antifascista. Le primizie di questo volume apparse sul "Corriere della Sera " hanno già destato un interesse enorme . A. MONDADORI - MILANO Bibloteca Gino Bianco

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AL LETTORE 6 IL CENSIMENTO DEGLI EBREI ha dato risultati veramente sorprendenti. Si saprà finalmente non soltanw quanti sono gli ebrei in Italia, ma chi sono questi ebrei che amano nascondere la loro identità con innumerevoli accorgimenti. I RISULTATI DEL CENSIMENTO DEGLI EBREI saran1w pubblicati sull,a "DIFESA DELLA RAZZA " e convenientemente commenta-ti al Ìume delle precisazioni che il Gran Consiglio del Fascismo fornirà circa la posizione degli ebrei nello Stato italiano. Prenotate dal vostro abituale rivenditore il prossimo numero della '' DI F E S A DE L L A R AZ Z A" Bibloteca Gino Bianco

ANNO I - NUMERO 3 5 SETI'EMBRE 1938-XVI ESCE IL S E IL 20 DI OGNI MESE UN NUMERO SEPARATO LIR.€ l ABBONAMENTO ANNUO LIRE 20 Direttore: TELESIO INTERLANDI Comitato di re'dazione: prof. dott. GUIDO LANDRA prof. dott. LIDIO' CIPRIANI • dotL LEONE FRANZÌ - dott. MARCELLO RICCI - dott. LINO BUSINCO SCIENDZO!CUHENT!ZIONE POLEIUC In attesa che il Gran Consiglio del Fascismo, nella sua prossima convocazione, precisi globalmente la posizione degli ebrei nella Nazione dal punto di vista fascista, il Consiglio dei Ministri ha approvato due seguenti decreti legge: Espulsione degli ebrei stranieri ART. I. - DaUa data di pubblicazione del pr!'aente decreto• legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei PoSBedimenti dell'Egeo. ART. 2. - Agli effetti del presente decreto-legge è consi• derato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica. anche se egli professi religione diversa da quella ebraica. ART. 3. - Le concessioni di cittadinanza italiana comun• que fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate. ART. 4. - Gli stranieri di razza ebraica che. alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno. in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo e che v! ab• biano iniziato il loro aoggiomo posteriormente al 1° gen• na.io 1919 debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro 6 mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'arL 150 del T. U. delle leggi di P. S., previa l'applicazione delle pene stabilite dalla legge. Bibloteca Gino Bianco La scuola italiana liberata dagli ebrei ART. 1. - All'ufficio- di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative ai cui studi aia riconosciuto effetto legale non potranno essere ammesse persone di razza ebraica. anche se siano state comprese in graduatorio di concorso anteriormente al presente decreto nè potranno essere ammesse all'assistentato universitario, nè al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. ART. 2. - Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, a.i cui studi Sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. ART. 3. ·- A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli inse• gnanti di razza ebraica. che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servi.zio: sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e aasiatenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica smanno sospesi dall'esercizio della libera docenza. ART. 4. - 1 membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituii e delle Associazioni di Scienze, Lettere ed Arti, ce88eranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ot• tobre 1938-XVI. ART. 5. - In deroga del precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di isU\lzione superiore nei passati anni accademici. ART. 6. - Agli effetti del presente decreto legge è conside• rato di raua ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica. 7

LA RESA DEI CONTI pettava alla Scuola Fascista il privilegio d'esser la prima a riscal/arsi dalla manomissione ebraica. Di tutti gli aspeui che la difesa della Razza può assumere in Regime fasci sta, quel• lo che ha auinenza coi problemi dello spirito e dell'educazione non è l'1tltimo; è piuttosto il fondamentale. La manomissione ebraica delle cose d'Italia non sarebbe avvenuta, dopo l'affrancamento dei giudei, s.e la Nazione non avesse perduto la volontà d'esser se stessa, di non tradire il proprio genio, di non rinnegare· la propria vocazione. Questa dolorosa dimissione dell'Italia si deve appunto all'adulterazione della nostra cultura per opera degli ebrei. La swola fu l'arma efficace di cui costoro si giovarono per sfigurare il volto dell'Italia. Con la scuola, il libro e il giornale. Sarà su questa rivista, a suo tempo, illu,strato l'esiziale effetto dell'innesto ebraico sulla wltLtra italiana. Noi ne avemmo deformato persino il linguaggio; e l'Italia fu una base d'operazione per quell'Alliance israélite universelle, fondata nel 1860 11 Parigi da lsaac Adolphe Crémieux, eh.e doveva tentare, nel secolo scorso, l'ebraizzazione della borghesia europea; e 11i doveva, ahimé; riuscire. Perchè, è bene ripeterlo fino alla sazietà, lo borghesia italiana si lasciò gentilmente ebraizzare; vale a dire che dimenticò d'essere italiana e divenne, sotto la guida degli ebrei, una classe europea, sellza più volto italiarw, d'una fu. ropa dominala dagli ebrei. Qnesti penetrarono nelle scuole, s'impadronirono dei libri e dei giornali, e perfino del teatro; e la borghesia lasciò fare, anzi, fu felice di mandare i suoi / igli a scuola dagli ebrei. Così si creò e si consolidò quella situazione scandalosa che solo in uno studio di Livio Livi fu denunciata, molti anni or sono, seppur con cautela, agli italiani: della dominazione ebraica nelle professioni deue intellettuali. Ma la denuncia non servì a nulla; perchè la borghesia che avrebbe dovuto prenderne atto e provvedere era ebraizzata / ino al midollo. Postosi il problema della di/ esa della Razza, come necessità biologica e come fatto spirituale, la Rivoluzione fascista do11eva affrontare la situazione della Scuola. Ecco la risposta a coloro che, in buona o in mala fede, si scandalizzallo dell'aspetto materialistico della campagna razzista. E lo spirito? essi dicono; voi vi occupate di zoologia, noi abbiamo cura d'anime. Ebbene. ecco che per prima cosa la Rivoluzione fascista pensa alle anime; che esse non .~iano più violentate da Ulla cultura estranea nl genio nazionale. la di/ esa della Razza comincia precisamente dai fatti dello spirito. sul terreno della cultura, perchè sia f inalmeT1te restituito a tulio il popolo italiano, nei suoi vari i ceti, il senso della personalità e dell' originalùà nazionale, il senso della Razza, per dirla breve. La quale Razza ha, questo è certo, quei determinati caratteri biologici inconfondibili che qiti si vanno studiando e divulgando; ma deve an.:ora riacquistare in toto, se vuole tornare al rango che le spetta, quelle qualità spirituali che gli ebrei le fecero perdere, tagliando le radici della sua cultura, adulterandone l'ispirazione, creando una/ rottura profonda nel tessuto della nostra civiltà. Ora rwi siamo liberi, nella Scuola; e dobbiamo dimostrare di volere e di sapere usare di così preziosa libertà. T. I. BiblotecaGino Bianco

