Critica Sociale - anno XLI - n. 24 - 16 dicembre 1949

486 CRITICA SOCIALE Ma il Congresso, in aperta forma polemica, ha dovuto fare la constatazione che tale alternativa di sociaJ.ismo de– mocratico non poteva nemmeno più essere attuata - quanto meno conservando le attual,i posizioni e accettando le tesi della sua attuale direzione - da un partito come i) P.S.L.I., inflazionato ormai da forze lontane dalla tradizione socia– lista e dallo soirito di classe, irretito nel generko e reazio– nario anticomunismo proprio della borghesia, ridotto a e– nunciare quello che qui fu ch1amato « riform1smo da doma– tori di pulci », e soprattutto, grazie ad un co11aborazionismo ad oltranza e incondizionato, portalo a dare puramente un avallo, sedicente socialista, a1la poloitica non· socialista altruì. Più che non gli stessi discorsi congressuali, troppo tiran– neggiati dal tempo perchè fosse consentita un'analisi socia– lista dei problemi di fondo de1la vita ita),ìana, questa esi– genza di alternativa socialista è emersa ne11a mozione po– litica finale, molto pi,ù chiara e precisa nelle sue enuncia– zioni (ad es., rispeHo a) Patto Atlantico) che non certe sommarie formulazioni oratorie. Il Congresso tuttavia si è reso conto che gli sarebbe sta– to impossibile andare oltre una semplice postulazione. Ed ha tenuto a dire e ripetere che la concretazione politica di questa alternativa dipende da un lato dalla forza e dalla serietà COI} _cui saprà organizzarsi il Partito, attraverso una vita ed un'4:azione di base» che devono essere çpera e re– -;ponsaboili-tà di tutti i suoi componenti; d'altro lato, e so– prattutt<>, almeno nel periodo iniziale, dall'opera de1la Di– rezione e del gruppo parlamentare. Guai se, mal valendosi di quel possibilismo che il Cong.resso ha loro lasdato, questi organi non sentiranno che la stessa vita e la stessa possi– bilità di affermazione del Partito dipendono soprattutto dalla capacità d,i prendere sollecitamente ferma, chiara, coe– rente posizione sui problemi fondamentali de) momento, nel– la loro concretezza e ne11a loro consoiderazione prospettica. Certo, è ben chiaro, que1la stessa «base» congressuale che h?- accordato la sua fiducia ai dirigenti del Partito, sarà, rispetto ad essi, esigente e pressante, e nient'af fatto indul– gente. :Un errore (anche un semplice errore parlamentare), un .cedimento, un compromesso, una mancanza di coerenza, in questo Partito, nato, se Dio vuole, così anti-conformista, susciterebbe un putiferio. Taluno ha lamentato una certa perplessità ne11a formu– lazione de11acarta ideologica. Ed in ispecie ha ravvisato un implicita debolezza ne11a mancata riaffermazione esplicita di un lealismo marxista. Ci sembra però un a1larmismo fuo– ri loogo. Anche se il nome di Marx espressamente non vi ricorre, -la cart3. ideologica è tutta e chiararrente ispirata a concetti ·marxisti, primo tra i quali l'associare la funzione del partito a11alotta per l'emancipazione de11aclasse lavora– trice. Eppoi, anche se non se ne vuole minimamente con– testare l'importanza, una carta ·ideologica da sola non ca– ratterizza un. partito, che è frutto dell'azione pratica e del– -l'indirizzo ideale. Una riaffermazione d,i fedeltà dottrina– ria ad un nome avrebbe forse dissipato qualche apprensione, ma non avrebbe costituito alcuna maggiore e più cons-isten– te garanzia. AssM più che tutte le carte di questo mondo saranno i socialisti stessi a mantenervi il carattere e lo spirito marxista. L;a coscienza delle difficoltà d'ogni genere che il P.S.U. avra da affrontare non ha-certo fatto difetto. Non c'è stato ., .. ",, mimmo sentore di jatLanza e di donchisciottismo. Ma non c ~ stato neppure il minimo sentore di sbigottimento. Si è chia.ra~ ent~ avvertito che l'attività del Partito impegna tutti 1 , suoi .uomini, senza distinzioni e senza preminenze. E ·se e log1<;0che Direzione del Partito, Gruppo Parla-, mentare ed .1) nuovo organo, il Consiglio Tecnico, chia– mato ad assistere questi altri due organi nel loro concreto !av~ro, specie riguardo ai problemi di fondo de1la vita 1t.