Critica Sociale - anno XLI - n. 12 - 16 giugno 1949

CRITICA SOCIALE 277 e sostituire le altre già attivamente militanti, il che non costituireb~ che il deprecato cambio della guardia, tipo quel– lo che abbiamo visto nel Congresso Nazionale delle Coope– rative del 1947; vogliamo unicamente farci promotori ,H1a costituzione di una terza forza, la quale, prendendo spe– cialmente vita nei settori ed ambienti non ancora convinti ed utilizzati e in quelli dissidenti per incompatibilità par,ti– tica, combatta la sua battaglia per quella libera e demo– cratica cooperazione, che, nella vecchia tradizione soc:a– lista ita1iana, pur su uno sfondo economico e sociale 5quisi– tamente politico, seppe conquistaTe posizioni di primo piano, anche rispetto alle altre nazioni. In confronto del passato sono oggi acquisite alla uma– nità conquiste socialiste indefettibili ed inalienabili, ~ulle quali nè totalitarismi comunisti, nè ritorni reazion:iri no– tranno mai più aver ipresa: sono queste posizioni <li equi– librio, che uniche possono dare le necessarie garanzie di vita, di continuità e di sistematico progresso ad organizza– zioni economiche-socia1i democratiche e popolari, quali le cooperative vogliono essere, ed a queste appunto ci riferia– mo quando, nella critica delle organizzazioni attuali, ten– diamo alla costruzione di qualche cosa di stabile e li &i– curo, che, trascenda l'azione di specifiche e qualificate cor– renti politiche a carattere estremista o monopolista. E con un programma ed una aspi·razione di questo ge– nere può ben comprendere l'amico Casalini che, mentre ,possiamo essere d'accordo con lui per non abbandonare per il momento una funzione di lavoro e di collaborazione, nella migliore organizzazione cooperativa attualmente esi– stente in Italia, quale ·giustamente la Lega deve ritenersi, non possiamo seguirlo nel suo atteggiamento di com;iane– cipazione alle responsabilbtà di dirigenza, dovendoci piutto– sto limitare nella Lega ad una posizione di controllo, e, quando occorra, di opposizione, anche per non creare. CC'n pretesti tattici, in seno a11emasse da noi controllate o con noi simpatizzanti, equivoci sulle nostre reali intenzioni e sul nostro indirizzo programmatico per 'l'oggi e per il domani. GIORGIO }ERMINI Dall'utopismo al totalitarismo bolscevico Nell'articolo precedente, considerando i raipporti tra mar– xismo e bolscevismo, abbiamo passato in rassegna le varie tattiche politiche propugnate dai bolscevichi a seconda delle diverse situazioni concrete dei paesi da conquistare 'llla po– litica del comunismo sovietico, mettendo in riJ.ievo come quelle che essi propugnano a mezzo del « Cominform » per la preparazione della conquista del potere sono in sostanza ancora quelle elaborate da Marx nel 1848. Ed è appunto riguardo a questa tattica dei bolscevichi, che la socialista Tribune di Londra, col suo già citato articdlo del 5 no– vembre 1948 in occasione del 31~ anniversario della rivolu– zione bolscevica, dopo aver riconosciuto il contributo emi– nente di Marx alle teOTie del socialismo, rilevava, per ciò che si riferisce più particolarmente alle sue teorie uolitiche, la loro maturazione ii'i tempi di cospirazioni e di colpi di stato, prima che la democrazia, eccetto che in Amenca a– vesse uggiunto qualche forza reale in uno stato industriale. Marx scriveva i1 « Mani<festo » nello stesso anno in c.ui i chartisti, colla IOTo lista di rivendicazioni politiche, ven·,va– no vinti con la forza. « Nessuna meraviglia quindi, secondo la Rivista, che oggi le tattiche che egli prescrisse per la conquista del polere formino la parte meno rilevante del suo credo e che le applicazioni irriflessive da parte ilei co– munisti di questi precetti vecchi di un secolo siano finite in un fiasco e in un tradimento». « Una rivoluzione tradita> è appunto il titolo dèH'ar.ticolo. li « t,-adimento » dei bolscevichi. Ma, per ciò che riguarda q~esto « tradimento> dei prin– ci1Ji da parte dei bolscevichi, abbiamo già accennato nell'ar– ticolo precedente alla gim,tificazione, dal punto di vista dogmatico, che ne dà il Bettelheim, richiamandosi alle « Cri– tiche al programma