• scienza S. Capo Manipolo della G. I. L Maramotti, da Reggio Emilia, di anni 25, cattolico. Alto m. 1.81: occhi celesti; capelli biondi. S. Capo Manipolo della G. I. L. Rivali Armando, da Varese, di anni 25, cattolico. Alto m. 1.75; occhi celesti: capelli biondi. Avanguardista Perlini Osvaldo, da: Verona, di anni 16, cattolico. Alto metri 1.75; occhi celesti; capelli biondi. CARATTERI FISICI La nostra razza è nettamente distinta dalle altre per numerosi caratteri fisici alcuni dei quali riguardano l'aspetto esterno ed altri invece si riferiscono alla particolare struttura degli organi. Incominciando dalla capacità del cranio la nostra razza insieme con le altre razze europee è caratterizzata da una no• teyole capacità. Per questo carattere essa Tipo boscimano BiblotecaGino Bianco DELLA RAZZA ITALIANA differisce notevolmente dalle razze dell'Africa le quali presentano invece una capacità cranica ridotta. li massimo di questa riduzione si osserva presso le razze più primitive quali sono i pigmei e i boscimani. Naturalmente esiste una differenza ~Il.a capacità tra l'uomo e la donna e questo in tutte le razze. Passando a considerare più propriamente la forma della testa, quale si presenta negli individui che più spiccatamente hanno le caratteristiche della nostra razza, si vede come essa ai,paia nel profilo laterale elegantemente modellata, pur presentando nei vari individui una certa oscillazione nei rapporti tra i diametri di lunghezza e di larghezza. E' interessante notare la persistenza della forma del cranio attraverso il tempo e dìf atti le statue degli antichi romani presentano la stessa forma del cranio che ancor oggi possiamo osservare nella nostra Tipo boscimano 9

Avanguarcli• sta Tanzini Walter, da Milano• (ma di origine laziale), di an· ni I 7, cattolico, Alto m. 1,75; occhi grigi; capelli biondi. S. C. Manipolo Alto• mar e Aure• !io, da Messina, di anni 19, cattolico. Alto m. 1,74; o e eh i chia· ri; capelli biondi. S. Capo Manipolo Regaiolli Aldo, da Trento, di anni 25, cattolico. Alt o m. 1,77; occhi celesti~ e a - pelli biondi. t t popolazione. Il paragone con le fotogra· fie degli africani mostra cliiaramente come sia diversa la fonna della testa nella razza italiana e nelle razze dell'Africa. Queste differenze sono evidenti soprattut· to nella fronte e nella •nuca. Se passiamo ad esaminare la forma della faccia le caratteristiche delle diverse razze saranno ancora maggiori, sia che si esamini la faccia nella sua totalità, sia che se ne vogliano determinare i parti· colari. Una tipica faccia italiana presenta un armonico sviluppo delle parti superiore; media e inferiore. Questo naturalmente al di fuori da quelle che possono essere le variazioni costituzionali. Se poi si considera la grandezza della faccia nei suoi valori assoluti nella razza italiana e nelle altre razze, essa presenta da noi dei valori medi, rifuggendo quindi tanto d~lla m1croprosopia (faccia piccola) dei boscimani quanto dalla macroprosopia (faccia grande) di altre razze primitive. Considerando ora il rapporto Ira alteÌza e larghezza della faccia, intendendosi per altezza della faccia il diametro che va dalla radice del naso al mento. si vede come una llpica faccia italiana si presenti piuttosto alta e stretta. Sotto que· sto punto di vista la nostra razza differisce non solo dalle razze extraeuropee, ma anche da altre razze dell'Europa. quali ad esempio la razza baltica orientale o slava, che è appunto caratterizzata da una faccia bassa e larga. Del resto anche il tipo che ~redomina nel centrp della Francia e costituisce buona parte della popolazione francese presenta una faccia molto diversa dalla nostra. Molto interessante è l'osservazione del proftlo laterale della faccia. Questo profilo nella nostra razza si presenta perfettamente diritto mentre invece nelle razze africane e numerose altre razze si preUomo di razza pigmea. senta per lo più sporgente in avanti determinando il caratteristico prognatismo del viso dei negri, prognatismo che appare ancora più evidente per il particolare sviluppo delle labbra. Un altro carattere della nostra razza è quello che si può percepire osservando la regione dei poonelli. Questi in un tipico viso italiano non sporgono affatto in avanti come si osserva nei mongoli e in modo più attenualo in alcu· ne popolazioni d'Europa. Gli occhi sono posti nella nostra razza orizzontalmente, 11011 obliqui dall'esterno e dall'alto verso l'interno e il basso come succede nei mongoli. D'altra parte però. un tipico occhio italiano non presenta neanche la caratte· ristica fonna a mandorla che si osserva ,pesso tra diversi semiti, tra i quali gli ebrei. La regione nasale. dal punto di vista razziale, è una delle più interessanti, poichè tanto lo scheletro osseo del naso quanto la parte cartilaginea di esso servono utilmente per la discriminazione delle razze. Un tipico naso italiano si presenta con il dorso dritto o con una leggerissima sporgenza nel mezzo d1esso. La µunta termina dolcemente e le ali del naso sono moderatamente sviluppate. Le fotografie mostrano quanto siano differenti i nasi nelle altre razze: si pensi al naso caratteristico del pigmeo largo e_ basso e quasi trilobo. Si osservi pure nel profilo laterale il naso dell'ebreo e si ·veda come esso sia completamente differente dal nostro. A questo punto bisogna aggiungere che esiste una netta differenza tra il naso aquilino quale si osserva pure tra gli italiani e il naso semita degli ebrei. La caratteristica principale per cni si distingue sempre il naso dell'italiano da quello dell'ebreo sta essenzialmente nel fatto che il naso dell'ebreo scende sopra il labbro superiore, venendo a formare ne.i casi tipici il dorso di esso con le ali Uomo di razza cunama.

