donne chiesa mondo - n. 9 - febbraio 2013

L’OSSERVATORE ROMANO febbraio 2013 numero 9 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Della carne e dello spirito «Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla». Questo il celebre incipit di uno dei canti sulla maternità più belli che siano stati scritti negli ultimi secoli. Il libro inizia con un rifiuto («ti insinuasti in me come un ladro, e mi rapinasti il ventre, il sangue, il respiro. Ora vorresti rapinarmi l’esistenza intera»), con la volontà di allontanare una presenza minuscola e dirompente, capace di far precipitare la donna in un pozzo dove tutto è «incerto e terrorizzante». Eppure, riga dopo riga, la chiusura della giornalista laica fiorentina ha la forza e il coraggio di trasformarsi. E così il lamento diventa un canto d’amore. Madre non è solo colei che partorisce il figlio. Madre è la donna che nutre, accoglie, culla, tranquillizza, sostiene, aiuta, sorregge qualsiasi figlio. È qualunque donna che si faccia carico del prossimo nell’apertura incondizionata che non cerca corrispettivo. Asciugare le lacrime, incoraggiare i successi, lenire le ferite, festeggiare la bellezza, correre dietro a gambette che si teme possano inciampare: gestazione e allevamento sono anche — o forse soprattutto — caratteristiche dello spirito. Sono la capacità di avvertire e, quindi, lasciar spazio alla forza travolgente in grado di trasfigurare ogni cosa. Ai piedi della Maria di Isabella Ducrot, accanto a Oriana Fallaci e alla sua splendida lettera al bambino mai nato, deponiamo anche le parole di una giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943. Nelle pagine che ci ha lasciato, Etty Hillesum racconta un percorso interiore, silenzioso e stupefacente. L’esordio è quello di una ragazza confusa e avviluppata in se stessa. Dieci mesi dopo, il 12 ottobre 1942, dal campo di Westerbork scrive: «Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini. (…) Erano così affamati, e da tempo». Questa trasformazione radicale — avvenuta in pochissimi mesi e guidata solo dall’intimo desiderio di entrare in comunione con Dio e con il prossimo — cosa altro è, se non una maternità? ( g.g. ) Maternità senza frontiere Intervista a Flora Gualdani, fondatrice di Casa Betlemme, luogo di accoglienza, formazione e preghiera di R ITANNA A RMENI Incontro Flora Gualdani a Casa Betlem- me. Un gruppo di casette in un parco fuori Arezzo che Flora ha fatto costruire e dove sono ospitate le donne e i bambini in difficoltà a cui viene data una prima assistenza. Ma oggi Casa Betlemme non è solo un luogo di cura delle maternità dif- ficili ma anche di formazione. Proprio da Flora Gualdani, che ha fatto per anni l’ostetrica, che ha girato per il mondo per capire meglio la maternità e la vita na- scente, che ha conosciuto gli ospedali e le missioni, è iniziata un’opera di formazio- ne, un’intensa attività divulgativa sul valo- re della vita, sulla procreazione responsa- bile, sulla bioetica. Attorno a lei si è costi- tuito un gruppo di collaboratori che la af- fianca e la accompagna nella sua opera. Senza aiuti, in una povertà di cui è orgo- gliosa, puntando solo sui volontari va avanti giorno per giorno in quello che lei chiama “santuario della vita”. Ci racconti come iniziò decenni fa la sua ope- ra per la maternità e la vita. Facevo l’ostetrica e giravo il mondo. Ho vissuto il passaggio dall’ostetricia antica a quella moderna. Quando iniziai, le donne partorivano in casolari di campagna dove mancava acqua corrente, telefono, a volte l’elettricità. Non esistevano ecografo e am- bulanza. Come nacque l’idea di Casa Betlemme? Fui turbata incontrando donne volate all’estero per abortire. Nel 1964, nella grotta di Betlemme, un’intuizione mi tra- volse. Rientrata in Italia, trovai in ospeda- le una malata di cancro decisa a non abor- tire. Le stetti vicino, nacque una bimba bella che tenni con me finché la madre coraggiosa guarì. Pensavo la cosa finisse lì invece Dio aveva un progetto. Quel bim- bo fu il primo di una lunga serie. Poi arri- varono le ragazze madri. La casa divenne stretta, chiesi