donne chiesa mondo - n. 30 - dicembre 2014

L’OSSERVATORE ROMANO dicembre 2014 numero 30 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Il femminismo non può che essere pro-life A colloquio con Josephine Quintavalle, fondatrice del think tank Comment on Reproductive Ethics di L AURA G OTTI T EDESCHI A Josephine Quintavalle l’idea di fondare il Core (Comment on Reproductive Ethics) è venuta quando l’Hfea, l’autorità nazionale inglese chiamata a valutare eticamente le proposte in materia di fecondazione, fece una consultazione pubblica per prelevare gameti da donatrici viventi, cadaveri o feti per curare l’infertilità o per poter fare ricer- ca scientifica. Così il Core si mise a distri- buire cartoncini con scritto: «No, non vi autorizzo a usare i miei gameti». Scanda- lizzata dal fatto che si potesse anche solo pensare a una proposta del genere e scon- volta dai danni che la legge sull’aborto sta- va provocando alle donne inglesi, Quinta- valle ha deciso di dedicarsi alle battaglie in difesa della vita umana e contro lo sfrutta- mento del corpo femminile e degli embrio- ni umani che le tecniche riproduttive com- portano. Per vent’anni ha lavorato anche come volontaria per l’organizzazione Life, facendo consulenza a oltre settemila donne che si trovavano in difficoltà con la gravi- danza. Nonostante l’entrata in vigore dell’Abortion Act (1967), l’aborto nel Re- gno Unito è pressoché su richiesta fino alla ventiquattresima settimana, e il novantotto per cento delle donne abortisce con la mo- tivazione personale di un non ben specifi- cato «rischio di salute fisica e mentale». Come valuta i risultati della campagna euro- pea Uno di Noi che ha raccolto oltre un milione e ottocentomila adesioni in venti Paesi? È assolutamente meraviglioso che siano state raccolte così tante firme a difesa dell’embrione e dell’inviolabilità della vita umana. In particolare, bisogna fare i com- plimenti all’Italia per aver saputo stimola- re e generare questa reazione in tutta Eu- ropa, e per essere riuscita a raccogliere un così alto numero di adesioni. Oltre all’im- mediato obiettivo di proibire che l’Europa finanzi la ricerca distruttiva sugli embrioni umani, questa iniziativa è stata straordina- ria nel riunire così tanti gruppi pro-life da tutta Europa, creando un potentissimo network di persone finalizzato alla difesa della vita umana. Tra i venti Paesi, il Regno Unito si è classifi- cato fra gli ultimi per il numero di firme rac- colte: ventottomila contro le oltre seicentotren- tamila dell’Italia. Come mai? Abbiamo lavorato davvero duramente per convincere i colleghi pro-life che biso- gnava sostenere questa campagna. C’è un movimento pro-life molto forte nel Regno Unito ma siamo un’isola in più sensi: non ci si sente molto europei in campo politi- co, non siamo riusciti a far comprendere la portata di questa campagna. Qual è la situazione in campo bioetico? Il Regno Unito è stato il precursore in tutto il mondo nell’approvare legislazioni in materia di fecondazione in vitro e sulle tante controverse questioni etiche che emergono dalla riproduzione artificiale. Le sono creare embrioni da spermatozoi uma- ni e da ovuli di mucca. Si definisce femminista pro-life, eppure i più credono che siano proprio le femministe le maggiori paladine del diritto della donna ad abortire. Se il femminismo si fonda sulla difesa dei diritti della donna, allora una femmini- sta non può che essere pro-life: l’aborto è un vero sfruttamento del corpo femminile, e quindi bisogna combatterlo. Il Core ha creato un network internazionale di perso- ne e gruppi tra diversi Paesi, specie tra Eu- ropa, Stati Uniti e Australia: il risultato è stato la creazione di alleanze con gruppi di donne che — se anche non condividevano in assoluto i nostri principi di difesa della vita umana — riconoscevano e denunciava- no con noi lo sfruttamento delle donne e del loro corpo, in tema di riproduzione as- sistita, raccolta di ovuli da (presunte) do- natrici, ricorso a madri surrogate. Il Core è