Negro nilotico. una tipica forma di 6. Molto interessante è notare come la forma del naso e la forma dei capelli si accompagnano: difatti quanto più in una razza africana i I naso si presenta largo tanto più i capelli si presentano lanosi, mentre al contrario da noi il naso, che è sempre piuttosto ~lretto, si accompagna con dei capelli ondulati. Molto caratteristica è anche nella noslTa razza la forma di quella parte della faccia che corrisponde alle mascelle: il pa· lato, in genere, misurato dai denti molari d, una parte a quelli dell'altra si presenta uel nostro tipo ideale piuttosto stretto. Così anche la forma della .mandibola è molto differente fra noi e le altre razze: caralteristico è lo sviluppo del mento, che nelle razze primitive è piuttosto ridotto, mentre da noi è ben marcato. Conseguenza del profilo differente nelle varie razze è la differente posizione dei denti incisivi che presso la nostra razza sono posti perfettamente di,rilli. Passando alle altre parti del corpo, da noi, si osservano ben marcate le curve della colonna vertebrale. Per quello che riguarda la forma del tronco, il torace dell'italiano come del resto quello degli altri europei, si presenta rispetto a quello <leinegri più ]argo e meno profondo. Il rapporto dei segmenti degli arti agli arti interi, e quello degli arti alla lunghezza del corpo si avvicina, per gli individui che presentano spiccati carotieri della razza italiana, ai canoni classici. Il bacino negli italiani rispetto alle Tazze dell'Africa si presenta m genere più basso e più largo, naturalmente con 111111 notevole differenza sessuale. Passando adesso a quei caratteri esterBiblotecaGino Bianco Donna di razza pigmea. ni che più facilmente sono alla portata della osservazione comune, la nostra razza presenta colore della pelle molto chiaro rispetto a tulle le altre ;azze extra-europee; questo colore arriva da noi nei tipi più caralleristici fino al bianco-roseo. Il colore roseo dllila pelle è dato dalla grande scarsezza di pigmento per cui appare il colore del sangue che circola. Passando alla colorazione dei capelli tutte le razze extra-europee presentano i capelli neri molto scuri, compresi gli ebrei. Nella nostra razza invece i tipi più caratteristicj presentano i capelli molto chiari, biondi. Questo colore biondo dei capelli che si osserva Ira noi non deve essere però confuso con il colore biondo quale si può osservare presso altre popolazioni d'Europa, quali per esempio gli Slavi. Di notevole importanza per lo studio delle razze umane è la pigmentazione dell'iride che dà il colore particolare agli occhi. L'iride umana è costituita da diversi strati. Se manca il pigmento completamente nello strato anteriore dell'iride, l'occhio appare coloralo in celeste, se invece è molto ricco di pigmento l'occh.io appare quasi nero e infine se il pigmento è scarso, ma esiste, l'occhio può assumere varie gradazioni di grigio o di verde. Il colore chiaro degli occhi si presenta unicamente presso le nostre razze d'Europa. Gli italiani da noi fotografati presentano lutti gli occhi molto chiari e i,n questa maniera si pTesentano ancor pjù spiccatamente contrastan11 con gli individui di altra razza. A questo punto bisogna far notare che il colore biondo dei capelli e il colore azzurro de: gli occhi si comportano nell'eredità come caratteri recessivi, come caratteri cioè, che possono essere facilmente nascosti da Piantoni J tonia. da B ada. di a1 20. cattoli Alta m. I. occhi ~ gi; cape; biondi. Pieri Pie da Pisa. anni 18. e tolica. ~ m. 1.63; chi grigi: pelli bion SchilanoB bara, da T pani, di a, 17, cattoli, Alta m. 1. occhi casta capelli e stani.

Giovinetta Baila (Rhodesia nor<i-occ1dentale), caratteri dominanti, quali sono il colore scuro: questo è provato dal fatto che molto spesso da genitori bruni nascono figliuoli biondi, appunto perchè riappare il carattere recessivo e come del resto quasi sempre i bambini si presentano da noi più chiari degli adulti. Inoltre, come ha osservato il Livi nel suo fondamentale studio su 300 mila Teclute, le condizioni ambientali dell'Italia hanno influito molto sulla pigmentazione cbe in Italia diventa sempre più chiara man mano che ci si alza sul livello del mare e questo anche nelle provincie meridionali. Passando dal colore dei capelli, alla forma di essi, si vede chiaramente come nelle fotografie di tipi italiani da noi riportate, conformemente a quanto si osserva nelle migliori opere dei nostri grandi ar· tisti, essi si presentano leggermente ondulati e morbidi, nettamente differenti quindi dai vari tipi di capelli fortemente arricciati qµali si osservano presso molte Grillo Noemi, da Meaaina, di an• ni 19, cattolica. Alta m. LSS; oc· chi grigi; capelli castani. 12 BiblotecaGino Bianco popolazioni dell'Etiopia, o lanosi quali sono quelli dei tipici negri, o a grano di pepe come nei boscimani. D'altra parte da noi non si presentano mai così duri e rigidi come sono presso i mongoli. Una particolare attenzione si deve fare ai solchi e alle pieghe della pelle, particolarmente a quelle della faccia, poichè si formano in relazione al giuoco dei muscoli facciali, e a lungo andare, costituiscono in un individuo la maschera dello stato psicologico dominante. Interessanti sono al riguardo le pieghe caratteristiche della mimica del pensiero quale si ha se si confronta l'espressione del volto degli italiani con quella degli altri. Come si vede manca assolutamente nelle altre facce qualsiasi espressione di nobiltà. Osservando più particolirrmente la forma dell'ocrhio, questo nell'italiano presenta scoperta la caruncola lacrimale, carattere che non si osserva invece nelle forme mongoliche. Considerando ora la lunghezza corporea in generale, essa nei tipi italiani da noi rappresentati, che appartengono alle giovani generazioni cresciute e fortificate nel clima del Fascismo, si presenta imponente e può stare a paragone a quella che s.i osserva nella Scandinavia. Questo fatto del resto è comprovato dai dati re· centi dell'Istituto Centrale di Statistica, i quali dicono come la statura degli italiani sia aumentata in questi ultimi anni. Questo non deve meravigliare perchè la statura è uno dei caratteri razziali che più facilmente può essere modificato dalle diverse condizioni di vita, poicbè essa in realtà non rappresenta un carattere unico ma un ~omplesso di caratteri, i quali possono variare diversamente. Come abLàrese Gina. da Treviso, di anni 18, cattolica. Alta m, 1,68: occhi celesti: capelli biondi. Negro Batonga (Rhodesia nord-occidentale), biamo già fatto osservare, le proporzioni · del corpo negli individui fotografati si avvicinano alle « divine proporzioni > del canone di Fritsch-Schrnidt. ln complesso gli italiani fotografati presenmno una fi. gura slanciata che è la conseguenza dello sviluppo degli arti rispetto al tronco. Questo rapporto che si mantiene anche nell'età adulta, contribuisce a dare un aspetto giovanile all'Italiano. Naturalmente i caratteri descritti sono caratteri razziali, i quali possono variare a seconda delle costituzioni individuali: in complesso pe• rò i tipi fotografati si avvicinano al tipo longilineo. E' superfluo accennare come l'armonico sviluppo che presentano gli individui fotografati deve corrispondere ad un armonico funzionamento delle ghiandole morfogenetiche le quali, come insegna il Keith, hanno una parte preponderante nel la formazione dei caratteri fisici delle singole razze. GUIDO LANDRA Obertin Maria Teresa, da Omegna, anni 17, cattolica, m. 1.60; occhi grigi; capelli castani chiari.

