donne chiesa mondo - n. 9 - febbraio 2013

women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women L’OSSERVATORE ROMANO febbraio 2013 numero 9 Inserto mensile a cura di R ITANNA A RMENI e L UCETTA S CARAFFIA , in redazione G IULIA G ALEOTTI www.osservatoreromano.va - per abbonamenti: ufficiodiffusione@ossrom.va donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo Come una palestra dello spirito Quando la voce di donna intuisce la trascendenza di E LENA B UIA R UTT G RAVIDANZA Piove una pioggia che non può sciogliermi perché non sono sola. La bambina che si muove dentro mi punta al centro mentre l’altra gamba del compasso descrive armonie concentriche in uno specchio d’acqua perfetto. Nell’incedere guidato capisco come il fango non risucchi il passo, ma una spinta elastica mi catapulti nei profumi dell’erba medica tagliata. I N VIA C OLA DI R IENZO Io madre appena con mia madre ho un’ora di tempo per usufruire di un mondo in saldo mai stato mio. Camminiamo a braccetto come ai tempi del liceo ma ora il passo è veloce e lo sguardo va oltre la vetrina fino a casa dove mia figlia lontana dal latte si difende in un sonno di ripiego. Indignazione compassione derisione. Nello specchio di ogni camerino la mia pancia gonfia e floscia sorprende la commessa aliena. Alla perfetta omogeneità del fondo tinta sfugge quasi ormai senza colpa persino il ricordo dello squarcio supremo. Della vita che nasce. Le parole hanno ini- ziato a staccarsi dalla matita e a cadere sul fo- glio, quando sono rimasta incinta della mia prima figlia. Percepivo più o meno confusa- mente che stava succedendo qualcosa di incre- dibile, qualcosa di “eccedente” e la poesia si rivelava l’unico modo per dare voce a un’espe- rienza che mi superava. Le armi dell’intelletto da sempre frequentate erano insufficienti per affrontare quello che stava avvenendo: si mo- stravano carenti e friabili per la loro pretesa implicita di spiegare, razionalizzare, incasella- re. Io invece sentivo il mio corpo trasformarsi, farsi mallo di noce, arrotondarsi e avvolgersi su qualcosa che era dentro di me, ma che non ero io. Mi sentivo un granello di sabbia rispet- to al portento che agiva all’interno e lo scon- certo per questa dismisura mi ha regalato la parola. L’ispirazione poetica è dunque arrivata così: per balbettare lo stupore di un’opportunità, per esprimere una gratitudine e un amore mai provati prima, per provare a ricentrare me stessa dinanzi a un qualcosa che confondeva le vecchie vie. Perché tutto era nuovo, venen- do di continuo trascinato nel fuoco vivo di ogni inizio. La scrittura partiva dal corpo, ascoltato, subito, amato; zampillava da un’esperienza concreta, ancorata alla fatica del quotidiano, per poi scoprire come questo fosse investito, illuminato perennemente a giorno, da una Forza esterna, di cui la poesia era chiamata a distillare i contorni. R OUTINE Routine, ma sì, un po’ di routine! Fare parte del gregge condividerne chiacchiere e caffè. Sprofondare la testa nelle sabbie di una praticità rassicurante. Pannolini, pappe, pipì, che prostrazione signora mia! Ma la sera quando svesto mia figlia di quello stupido rosa e io e lei in canottiera ci abbracciamo, una bellezza umile e bianca diffonde la flebile luce della stanza. Niente notte a impastare i nostri sogni. P ER M IRIAM E T HOMAS Io non vi vedrò invecchiare. Non vi potrò sorreggere quando le vostre gambe tremeranno per la stanchezza o la paura di morire. Ma forse, se per caso allora anche ci fossi, niente chiedereste a me che mi consumo ora ad addomesticare il vento che vi sferza la schiena mentre andate a scuola. E così mi chiedo che cosa rimarrà di questo amore selvaggio di questo amore con gli artigli conficcati fino all’ultimo respiro nella parola figli. La vita familiare nella nostra società è som- mersa da una retorica sentimentale e da ste- reotipi