Critica Sociale - anno XLII - n. 12 - 16 giugno 1950

CRITICA SOCIALE 161 La politica della Banca d'Italia li governo democristiano ha affidato, via via, ad espo• nenti di interes:si privati capitalistici la maggior parte delle leve di comando, centrali e periferiche, dell'economia pub– blica. Per volontà di Luigi Ei'llaudi., a governatore della Banca d'Italia ' è stato invece chiamato, due anni fa, un uomo sinoeramente devoto all'interesse pubblico, l'allora di– rettore generale dell'Istituto di Emissione, Do:iato Meni– chella. Il riconoscimento della grande probità della politica di Einaudi e di Menichella non esime, naturalmente, dai doveri e dai di.ritti della critica. In alcuni pochi, abbiamo criticato la politica della Banca d'Italia anche tra -il 1945 e il 1947, quando essa riscuoteva - per motivi talvolta opposti e tal'al– tra ,concordanti - i, plausi di coloro che oggi appuntano gli strali contro la direttiva dell'Istituto di Emissione. I motivi delle nostre' osservazioni critiche sono di natura più generale. Dopo la guerra, Einaudi e Menichella hanno voluto man– tenere o restaurare la Banca d'Italia, e con essa l'i.ntiero sistema bancario, in funzioni conformi all'ortodossia J.iberale, che aveva ripreso vigore precisamente sotto il fascismo, come reazione logica sia a quell'ondata di speculazioni finan– ziarie dell'altro dopoguer,ra, che contribuì a portare il fa- , scismo al potere, e che lo stesso governo fascista dovette poi liquidare, a spese dei lavoratori e dei contribuenti, sia aHa dkettiva autarchica- degli ultimi tempi della dittatura. *** Un simile ritorno all'ortodossia ha avuto luogo dappertut- to, per breve tempo, durante la ·crisi del 1930-32, restau– rando la separazione del sistema bancario dall'indus.tria. Ma, in un secondo tempo, l'esigenza di una durevole politica anti– ciol.ica condusse gli Istituti di Emissione dei Paiesi più pTO– grediti ad intervenire sist(:matipunente sul mercato, con un peso anche maggiore di ~uello di cui avevano mai disposto le banche, al tempo dei loro legami capitalistici-finanziari con l'industria. In Ital1a, la ripresa dell'ortodossia ha inve– ce avuto come contropartita la formazione, con l 'I.RI. , di un immenso demanio pubblico industriale, destinato a ver– sare in finanze cronicamente dissestate. Così, mentre al no– stro Istituto di Emissione fu attribuito i-1compito di tenere !e banche fuori del mercato 1)iÙ importante, fuori dai: fi– nanziamenti industriali, efilo stesso veniva vincolato al Te– soro. Meaichella avrebbe desiderato poter r,idare l'indipen– denza sia alla Banca d'Italia che al Tesoro. Formalmente - a guardare ·soltanto la voce degli· anticipi 011Tesoro - ci è quasi riuscito, tra il 1948 e i-1 1949. Sostànzialmente, il ·risultato è che_ il Tesoro si è incatenato alla politica orto– dossa della Banca d'Italia, ma questa è, a sua volta, inerme nei confronti della dinamica dell'economia l!lQzionale: non ha acquistato il diritto di intervenire sul mercato aperto e ~i , è pr-ivata delle possibilità di una larga e flessibile politica di -risconto. Tutte le sue risorse sono nella manovra delle a-iserve obbligatorie e del saggio di sconto: scarsamente effi– cace quest'ultima-, fuor che a fini deflazionistici, per-icolosa– ment-e eflicace [a prima, nel genera.re , a seconda di- com'è applicata, deflazfone o inflazione. Quelli cl).e noi 'Consideriamo come gli errori della politica monete.ria e fi.nanziairia italiana, dopo la liberazione - e cioè la rinuncia al cambio della moneta ; la fissazione di un cambio del dollaro troppo basso, di 225 a•nzichè 400 circa alla fine del 1945 e di 575 anzichè 700 circa alla fine del 1947 ; la concessione del 5d% d i valuta agli es-portatori, che ne profittarono per pratica.re -la.rghe evasioni di CQ1)imli (rientrati, con g,rossi- profitti .speculativi, con il franco-va– •luta, ma nuovamente fuorusciti grazie alla possibi!it?, che gli speculatori ebbero di ricoprirsi in dollari ad un cambio ri– sultato a loro favorevole, poichè il governo e aia Banca d'Italia l'avevano fatto flettere proprio in quel mentre); il freno controproducente alle rivalutazioni di capitale per :on– gueglio monetario, di cui profittarono i maneggiatori delle !IOCietà ,per attuare auto!inanziamenti incontroJ:labili, ·ai clan- BibliotecaGinoBianco ni degli azionisti di minoranza, del fisco e del livello dei salari; la mancata