Critica Sociale - anno XLI - n. 12 - 16 giugno 1949

276 CRITICA SOCIALE to perduti, come nel caso in cui fossero spesi per la riforma, ma solo anticipati, perchè si può chiedere che il macchinario fornito venga pagato ratealmente. Le macchine e strumenti che dovrebbero andare alla piécola impresa non li abbiam<:1 occorrerà il lavoro di 200.000 operai per fabbricarli ed è probabi 1 le perciò che almeno 100.000 operai saranno assor– biti dal lavoro per la campagna. Cioè un numero di lavorahri pari a quello che godrebbe dei benefici della riforma, mu– terebbe la sua condizione da bracciante o salariato a operaio dell'industria, perchè una volta che la piccola impresa abbia trasformato la sua economia di consumo in quella di tn'!r– cato acquisterà via via un sempre maggior quantitativo di manufatti, aprendo alll'industria un mercato pari a 7-8 mi– lioni di ettari di terra, oggi ermeticamente chiuso a causa di un ordinamento economico produttivo che è rimasto ,1Ile soglie della moderna agricoltura. Se alla nostra industria sarà possibile fornire manufatti non più a un milione di aziende agricole come avviene oggi, ma a quattro milioni, quante so– no le imprese agricole nel nostro paese, è probabile un mu– tamento nella struttura della nostra popolazione assai niù importante di quello che può scaturire dalla ,riforma fon- - diaria. Certo, i risultati economici che possono attendersi da un mutamento dell'economia contadina soho agli effetti del tenoi:e di vita della popolazione assai più vasti e im– portanti di quanto comunemente si crede. La nostra proposta non vuole significare una rinuncia alla riforma fondiaria, ma solo diminuirne il costo. Basterebbe che ['autorità afft'r– masse che nessuno può. possedere terra se il proprietario non climostra di avere la capacità e la volontà di compiere le tràsformazioni necessarie per un migliore tenore di vita dei lavoratori e un maggiore sfruttamento del suolo, Dena l'e– sproprio, perchè la riforma si avviasse alla sua naturale so– luzione. Na,turalment~ il governo dovrebbe specificare zona per zona qua'1i sono le trasformazioni che dovranno essere compiute, tra l'altro può imporre la cpstruzione di nuovi fabbricati, l'appoderamento, ecc. La riforma, in tal caso, av– verrebbe a spese di proprietari e perciò nella forma più economica. Se capita!ì di,sponibili per la cooperazione nella forma da noi indicata non è possibile averli, si dovrebbero estende:e i benefici del credito agrario alla cooperazione.• Più util– mente ancora, Io Stato potrebbe dare un contributo ,n C'.lpi– ta'le alle cooperative che acquistano macchine e strumenti di produzione per l'uso collettivo. FRANciisco SAJA Ancora sulla lega delle cooperative Il compagno Jermini ritorna con l'articolo seguente sul tema della Le,qa nazionale delle cooperative. La discussi<me a questo propasito rimane, come si vede, tuttora aperita. In effetti, noi crediamo che il problema della c.ooperazione in Italia oggi vada al di là delle consi.derazioni sulla opportu– nità o possibilità di collaborare con i comunisti. Come il problema sindacale, esso investe (a parte le questioni tecni– che di ccm,petenza che In distinguono dall'altro e maggiore problema) la possibilità della creazione, come si dice, di una « terza forza» ben diversa dalla « terza forza» politica, la cui caratteristica dovrebbe essere l'indipendenza dai partìti politici. Indipendenza, però, che difÌicilmente può significa– re un compfoto distacco dai partiti politici, in quanto è vano illude·rsi che o'li 11ominirappresentativi dell'organismo pos– sano essere de.gli indipendenti, e che non può essere nep– puré, almeno per adesso, ccmie era nei tempi d'oro della coo– perazione, una felice coincidenza tra i programmi coope– rativistici è quelli del Partito sacialista, dato il fraziona– mento che-.là classe l<wqratriceha subito, ma che può esse– ré solo de,terminato dalla convivenza in un ·libero gioco' de– mocYaticn di ucm.ini di differente provenienza politica, il cui cemento di unione sia costituto dalla fede nella "tùità della cooperaziane per se stessa - non quindi co,me stru- , mento per l'attuazione di una de,terminata politica - e dalla BibliotecaGino Bianco capacità specifica. Sotto questa luce certo vanno considt?rati · i rapporti dei nostri