commerciali, venendo trionfalmente ge- stita da manuali di istruzioni per l’uso; a me si è rivelata invece come una palestra dello spiri- to, un modo per intuire la trascendenza che irrompe nella realtà di tutti i giorni. Il sentire una vita “altra” dentro di sé, l’es- sere chiamati a prendersene cura hanno a che fare con il creare e il servire, dimensioni arti- stiche e spirituali per eccellenza, opportunità e privilegio dell’essere donna. E l’ambito dome- stico, lungi dall’essere un penalizzante luogo di frustrazione e noia, può fare spazio a una nuova libertà, può divenire teatro di un vero e un proprio processo di ascesi: uno spossessa- mento di sé alla volta dell’intuizione di una pienezza maggiore. L O SPAZIO DI D IO In questa casa ultimamente nessuno più parla di Dio. Eppure a volte all’improvviso spingendo da puledri la macina dei giorni si apre nel silenzio uno spazio d’aria che quando lo attraversi sorridi piano come nevicasse. di A NNE P RECKEL L e storie familiari hanno volti visibili e volti nascosti, ven- gono trasmesse a voce alta o anche tacitamente. Nel suo libro Stille Post (2007), Christina von Braun decifra i messaggi trasmessi soprattutto nella linea femminile della famiglia: dalla nonna alla madre, dalla madre alla figlia. At- traverso le fonti di questo archivio familiare — ricordi, lettere, diari e memorie inedite — Christina von Braun avvia un dialogo con la storia. Ne nasce un quadro gene- rale complesso della storia tedesca nella prima metà del XX secolo. Con il suo libro, Christina von Braun crea un monumento soprat- tutto alla nonna materna, Hilde- gard Margis. Quest’ultima, che aveva radici ebraiche, a causa di contatti con la resistenza comuni- sta, fu arrestata dalla Gestapo nel 1944 e morì in prigione. Impren- ditrice di successo e promotrice dei diritti femminili, Margis fu ne- gli anni Venti tra le prime donne a candidarsi al Reichstag. Il suo coraggio e il suo impe- gno erano rappresentativi di una intera generazione di donne, ci ha detto Christina von Braun: «C’era un forte clima di partenza. Come se fossero state in attesa sui bloc- chi di partenza per mettersi final- mente in moto e poter dire: guar- date quello che anche noi siamo capaci di fare!». Christina von Braun è nata a Roma, nello stesso anno in cui è morta sua nonna. Figlia del diplo- matico tedesco Sigismund von Braun, dal 1943 in servizio all’am- basciata tedesca presso la Santa Sede, prima di trasferirsi in Ger- mania insieme alla famiglia, per qualche tempo ha vissuto nel mondo protetto del Vaticano: «Patria era un concetto che colle- gavo al sole nei giardini vaticani, e non a quella Germania fredda, cupa, distrutta dalle bombe. In qualche modo questa sensazione non mi ha mai abbandonata». Dopo l’arrivo degli Alleati a Roma, la Santa Sede accolse mol- te famiglie di diplomatici, tra cui i von Braun che erano evangelici. Come la famiglia sia stata accolta nell’ambiente cattolico del Vatica- no, è stato ricordato dalla madre Hilde nel suo diario, in cui rac- conta anche che monsignor Mon- tini, il futuro Paolo VI , andò a tro- vare la piccola Christina subito dopo la sua nascita. Al tempo della deportazione degli ebrei da Roma, Sigismund von Braun salvò la vita a molte persone. Uno dei suoi compiti era «di evitare che unità tedesche per- quisissero o addirittura occupasse- ro gli edifici appartenenti allo Sta- to del Vaticano», spiega Christina von Braun. Suo padre era piena- mente consapevole del fatto che nei suoi edifici e nei suoi conventi il Vaticano accoglieva anche molte persone che correvano il pericolo di essere arrestate: «Si trattava di azioni tutt’altro che prive di ri- schio. Se le autorità tedesche ne fossero venute a conoscenza, cer- tamente sarebbe stato arrestato». Quanto possa essere diverso il modo di vivere la storia in una stessa famiglia. Anche di questo parla il