Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948

CRITICA SOCIALE 313 il P.S.I. vede prospettarsi un periodo di lotte in– terne, condotte senza risparmio di colpi. Ciò potrebbe esserci, in fondo, indifferente, se non ci fosse con tutta la sua urgenza - assai più per forza delle cose che per nostra impazienza - 11 problema dell::\ unità socialista. La creazione per non lontane battaglie (elezioni regionali) di una for– te, valida, efficiente compagine che raccolga tutti i socialisti democratici, consapevoli della necessità di azione autonoma del -socialismo democratico è J1on solo una necessità improrogabile, ma un rp~o– cesso già in corso. E non può essere differito. Cento volte abbiamo ripetuto che ·non intendi-amo la uni– tà socialista come una limitata fusione con l'U. d. S., ma come la riunione con tutti i socialisti demo– c:atic,i, ancora. militanti nel P.S.I. I>obbiamo ag– grnngere che, ,rispetto a questi ultimi, abbiamo con– sl_atato un_a_sostanziale affinità di spirito, di idee e d1 propos1t1. Sarebbe iattura che l'unificazione delle forze socialiste si dovesse fare senza il loro contri– buto attivo, anche se è cerlo che essi sarebbero con noi in ispirito e che, a breve scadenza, o battuti o s,possati, verrebbero a trovare ricetto in una casa alla costruzion.e. della quale li vorremmo compagni ed alla quale avrebbero mancato di contribuire solo per le loro perplessitii o per essersi lasciati bloccare in una impresa dìsperata. Il Congresso di Genova ha tentato di eludere la scelta che si imponeva a} socialismo italiano. Ma l'espediente con cui ha tentato di sottrarsi alle sue responsabilità non regge. Permane la necessità di scegliere: il Congresso ha dato chiara consapevolez– za dei due termini dell'antitesi. Con un « ni » non si risponde alla storia. O la sto– ria necessariamente elimina dalla sua strada coloro che s'attardano a tentennare. GIULIANO PISCHEL Ciò che ho visto·a Genova (Appunti di taccuino) Tre minuti di relazione Basso: e si comprende subito che non si resterà sull'appiccicoso terreno dell'Astoria. Non ci si accapiglierà per sapere se si è fatto bene o si poteva far meglio; se si doveva fare lista comune col « Fronte » o liste separate; se e perchè elettoralmente s'è perso. Solo J acometti si attarderà poi su questo terreno, e apparirà ~bia– dito. Si andra ben oltre il dibattito circa una battaglia per– duta. Sarà tutta la politica, la posizione, la funzione del P. S. I. che verranno messe in causa. A Basso - che evi– dentemente non parla per questo Congresso dove è già bruciato, ma per il prossimo, o addirittura per la storia, e soprattutto con l'accento di chi tiene soprattutto a « salvarsi l'anima» - va il merito di' questa: impostazione. La « sini– stra» questa volta si batterà con estrema franchezza. Le mancherà solo di essere esauriente e -di trarre cioè le ulti– me e necessarie conseguenze: eh~ per un partito « social.i– sta » non c'è più nè posto nè ragion d'essere. E che non resta che «confluire» (per chi se la serrte) nel P. C. E' tanto esplicito questo discorso, animato da una fa. natica volonta di bruciarsi alle spalle tutti i ponti, di non cercare alcuna attenuazione e compromesso, di porre un « autsaut » (sicuro, anche qui: « o con noi o contro di noi») che in realtà sembra non aprire, ma chiudere il Congresso. T4tti gli altri chiariranno, spiegheranno, motiveranno, r,1a non potranno aggiungere nulla di nuovo: e tanto varrebbe passare subito alla votazione. O si resta su questa posizio– ne (che fatalmente scivola nel comunismo); o la si ripudia in toto, come Romita. E' veramente una « posizione disperata» quella che Basso assegna al P.S.I.: nel Blocco Orientale l'unificazione orga– nica in corso, con la scomparsa dei partiti socialisti; nel Blocco Occidentale, inteso, in conformità alla visuale di Bialystock, come un compatto blocco imperialista, reazio– nario, guerrafondaio, asservito alla volontà americana, il socialismo traligna, giacchè si è portato ormai sul terreno della socialdemocrazia, e questa, per Basso, è ormai total– mente ed irrimediabilmente « fuori del Socialismo». Al di qua del sipario di ferro (per questo Caccia tor-e dirà: « Vo- BibHotecaG~noBianco lesse il cielo che noi fossimo nel Blocco Orientale!») è - anzi era - rimasto solo il P.S.I. a difendere una tesi in– transigentemente classista, di lotta ad oltran_za, cli assoluta unità col P.C., di attiva iniziativa