una sorta di lente etica volta a creare consapevolezza sulla realtà della ripro- duzione assistita (fivet). Qual è la verità che non si dice intorno alla fivet? Che è permeata da una logica eugeneti- ca. Attraverso di essa vengono fecondati più ovuli di quelli che sarebbero fecondati naturalmente: alcuni degli embrioni che vengono in seguito prodotti sono imme- diatamente scartati perché non sono abba- stanza “adatti”. Tra i rimanenti, i migliori vengono impiantati subito, mentre gli altri sono congelati per uso futuro. Quelli scel- ti per l’impianto sono spesso soggetti a un’ulteriore diagnosi genetica che compor- ta la rimozione di cellule quando l’em- brione è allo stadio di otto cellule. Un in- tervento questo che potrebbe, tra l’altro, danneggiare l’embrione. Restando in tema di difesa della vita, come vede oggi la situazione in Europa? La percezione generale è che nel mondo le lobby pro-aborto stiano lentamente per- dendo terreno. Basti pensare che la metà degli Stati che compongono gli Stati Uni- ti ha legiferato in modo restrittivo in ma- teria di aborto; l’Ungheria ha inserito la difesa dell’embrione umano nella sua Co- stituzione; in Spagna i numeri stanno cambiando lentamente grazie a un movi- mento pro-life molto attivo e dinamico. E nel Regno Unito? Qui purtroppo c’è ben poco da festeg- giare. Oltre all’applicazione della fivet più liberale che si possa immaginare, con la distruzione colossale di vita umana fin dal primissimo stadio di vita, le interruzioni volontarie di gravidanza non stanno affat- to diminuendo. L’aborto è consentito fino alla ventiquattresima settimana, in certe circostanze anche fino all’ultima settimana di gravidanza. Nel 2012, su un totale di 160 aborti dopo le ventiquattro settimane, 28 sono avvenuti dopo l’ottavo mese di gestazione. Già nel 2005, intervistata da «The Obser- ver», disse che bisognava «svegliare le co- scienze degli inglesi» riguardo alle leggi sull’aborto: non si sono svegliati dunque? Purtroppo no, anzi oggi la situazione è ancora più urgente. Il Regno Unito è ca- duto totalmente nella morsa dell’utilitari- smo mentre discute di eutanasia, aborto e manipolazione genetica dell’embrione umano. E non c’è un vero dibattito acca- demico in materia di bioetica. Questo è sorprendente se si pensa che il cittadino europeo medio ci guarda come modello di democrazia e di virtù. Questo limite può forse essere dovuto al fatto che nel Regno Unito i movimenti pro-life paiono composti solo da cattolici a volte un po’ troppo “da piazza”? Ci sono diversi movimenti pro-life nel Paese ed è vero che molti di quelli che hanno basi religiose, soprattutto cattoliche e cristiane evangeliche, alzano un po’ troppo la voce. È importante la loro voce da piazza, ma bisogna combattere mag- giormente anche a livello politico e acca- demico. Negli ultimi anni, comunque, l’istinto pro-life presente in ogni essere umano ha guadagnato slancio. C’è stato, ad esempio, un aumento di giovani senza particolare appartenenza religiosa che si oppongono alla politica pro-choice. Quali le principali battaglie bioetiche che sta- te affrontando oggi nel Regno Unito? Saranno due le grandi battaglie dei prossimi mesi. Una contro la proposta di ridurre il più possibile il ruolo del medico nella valutazione delle motivazioni che spingono le donne ad abortire. La secon- da è contro la proposta di creare degli em- brioni da tre “genitori”. Questa sarà una battaglia veramente dura per noi perché il problema è camuffato con linguaggio così altamente scientifico che le persone comu- ni non riescono a capire. Dobbiamo quin- di tradurre la realtà di ciò che è proposto in modo tale che chi ci supporta possa ca- pire che, ancora una volta, una novità scientifica è in realtà un attacco all’em- brione umano. Il Belgio ha recentemente approvato una leg- ge che autorizza l’eutanasia dei bambini ma- lati. Il governo inglese deve tagliare i costi sanitari, con anziani e malati che iniziano a sentirsi di troppo. Dove stiamo andando? Combattere l’eutanasia