libro di Christina von Braun: a Berlino nonna Margis cadde vittima del regime nazional- socialista, mentre a Peenemünde lo zio, Wernher von Braun, co- struiva razzi per Hitler. I razzi, durante la seconda guerra mondiale, causarono gran- di distruzioni in molte città. Per la loro produzione venivano impie- gati i detenuti dei campi di con- centramento. Christina von Braun afferma a tale proposito: «Wer- nher, secondo me, non poneva domande politiche. E se gli si so- no presentate in modo dirompen- te, allora forse le ha semplicemen- te scacciate». Christina von Braun, invece, queste domande le pone. E va an- che oltre: chiede perché spesso non vengono proprio fatte. Come studiosa della cultura e realizzatri- ce di film si è dedicata a temi che hanno segnato la vita di sua non- na: l’emancipazione delle donne, il ruolo della religione, il potere delle ideologie; e tutto ciò ancor prima di conoscere bene la vita di Hildegard Margis: «È questa una delle consapevolezze acquisite nel- lo scrivere il libro: che facciamo parte di una di queste catene di ricordi e che quindi abbiamo anche un certo dovere di prose- guirla». di S YLVIE B ARNAY L a Bibbia è nata in una cultura di tipo patriarcale. Anche il suo di- scorso su Dio e il suo rapporto con l’uomo, la teologia, s’iscrivono su questo sfondo socio-culturale. Per questo motivo le immagini bibliche sono essenzialmente maschili. Il Dio dell’Antico Testamento è il re, il Dio degli eserciti, il cu- stode, il maestro, il giudice, il patriarca. Tut- tavia la sua designazione quale «padre degli uomini», «padre d’Israele» o «nostro padre» ( Isaia , 64, 7) viene al secondo posto, dopo quella del suo nome: «Io sono colui che so- no» ( Esodo , 3, 14). Egli esercita la sua pater- nità anche verso la stirpe del re-messia d’Israele: «Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio» (2 Samuele , 7, 14). Il Dio del Nuovo Testamento è il padre, Cristo è il figlio che insegna la preghiera del Padre Nostro. Que- sto sostrato fonda un intero registro metafori- co la cui nota più importante è essenzialmen- te androcentrica. Di fatto, nella dottrina clas- sica, il divino non appare sotto forma di donna o di madre. Non è ginecomorfa. Questa dottrina classica concede tuttavia un posto importante a una tradizione biblica in cui l’azione di Dio è descritta con l’aiuto di immagini specificatamente materne. Nell’Antico Testamento, Dio è come l’aquila che vola sopra i sui nati e veglia su di loro ( Deuteronomio , 32, 11) o li porta sulle sue ali ( Esodo , 19, 4). È come l’orsa che attacca quando le vengono tolti i suoi piccoli ( Osea , 13, 8), come la balia che porta il lattante ( Numeri , 11, 12). Le immagine materne sono forti in Isaia: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?» ( Isaia , 49, 15). Nel libro di Giobbe, l’azione creatrice di Dio è descritta come un parto: «Chi mette al mondo le gocce della rugiada? Dal seno di chi è uscito il ghiaccio e la brina del cielo chi l’ha generata?» ( Giobbe , 38, 28-29). Il salmi- sta si riposa in Dio come un bambino dorme in braccio a sua madre ( Salmi , 131, 2). Il Dio dell’Antico Testamento non è un Dio al fem- minile, cioè una dea, ma un Dio materno, messaggio implicito nei confronti dei culti re- si alle divinità pagane femminili. Nel Nuovo Testamento Gesù è paragonato a una madre che riunisce i pulcini sotto le sue ali ( Matteo , 23, 37), e nelle lettere neotestamentarie ab- bondano le metafore femminili e materne (cfr. 1 Corinzi , 3, 1-2; 1 Tessalonicesi , 2, 7-8; 1 Pietro , 2, 2). Sembra sia stato Clemente Alessandrino il primo padre della Chiesa a stabilire un paral- lelismo tra la paternità e la maternità di Dio. Nel Quis dives salvetur Clemente Alessandri- no sposta questa paternità e maternità di Dio sul terreno del rapporto tra l’inconoscibilità e l’incarnazione: «L’indicibilità lo fa Padre; la