della classe operaia, Ed ora questa posizione frana. Sicuro: perchè Basso (e altrét– tanto farà con ancor più gelido fanatismo Morandi) consi– dera già fuori del socialismo, già acquisiti alla socialdemo– crazia, tutti coloro che nel seno del ·Partito osano discu– terne la posizione e fa politica. « E' patriota colui che ap-' prova la Repubblica in blocco; è traditore chi la critica nel dettaglio>>, dirà, citando il giacobino Saint J ust. E lo dice chiaro, a romitiani e a centristi: « due alternative sole dun– que: o passaggio, immediato o differito, a « Unità S~ciali– sta » ; o conferma cli una politica di classe». L'autonomismo per lui ha- un senso univoco, lo si voglia o no: è l'antico- . munismo, è frattura di un'unità che deve restare a qualsiasi costo. C'è un senso di insuperabile odio per Saragat e per tutti noi « ormai sul terreno della classe dominante» la qua– le, abdicando, accetta la guida americana ed il dominio cle– ricale, con la connivenza di « Unità Socialista», firma cli mero avallo. Ma un odio ed un disprezzo ancora più acca– niti, Basso mostra verso coloro che, nel seno del «suo» par– tito, sono già i traditori cli domani: e forse più ancora per i centristi che per Romita. No, non è vero che in questo discorso vi siano accenni o sottintesi trotzkisti. Sarebbe un'eterodossia, che Basso non si perdonerebbe. Ma non è nemmeno più socialismo (almeno nel senso che ha conservato questa parola rispetto alla frat– tura causata dal comunismo russo). E' un coartare il sc– cialismo italiano (basta guardare, per contrasto, nella sala le facce di questa brava gente venuta a fare i delegati) nel marx-leninismo più ortodosso. Con un impeto, un gusto, una spietata intransigenza che curiosamente assommano la più intima ed accanita essenza di un domenicano cli un cal- vinista e di un giacobino. ' Certo Basso liquefa ogni possibilità ed ogni legittimità cli . esistenza del ·socialismo italiano. L'avvento della classe l..t– voratrice al potere (ma proprio lui .prospetta un lungo ri– stagno ed arretramento del P. C.) è. sentito con tanta più impazienza perchè è condizione per l'unificazione organica dei due partiti della classe operaia e per sbarazzarsi di una situazione insostenibile. Per intanto le differenze tra socia– listi e comunisti, presupposto che la loro politica, quand'è . espressione dell'unità di classe, non possa nè debba ·divergere, è limitata a qualche cosa di molto estrinseco, verso cui poi non si intende affatto indulgere: « differenze di mentalità, di spirito, di linguaggio». Tutti pensano, anche se l'oratore non osa ripeterlo: « due corpi ed un'anima sola». (E allo– ra uno dei due corpi è contro natura). Eppure, a sentir Basso, vien fatto di chiedersi sottilmente se egli sia in realtà fusionista, come certo lo sono invece tutti gli altri, a cominciare eia Nenni, Morandi e Cacciatore. E si avverte - ma è un «caso». del tutto personale - una inconfessata riserva. Troppo ortodosso ciel marx-leninismo per accettare in toto la deviazione stalinista; troppo rigi– damente classista per accondiscendere sinceramente (come fa Morancli) alla trasposizione dellà lotta di classe sul ter– reno del contrasto di potenza militare tra Blocco Orientale e Blocco Occidentale; troppo ferocemente intransigente per ammettere gli opportunismi, i mutamenti autoritari, gli a– dattamenti della politica del Cremlino. Qui ci si trasferisce sul terreno del gesuitismo; e Basso rimane incompatibilmen– te calvinista. Le sue segrete preferenze - ma in questo è assolutamente solo: e perciò tanto più deleterio ~ non van– no ad un pa1"tito dii massa, in cui sommergersi: vanno ad un partito - guida di eletti e cli devoti, che concepiscono l'errore politico come peccato e la deviazione pratica come eresia, poco importando il numero ed il successo immediato. Se avesse prospettive di vincere, non c'è da dubitare: non per– donerebbe a chi ha dubitato, a chi ha criticato, a chi ha preso posizione contro di lui. Non solo Romita e gli auto– nomisti, ma molti centristi sarebbero estromessi dal partito. Accanito Basso; pastoso Nenni. Se quegli ha fatto so– prattutto questione d'ideologie e di principii, a giustifica– zione della loro pratica attuazione, per questi è « politique d'aborcl », è tutto, anzi, politica. E poichè la alternativa ri– mane quella cli Basso, scelta cioè tra due posizioni: o col

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