(ì,LJI 1E1Bl1Rl1 ccco,~l]E ]Rl1'ZZ1' E' op111ionegeneralmente accettata che gli Ebrei hanno una discendenza ,, , e posizione razziale che è loro pecuh, liarc. ?.la quali sono gli clementi con- ~ crei i di una tale speciale condizione antropologica? l'cr render•i esalto conto cli questi clementi, bisogna tener presente che cs,i sono 1ntimame111e legati a tutte le complesse vicende a cui gli Ebrei sono andati incontro nel corso dei secoli. ,•icendc delle quali ve n'è una d'importanza cardinale dal punto di vista che ci interessa e cioè la dia.spora. o dispersione fuori della Palestina, che, iniziatasi nel lll secolo a. C., ha condotto man mano all'attuale distribuzione degli Ebrei nel mondo. Per quanto riguarda il periodo anteriore alla diaspora, e cioè gli antichi Ebrei ~1ella loro sede originaria, gran parte degli autori odierni (Fischcr, Eickstedt, Giinther) sono d'accordo nello ammettere che gli Ebrei costituivano in Palestina una popolazione essenzialmente mista di clementi a cranio dolicomorfo (cioè con testa relativamente stretta e lunga) e di clementi a cranio brachimorfo (cioè con testa relativamente larga e corta), sebbene ,ccondo alcuni (per es. Weissenberg) quelli veramente originari Dio e re ittita (con iscrizione ittita; lbriz). Amoriti prigionieri (rappresentozione egiziano). BiblotecaGino Bianco e predominanti sarebbero stati i dolicomorfi, mentre secondo altri (p. es. Wcidenreich, A. Kappcrs) i brachimorfi. Gli clc111c11dtoi lico111orfi si fanno derivare essenzialmente dalla razza orientale di Fischer, Oricntalidi di Eickstedt, quale oggi è rappresentata dai Beduini della Siria. Ecco come G. Sergi definiva questa razza corrispondente al suo :-.lotanthropus curafncanus mcditcrraneus arabicus: e cranio più dolico che mesocefalo; forme ovoidali, elissoidali, pentagonali; capacità media, me. triocefala; faccia leptoprosopa con molto Yolumc osseo; naso leptorrino; rara profatnia; occhi orizzontali, con iridi scure, anche nere; pelle bruna scura; capelli neri o quasi, lisci; pelosità scarsa, barba poco abbondante, meno ran casi; ma più che in Not. medit. libycus; statura media; fisionomia caratteristica•· Quello che più colpisce di questa fisionomia è la forma a mandorla dell'apertura palpebrale, presentandosi arrotondato l'angolo mediale dell'occhio, mentre l'angolo laterale sembra piuttosto strello e appuntito; con la faccia piuttosto magra contrasta una certa turgidità delle labbra e della punta del naso, il dorso del quale è per lo più leggermente convesso (Eickstedt). Gli clcmc11tibracili111orfi degli antichi Ebrei si fanno derivare dalla razza asiatica anteriore (Fischcr) o armcnoide (Armenidi di Eickstcdt) o alarodica (nome linguistico, Hommel) o ittita. Re Banekub di Sam61 • Regina (con iscrlz aem,lico. 730 o C.). Ebrei antichi (rappresentazione assiro. 8-40o. C.) 13

Tipi orientali: danzatrici (da una tomba egiziana). Questa razza, che fino alla metà del secondo millennio a. C. risulta a, ere abitalo l'Asia minore e la Siria, era molto caratteristica per i suoi attributi fisici: cranio relativamente largo e corto e alto, occipite appiattito; faccia lunga e moderatamente larga, naso molto grosso, con pinne nasali spesse e carnose, con dorso arenato e punta depressa; occhi e capelli scuri, capelli lisci, barba abbondante: statura media, corporatura tozza (Weninger). Questo tipo è riprodotto molto bene nelle antiche sculture scavate eia v. Luschan a Senclschirli, appartenenti al ciclo culturale ittita. La razza asiatica anteriore si trova oggi piuttosto pura sull'altipiano armeno, in Persia e in piccoli gruppi isolati di popolazione dell'Asia minore e Siria. Propaggini di essa si avrebbero nell'Europa meridionale. Alcuni vi collegano la razza clinarica e quella alpina. formando nell'insieme una grande fascia orizzontale di popoli brachicefali,curopei ed asiatici: razza alparmena di Montandon, Heoanthropus enrasicus di G. Sergi. Da quanto precede risulta chiaramente che la mistione della razza orientale con l'asiatica anteriore portò alla mescolanza di elementi dolicomorfi e di elementi brachimorfi, per cui gli Ebrei già prima della dispersione sarebbero stati misti di forme craniche sia lunghe che larghe. Non è possibile precisare le quantità proporzionali dei due elementi; ma appare molto verosimile che il contributo brachimorfo debba essere stato molto più intenso nella parte settentrionale della Palestina (essendo più prossima al centro ittita). Nella parte meridionale, non solo quel contributo fu forse meno intenso (per la lontananza elci centro ittita), ma anche vi fu mistione con i Filistei, che sembrano essere stati cli pnra razza mediterranea; la quale, clolicomorfa come la razza orientale, ne differirebbe per alcune sfumature di carattere, come una maggiore larghezza e spessore del naso, il cui dorso manca della curvatura caratteristica' della razza orientale. Ma gli Ebrei subirono mescolanze forse anche con altri elc111c11/i razziali, di co111plcssio11cehiara. L'origine di questi clementi chiari è molto discussa. v. Luschan ammise prima che essi potessero essere rappresentati dagli Amoriti (immigrati in Palestina verso il 26oo a. C., cioè prima degli Ebrei), che la Bibbia descrive come alti e che gli Egiziani rappresentarono nelle loro pitture con cute di colore chiaro differente dal loro. Questa ipotesi, a cui 14 BiblotecaGino Bianco 1>0iv. Luschan non diede più gran peso, viene tutt'oggi sostenuta o contraddetta da molti. Del resto elementi a complessione chiara possono essere derivati agli Ebrei anche frammischiati con gli elementi asiatici anteriori ittiti, essendo noto che fra le popolazioni a cavallo del Caucaso, di tipo cssenzialm~nte armenoide, spcsseggiano eTcmenti protonordici (Haddon). L. Livi, avendo osser\'ato che gli Ebrei biondi hanno, rispetto agli altri correligionari, maggiore tendenza alla brachicefalia, a statnra più bassa e a capelli cli forma ricciuta, ritiene doversi cScJu: dere che questo tipo po~sa essere deri,·ato da fusione con gli Amoriti, cd essere invece pili verosimile la derivazione da elementi bio~di prc,;cnti fra gli Ittiti. Tipo di Ebreo Sephardim (Marocco). Infine voglio accennare ad un'opinione molto plausibile, per cui non sarebbe necessario far ,·cnirc il biondismo da mescolanze con altre razze. Difatti, secondo r-Iontandon, fattori ciel hiondismo si troverebbero in tutta l'umanità, sia celati, sia larrnti. sia manifesti; nella grande razza europoide esso è gcn.eralmentc larvato, cd è manifesto solo nella razza bionda. Venendo adesso al periodo posteriore alla diaspora, e cioè agli Ebrei emigrati fuori della Palestina, si sa che essi si distinguono in due gruppi a seconda elci rito seguito: Sephardi111 (che secondo la tradizione derivano dalla tribù di Giuda) nei paesi costieri del Mediterraneo (oltre quelli emigrati in varie parti cli Europa, in seguito all'espulsione dalla penisola iberica ai tempi di Ferdinando e Isabella la Cattolica, 1492), e Asclic11a:::im (che secondo la tradizione derivano dalla tribù di Beniamino) in Russia, Europa centrale e occidentale, Inghilterra (oltre quelli emigrati dalla Russia, Rumenia e Galizia nell' A111erica del Nord). Riguardo i caratteri antropologici di questi due gruppi, risulta che quelli che seguono il rito Sephardim hanno cranio essenzialmente clolicomorfo, fisionomia fine, naso sottile, spesso regolarmente convesso, complessione prevalentemente scura, mentre quelli che seguono il rito Aschenazim hanno tratti più grossolani. testa più larga, spesso realmente brachicefala, naso grosso, carnoso. talora capelli ricci, complessione chiara più frequente. Razza asiatica anteriore (Turco anatolico) ..