sua compassione per noi lo fa madre». Così la maggior parte delle metafore fem- minili illustrate dai padri della Chiesa si ri- collegano alla natura umana del Verbo incar- nato. È per questo che, quando si riferiscono alle immagini femminili nella Bibbia, gli au- tori cristiani non indicavano Dio, ma soprat- tutto Cristo e la Chiesa. Secondo le interpre- tazioni, l’uso delle metafore femminili vale così classicamente per designare l’uno o l’al- tro. La figura della madre funziona quindi come figura di Cristo e della Chiesa in tutto un insieme di testi. È in funzione di una tale tipologia che Clemente Alessandrino parla, per esempio, della Chiesa. Citando Isaia («come una madre consola un figlio così io vi consolerò»; 66, 13), ne dà un’interpretazio- ne ecclesiologica: «La madre attira nelle sue braccia i suoi figli piccoli e noi cerchiamo nostra madre, la Chiesa». Inoltre, nei suoi scritti la maternità indica la conoscenza divi- na e la Saggezza. Nella stessa prospettiva, un intero ramo della patristica vede nella donna la Chiesa e nel padre Dio. È così che viene tradizional- mente interpretata la parabola di Matteo: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti» (13, 33). Per Ambrogio di Milano o per Pietro Crisologo, per esempio, la donna è l’immagi- ne della Chiesa. Ma questo stesso riferimento scritturale serve anche a identificare la donna con Cristo. Romano il Melode opera tale identificazione: «La donna è, dice la Scrittu- ra, la virtù e la saggezza del Creatore, vale a dire Cristo, saggezza e potenza del Padre». Il parallelismo tra la donna, Cristo e la Sag- gezza è a sua volta stabilito. Agostino lascia in eredità alla posterità medievale la figura di Cristo come «Madre- Saggezza». Allo stesso tempo, trasmette l’idea di un’umanità ginecomorfa perché vul- nerabile. È anche il primo a considerare Cri- sto come Padre e insieme come Madre. Riu- nendo una serie di citazioni scritturali, prese in particolare dal corpo paolino, insiste sul ruolo paterno della generazione e sul ruolo materno del parto dell’Apostolo: voi non avete «molti padri, perché sono io che vi ho sposo, amico, sorella e madre. La continuità medievale di questa rete metaforica è, anche in questo caso, degna di nota. Alla fine del IV secolo, Gregorio Nazianze- no sottolinea però i limiti dell’uso metafori- co: «Da allora dobbiamo ritenere indispensa- bile applicare alla divinità (…) le parole di quaggiù, in particolare quelle che designano la parentalità. A tale proposito, tu forse im- maginerai che Dio è di sesso maschile perché viene chiamato Dio e Padre; e la divinità, di sesso femminile, secondo il genere delle pa- role; e lo Spirito, né l’uno né l’altro, poiché non genera». Pronunciate a Costantinopoli tra il 379 e il 381 in opposizione agli ariani, queste parole si riferiscono soprattutto alle concezioni gnostiche sul Dio maschile-fem- minile. Girolamo, per la latinità contemporanea, ha delineato con un sol tratto la linea orto- dossa della dottrina: «Nella divinità, in effet- ti, non c’è sesso». Dio non è dunque né fem- minile né maschile. I generi grammaticali non possono circoscrivere l’incommensurabi- lità divina che si è fatta commensurabilità. Riferendosi alla Trinità, Girolamo ricorda vo- lutamente la diversità dei generi nelle varie lingue per indicare lo Spirito Santo: in ebrai- co femminile, in latino maschile e in greco neutro! Le fonti gnostiche, a differenza degli scritti cristiani, di fatto continuano a utilizza- re un simbolismo sessuale nella rappresenta- zione di Dio, in un principio fondamental- mente dualista. Tre forme di rappresentazione di questa dualità prevalgono nei circoli gnostici dell’antichità cristiana. La prima rappresenta- zione — proveniente dagli ambienti vicini allo gnostico Valentino del II secolo — presenta l’idea di un Dio fondamentalmente ineffabile ma