a mio padre la divisione dell’eredità: un ettaro di terra dove ho co- struito casette per accogliere mamme e bambini. In questo santuario della vita ho speso tutto, con gioia. E oggi quali sono i fini dell’opera? Trasmettere il vangelo della vita testi- moniando armonia tra azione e con- templazione. Servire le maternità difficili e divulgare la bioetica del Magistero: coniughiamo la carità con lo «splendore della verità», offrendo formazione. La Re- gola è Ora, stude et labora , centrata sulla contemplazione del mistero dell’Incarna- zione e l’esaltazione della maternità di Maria. Immagino abbia incontrato difficoltà. Quali? Le tribolazioni di una giovane laica che inizia da sola. E rinuncia ai finanziamenti pubblici. La scelta della povertà è follia ma educa alla preghiera di abbandono. Se il latore non è un povero, il “Mandante” non è il protagonista: ho imparato che stai in piedi soltanto se resti in ginocchio. Oggi le donne sono aiutate o ostacolate dalla società nel loro desiderio di maternità? La nostra società ha paura della vita. Anni fa scrissi che solo pazzi e poveri ge- nerano. Sono loro i maestri. Se — come penso — oggi la società non aiuta la maternità, di chi sono le responsabilità? Delle scarse politiche familiari. Dell’in- differenza morale e di distorsioni: il gene- rare divenuto opzione tecnoesaudibile. Mi preoccupa la pressione sulle diagnosi, l’eu- genismo che arriva dalla Francia dove non nascono più bimbi down. Ho incontrato omissioni non solo nelle corsie ma pur- troppo anche nelle sacrestie: la paura di essere impopolari fa gravi danni ed è frut- to di un calo della fede. Quali rimedi lei, che della battaglia per la maternità e la vita ha fatto il suo obiettivo, suggerisce? Mentre aiutavo le partorienti in mezzo alle guerre e ai diseredati, confrontavo co- me è trattata la maternità nei vari contesti geografici e culturali. Ho visto i poveri più capaci di accoglienza. La donna occi- dentale deve recuperare il valore bello del- la maternità, elemento costitutivo della sua natura. È nella maternità, fisica o spi- rituale, che lei si realizza pienamente. Ogni donna deve imparare a gioire di sen- tirsi femmina, madre e sposa: anche la suora, per essere capace di tenerezza e oblazione. La maternità è gioia mediante travaglio, in un cammino fecondo d’amo- re. Solo la donna può raggiungere certe vette di donazione, è lei che ha l’intuito materno per capire in anticipo i bisogni, come Maria a Cana. È sua la resistenza ai travagli più duri. Alla donna sono date le chiavi della vita, nella ciclicità della fertili- tà: è questa l’altra sapienza da recuperare, con i metodi naturali. La Chiesa l’ha capi- to in anticipo. Sappiamo che le donne italiane ricorrono sempre meno all’interruzione di gravidanza, ma che questa è diffusa fra le straniere. Qua- li sono oggi le cause che inducono all’aborto? Premetto che andrebbero conteggiati anche i microaborti farmacologici, altri- menti vediamo solo la punta dell’iceberg. L’ambulatorio ostetrico è un confessionale speciale, e dopo mezzo secolo so che la donna è indotta all’aborto non tanto da motivi economici quanto dalla paura di sentirsi sola. In che modo si può aiutare una donna che vuole un figlio o lo aspetta e non può permet- terselo per motivi economici? Bisogna che la donna si senta amata, preziosa per quel suo stato “interessante” per la società intera: davanti a una gestan- te dobbiamo genufletterci riconoscenti per il valore di quel dono. Condivisione della sofferenza, dedizione personale, tempesti- vità nell’aiuto concreto: è il nostro stile, reso efficace dalla preghiera. Ha salvato centinaia di bambini, resti- tuendo ad altrettante don- ne la libertà di non aborti- re. Sono passate da qui le storie più drammatiche, e nessuna è tornata pentita di aver accolto la vita: né l’undicenne incinta, né la prostituta, né la vittima di violenza. La cultura della vita: lei crede che viviamo in un mondo in cui scarseggia. Come si com- batte questa povertà culturale? Educazione ai valori e alfabetizzazione bioetica. A Casa Betlemme facciamo con- sulenze, laboratori