Tipo di Ebreo Aschenazim (Siberia) Si è molto discusso se, mal- . grado queste differenze, tutti gli Ebrei odierni possano ascriversi ad una stessa unità antropologica. Deniker, Kollmann, Fishberg, Weissenberg seguirono l'antica opinione della separazione anche antropologica fra Sephardim e Aschenazim, dei quali i primi erano ritenuti come i più puri discendenti degli antichi Ebrei, mentre i secondi, in base ad clementi storici e induttivi, erano ritenuti come derivati in gran parte dalla conversione di popolazione turco-tartare che facevano parte dell'antico impero dei Cesari. Anche Czortkowcr recentemente ha espresso l'opinione che solo i Sephardim corrispondono al tipo ebreo originario. Egli, poi, distingue gli Aschcnazim in due gruppi, uno caucasico con elementi armcnoidi prevalenti, cd uno europeo (Ebrei polacchi ecc) molto mescolato, con alquanti clementi nordici e lapponoidi e minore quantità di clementi armenoidi. L. Livi, riprendendo un'idea già espressa da altri, ritiene che e tra gli Ebrei del mondo vi sono ancora somìglianzc antropologiche per lo meno uguali a quelle che corrono fra i rappresentanti degli altri aggregati etnici detti, impropriamente o no, razze, e che quindi si possono considerare non solo come un'unità distinta dal punto di vista della religione, ma anche da quello antropologico». Una corrente diversa, invece, ritiene tutt'oggi non potersi parlare di una razza ebrea, ma di una comunità religiosa e sociale. alla quale si sono venuti aggregando in ogni tempo individui appartenenti a razze diverse. Così Pittarci ha scritto: « C'est à se demandcr mcmc, en face dc certaincs analyscs cthniqucs, combien te! ou te! group juif peut bicn rcnfcrmer dc juifs typiqucs, de ccux qui ont constitué, dans Ics environs dc la ì\Jcr :\!orte, le peuplc ardcnt que !'on sait, le pcuplc élu ». Anche Montandon pensa che oggi gli Ebrei formano essenzialmente e une ethnie, une raison sociale » e non una razza uni forme. Secondo questo Autore, essi formano, là ove si trovano, dei gruppi somatici, collegabili per i loro caratteri principali all'una o all'altra razza, mentre esistono anche dei caratteri secondari. Rana orientale (Arabo libico) [Foto Genno] BiblotecaGino Bianco Tipi asiatici anteriori (da una figurazione turca). determinanti di gruppi e sottogruppi somatici, come pure di tipi locali; ed i quali, riguardando essenzialmente la fisionomia, fanno spesso riconoscere gli Ebrei (occhi a fior di testa, naso grvsso. labbra carnose, capelli ricci). Comunque, le differenze somatiche essenziali fra Scpharclim e Aschcnazim si possono in gran parte spiegare in base a quanto ho detto sulla probabilità cli differenze esistenti già fra gli antichi Ebrei della parte settentrionale della Palestina più mescolati con clementi ittiti, e quelli della parte meridionale meno mescolati con ittiti e mescolati inoltre con clementi mediterranei veri e propri. Wagcnseil pensa appunto che gli Aschcnazim proverrebbero eia tronchi ebrei settentrionali, che, diffondendosi verso Nord e Ovest, nella diaspora, vennero in contatto prima con altre popolazioni miste del Caucaso, con mongolidi e con razze europee (essenzialmente quella alpina). Essi così acquistarono elementi nordici chiari, i quali perciò non è necessario che derivino esclusivamente dagli Amoriti; a questo riguardo essi differiscono più fortemente che i Sephardim dagli Armeni, rimasti di razza asiatica anteriore pura. La forma della testa, già tendente alla brachicefalia per minore proporzione di clementi orientali, conservò questa tendenza nella diaspora, poichè le mescolanze avvennero con popolazioni essenzialmente brachicefale. l Sepharclim, invece, proverrebbero da tronchi ebrei meridionali che avviandosi verso occidente, nella diaspora, v-enncro in con;atto 'con popolazioni di razza orientale e mediterranea, accrc. scendo perciò, per le eventuali mescolanze, la tendenza già esistente alle complessioni scure e alla dolicocefalia. Si può concludere, pertanto, con Wagcnscil, che dal tipo originario ebreo, misto di elementi asiatici anteriori, ccl orientali, e forse un pò anche nordici, si sono sviluppati gli Aschenazim in senso asiatico anteriore, mongoloide, alpino e nordico, e i Sephardim in senso orientale mediterraneo; per cui i due rami ebrei sono diventati fisicamente alquanto diversi fra loro. Prof. GIUSEPPE E. GENNA Dirtllort dtll'Istil#ID di Aru,opoloti" d~/la R. Uni11e,1it• d, P11i•ù1 15