che, nello stesso tempo, si compone da una parte «della fonte ineffabile, della pro- fondità, del padre primordiale; dall’altra del- la grazia, del silenzio, delle viscere e della “madre del tutto”». In questa componente, maschile è il “padre”, femminile è il “silen- zio”. Come nella sessualità umana, il silenzio riceve il seme dalla fonte ineffabile. Il frutto di questa unione è l’emanazione dell’essere divino disposta in coppie di energie femmini- li e maschili. La seconda rappresentazione as- simila Dio a una forma trina padre-madre-fi- glio, come, per esempio, nel Libro dei segreti di Giovanni (fine II secolo). La “persona” femminile riunita al padre e al figlio viene chiamata “madre”, e lo Spirito Santo è allora assimilato a una madre divina. Infine, una terza rappresentazione gnostica è propria- mente androgina. Nella Protennoia trimorfica scoperta nel 1945 a Nag Hammadi, un perso- naggio divino dice: «Io sono allo stesso tem- po madre e padre (…). Io sono il Principio e la Fine». Dio qui è una diade. Il XX secolo è parallelamente testimone della nascita di una teologia del femminile. A caratterizzarla, nella sua pluralità, è una nuo- va messa in discussione dei fondamenti della tradizione cristiana: «Dio Padre deve condi- videre il potere con Dio Madre». Nel loro scontro con la teologia classica, le teologie femministe cercano soprattutto di aggiungere una dimensione femminile al Dio uomo ere- ditato dai Padri e dalla tradizione al fine di rinnovare il modo di chiamarlo, e dunque di pensarlo. Queste teologie intendono così ap- portare un correttivo alla visione patriarcale di Dio, mostrando che la Bibbia stessa con- tiene tale correttivo sotto forma di metafore materne e femminili. Le formulazioni teolo- giche nuove che ne derivano, soprattutto ne- gli ambiti anglosassoni, sono dirompenti. Certo, la riflessione trinitaria presuppone un linguaggio analogico che reca necessariamen- te l’impronta del suo tempo. Ma l’intera que- stione consiste nel sapere se si può sostituire la formula trinitaria con altre, pratica comu- ne negli ambiti femministi, per esempio met- tendo al posto della formula «Padre, Figlio e Spirito Santo» la formula «La forza di crea- zione, di potenza di liberazione e di santifi- cazione». Le esplorazioni più recenti della psicanalisi entrano in consonanza con la dottrina tradi- zionale. Come sottolinea la psicanalista Ma- rie Balmary, il Dio padre-madre, che occupa ogni luogo come una “madre fallica”, non è lontano da un Dio onnipotente o da un falso Dio. Balmary mostra al contrario come la Bibbia «si opponga a identificare come ma- dre il Dio creatore». E, conclude, il «Dio al maschile e la paternità divina non derivano dal disprezzo per le donne, ma al contrario da un’umiltà divina». Il romanzo Diario d’inverno A sessantaquattro anni, un uomo «entrato nell’inverno» della sua vita decide di scrivere un diario. Ne esce un catalogo affascinante di volti, luoghi, sapori, emozioni, geli e gioie, tenuti insieme dallo specchio dinnanzi al quale quell’uomo si pone scrivendo. Il risultato — Diario d’inverno (Einaudi, 2012) di Paul Auster — è una cesta preziosa, capace di offrire al lettore una panoplia di fili su cui meditare, i più forti e belli dei quali hanno declinazioni femminili. Passaggi ammirati e innamorati per la donna che, in «un inatteso capovolgimento della fortuna», gli è moglie ormai da trent’anni; una poesia dolcissima al pensiero del figlio non nato, immaginato sempre come una bambina dai capelli rossi, che adesso avrebbe 43 anni; le lunghe pagine dedicate al ricordo della madre, donna affascinante, scompaginata e in cerca di sé, «sfiatata e sorridente». Una madre amata, ammirata, ma soprattutto una madre da cui Paul Auster, fin da piccolo, viene costantemente sorpreso. Sorpreso in quella che forse è una delle acquisizioni più sorprendenti per un figlio: la propria madre è stata, è e sarà anche qualcosa di altro. ( giulia galeotti ) Il film Mother Mother (2009) del regista coreano Bong Joon-ho è un film cupo e duro. Al centro una donna di cui non a caso non si conosce né il nome né il cognome che da sola si occupa, esclusivamente e con assoluto amore, del suo unico figlio, un giovane senza lavoro, con molti problemi caratteriali, che si mette spesso nei guai e che finisce in prigione accusato di omicidio. È la madre che dà fondo ai suoi poveri risparmi per pagare l’avvocato. È lei che si improvvisa detective. È lei che si degrada e mente pur di salvarlo. Una maternità dura verso la quale non c’è affetto e non c’è riconoscenza. Una maternità tanto grande e caparbia quanto sola, desolante, sacrificata. Un film triste recitato superbamente da Kim Hie-ja a cui sono andati molti riconoscimenti. Un film in cui l’amore materno indiscusso non ha alcun riconoscimento e tanto più si prodiga tanto più viene misconosciuto e disprezzato. Una madre che può trovare solo in se stessa, nella sua capacità almeno temporanea di dimenticare la forza per andare avanti. E la vediamo alla fine del film danzare da sola in un campo per cancellare con la libertà e la grazia dei gesti l’oppressione di un amore negato. ( ritanna armeni ) I MMIGRATE COMPRATE E ABUSATE NEGLI S TATI DEL G OLFO PERSICO Il fenomeno della tratta di esseri umani continua ad aumentare nello Yemen, con la povertà che favorisce in particolare lo sfruttamento sessuale delle donne — comprate e vendute, violentate e malmenate fino alla morte. Tra il 2011 e il 2012 nel Paese è stato registrato un aumento notevole nel contrabbando e nei casi di violenza tra le donne immigrate: lo dicono gli ultimi dati dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), che nel 2011 ha registrato oltre 103 mila nuovi arrivi. Durante il 2012, sebbene non vi siano cifre attendibili, si ritiene che siano molti di più. Le donne migranti, prevalentemente etiopi e somale, cercano di sfuggire alla povertà del Paese di origine; pagano centinaia di dollari avventurandosi in lunghi viaggi a bordo di sovraffollate e pericolosissime barche nel tentativo di raggiungere gli Stati del Golfo persico per trovare lavoro. Nel corso del viaggio vengono spesso stuprate, talora rimangono soffocate per il sovraffollamento e sono gettate in mare dagli stessi contrabbandieri. Una volta giunte in suolo yemenita, possono diventare ostaggio dei trafficanti. Secondo il rapporto Desperate Choices, condotto dal Danish Refugee Council e dal Regional Mixed Migration Secretariat, le reti criminali si estendono anche in Etiopia, Gibuti e Arabia Saudita. Contribuisce ad aggravare il fenomeno il cosiddetto turismo sessuale che vede piccole yemenite di famiglie povere costrette in matrimoni lampo con visitatori degli Stati del Golfo, che dopo aver abusato di queste giovani vittime le abbandonano per strada. Ne dà conto l’Agenzia Fides. A LLATTAMENTO AL SENO GRANDE ESCLUSO DELLA MEDICINA «Era chiaro che nessuno tra medici e infermiere sapeva bene quello che stava succedendo»: così ha raccontato al settimanale statunitense «Time» Colleen Kelly, giovane mamma con problemi di allattamento al seno. Nell’articolo di Lisa Selin Davis — Is the Medical Community Failing Breastfeeding Moms? — si denuncia come, probabilmente, l’allattamento sia la sola funzione del corpo umano sulla quale la medicina moderna non fornisce alcun tipo di informazione. Così, quando una madre ha problemi viene invitata a provare con maggiore impegno o, semplicemente, a lasciar perdere. Non esiste diagnosi; la “colpa” viene in qualche modo scaricata sulla donna, aggravandola di un ennesimo peso in un momento tanto delicato e cruciale come quello dei primi mesi di vita del neonato. Se si è fortunate, tutt’al più la neo mamma viene aiutata dai consigli pratici delle ostetriche, che