Critica Sociale - anno XLII - n. 12 - 16 giugno 1950

164 CRITICA SOCIALE ----------------------- Lavoro intellettuale manuale e lavoro dall 'antichità al rinascimento III Gli unici che nqn riconoscano una opposizione di natura e di dignità fra attività manuali ed in– tellettuali nell'età postsocratica, sono (come nota lo Schuhl) i cinici, i quali, come « filosofi del pro– letariato », non hanno pregiudizi, ed esaltano il la– voro e la fatica, e propongono anzi come modello ai filosofi gli artigiani delle arti meccaniche ed af– fini, che con ·l'esercizio acquistano ogni loro abi– lità. I cinici proclamano la necessità reciproça e indissolubile delle due attività, manuale e intellet– tuale: « c'è un doppio esercizio, quello del- corpo e quello dell'anima, e l'uno senza l'altro resta im– perfett_o » (Diogene Laerzio, VI, 70 sg.). A questo orientàmento, che reagisce vigorosa– me~te _contro il disprezzo che colpiva tanto' il la– voro manuale quanto, gli schiavi e gli operai che vi erano adibiti, partecipano poi anche gli stoici, che nel risentire profondamente l'influsso cinico, valgono a dare . ampia diffusione nell'età ellenisti– ca ai principì etico-sociali di;IIruguagHanza uni– versale e della fratellanza umana contro ogni di– visione di nazioni e differenza di classi sociali. Da Cleante il quale, come proletario che si gua– dagnava la vita lavorando da facchino ed operaio, rivendica energicamente la dignità del lavoro ma– nuale e di chi lo compie, a Seneca che in pagine eloque,1ti afferma la dignità umana dello schiavo e il dovere di considerarlo amico e compagno, ca– pace di libertà spirituafe al pari di qualsiasi altro uomo, lo stoicismo partecipa attivamente alfa lotta eontro i pregiudizi sociale dominanti. Ma l'età romana, in cui sono frequenti gli schiavi dotti (litterati), quasi ignoti alla Grecia (che pure aveva schiavi amministratori e persino banchieri), già non associava più cosi strettamente come l'età ellenica il disprezzo del lavoro manuale con quello della condizione servile; ed intanto le idee morali diffuse dallo stoicismo e dal cristianesimo contri– buivano a .migliorare le condizioni degli schiavi, pur senza reclamare l'abolizione della schiavitù e ' senza collegare la predicazione umanitaria con 'la esigenza di rivalutare la dignità del lavoro mate– riale, che pure dall'associazione con la schiavitù aveva ricevuto nel passato il suo stigma negativo. Rivalutazione del lavoro manuale. La rivalutazione del lavoro manuale si opera in– vece per altra via e per altro motivo. Il pensiero ebraico-cristiano recava con sé l'af– fermazione dell'onorabilità del lavoro come conse– guem:a della proclamazione di esso quale dovere universale; Lo si vede già in San Paolo, che pro– clama il lavoro come dovere verso la comunità e fondamento unico del diritto ai mezzi di vita: « non abbiam mangiato, il pane di alcuno in dono; ma con fatica e travaglio, lavorando di notte e di gior– no per non gravare alcuno di voi... per darvi noi stessi come e_sempio, affinché ci imitiate. Poiché ancor quando eravamo presso di voi vi denunzia– vamo questo: che chi non vuol lavorare non man– gi» (Tessalon. 2•, cap. III, 8-10). E slllle orme di S. Paolo molti dei padri della Chiesa affermavano l'ideale di una comunità di lavoratori e lo tradu– cevano in atto, come i monaci delle aomunità di P.acomio in Egitto e i frati delle comunità fran– cescane. Tuttavia la inferiorità morale in cui la tradizione greco romana aveva collocato il lavoro manuale non scompare nemmeno durante il medio evo. Co- Biblioteca Gino Bianco me dice H. Pirenne (citato da Schuhl) « in certo senso l'idea· ·antica del lavoro come indegno del– l'uomo' libero si ritrova nella, cavalleria », là quale (possiamo aggiungere) rinnova così l'ostilità verso il lavoro meccanico e gli operai manuali che nel– l'antichità avevano dimostrato in modo particolare le organizzazioni statali a carattere militare. Ma probabilmente il rqotivo più. duraturo di simile in– feriorità morale è nel medio evo quello economico, siccome appare quando, dopo la grave depressione economica dei secoli VI-XI e le interruzioni recate da alcune delle invasioni barbariche, tornano ad organizzarsi sistematicamente, sulle orme delle an– tiche hetairiai greche e dei collegia o corpora ro– mani, le corporazioni di arti e mestieri (fratellanze, maestranze, università, arti, gilde, etc.): fra esse appunto si ' introduce una distinzione economica, che si traduce anche in differenza di diritti poli– tici, fra le arti maggiori (corporazioni industriali e commerciali interessate m;ll'esportazione ed eco– nomicamente più poderose) e le arti minori (me– stieri che lavorano per le più umili necessità in– terne). Le arti maggiori- (borghesia grassa) hanno subito privilegi nel governo del comune, mentre le arti minori solo attraverso aspre lotte riescono ad ottenervi una partecipazione. Tuttavia, pur data la inferiorità cui soggiacciono 'le arti minori, anch'esse nella generale organizza– zione delle arti fan parte della nuova ossatura del comune, in cui il popolo degli artigiani tende {e a volte riesce) a cacciare -i magnati (nobiltà) dal governo dello Stato, operando così un capovolgi– mento della concezione politica antica, per cui Pla– tone escludeva tutti i lavoratori e 'commercianti in blocco dal godimento dei diritti politici. Egli è che lo sviluppo e la potenza economica dei comuni s'eran venuti costituendo per merito specialmente delle arti: s'intende delle . arti mec– caniche produttive, distinte bensì, per le loro at– tività .pr.atiiche, dalle teoriche art-i liberali, che co- ' stituiv:mo l'insegnamento lette.rario e scientifico, ma non ;più opposte a queste. per essere conside– rate come indegne deH'uomo libero, quali le cen– siderava l'età di Platone e di Aristotele. L'artigia– nato medieyale aveva prodotto non soltanto oggetti di usq e consumo,, ma, oltre al fiorire economico _dei cqmuni, anche miracoli d'arte a partir.e dai fa– mosi magistri comacini, maestri muratori eredi delle tradizioni costruttive antiche, per giungere a tutte le maestranze creatrici collettive di mirabili catte– drali e. di nuove tradizioni di arte, che dànno ai comuni medievali la loro bellezza e la loro ricchez- za congiunte. · Il rinascimento. Così si giunge al rinascimento, che rinnova in scala maggiore la fioritura economica ed intellet– tuale delle città, che s'era prodotta nella Grecia del periodo presocratico dalla Ionia ::r]laMagna: Gre– cia; e rinnova insieme, nella proclamazione ed esal- , tazione della dignità dell'uomo, creatore delle arti e della civiltà, la coscienza del valore del lavoro · produttivo. Nel lavoro creatore, che sovrappone un nuovo mondo al mondo naturale, si afferma per i pensatori del rinascìmento la dignità dello spirito umano, la suà capacità di farsi emulo della natura e della potenza creatrice divina. La nobiltà ,d'l}lo spirito umano, secondo Matteo Palmieri (Della vita civile, pp. 242 sgg. dell'ed. Silvestri, Milano 1825),

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