Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 22 - 15 novembre 1946

. CRITICA SOCIALE Ancora. intema di riforma tributaria Roma •1oc1ttaest: in una recente intervista concessa al redattore dell'A.N.S.A.,y il Ministro delle Finanze ha di– chiarato _che « saranno poste in atto misure straordinar-ie, · sia con nuovi provvedimenti legislativi particolarmente ri– guardanti il personale, sia sospendendo alcune disposizioni in vigore», e aggiungeva tjie ·«nel progetto di riforma è com– presa, oltre alla costituzione di nuovi nuclei specializzati di funzionari, ima revisione completa dei criteri di accerta– mento». Ma non basta. Il Ministro ha soggiunto: «Bisognerà porre il contribuente nella possibilità di essere sincero col fisco, avvicinarlo all"imposta. stabilendo wna forte riduzione delle aliquote, il che vuol dire stabilire imponibili aderenti alla realtà». , ' · Necessità di ridurre le aliquote ,e il numero delle imposte. Troppo bello per essere vero! Tuttavia che qualche cosa si voglia fare sulla via- della riduzione delle aliquote è di– mostrato dal fatto che i.I Consig!io dei Ministri, nell'appro– vare le normi! transitorie per l'appli.cazione dell'imposta or– dinaria sul patrimonio per· il triennio 1947-1949, ha delibe– rato che l'aliquota venga ridotta dallo 0 1 75% allo o,4d% e che çontemporaneamente l'imponibile venga aumentato di cin– que volte per le scorte vive e gli impianti· industriali e di clue volte e mezzo per i .fabbricati: portando nello stesso tempo il limite di esenzioneda L. 50.000 a ,L. 100.000. 11 Mi~ nistro delle Finanze ebbe in 'tale occasionè-a dichiarare che il provvedimento serve a preparare· le condizioni per ottenere che la denuncia del.l'imposta venga fatta con giuramento e a creare le premesse per una riforma radicale del siste- ma tributario. ,, Ottimi proponimenti invero : la riduzione delle aliquote è una condizione necessaria perchè vengano introdotte misu– re energiche. e tali da ricondurte qn minimo di moralità nel clima de!.l'am bi~nte trib utario; ma, se si vuol ·ottenere dav– vero l'effetto, occor.re pe_rs.uadersi che le mezze misure non· servono a nulla. Non ha senso il ridurr'e l'aliquota della R. M. Cat. B. dal· 28,62:.%, per es., al 25 o anche al 20%; perchè 11 provvedi– mento sia efficace occorre ridurla al IO o, meglio. a! 7%, Una riduzione di aliquota dallo 0,75 allo o,4d_% è certamente sensibile, ma, a prescindere dal fatto che la ,riduzipne della aliquota· è sproporzionata all'aumento dell'imponibile, si dà il caso che la riduzione ,è àpportata là dove era meno ne– cessaria e ·si applica ad una imposta che non merita affatto di essere conservata. Nel periodo di malgoverno- fasdsta,- dopo le leggi finan– ziarie del 1923 (che di fascista hanno solo il nome) le im– poste vennero create a vanvera, pei- rispondere a contingenti necessi_tà p per motivi demagogici,~ senza alcun piano or– ganico,. senza alcun criterio lungimirante,. nè sembra che que– sto_ malvezzo sia venutçi a cessare coll'avvento del regime democratico. Comunque, è certo che attualmente la molte– plicità delle imposte e la complessità del sistema fiscafe rag– giungono il parossismo. Ora, quando si rifletta· che tutte le imposte, di ·qualunque natura esse siano", sono prelevate sul reddito _dell'individuo (le cosiddette imposte sul patrimo– nio normalmente si trasformano anch'esse 'in imposte sul reddito) e che tutte servono per dare mezzi allo Stato o ad altri Enti pubblici di soddisfare bisogni pubblici di ordine generale, è di chiara evidenza che questo frazionamento com– plicato non può che- riuscire nocivo, contrastando. fra l'al– tro, al canone della comodità· di pagamento e a quello della · economia della riscossione. Un rapido esame dr una- cartella di pagamento della Esat– toria di Milano per l'anno 1946 ci persuaderà della esistenza di ben 37 (trentasette) diverse imposte dirette o. tasse. E ciò non è tutto, perchè yi sono imposte dirette, come quella di negoziazione. che non sono riscosse çol 'tramite della E-· satto1:ia ! E' necessario proceélere ad un'opera di selezione, senza titubanze: occorre abolire decisamente .I.amaggior parte ,li tali imposte, che sono pr_aticamente improduttive, .conser– vando solo le poche essenziali. Tale concetto risponde a un criterio di profonda moralità. Il contribuente deve esseri: in grado di conoscere esatta– ■1ente quanta parte del suo reddito deve essere ceduto allo Stato per la soddisfazione dei bisogni pubblici: ma· un tale calcolo è praticamente impossibile in Italia, data la difficol– tà di orientarsi nella selva delle numerose imposte e tasse. Necessità di attenersi alle t,.adizioni e cons,eguente inop- portunità, per ora, di .un'unica imposta pers-ona-le. confusione e il disordine introdQtti