Critica Sociale - anno XLII - n. 21 - 1 novembre 1950

304 CRITICA SOCIALE E' evidente anche ai più profani che se si aspetta a rimettere in efficienza queste imprese che già avven– gano le concessioni di crediti e che siano assicu– rate le commesse, si potrà attendere un bel pezzo. Non vi è dubbio che un ragionevole rischio debpa assumerselo tutta la collettività. Saremmo d'accordo di evitarne l'assunzione se ci fossero altre possibili vie di ·sistemazione di imprese e di mano d'opera. Ma cinque anni d,i supposta riconversione sono li a dimostrare, sia l'incapacità della classe dirigente a trovarei altre forme di attività ad imprese sÒ'rtc per le fabbricazioni tipicamentè di guerra, sia l'im– possibilità tecnica ed economica ad effettuare tali trasformazioni. Comunque non è proprio oggi, che vi è richiesta della loro « naturale > produzione che -se ne devono ricercare altre. Dunque il rischio dell'avviamento del settore deve essere assunto dallo Stato e prima se ne compren– derà la necessità, fanto di guadagnato. E' naturale poi che con iI P.A.M. l'intervento sta– tale abbia maggiore necessità di .farsi sentire che non con_l'E.R.P. ma non bisogna sopravalutare que- 0 sto intervento nelle condizioni attuali della nostra economia e della struttura dello Stato, non in grado di agire effettivamente nel campo della produzione nazionale. Il maggior a-ssorblimento di capitali da parte della nostra economia dipenderà sempre dal maggior ritmo di attività che si saprà imprimere . al settore privatistico. Ora, questo settore si lancia nelle iniziative e sviluppa la sua attività solo in rap– porto al lucro che ne ricava. Se il mercato non ma– nifesta una domanda tale da consentire questo lucro è utile che Io Stato, nella situazione attuale della nostra organizzazione, anzichè sostituirsi al pro– duttore si sostituisca alla domanda, passàndo com– messe, ordinazioni di beni necessari al paese ed ai suoi cittadin•i, all'industria privata, la quale per po– terli produrre richiederà materie prime dall'estero, e destinerà più prodotti all'interno, diminuendo l'e quote dell'esportazione e allargando così il. deficit della bilancia dei pagamenti. · E' questo semplice meccanismo che sembra cosi ingenuo da meritarsi la replica: e chi paga il deficit? quello che il nostro governo non ha voluto appli– care al programma E.R.P., pur sapendo p'erfetta– .rp.ente che gli ·Stati Uniti erano dispostissimi a pa– gare tutto il deficit ... ma evidentemente a cérte con- dizioni, Cioè, che l'Italia, e gli Italiani. facessero di tutto per adoperare nel modo migliore· i mezzi di cui già disponevano. ,Questo avrebbe significato una· tassazione piuttosto seria ed un controllo dei tra– sferimenti all'estero, delle scorte, ecc. E' forse quello che i governanti, magari senza rendersene conto, hanno voluto evitare. Ci auguriamo che con il P.A.M. si agisca diversamente. , DAVmE CITTONÈ PANETTONE· PANfRUTTO - TORTA MILLESTELLE- CAKES - BISCOTTI– AMARETTI • TORRONE - CIOCCOLATO - CARAMELLE - FONDENTI • PRALINE$ - CONFETTI - CONFETTURE - MARMELLATE - MOSTARDE - MARRONI· CANDITI - FRUTTA CANDITA - GELATINE DI fRUTrA • GELATI - SPUMANTI E LIQUORI - SCIROPPI - SEMILAVORATI. Biblioteca Gino Bianco I problemi· del lavoro ,iell'epoca presente Secondo il pensiero del Rensi « il lavoro è una ne– cessità inferiore della specie» e come tale « ripugnan– te alla più alta natura dell'uomo». E pertanto « la mi– sura della nobiltà di tempra di uno spirito uma,;io è data dal modo con cui egli considera il lavoro; quan– to più è nobile tanto più lo aborre». Dal che si potreb– be essere spinti a credere che i problemi inerenti al lavoro anzichè crescere, diminuiscono d'importanza di mano in mano che progredisce la tecnica e si svi– luppa il progresso. La storia e l'esperienza quotidiana dimostrano, invece, il contrario. E', infatti, con l'affer– marsi dell'uomo e quindi anche del semplice presta– tore d'opera, che il lavorò non solo viene valorizzato, ma considerato siccome piena espressione· delle umane capacità; ed è per effetto del lavoro che l'uomo diventa veramente homo faber, cioè forgiatore della propria e dell'altrui fortuna. Nel mondo antico ed in qu-ello medioevale si avver– tono .. in vero, solo i problemi relativi al quantum del– la produzione, non già quelli inerenti al lavoro, che non viene affatto considerato per rispetto alla durata ed alle modalità della prestazione e tanto meno in riferi– mento alla sua penosità. E' con il sorgere e con lo svilupparsi della fabbrica e conseguentemente con l'ap– plicazione del sistema meccanico alla produzione che si manifestano da ùn lato la peculiarità ·del lavoro per rispetto alle merci, e dall'altro la condizione d'inferio– rità del prestatore per rispetto a 'quella del datore di lavoro. Allora appare chiaro che quest'ultimo per rf spetto al primo assume il carattere di forte e l'altro d1 debole e che lo Stato, quale organo integratore dei singoli., ha il compito d'eliminare la condizione d'infe– riorità irr cui si trova U lavoratore, non solò come cit– t:,dino ma anche come elemento fondamentale da cui dipende sia l'entità della produzione e del reddito pri– vato, sia quella della ricchezza pubblica. In considera– zione della posizione assunta dal prestatore d'opera nell'economia moderna sorgono appunto i problemi del lavoro, che dapprima mirano a migliorare le condizio– ni di vita del prestatore d'opera, successivamente a gc1r:mtire la conti1mità dell'occupazione e quella del reddito nei periodi di deficienza Q di inabilità al la– vcro. Dal che appare chiaro che i problemi.della pie– na 0c:cupazione e delle pensioni operaie, che sono quel– li che acquistal).o una sempre crescente importanza nell'epoca moderna-, nòn sono indipendenti, ma tra 'lo-· ro interdipendenti. E perciò il problema delle pensioni operaie dev'essere esaminato soprattutto in rapporto all'incremento di ricchezza pubblica apportato dal ·la– voratore. La pensione operaia cioè non deve assumere il carattere di prestazione assistenziale da parte dello Stato, ma 'di cont-roprestazione per l'opera svolta dal lavoratore a beneficio della collettività durante la sua vita produttiva. E' d'altra parte ovvio -che la piena occupazione- im– plica la proficua distribuzione del lavoro nel tempa e nello spazio, in guisa che ra sua produttività margi– nale sia ovunque uguale. Al raggiungimento di sif– fatto risultato 1:)-0ndebbono soltanto contrib1:1ire. le or– ganizzazioni politiche, ma anclie quelle sindacali, le quali si dimostreranno così consentanee alla loro origi– ne: quella cioè -di opporsi ad ogni monopolio. Per tal modo i problemi del lavoro nell'epoca presente si appa– Iesano tra· loro interdipendenti e si risolvono nel pro– vocare la piena occupazione nel tempo e nello spazio e quindi la. continuità di reddito del lavoratore. Essi inoltre assumono il carattere di problemi non già mar– ginali, ma essenziali e .complementari allo sviluppo dell'attività economica. FEDERICO CBESSA

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