~hana, PO:t~ranno in un primo tempo il maggior peso, pm che .mai e emersa manifes-ta la volontà che i problemi del_~arti~o non ~engano riservati ad un ristretto ambito di «_dmgenti ». o . cLi. ~ ~ompagni qualificati :1>, ma diventino il risultato tle1 d1batttt1 e della coscienza di tutti · · Il h ) ' . , 1 compagni. c e, per esordio, e già molto importante. GIULIANO Prscm:L BibliotecaGino Bianco Una politica nella realtà finanziaria i talian-a Nello Stato moderno sono .poss-ihili due politiche economiche coerenti: la politica della stabilità e quella• dell'espansione. La prima significa che il bi– lancio dello Stato deve pareggiarsi ed· il risparmio - al netto delle imposte - che si forma nel paese, è utilizzato dal paese. Se il bilancio è in disavanzo, occorre diminuire le spese o aumentare le imPo– ste (o l'una cosa e l'altra), fino a raggiungere il pa– reggio. La seconda, cioè la politica del deficit :spen– ding, attuata da Roosevelt e da Stalin (da quest'ul– timo dll'rante i primi 2 piani quinquennali) significa che lo Staio, entro certi limiti abbastanza elasti-ci, non si ·preoccupa del proprio bilancio, ma del bi– lancio economico del paese e ric orre dunqu e al ri– sparmio, contraendo debiti, p•er accelerar.ne l'inve– stimento nella produzione (attraverso in vestimenti' statali o sussidi alla produzione gestita da privati); Nella p·ralica, si può agire in modo da attuare qualche cosa dell'un.a e qualche cosa dell'altra po– litica, a seconda delle circostanze; così fa Cripps in Gran Bretagna, giuocando contemporaneamente sul rafforzamento della pressione fiscale, sul rimborso di parte del debito pubblico e sul denaro a buon mercato. Avere invece inforcalo una « terza via> assolutamente incoerente, scartando ambo le vie correnti, è il privHegio dei governi De Gas.peri. · I.n Italia, non si fa la. politica della stabilità, per– chè non si riducono le spese dello Stato, non si ac– crescono adeguatamente le imposte e non si lascia al paese il risparmio, ma lo si avoca allo Stato nel– la forma d,i Buoni del Tesoro o in. altre forme, faci– litate dalla Banca d'Italia e dalla Cassa Depositi. Si fa dunque una politica di indebitamento dello Stato, ma non. già a favore degli investimenti, sib– bene al fine di colmare 41 disavanzo nel bilancio dello Stato e delle aziende parastatali. Tale politica è deflazionista ve·rso la produzione ed inflazionista verso la macchina dello Stato. Nel momento in cui si profilavano i primi grossi aiuti E.R.P. (al prin– cipio del 1948), essa ha agevolato la difesa della Jic ra, cui Einaudi diede il suo nome. No.n è tuttavia una creazione di Einaudi, ma il l'isultato di una ten– denza impersonale meccanica della macc.hih.a stes– sa dello Stato, quale esiste oggi: e in ciò consiste . la sua forza d'inerzia e la sua pericolosità .per lo sviluppo dell'economia nazionale. In questo modo, il risparmio è largamente sot– tratto al paese (ma i singoli rispa·rmiatori sono coìn– p.ensati con uri bel 4,5 1 % praticamente al netto di im– poste) e vien.e messo a disposizione della burocra– :r,ia, che se ne serve necessariamente per poter frons teggiare, in una situazione di crisi della produzione e di stabilità dei prezzi al dettaglio, una massa glo– bale crescente di oneri (stipendi e spese per ,i se'l"– vizi) indispensabili all'esistenza sl·essa ·della mac– china statale, .para'statale e delle aziende dissestate a carico dello Stato. Così, la macchina può conti– nuare a funzionare, senza che H governo e la buro– cra_zia debbano rendersi nemic-i i capitalisti, con l'altrimenti inevitabile rafforzamento della pressio– ne fiscale e con la lotta contro l'evasione ·delle im– poste d-i'rette. Finchè dura questa politica, è vano sperare in investimenti_ pubblici molto più cospicui degli at– tuali. Gli investimenti potrebbero esseré stana:iàN meglio e spesi molto megli0; ma il fondo non può cambiare, a meno- di non ricorrere al torchio sen; za alcuna contropartita. Gli statal-i, ind,ividual~ènte presi, potrebbero ·rendere di più, se non fossero pa– gati da cani, ma da uomini, ma ciò allargherebbe

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