Critica Sociale - anno XLI - n. 6 - 16 marzo 1949

128 CRITICA SOCIALE Il commerc10 americano e il protezionismo Gli Stati .Uniti occupano attualmente, nel quadro del! 'economia mondiale, una posizione unica e senza precedenti nella storia. Questo grande Paese possiede un apparato di produzione incomparabile, tanto per la sua potenza ·quanto per la sua qua– lità; per tutto ciò che è economicamente essenziale, salvo poche eccezioni, esso è indipendente dall'estero; esso è nello stesso tempo il più grande creditore del mondo ed il più grande produttore sia indu– striale sia agricolo. Se il secolo XIX è stato quello dell'Inghilterra, il nostro è caratterizzato da un ancora più accentuato predominio economico degli Stati Uniti. Questa situazione eccezionale comporta un'enorme responsabi'it·ì. Infatti, è soprattutto nelle mani dei dirigenti degli Stati Uniti che riposa oggi la chiave dell'avvenire economico dell'Occidente. L'uso che la grande repubblica nord-americana farà della sua potenza produttrice e finanziaria, il suo comporta– mento ·nei riguardi qei paesi economicamente arre– trati e dei paesi devastati dalla guerra, il suo atteg• giamento di fronte ai legittimi interessi economici delle altre nazioni, tutto ciò avrà un'influenza deci– siva sull'avvenire. Il Pre~idente Truman ha riassunto molto bene la situazione nel· discorso che ha pronunziato il 6 marzo, in un'Università dello Stato del Texas. " Che noi lo vogliamo o meno, egli ha detto, è da noi che dipendono le relazioni economiche future nel mondo. Noi possiamo condurre le nazioni alla pace oppure gettarle in una guerra economica ». Nei loro r:1pporti con gli altri pn.esi, e specie nella loro politica commerciale, gli Stati Uniti sono chia– nati a nensare per cate~orie mondiali e ad agire di conseguenza. Disgraziatamente, aie.uni re spon – sabili della politica americana, soprattutto f.ra i membri del Congresso, sembrano non averlo ancora capito. La bilancia dei conti degli Stati Uniti. In sèguito alla prima guerra mondiale, gli Stati . Uniti sono diventati i più grandi creditori del mondo. Sarebbe stato normale che, in queste con– dizioni, scomparissero i metodi protezionistici molto accentuati, che hanno sempre caratterizzato la poli– tica commerciale di. questo paese. -Perchè, oramai, ci si poteva permettere il lusso di una bilancia commerciale sfavorevole. Ma invece, come tutti sanno, la politica tradizio– nale è stata mantenuta. Anzi, nel 1930 i rigori èlel protezionismo furono ancora aggravati dal voto, della famosa tariffa Hawley-Smoot. Gli Stati Uniti si ostinavano a vendere all'estero sensibilmente di più g.i quanto non c~mprassero, sebbene ritraessero nello stesso tempo dall'este_ro forti somme a titolo di interessi e dividendi. In questo modo, hanno portato la loro parte di responsabilità nella rottura di equilibrio delle relazioni economiche internazio– nali. « E' la poli!ir.a di un Hawley e di uno Smoot - ricordava recentemente il Pre'sidente Truman - che ha pr,rtato alle preferenze imperiali di Ottawa. E da Ouuwa il cammino ha portato dritto dritto al sistema di restrizioni di uno Schacht ». · Sarehbe questa lezione del passato completamente dimenticata? Talvolta lo si potrehhe credere. In ogni caso è evidente che, nel -momento stesso in cui la bilancia dei conti americani accusa· un'enorme eccedenza, assistiamo ad una -rinascita, vigorosa· dello spirito protezionista. Nel 1!J'6, gli Stati Uniti hanno esportato, a titolo oneroso o gra– tuito, per circa 12 miliardi di dollari di merci. L'eccedenza delle esportazioni, p11r tenuto conto delln. sopi'avvenuta svalutazione rlel dollaro, corri– spondeva, per questo anno solamente, all'eccedenza totale dei cinque anni 1!l25-l!l2!). ~i potrebbe dire che questa situazione era eccezionale: il mondo arfamatn e devastato aveva hisog-no di merci nme– ricane, di macchine, di carbone, di colon.e, di grano. E' vero, ma è ugualmente ,·ero che questa ~itua. zione non cambierà tanto presto. Secondo gli ap• BibliotecaGino Bianco prezzamenti del " Federai Reserve Bulletin », mal– grado la quasi totale soppressione