RAZZISMEOPOSSE iente, meglio del razzismo. giustifica i possessi coloniali in Africa. Anche senza dar valore a qualsiasi altro dato, basta a provarlo l'atteggiamento nlluale degli Africani , erso la loro terra. Giova ripeterlo: ~si non dànno affidamento di riuscire mai a incivilirsi nel senso inteso da noi; quindi non capiranno mai quanto c'è da fare per sfrullare a vantaggio della umanità le immense risorse naturali che avrebbero a portata di mano. on è giusto che mentre il mondo ne abbisogna. quelle risorse giacciano inutilizzate per rispettare una simile situazione; e piuttosto esse conferiscono il diritto alle nazioni ci, ili di agire in Africa onde mellerle in valore per il benes· sere universale. Certo, que;to non autorizza a soprusi o ad atti inumani verso gli originari occupatori del suolo; all'opposto, è do,eroso farli partecipare ai benefici creati sul posto dal· l'impulso di cui son portatori i coloni. Ma è inutile nutrire illusioni e sprecare tempo, denaro ed energie, come tanti vorrebbero, in grandi cure redentrici. perchè resulterebbero spro· porzionate agli effeui. Gran parte della legislazione coloniale dovrebbe, anzi. senza indugio variarsi in rapporto a ciò che l'Africano realmente possiede in fatto di doti psichiche e di progresso verso la nostra civiltà. Intanto dobbiamo sgombrare la no~tra mente da- utopie come quella sul sorgere di stati negri indipendenti che un giorno dovrebbero sorprenderci creando· da sè eserciti di terra e di mare. tribunali, università e orfìcine. Chi lo sostiene evidentemente non ricorda che già l'Africa tentò di fondare potentati indigeni ma chi' l11lli scom· parvero per mancanza di civiltà propria. In vari libri miei cercai di dimostrare perchè tali creazioni non potranno sussistere mai e le ragioni naturali, ogni giorno più acute, vietanti in maniera recisa agli Africani di s,iluppure industrie o anche soltanto un'agricoltura estese poco ol· tre i loro immediati bi,ogni. Dissi pure da anni che sulle rane africane pesa un imperativo hiologico da cui rnn re.,e sempre meno atte non solo ad assimilare un!\ civiltà straniera un po· elevata, ma perfino a serbare la propria; clw è infondato, per· ciò, pretendere l'asce5a evolutiva di genti trascinate al tempo &tesso alla decadenza da invincibili cause congenite. Tanto dura verità non è smentita eia nessuno degli argomenti porlati dai contradditori: fra i vari. quello della mirabile stnillura di parecchie lingue africane a prova del notevole potere in· nato di logi.-:a degli indigeni. el fallo è, all'opposto. un altro indizio del regresso verificatosi negli Africani. Si ha appunto. fra ess~ l'esistenza di lingue a struttura spropor,ionatamenle superiore a quella da attendersi osservando la loro presente cultura. Benchè divenuti oggi incapaci a crearsi un istrumento tanto perfello come la lingua di cui si servono, riescouo però ad adoperarla con facilità e a mantenerla attraverso le gene· razioni. Valga un esempio: i egri della Guiana, fuggiti nel 1718 ai padroni, usano ancora nella loro comunità, insieme alle parlate originarie, il portoghese imparato in schiavitù. Niente radicò invece delle maniere europee cli cui vennero a conoscenza. mentre ricostruirono parecchio della cultura africana. Per usare un vecchio confronto dirò che le lingue africane appariscono talora una stonatura e quale ·un manto sfar,oso sopra un abito a brandelli. Esse provano non la mentalità attuale degli Africani, ma quanto i loro antenati li supera· vano. La memoria non comune di coteste genti. mentre permise cli tramandare per secoli le lingue del passato, le aiutò anche nell'insistere in speciali modi cli vita. Osservatrici come sono BiblotecaGino Bianco per natura. cli animali, piante e indizi vari, riescono a trarre profitto da parlicolari cl1e sfuggono all'attenzione dei Bianchi perchè allralli da interessi diversi. Di conseguenza il Bianco è inferiore al ero nella , ila di foresta: donde il oenso cli disagio e la tendenza del primo a supplire con l'intelligenza ove altre doti non bastano, e la piena soddisfazione del secondo a parità di condizioni. Differenze innate del genere contribuirono for&e a spingere le razze sulla via ciel progresso. o , iceversa a mantenerle in stasi sema desiderio di uscirne. Per le accennate e tante altre ragioni apparisce illogico la· sciare l'Africa agli Africani: abbandoneremmo, così, un im· menso deposito di ricchezze in cui sarebbe invt'ce colpevole non attingere a fondo .. i pensi che non poche delle cose usate da noi si ottengono solo, o soprattutto dall'Africa. Fra le più pregiate. poi, molte 5ono quasi esclusività africana. Così i diamanti che brillano nelle vetrine dei gioiellieri provengono in gran parte dal suolo cli Kumberley; e l'oro. in quantità da non credersi, esce ogni anno dai filoni del Rand a Johannes· burg. La gomma e gli oli vegetali con cui tanto sapone è fab1,ricato. costituiscono pure abbondanti prodotti dell'Africa. Lo zucchero, il caffè. il cotone e i legni preziosi vi prosperano a meraviglia, mentre bestiame in gran numero pascola nelle sue sterminate praterie. Dà manufatti 111 entità trascurabile, ma le materie prime già fornite da e,sa hanno importanza tale da inAuire sul benessere di qualsiasi nazione: questo. seppure molto e molto resti ancora eia fare! In quanto a commerci, la sola Colonia del Capo ha un mo· vimento annuo di importazioni r- cli esportazioni sui 17 mi· liard1 cli lire italiane; l'Africa Orientale Inglese, benchè ap· pena ai primordi del suo rendimento agricolo e minerario. ,upera i tre miliardi. Per altre colonie africane le cifre non sono dissimili. Dia riò idea della portata economica, sociale e politica della situazione africana e del dovere nostro cli fa. vorirne gli sviluppi. Possiamo farlo senza hisogno di ricorrere alle sfrontate menzogne, care negli ambienti ufficiali di certi paesi. Difatti, una volta riconosciuta cd affermata l'impossibilità pale.se degli Africani al progresso. è il caJo cli disfarsi della vecchia retorica a sfondo altruistico. copertina cli sentimenti e principi non umanitari come quelli arumnziati. ma egoistici. Di una maggiore, anzi piena sincerità se ne avvantaggeranno molto i programmi coloniali e in ultima analisi il rendimento delle colonie. Fino ad ora, il bandire la necessità dell'andata in Africa dei Bianchi per redimere e incivilire i egri fu una sublime affermazione. ma stando alla successione degli eventi essa fu pari acl una mistificazione. In Africa il Bianco vide una terra di fertilità prodigiosa e cli ricchezze da favola tra· scurate dai Negri, per cui pensò di carpirle. Nessun mezzo fu risparmiato per raggiunger lo scopo: intere regioni furono spopolate quando gli indigeni resistettero. aree vaste vennero occupale cacciandone o riducendone servi i primitivi abitanti. Ma latLie, sventure e miserie mai conosciute in precedenza divennero gli apporti principali di cui i Bianchi gratificarono i egri nel presunto aiutarli ad ascendere verso la civiltà, men· tre i secondi erano il migliore ausilio ai primi nel raggiungi· mento delle loro mire. Così, ognuna delle antiche imprese co· loniali si risolse in Africa in una spogliazione, talora inumana, degli indigeni. Per convincersene basta rivedere la storia della prima occupazione portoghese delle coste oceidentali del con· linente; le atrocità degli Olandesi e degli Inglesi e la provo·