però non hanno la competenza per individuare eventuali problemi nella donna. D UE DONNE NEL MONDO SALESIANO Due importanti novità dal mondo femminile salesiano: la slovacca Olga Krizova, responsabile maggiore delle volontarie di don Bosco dal 2007, è stata eletta alla presidenza della Conferenza mondiale degli istituti secolari, mentre Noemi Bertola è la nuova coordinatrice mondiale dei salesiani cooperatori, prima donna alla guida dell’Associazione. Delle due nomine dà conto, con ritratti e interviste, il numero di gennaio del «Bollettino Salesiano», rivista fondata da don Bosco nel 1877. A LLARME PER I BIMBI IN C ALIFORNIA Notizie molto allarmanti vengono dal “Golden State”, lo Stato americano più popoloso tra tutti quelli del Paese a stelle e strisce. Riferisce infatti l’Agenzia Fides che il Centro per la Nuova Generazione ha pubblicato un rapporto che attesta come in California più di un bambino su cinque viva sotto la soglia della povertà. La notizia viene confermata anche dalle ultime statistiche rese note dall’Ufficio Anagrafe statunitense, secondo cui la povertà infantile sta diventando sempre più endemica tra la crescente popolazione latina locale. A Los Angeles, dove si registrano oltre 9,6 milioni di abitanti, vivono circa 2,4 milioni di bambini, dei quali più del diciassette per cento sono poveri. «L E M ONDE » LANCIA L ’ ALLARME SUI DANNI DELLA PILLOLA Pilule: ces gynécologues sous influence . Questo il titolo del lungo dossier che il quotidiano francese «Le Monde» ha dedicato nel numero dell’11 gennaio alle pillole di terza e quarta generazione, giungendo a una conclusione allarmante: i distorti legami tra pillole, laboratori, ginecologi e ditte produttrici hanno ritardato la presa in conto delle relative raccomandazioni sanitarie. L’inchiesta risponde alla domanda che lo stesso quotidiano si era posto nel numero del 14 dicembre scorso quando — partendo dalla vicenda di Marion Larat, venticinquenne oggi gravemente disabile in seguito a un ictus provocato dalla pillola — si era chiesto perché le pillole di nuova generazione vengano prescritte senza la richiesta di esami capaci di valutare la presenza di quelle anomalie della coagulazione che predispongono alla trombosi. E questo nonostante diversi studi scientifici abbiano ormai dato conto di questi problemi (si vedano, solo per citare i più recenti, lo studio danese pubblicato sul «British Medical Journal» o quello canadese comparso sul «Canadian Medical Association Journal», entrambi nel 2011). La conclusione di «Le Monde» è inequivocabile: esistono gravi conflitti di interesse tra le industrie produttrici e i ginecologi, con questi ultimi che promuovono l’uso delle nuove pillole ottenendo in cambio finanziamenti. V OCI DAL MONDO «Voci dal mondo. Le donne straniere raccontano»: il 15 febbraio prossimo alla Radio Vaticana verrà presentata la nuova edizione del concorso letterario indetto dall’associazione culturale Lingua Madre che coinvolge donne da tutto il mondo in un viaggio nella scrittura femminile tra letteratura e realtà, immagini e immaginari, mondi, culture e religioni differenti. Dal 2005 il concorso — progetto permanente della Regione Piemonte e del Salone Internazionale del Libro di Torino, con il patrocino della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea — è rivolto alle donne straniere residenti in Italia e alle donne italiane che vogliano raccontare le donne straniere. Uno spazio, insomma, per dar voce a chi abitualmente non ne ha. L’incontro del 15 febbraio sarà l’occasione per dibattere, oltre che di scrittura femminile, di questioni collegate al fenomeno della migrazione. Interverranno Daniela Finocchi, ideatrice del concorso Lingua Madre; le scrittrici Enisa Bukvic (Bosnia Erzegovina), Nora Frey (Argentina), Tiziana Colusso e Anna Rosa Iraldo Invernizzi (Italia), Claudileila Lemes Dias (Brasile) e Rahma Nur (Somalia); padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede e della Radio Vaticana; Stephanie Kunzemann dell’università di Roma Tre; Anne Preckel, giornalista della redazione tedesca della Radio Vaticana. «L A FORZA DELLE DONNE » A R OMA La Fondazione Konrad Adenauer (in occasione dell’annuale incontro con le arti e la politica del mercoledì delle Ceneri) e l’Institut français - Centre Saint-Louis hanno scelto di interrogarsi sulla presenza delle donne e sul loro ruolo nella società, proponendo tre giorni di cinema e riflessione dal 13 al 15 febbraio presso il centro di San Luigi dei Francesi a Roma. Tre i film che verranno presentati: Kriegerin (La combattente, 2011) del tedesco David Wnendt, Sfiorando il muro (2012) dell’italiana Silvia Giralucci e Crawl (2012) del francese Hervé Lasgouttes. Accanto alle proiezioni, il pomeriggio del 13 febbraio si terrà il seminario «La forza delle donne», a cui parteciperanno, tra gli altri, le storiche Lucetta Scaraffia e Anna Foa, l’artista Vanessa von Wendt e i due direttori delle istituzioni ospiti, Katja Christina Plate e Nicolas Bauquet. Il saggio Maledetta mafia «Dovevo scegliere quale futuro dare a mia figlia Vita Maria. È allora che ho deciso di cambiare tutto»: questo il riassunto della coraggiosa e difficile storia della siciliana Piera Aiello che, rimasta vedova con una bimba piccola e scoperto il vero volto del marito, decide di diventare testimone di giustizia. Scritto con Umberto Lucentini, Maledetta mafia (San Paolo, 2012) racconta la storia di una vita «rivoluzionata dalla morte» a cui una giovane madre sceglie di opporsi, anche se questo significa vedere completamente stravolto il proprio quotidiano. Ricominciare in senso letterale da zero, non avendo più una terra, una comunità, un’identità. Accanto a Piera e a sua figlia (alle prese anche con la difficile relazione postuma con un padre mafioso), spiccano in particolare due figure che nel corso della narrazione cadranno vittime della mafia: il procuratore Paolo Borsellino — sarà lui a farle capire il vero significato della parola legalità: «Dare se stessi per certi valori senza chiedere nulla in cambio» — e la giovane cognata, Rita Atria. Nel dolore, Piera sceglie di diventare artefice della sua storia: «Sarò sempre quella ragazza che a ventiquattro anni, con due borsoni e una bimba, si allontanava da Partanna per una scelta precisa». ( giulia galeotti ) Fotografia di Cynthia Copper (Libreria Shakespeare and Company, Parigi) Dall’archivio di una famiglia protestante Era nata in Vaticano durante la seconda guerra mondiale Christina, nipote di Wernher von Braun Facciamo parte di una catena di ricordi E abbiamo il dovere di proseguirla L’amore di Dio Inchiesta tra le immagini della tradizione cristiana Dio al maschile e la paternità divina non derivano dal disprezzo per le donne ma da un’umiltà divina San Girolamo afferma che i generi grammaticali non possono circoscrivere l’incommensurabilità di Dio Ardengo Soffici, «Maternità (toilette del bambino)» (1921) generato in Cristo Gesù, mediante il vange- lo» ( 1 Corinzi , 4, 15). E, conclude, Cristo «ha un’autorità paterna, un sentimento materno: e come dice Paolo, Egli è padre ed è ma- dre». Nell’ XI secolo, Anselmo riprende questo brano, a sua volta vivaio di un’intera esplora- zione monastica, poi francescana, dell’imma- gine di Cristo come padre e come madre: «Ma tu Gesù, buon Signore, non sei anche una madre? Non è una madre Colui che, co- me la chioccia, riunisce i suoi piccoli sotto le sue ali?». Parallelamente, Girolamo aveva utilizzato un’altra rete esegetica di genitoria- lità, in particolare un versetto di Matteo: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me» (10, 37). Mostra allora che Cristo è allo stesso tempo padre, fratello,

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