delle prestazioni gratuite, le esportazioni americane nel 1947 avreb– bero raggiunto 11 miliardi di dollari, contro appena 6 miliardi d'importazioni. . Aggiungiamo a questo che tutti gli altri elementi della bilancia dei conti americani accusano ugual– mente un'eccedenza I\On trascurabile, anche quelli che in passato costituivano, come il trasporto delle · merci, elementi importanti del passivo. E'_ chiaro qhe una tale struttura della bilancia dei conti non potrebbe essere mantenuta alla lunga senza cagionare gravissime perturbazioni nell'eco- ' nomia mondiale. Certo, per parecchio tempo ancora, non si Imiterà di un bilancio equilibrato, e le cifre del ventennio fra Je due guerre semLrano un ideale irraggiungibile. Si tratta nondimeno di un ritorno progressivo verso l'equilibrio. · La soluzione deve essere cercata nel campo che è, responsabile della parte predominante dell'ecce– denza attuale, cioè negli scambi di merci. Ora, è nell'interesse generale di non restrinvere tronpo I.e esportazioni degli Stati Uniti: il mondo ha bisogno di merci americane e -l'America deve esportare molto per mantenere la sua industria in piena atti– vità ed evitare la disoccupazion~. Ma allora non resta che una via d'uscita, e cioè l'aumento delle importazioni negli Stati Uniti. Da !full a Vandenberg. La corrente protezionista aveva raggiunto il suo apice, fra le due guerre, verso la fine della p·resi– denza Hoover. La tariffa Hawley-Smoot stessa sem– brò allora insufficiente. La principale preoccupa– zione della politica commerciale era quella di chiu– dere. il mercato americano ai prodotti stranieri il più ermeticamente possibile. Questi eccessi hanno ' provocato una reazione inevitabile. Con Cordell Hull Segretario di Stato si ebbe il ritorno a conce– zioni più liberali. La politica di Hull derivava nello stesso tempo . dal suo atteggiamento dottrinario e da considerazioni eminentemente pratiche. Hull cre– deva fermamente che la soppressione d'intralci al commercio internazionale fosse una delle condizioni necessarie al raddrizzamento economico .. Ma. egli non dimenticava, però che, nell'interesse stesso degli esportatori americani, era necessario accrescere le importazioni. 1 Da questa convinzione derivò il " Reciprocai Trade Agreements Aci :t, che fu ritenuto l'inizio di un nuovo orientamento della politica commerciale ·degli Stati Uniti. Accordi. commerciali furono nego– ziati, comprendenti la clausola della nazione più favorita e sulla base di tariffe doganali reciproca– mente vantaggiose. Questi vantaggi erano però con– cessi con moHa prudenza. L'amministrazione ame– ricana procedeva ad una classifica molto minuta delle merci e si sforzava di non ledere mai gli interessi dei .produttori nazionali. Malgrado l'a moderazione di questa politica, essa urtò contro un 'opposizione crescente del partito repubblicano, bastione tradizionale del protezio– nismo. Nel 1945, quando si trattò di prorogare per tre anni il " Reciprocai Agreements Act », i repub– blicani votarono quasi tutti contro, ma rimasero in minoranza. Ritornati a Washington da padroni incontestati del Congresso, essi non tardarono ad esigere la revisione della politica governativa in questo campo. ' La preparazione della conferenza di Ginevra e ta necessità di elaborare le istruzioni per la' delega– zione americana, hanno fornito l'occasione di un grande dibattito. Alla fine, non si è accolto nè il punto d'i vista degli estremisti, ostili ad ogni con– cessione· in materia doganale e propensi visibil– men·e a silurare la conrerenza di Ginevra, .inche prima della apertura, nè quello dei " liberali », che si pronunziavano risolutamente per la riduzione immediata e progressiva delle tariffe doganali. Il governo che, col cuore, era con questi ultimi, è stato cosi retto ad un ·compromesso elaborato sotto il p'1tronato del senatore Vandenberg e adottato da un'imponente maggioranza. Secon:lo queste conclusioni, pubblicate nella for– ma di un decreto del presidente Truman, il governo mantiene il suo diritto di accordare delle conèes-

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