dal fascismo, per s·an o smania di novità,'nel campo della finanza devono però ammo· nirci come, anche in questo· settore, le riforme più ardite devono. se non vogliono rischiare di fallire, essere salda– mente innestate "in quelle che sono le tradizioni_ gli usi e i - costumi dei popoli. Il sistema tributario dell'Italia, prima della guerra 1915-18, nelle sue grandi J.inee,era quello della ·Francia rivoluzionaria e napoleonica .. L~ riforma francese, che ebbe grandissima influenza' in tutta Europa, ad eccezione della Gran Bretagna, ebbe come caposaldo la reazione contro i privilegi e le esenzioni c!elle quali godevano ed abusavano, nei periodo prerivoluzionario, i nobili, il. clero ed altri privilegiati e che facevan sì che le imposte incidessero quasi esclusivamwte sulle ·c1assi meno abbienti. La reazione ad -un tale s tato d i cose spiega il feticismo per le imposte di carattere r.ea. /é-, e cioè per quelle che col– piscono la ricchezza, senza tener çonto delle condizioni per– sonali del suo posses-sore. I tecnici del tempo affermavano semplicemente la giustizia del principio che chi ha molto paga molto e chi ha poco paga poco, e non dubitavano an– cora della triste verità, che. il lpoco pagato da chi ha poço è .molto di più del-molto pagato da chi ha molto! • Nel campo delle imposte dirette troviamo a tale epoca in Francia la imposta fondiaria (1790) a carico di tutti i proprietari di terreni e di- fabbricati, che era poi una tra– sformazione della « taille » prerivoluzionaria: dal 1807 tale imposta fondiaria· fu basata sul sistema· del catasto. Il red– dito mobiliare era colpito dalla imposta personale mobiliare · (i797) e dalla « ta~e du citoyen », l'una commisurata alla pigione e l'altra alla giornata di lavoro; e sse sostituivano le antiche imposte: vingtième e capitati.on. C'.erano poi le im– poste di patente (1791-95), che sostituivano i diritti di am– missione alle soppresse corporazioni di arti e mestieri, ed altre di minore importanza. · Ad opera di Quintino· Sella e di Mirco Minghetti, il siste- . ma napoJ.eonico, attraverso quello sardo, passò nel nuovo Regno d'Italia (1864) che basò la sua politica finanziaria su tre_ grandi imposte di carattere .reale: quella sui te-rreni, quella sui fabbricati e quella sulla ricchezza mobile. La Gran B,'etagna fu la sola grande nazione europea che si sottrasse. in materia .finanziaria_ al).'influsso francese, e ci0 perchè fin· da.I tempo di CroJJJwell (1649-58) essa aveva adottato principi non dissimili. Unò degli elementi più ca– ratteristici del sistell]a inglese, a partire dalla nietà del secolo XIX è l_ainserzione di un eleme nto p ersonale su di un si-, sterna di imposte essenzialmente rea.li, mediante la « inconiç tax ». Seguenèlo l'esempio britannico, gli Stati più civili del continepte passano così da un ~istema esclusivamente e rigi· damente reale ad un sistema misto, ma nel quale l'elemento personàle sempre più predomina. Anche in Italia l'elemento personale fa capolÌno nel 1923, con la imposta complementare progressiva sul reddito, la cui efficacia fu però, è d'uopo dirlo. assai' limitata. E' questa una vera e propria ·rivoluzione dei sistemi fi– scali': il principio. che ogni unità di reddito, quali si •siano la somma e la- fonte del red_gito stesso, debba essere colpita nella stessa proporzione viene gradualmente· abbandonato e sostitu ito da quello. socialmente assai più gius~o, di a– degua.re l'imposta alla effettiva capacità contributiva di cia– scu n individuo. Da queste premesse· è facile comll,.renderc che tutte le nostre simpatie vanno ad una imposta unica, a base personale, largamente progressiva, perchè in una ta:le imposta vediamo l'unica via ·per influire efficacemente sulla– disuguale distribuzione dei redditi. Senonchè « Natura non facit saltus », e noi siamo persuasi che una tale soluzione sarebbe, per ora almeno, di impossi– bile realizzazione. Una imposta di questo genere dovrebbe esser basata sulla · fedele e minuziosa denunéia che il contri'bt.iente dovrebbe fare dei redditi realizzati nell'anno precedente: ora, se è vero che in qua:lche paese fiscalmente molto -più progredito del nostr.o (Gran Bretagna, Stati Uniti d'America, etc.) tali . denuncie vengono compilate dalla quasi totalità dei cittadini, è vano sperare che qualcosa di simile possa avvenire da noi, a-Imeno fino a che non si sia diffusa una educazio11e fi– scale tuttora inesistente. E ciò a prescindere dalla reale _ difficoltà che presenta una· denuncia qualitativamente e quantitativamente esatta' di tutti i cespiti_ Si pensi al caso del profess.ienista, dell'artista, dell'inventore ecc. Conclu·dèri~ do : noi saremmo propensi ad un ripiegamento verso u• sistema misto.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=