piena utiliz.zazione dell'U.N.R.R.A. e ooi dell'E.R.P., per fiJe,nziare investimenti pubblici produttivi - sono feJomeni coerenti' con· una politica ortodossa, per cui nelila lotta contro l'inflazione non si può fare a meno di ri– correre anche a mezzi deflazionistici e viceversa. Nella relazione presenta((), in questi giorni, il· governatore della Banca d'Italia nega l'esistenza attualè di umi defla– zione. Certamente; dal settembre 1947 al dicembre 1949 la circola:1Jioneè salita da 675 a 1058 mi-liardi e gli impieghi, bancari sono aumentati da 707 a 1474 miliardi. L'aumento àe-lle disponibilità (produzione nazionale più eccedenza delle importazioni sulle esportazioni) è, comunque lo s,i calcoli, ad un ritmo assai più lento, sicchè sembrerebbe più logico parlare di una permanenza del pericolo inflazionistico, rap– presentato da un'espansione monetaria e creditizia più ve– loce dell'espansione della produzione materiale. A prescin– dere dalle vischiosità dovute ai consorzi o a motivi fiscaii, o ad altri, nella circostanza sopra i.ndicata può effettivamente tròvarsi la causa fondamentale del mancato ribasso (anzi lieve rialzo) del costo della vita, mentre -i prezzi a!il'ingrosso sono scesi gross,o modo del _1;,<% in seguito al giuoco della domanda e deH'offerta, sul mercato mondiale, oltre che .su quello nazionale. Corwime domandarsi però qual'è staia '1a tlestu;ia.zione dell'incremento di risparmio disponibile e di circolante. Nel periodo dell'inflazione aperta, ,!'espansione del credito e della circolazione ha finanziato, osserva molto opportuna– mente il dott. Menichella, la formazione di scorte, a scopi speculativi, assai più che investimenti produttivi. Per que– sto motivo ,l'inflazione italiana non produsse un assorbimen– to cospicuo della disoccupazione. A parte il dissenso sulla politica generale del Tesoro e della Banca d'Italia, e sui mezzi messi in opera, i socialisti democratici hanno dunque fatto bene ad auspicare, sin dal 1946-47, un'azione anti-in– flazionistica. Passiamo al periodo che va dalla fine _del 1947 ad oggi. L'i.ncremento è stato assorbito - e il dott. Menichella non manca di d-iir.Jo - in misura sensibile, ma decrescente, <lai . disavanzo del bilancio dello Stato e in misura anche più sensibile, e costantemente crescente, dal finanziamento delle esportazioni e dall'emissione di obbligazioni industriali (non– chè da aumenti di capitale a pagamento, avvenuti in mi– sura di 3 a 4 volte superiore al-la massa dei dividendi di– stribuiti in questo periodo). Domandiamoci però: quante sono le aziende che hanno beneficiato direttamente - e ciascuna per quale importo - del finanziamento delle esportazioni ver.so aree a valuta non convertibile, della condizione di favore fiscale fatta alle emissioni di obbligazioni e della benevolenza degli organi governativi verso aumenti di capitale a pagamento, pure sot– toposti a vig.ilanza per la loro mole? Come hanno impiegato le disponibilità mom:tarie così acquisite? Quaii sono state le ripercussioni sul livello dell'occupazione e dei redditi di la– voro? A nostro modesto parere, se si facessero questi studi, si vedrebbe che l'incremento di risparmio è stato assorbito, prinoipalmente, da alcune _entinaia di aziende, potent-i, ma Ìhcapaci di assumere aliquote sensibili di· mano d'opera- sup– plementare, e che d'altra parte si guardano bene dal dt:~ti– nare una parte degna di ,notai dei profitti all'aumento dei salari. Il finanziamento che ricevono dal governo o dal pub- . blico dei risparmiatori e dei contribuenti può· servire ad · impedirne il crollo {dato ma non concesso che corrano que– sto pericolo),. ma non ha servito, e non serve,' ad· allargare sensibilmente il mercato interno. Viceversa, la concentrazione di una aliquote. relativamente koWQ alta d.i finanziamenti, vet1SO aiclll1lecentinaia di azien– de potenti, fa sì che siano depresse le posizion:i· di mezzo, ossia che manchino di finanziamento sufficiente le decine èi migliaia di aziende piccole e medie, che potrebbero dare r:n _ contributo importante all'assorbimento dé•lla disoccupazione. Sappiamo che negli attuali rapporti di forza, con la po– tenza acquisita dai grossi complessi monopolistici, la Banca d'Italia può fare ben poco per eliminare queste distorsioni malsane, che sono alla base dell'irrigidimento d.i un sistema

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