COLONIALI cala estinzione degli aborigeni nel Sud Africa; il traffico orrendo iniziato dai Portoghesi e dagli Spagnoli e continuato per secoli dagli Inglesi per fornir l'America di schiavi negri. Dopo lungo esperimento, nessuno può disconoscere l'avere gli Africani risentito dalla civiltà un danno mai compensato da corrispondenti vantaggi, l'aver essi subìto molti soprusi e ridotta la loro antica ingenua letizia. Eppure è ineluttabile l'azione colonizzatrice e un afffusso sempre maggiore di Europei in Africa. La dottrina razzista autorizza .a dire in proposito la verità senza ipocrisie: gli Europei dominano in Africa perchè hanno il dovere e il dirillo di farlo. Milioni e milioni di essi, così, troveranno là il loro avvenire. Calorose affermazioni dei parlamenti britannico e france3e pretendono invece che il futuro dell'Africa sia riserbato massimamente agli indigeni. Vana speranza che ha tutta l'aria di momentanea consolazione di fronte alla scarsità, ogni giorno più acuta, di proprio materiale umano da lanciare nel mondo per par.are la concorrenza altrui. Gli Africani non potranno mai meritBie tanta importanza, nè alcuna regiope del continente avrà mai una popolazione indigena capace di fBie da sè .anche solo parzialmente quanto ne concerne lo sviluppo, Non ripeto qui le ragioni, da me dette in molte occasioni, sul significare < l'Africa agli Africani> soltanto un .ritorno se non un rincrudire della secolare barbarie propria dell'anteconquista europea; della necessità, quindi, che quel grido divenga « l'Africa agli Europei>. Se non altro, lo richiede a gran voce il benessere del mondo civile. Frattanto, se consideriamo di 150 milioni la popolazione indigena, e la cifra è forse eccessiva, ammettiamo che l'Africa ospita meno di un dodicesimo degli uomini del mondo, mentre la sua superficie è più di un quinto della terra emersa. Ove . in India vivono 360 milioni di persone, nelle fertili colonie equatoriali inglesi dell'Africa, pari pe, superficie ad oltre metà dell'India, se ne hanno appena 12 milioni. II Continente Nero difeua quindi di popolamento, nè le cause sono soitanto climatiche. li Sahara nel nord e il Kalahari nel sud ostacolano, è vero, la permanenza dell'uomo, m.a anche altrove si hanno deserti o comunque zone che ve la limitano in misura uguale o superiore. Calamità quali la malaria. la febbre gialla, la malattia del sonno e svariate epidemie devastarono talvolta intere regioni, ma oggi sono vinte in maggioranza. Nondimeno gli indigeni solo in rari luoghi aumentano di numero. Le cause ne saranno rimosse col diffondersi dei miglioramenti che ·l'uomo bianco· deve volere per motivi di civiltà e perchè ha tutto da guadagnare dal moltiplicarsi, anche il più vertiginoso, delle razze locali. Benchè si sia ancor lungi dal poter dire il continente un paradiso in ogni sua parte per gli Europei, oltre tre milioni di essi vi si sono stabiliti e vi generano figli sani e robusti. Non dimentichiamo, però, che per alcune zone l'incremento numerico dei Bianchi è ostacolato da ragioni di clima; ovunque, poi, il successo economico dei coloni è legato alla presenza sul posto di mano d'opera indigena. Ammesso quindi, perchè inevitabile, uno stragrande accrescersi della popolazione bianca in Africa, nessuna parte del continente potrà mai divenire in totalità un paese bianco. A questa ferma certezza è necessBiio ispirare i nostri programmi colo· niali. Nei riguardi degli Africani, poi, va abbandonato ogni ambiguo atteggiamento, secondo il razzismo ci permette dignitosamente di fare, per sostituirlo con la più -limpida sincerità: sempre buona compagna nelle maggiori imprese. LIDIOCIPRIANI La vecchia retorica dell'incivilimento a sfondo altruistico, ma con intenti egoistici: perchè questa "benefattrice" fomiace ai piccoli negri del latte artificiale? Per giovare alla loro saluto (ma di questo ai è già incaricata madre natura); o piuttosto per un fine atrellamente pubblicitario?