è un’altra delle nostre tante battaglie. C’è, per fortuna, una forte alleanza di gruppi pro-life in In- ghilterra, unitisi sotto lo slogan Care not Killing («curare, non ammazzare») cui fa capo il dottor Peter Saunders, che dirige il Christian Medical Fellowship. L’ombra dell’eutanasia si sta espandendo in tutta Europa. Bisogna proprio svegliarsi. Nel Regno Unito le leggi sono state sempre tristemente progressiste È davvero difficile trovare casi in cui proposte liberali in campo bioetico siano state proibite Nata in Nuova Zelanda settantaquattro anni fa, Josephine Quintavalle è cresciuta circondata da parenti sacerdoti e suore di religione cattolica. Dopo la laurea in inglese al Birkbeck College di Londra, ha lavorato nel movimento per la vita britannico e nel panorama internazionale per circa quarant’anni. Nel 1994 crea il Core (Comment on Reproductive Ethics), think tank internazionale che affronta i numerosi problemi che hanno seguito la pratica della fecondazione in vitro. donne chiesa mondo leggi britanniche sono state sempre triste- mente progressiste e liberali: è davvero difficile trovare casi in cui proposte libera- li in campo bioetico siano state proibite. Può fare qualche esempio di legge che andava proibita? All’inizio la clonazione umana era con- siderata un passo eccessivo e quindi fu vietata, ma oggi c’è un grande entusiasmo di fronte alla possibilità di creare embrioni con il materiale genetico di tre o quattro diversi adulti. Questa procedura però coinvolge tecniche simili a quelle della clonazione, quindi quell’iniziale divieto evidentemente è stato aggirato. Pensi che oggi nel Regno Unito per ricerche si pos- La procreazione Giovanni Bellini, «Presentazione al Tempio» (1460, particolare) Un corpo che nasce da un altro corpo, è questo il significato della parola procreazione. Sono le donne che procreano, quando danno alla luce un altro essere umano. Romanzi, poesie, scienza e tecnica hanno esaminato, scandagliato, riflettuto e studiato per secoli questo momento fondamentale della vita umana che rimane misterioso e — nello stesso tempo — visibile e concreto, universale e, insieme, intimo e personale. Procreare è comune, ma non è ancora facile e per molti e diversi motivi. Perché per molte donne e per molti neonati in gran parte del pianeta può portare morte e malattia come racconta Chiara Benedetto, presidente dello European Board and College of Obstetrics and Gynaecology. Perché sulla procreazione si accaniscono la scienza e la tecnica che pure potrebbero aiutarla, come ci spiega Josephine Quintavalle, fondatrice di Core (Comment on Reproductive Ethics). Eppure, malgrado tutto, malgrado i vecchi pericoli dell’arretratezza che permangono e quelli più ambigui, ma non meno gravi, della modernità, la procreazione conserva il suo mistero, la sua forza anche nelle situazioni più difficili e tragiche. Silvina Pérez narra la storia di Aria, adolescente yazida perseguitata, privata di tutto, violentata dai miliziani dell’Is, che si accorge di essere incinta e che conclude il suo racconto affermando: «Ma vado avanti. Tra qualche mese dovrò dare un nome a questo bambino. Non potrò mai più tornare a Mosul. Non potrò mai più cancellare la vergogna. Sono morta ma la luce della vita è dentro di me». Quella luce di cui parla Aria, che si accende nel rapporto fra la madre e il figlio, non rimane impigliata nel pur importante rapporto fra i corpi, ma riesce a trasmettersi anche fuori da esso. La maternità può diventare spirituale. Quella delle suore — raccontata magistralmente da madre Maria Barbagallo — è altrettanto profonda. Ed è l’esempio più grande di come la fede possa esaltare e allargare un sentimento fino a renderlo universale, permeando l’esistenza di tutti coloro che ne accettano fino in fondo il valore. A conclusione di un anno di riflessione sulla teologia della donna, due pagine di dibattito — tenutosi il 3 novembre scorso in redazione — chiudono questo numero. ( r.a. )

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