e corsi per formare for- matori. In giro per l’Italia siamo impegna- ti da anni in un apostolato itinerante, an- che con linguaggio artistico. La gente re- sta affascinata perché il carisma betlemita dell’armonia riconcilia fede e scienza, la creatura con il Creatore. Le donne che portano il trauma dell’aborto le aiuto a ri- conciliarsi con il loro bambino: le accom- pagno alla guarigione usando lo sguardo della trascendenza. È Gesù l’unico farma- co capace di curare quella ferita: Lui ama. Cosa intende per carisma betlemita dell’ar- monia? Casa Betlemme vuol essere una piccola università dell’amore. Le mie lezioni parla- no dei due altari che esistono sulla terra: uno è il letto nuziale. Insegno la sacralità della vita ma anche del gesto che la con- sente. Spiego una scienza incarnata com- battendo materialismo e angelismo: perché Dio non ci ha dato le ali ma i genitali. Si è sentita sostenuta da Giovanni Paolo II . In che modo il Pontefice l’ha aiutata? La sua teologia del corpo ha rafforzato la mia fede, aiutandomi ad affrontare il martirio delle idee e del cuore. Ma ho ve- nerazione anche per Paolo VI che ha indi- cato i binari della nostra missione: disse che il Natale è la vera ragione della felici- tà, decise l’esaltazione della maternità di Maria al 1° gennaio, ebbe il coraggio di firmare l’ Humanae vitae , arrivando a «spiacere a tutti per non mentire a nessu- no». Si affida nella sua opera a Francesco di Assi- si, Caterina da Siena e Teresa di Lisieux. Perché questa scelta? Sono i miei amici giganti. Francesco per la letizia della povertà, Caterina per il fuoco apostolico, Teresina per la grandez- za dell’infanzia spirituale. Un mix che ha dato la linea spirituale a Casa Betlemme: preghiera, sacrificio, letizia. Partendo dalla sua esperienza che cosa chiede oggi alla Chiesa? A certe correnti chiederei di riscoprire l’autentica teologia dell’Incarnazione, tor- nando alla povera grotta di Betlemme. E credere sempre nell’educabilità dell’uomo redento da Cristo, come ripeteva Giovanni Paolo II . Il messaggio dell’ Humanae vitae è capace cioè di farsi prassi tra la gente: la nostra scuola ne è testimonianza. Oggi siamo una fraternità crescente di famiglie e singoli che, appassionandosi, si consa- crano in questo moderno apostolato. Laici che vivono del proprio lavoro. Lei è una donna che alla Chiesa ha dato molto. Quale può essere oggi il ruolo delle donne nella Chiesa? Giovanni Paolo II parla del genio fem- minile e di un nuovo femminismo: voi donne — spiegò — avete il compito di es- sere «sentinelle dell’invisibile». Tornando dal Vaticano II il mio vescovo mi ordinò di tenere l’Eucaristia a Casa Betlemme, di- cendo: «Finché vivrai, ovunque sarai, deve esserci l’Eucaristia». Un noto ginecologo sostiene che la nostra è una religione «in- comprensibilmente ostile alle donne»: in realtà il Salvatore, sia nel venire in terra che nella sua partenza, ha scelto una don- na. Il Verbo infatti ha preso carne dall’utero di una ragazza: una vergine che dette uno stupendo consenso informato. E poi ha chiesto a un’altra donna di annun- ciarlo risorto: una prostituta cui Lui aveva già fatto fare, nella sua carne ferita, espe- rienza di risurrezione. La nostra società ha paura della vita Anni fa scrissi che solo pazzi e poveri generano Sono loro i maestri Papa Paolo VI ha indicato i binari della nostra missione quando disse che il Natale è la vera ragione della felicità Nata ad Arezzo nel 1938, Flora Gualdani è ostetrica dal 1959. Ha lavorato fino agli anni Novanta nella sanità pubblica, con esperienze personali all’estero. Nel 1964 ha fondato Casa Betlemme, ospitando decine di ragazze madri da ogni parte del mondo. Luogo di preghiera, casa d’accoglienza, centro di formazione su teologia del corpo e procreazione responsabile, la sua iniziativa è diventata oggetto di tesi di laurea e dal 2005 è associazione pubblica di fedeli. Il primo libro lo ha pubblicato con lo pseudonimo Letizia di Gesù Bambino. donne chiesa mondo Gualdani in Cambogia durante la guerra (1980-1981)

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==