IL Ateleio~ o nanismo vero; l'anomalia sembra avere carattere di recessività. Nel!' esempio por• lato l'individuo di sinistra ha 49 anni ed è alto m. 1.06. L"applicazione delle leggi cli Mendel alla specie umana si presenta ostacolata da particolari difficoltà. Una prima fondamentale consiste nella impossibilità di applicare all'uomo proprio quei metodi che più si sono dimostrati utili per la risolu· zione dei problemi dell'ereditarietà. Sappiamo infatti che la genetica massimamente usa dei metodi sperimentali, tra questi largamente appl-icando quello della riproduzione tra consanguinei, in quanto dimostratosi uno -dei più proficui per risultati; operando inoltre su vastissima scala poichè è noto che in tale scienza il risulbato finale è il prodotto di deduzioni tratte dalla disamina di dati statistici, e quindi tanto di maggior valore quanto più precisa, cioè fatta in base a più gran numero di esem- •plari, sia stata la statistica. Ora nell'uomo esiste, ed ovvie categoriche ragioni di indole morale lo esigono, la libera scelta matrimoniale degli individui, che certamente non è diretta nel senso che il genetista potrebbe desiderare. D'altra parte è fuori discussione, non si può neppure lontanamente pensare, a regolare tale scelta a nostro piacimento in rapporto a quanto sarebbe più utile per il progresso degli studi di genetica, trattare cioè l'uomo alla stessa stregua dei nostri animali di laboratorio. Viene in tal modo a mancare una delle armi più valide. Tutto il materiale di studio di cui disponiamo si può quindi dire limitato ai sol.i casi che spontaneamente ci si presentano; ùn particolare valore rivestono quelli dei matrimoni tra consanguinei, che però non sono troppo frequenti, cui dobbiamo i più preziosi contributi alla risoluzione del problema. Il risultato di questa prima difficoltà è che le asserite applicazioni del mendelismo all'uomo vanno accettate, ove ne sia il caso, sempre facendo le dovute riserve, in quanto, essendo prive di quella indiscutibile conferma che viene solo data dalla ri18 BiblotecaGino Bianco o ed è padre dell'in• clividuo di destra che ne ba 12 e mez• zo e raggiunge soltanto i 77 cm. (Da Rostand, Collezione A. Léri). prova sperimentale, si trovano ad essere in sostanza soltanto delle deduzioni, ariche se tratte dal l'esame di particolari casi che all'osservazione sono sembrati collimare perfettamente con quanto di positivo è stato acquisito dalle esperienze genetiche nel campo animale e vegetale. Ciò non vuol dire tuttavia che tali deduzioni debbano a priori considerarsi prive di qualsiasi valore. Ma quanto si è detto si consideri invece piuttosto come una semplice doverosa premessa che va fatta ad ogni seria indagine sulla applicabilità del mendelismo all'uomo. Una seconda difficoltà insorge dall'assenza, che si può asserire assoluta, di caratteri puri nelle razze umane, almeno riferendosi a quel dato particolare ordine di caratteri che più da vicino ci interessano essendo quelli su cui di preferenza si porta l'indagine, così per esempio il colore dell'iride o quello dei capelli. Per le mescolanze cui tutte le razze hanno sottostato nel corso dei secoli questi caratteri sono infatti venuti a perdere ogni qualità di purezza, sicchè gli individui si possono ordinariamente ritenere dei complessi eterozigoti rispetto ad essi. Ancora una'difficoltà è infine rappresentata dalla troppo scarsa prolificità della specie uma,ra, che non consente in linea di massima la formulazione del dato statistico, che invece, come si è detto, sappiamo essere di fondamentale importanza per questo ordine di studi, e specialmente in quei casi, cui appunto sembra appartenere anche quello degli uomini, in cm alla formazione di un solo carattere prendono partP. anche numerosi fattori. Dalla enunciazione di questi tre fondamentali ostacoli parrebbe che l'unica conclusione logica da trarsi in relazione al nostro studio fosse l'affermazione che le leggi di Mendel hanno ben poca probabilità di trovare applicazioni nel campo umano. Ma così non è. Invero comincia ormai ad essere imponente il numero dei casi osservati cli ereditarietà nell'uomo di parecchi

caratteri la spiegazione della cui trasmissione è mirabilmente agevolata dall'applicazione ad essi delle leggi e degli schemi dell'eredità mendeliana. Un altro argomento di notevole importanza, benchè indiretta, può ancora essere portato a convalida della tesi del mendelismo umano, cioè il fatto dell'organizzazione di tutti gli esseri viventi sullo stesso piano unitario fondamentale. Che se l'uomo, grazie soprattutto al meraviglioso sviluppo raggiunto dal suo cervello e dalle funzioni ad esso inerenti, si può considerare il più perfetto degli esseri viventi, sì da porre giustamente il suo posto al sommo della scala zoologica, non bisogna però dimenticare che per quanto egli possa dal resto degli organismi considerarsi lontano, non s1 può però del lutto da questi estraniarlo, non si può in altre parole negarne la natura animale; ammesso ciò, egli automnticament•! vie'le a rientrare, per t11lesua qualità, alla dipendenza delle leggi generali della biologia. Ora le leggi di Mendel sono veramente quanto di più squisita• mente biologico si può immaginaAcheiropodia, assenza cioè delle mani e dei piedi: tale granas1.ma anomalia sembra ereditarsi con carattere di dominanza; si può notare come il padre e tutti i figli si presentino affetti. re. come prova la loro universalità, come prova la loro unicità di formulazione ed applicazione in ambo i regni degli esseri viventi, in misura maggiore o minore in dipendenza soprattutto della facoltà di sperimentazione. Lasciando ora da parte tale teorica discussione del problema, ed attenendoci più strettamente a fatti positivi, si può tornare ad affermare che ormai molti caratteri umani sono stati riconosciuti 11hbidirealle leggi di Mendel. Una lunga serie si potrebbe citare: di caratteri normali, come il colore rlegli occhi e quello clei capelli. l'albinismo, la presen1.a Polidattilia, preaenza cioè di dita soprannumerarie; il piede ha 7 dita, 1a mano (radiografia) ne ha sei; questo carattere sembra essere dominante. (Da Rostand, Coli. A. Léri). BiblotecaGino Bianco CDa Peacock). di una ciocca bianca nella capigliatura, le attitudini artistiche in genere, e particolarmente la musicale; di caratteri di anomalie come brachidatti,lia, polidattilia, acondroplasia, ipospàdia, labbro leporino, •atele:iosio nanismo vero, lussazione congenita dell'anca, ipotricosi o retiniti pigmentarie; di caratteri patologici quali la paralisi semplice, varie malformazioni degli occhi (cataratta congenita, miopia, ecc.), alcaptonuria, xeroderma, pigmentosum, alcune forme di epilessia e di sordità, emofilia, daltonismo, certe forme di atrofia muscolare; e molti altri tutti trasmettentisi con carattere di dominanza o di recessività, e legati al sesso, e capaci di essere espressi, come avremo occasione altra volta di dimostrare, con gli stessi schemi usati nel mende1 ismo animale e vegetale. In base a tali conoscenze si può quindi concludere che tutta l'eredità umana si esplichi anch'essa come quella degli animali e delle piante :in dipendenza delle leggi di Mendel. La generalizzazione fatta appare giustificata dal fatte> che non si vede perchè tra i vari caratteri di uno stesso organismo· debba esistere una diversità di tf!1smissione, non intesa nel senso di una maggiore o mmore complessità dei suoi aspetti. Può infine darsi che per la complicazione presentata dal prohlema e più ancora per le difficoltà che abbiamo enunciate non si giunga mai ad una totale diretta so-Juzione del problema. Ciò tuttavia non toglie che soprattutto nel campo della trasmissione di <:aratteri anomali o patologici non si debba far tesoro di quelle nozioni che la continua osservazione ha rese più verosimilmente certe come trasmissibili con meccanismi mendeliani; e farne quindi del le opportune applicazioni nel campo della eugenica razziale. Dott.MARCELLORICCI 19

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