compagni in seno alla Lega nazionale delle cooperntive e.on i comunisti e fusionisti. Invero la si– tuazione non è oggi ancora chiara. E' un fatto che per i comunisti anche la cooperazione non può che essere stru– mento politico, anche se in un particolare momento la loro azione non riesca pericolosa; ma, come riconosce lo stesso compagno Jermini, è vano parlare di r.ompere questa colla– borazione senza a-vere la possibilità di svolgere un'azione concreta. E per avere questa possibilità, occorre che, non solo ci siano it.omini onesti e di buona volontà, ma anche che si sia creTta nel paese una situazione che consenta alla cooperazione una maggiore ampiezza di sviluppo. Ad esem– pio, se si potessero gettare le basi ed ottenere i finanzia– menti per una coo-perazi.one rurale, si sarebbe ottenuto il ri– sultato di creare wn vasto movimento cooperativo• nuoi 1 0, apol~tico, economicamente produttivo, e il problema della Lega delle cooperative potrebbe essere riesaminato in una nuova luce. Insommw, è opportwno che gli .esperti presenti– no agli argan~ c_ompetentiproposte afflwbili per l'estensione della cooperazione prima di criticare in sede .politica l'atteg– giamento dei nostri compagni nell'organo attualmente esi• stente. E' questo un invito, per i nostri collaboratori, a scen-· dere sul terreno delle proposte pratiche. LA CRITICA SOCIALE Le osservazioni de'll'amico Mario Casalini in Cri~ca So– ciale del 15 aprile 1949 in tema di Lega delle Cooper1tive costituiscono in sostanza una specie di difesa personale, della quale d'altra parte egli stesso non fa m~stero per quan– to chiaramente traS1pare dalle sue premesse. Come tali pertanto, a prescindere da quanto in esse è . contenuto limitatamente informativo, non possono eccessi– vamente conv•incerci sulla posizione, non già di lui per– sonalmente, ma piuttosto de'lla nostra cor,rente in seno alla Lega. · Che il Casalini abbia avuto nella Lega dai cqlleghi comu– nisti attestazioni di riguardo e di compiacenza, tali da non fargli sentire il disagio della sua posizione, non stentiamo ad atpmetterlo, anche perchè la formula di quiete tra essi adottata è evidentemente di reciproca èonveniénza come quella che, per l'uno rappresenta la possibilità di sfogo della sua passione; e (senza biasimo) delle sue aml,izioni coo-' perative, e per gli altri la possibiJ,ità di illudere su una ef– fettiva costituzione interpartitica della Lega; ma che, con que&lo, e credito, e influenza, e responsabiilità della nostra corrente siano sufficientemente salvaguardate e garantite in verità non possiamo crederlo, percbè, sia per i particohri f.requenti gesti della Lega a spiccato carattere di tendenza, sia per la fama acquisita e per la ,bandiera clfe sventola al suo pennone, tutto quanto può essere nostro in uomini ed idee apparisce completamente svalorizzato, assorbito e tra– volto dalla corrent~ 'ivi dominante. N è questo constatiamo per recriminàre la perdita cli r,,:,si-. zioni già in nostro possesso - per il che dovremmo al mas– simo limitarci ad un atto di contrizione -, quant0 per de– plorare il fatto che fa Cooperazione perda in Italia, per la circostanza di un çolore dominante, quell'universalismo na– zionale, che solo ne può garantire io sviluppo e la sussi– stenza, sia in regime francamente ed ortodossamente de– mocratico, sia in regime di monopolio partitico, se pur di maggioranza. Una dolorosa passata esperienza ci ,ha mostrato infatti come d~gli istituti cooperativi, solidamente acquisiti alle masse lavoratrici e consumatrici in epoca prefascista,- pochi se ne siano salvati prnpri@ per un fatto di idiosincrasia di co1ore col totalitarismo imperante, ed una esperienza più recente ha dimostrato come i frutti di una cooperazione to– fa!~taria dovessero andare completamente perduti nella suc– cessiva ricerca cli una più libera ed indipendente cooperazione. Male l'una cosa e male l'altra, perchè, con questo, la coo– perazione non ha fatto che per.dere il terreno duramente conquistato, e si è trovata costretta a ricominciare da e.i.po per una organiz.zazione più ~deguata alle generali esigenze dei tempi. Quando parliamo di iniziative liberiste da parte rlella nostra corrente non è che intendiamo con esse soppiantare

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