socialista di Gotha » del 1875 di Marx, contro l'analoga accusa fatta dal Burham ai bolscevichi, di aver abbandonato i principi di uguaglianza e liberlà del so– cialismo degli inizi, per compiere una vera e propria invo– luzione in senso opposto, verso un regime burocratico e to– talitario. I:J Bettelheim obiettava che questo asserito tradi– mento non è in verilà che apparente ed è basato su un equi– voco, e che bisogna distinguere la base « insurrezionale » della 1'ivoluzione da quella successiva della « costruzione » della nuova società proletaria. La prima, ,necessariamente caratterizzata dal predominio di idee egualitarie che, in qualche modo, prefigurano quella che potrà essere la società socialista, non può mettere in pri– mo piano i problemi della «costruzione> e le necessità che ne derivano, come quelle di una differenziazione sociale nel seno stesso del proleta-riato, affermata dal Marx ·ome ca– ratteristica della prima fase del comunismo, e le parole d'ordine della fase insurrezionale, perfettamente conci– liabili con un tale periodo, anzi necessa,-ie, non posso- BibliotecaGino Bianco no perciò costituire le basi di un programma conforme alle esperienze della « costruzione ». E ciò è apparso del resto molto pres,to, sul piano della gestione delle imprese, allo stesso Lenin, inducendolo fin dal 1921 - effettivamente an– che prima - ad abbandonare le parole d'ordine iniziali di gestione Òperaia e <li controllo operaio e a proclamare il principio del'la « direzione unica». L'errore è stato tutto dei marxisti, di credere che le conquiste della fase insurre– ;zionale fossero conquiste definitive, aggrappandosi a ,1uelle fOTmule provvisorie come a norme eterne e perdendo cosi di vista l'insegnamento stesso di Marx. .Questa giustificazi011e stOTica del corso della rivoluzione bolscevièa come passaggio dal necessario egualitarismo ini– ziale de1 periodo dell'insurrezione alfa disuguaglianza della fase successiva della costruzione, con la dittatura del JJro– letariato come necessario presupposto, e ciò in piena con– cordanza con gli stessi canoni del marxismo, implica come già risolti tre distinti ordini di problemi. Dal punto di vista dogmatico, anzitutto, se e fin dove il marxisrro-leninismo sia conforme alla dottTina marxista e, in secondo luogo, be e come, ne1 corso del,Ja rivoluzione, i bolscevichi siano venuti meno ai principi che essi stessi si erano posti sulla base del– la loro inter,pretazione, qualunque essa sia, del marxismo, prima di scatenare la loro rivoluzione di ottobre; :on che si risponde all'accusa di tradimento dei principi mossa ai bolscevichi. In terzo luogo dal punto di vista della po'.itica del socia1-ismo, che è ii punto essenziale della questione, se la via seguita dai bolscevichi sia effettivamente l'unica via per il socialismo, quella che esso deve necessariamente per– correre, anche in rapporto alla stessa dottrina marxista. Del primo aspetto del problema, dei rapporti, cioè, tra marxismo e bolscevismo, ci siamo già occupati ripetuta– mente nel corso di questi articoli e più particolarmente nel– l'ultimo, accennando alle due tesi, quella secondo la quale iii marxismo-leninismo è un travisamento del «vero> mar– xismo, che è la tesi del Kautsky nel suo « Terrorismo e comunismo», per il quale il bolscevismo è il ritorno all'i– deologia premarxista di un Blanqui, di un Weitling, di itn Bakunin; e la tesi del Laurat, secondo la quale il bolsce.. vismo non sarebbe più marxismo in senso proprio, quale cioè 'si era venuto gradatamente maturando, per opera de– gli stessi Marx e Engels e dei !OTopiù autorevoli 'nterpre– ti, in relazione alle mutazioni profonde verificatesi nel seno del capitalismo; ma un ritorno alle tesi giovani1.i di Marx, del periodo che i•l Laurat chiama il « premarxismo » di Marx. Anche del secondo aspetto del problema, cioè quello del tradimento dei loro stessi principi da parte dei bolscevi– chi nel corso deli!a rivoluzione, che è la tesi della Tribune e del Burnham, abbiamo già detto nel precedente '.lrtico– lo, ma crediamo opportuno soffermarci qui ancOTa più di

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