Critica Sociale - anno XXXV - n. 13 - 1-15 luglio 1925

148 CRITICA SOCIALE sfuggire, non solo l'importanza di questo precedente, ma ancora quella della formula induttivamente ottenuta dal Toynbee. In questo precedente noi abbiamo un esempio del come può essere J'isoluta la spinosa que– stione delle minoranze nazionali irredente, e nella for– mula del Toynbee abbiamo una delle massime leggi che presiedono alla formazione e alla decadenza degli Stati e degli Imperi. Ciò che costituisce il fondamento legittimo degli Stati non è il cosicletto principio di nazionalità, il sentimento di affinità etnica e culturale: è la capacit-à a governare con giustizia, ragionevolezza, ·efficienza tutti i membri d'uno Stato, non importa cli che colore, razza, fede o lingua essi siano. 11 senso di affiqilà etnica e cultural~ facilita la formazione e il funzionament'O degli Stati; ma, di per sè, può anche essere fattore d'intolleranza, di eccessivo culto dell'uniformità, di &oppressione, di utili variazioni culturali ecc. Epperò lo, Stato che è capace cli albergare nel proprio seno, su piede d'e– guaglianza, varie culture, va 1 rii gruppi etnici, relig:osi, linguistici, è eticamente superiore allo Stato puramente uaziona,le, ed ha in sè più garanzie contro la tirannia, sia d'una singola cultura, sia del potere centrale. Gli Stati divengono Imperi costruttivi e duraturi nella mi- . sura in cui sanno utilizzare il nesso etnico e nazionale, tr~sce1Jdendolo, e sanno diventare plurinazionali rima– nendo liberali. Il principio nazionalistico e impetìiali– slico, liel senso di dominazione d'un gruppo nazionale SÙ altri, è un ostacolo e non un coefficiente verso la formazione di stabili e ben cementate compagini plu– rinazionali. Si può considerare come una vera e pro– pria catastrofe europea che la Germania abbia respinto, invece di adottare, il pri11cipi,o dell'autonomia per i Polacchi e per l'Alsazia-Lorena, e che l'Impero Austro– Ungarico non si sia_in tempo trasformato in una Con– federazione delle nazi,onalità i_nesso comprese, in piene condizioni d'uguaglianza. Questa incapacità dei due Im– peri Centrali a trasformarsi in Stati liberi e plurina– zionali ha incalcolabilmente ritardato il processo verso la co~tituzione degli Sfati Uniti d'Europa. Quindi, se mai, la storia ammonisce che; anche come condizione di successo in guerra, lo Stato liberale e democratico dispone di incontestata superiorità sugli Stati che in vario modo e grado son governati da op– posti principii. E si comprençle. Lei Stato lib.erale e de– mocratico sul serio, inte.nto com'è, inevitabilmente, in primo luogo, al perfezionamento interno di tutta la sua vila, è réstìo bensì ad impegnarsi in guerre, ma, ap– punto perchè nrm vi si impegna che suo malgrado, quando .non ne può a 1n'eno e quindi col massimo con– senso spontaneo del Paese, esso dispone di una tenacia e di una energia di coesione naturale che mancano al– trove, e può resistere più a lungo .. V'è ·di pitt. Precisamente perchè gli Stati liberi sono anzitutto intesi al perfezionamento interno e restii a conquiste bellicose, essi sono anche naturalmente al– leatj; una democrazia attaccata ha le naturali simpatie· di lutte le altre, perchè il pericolo di ciascu~a è il pe– ricolo di tutte. Laddove uno Stato autocratico, belli– coso, nazionalistico-imperialistico e protezionistico, è naturalmente oggetto cli timori, diffidenze ed ostilità da parte di tutti gli altri che se lo s1:;ntono comune ne– mico. Ancora. Gli uomini di Stato di un Paese libero e li– berale e che, in pace come in guerra, ammettono li– bertà cli critica, hanno modo di sapere come l'opi– nione pubblica sente, di ·ascoltarne i moniti giusti, di mostrarne infondati gli altri: l'opposizione è una for– ma di collaborazione; laddo,·e, in un Paese più autocra– ticameute governato, essi 11011 hanno éontatti col pub- BibliotecaGino Bianco . blico,, ne sono spesso isolati e finiscono spesso col cre– dersi più potenti e savii di quel che sono .e a cadere in irrimediabili disastri. Il ·liperalismo e la democrazia sono vere e proprie va_lvole di sicurezza; rivelano in tempo le crepe; l'autocratismo permette ai cancri la- tenti d(diventare fatali prima di venire scoperti. .-.:-, . Insomma, liberalismo e democrazia hannoAin :qui ·trionfato sui principii opposti e continueranno inevita– bilmente, nonostante ogni ostile resistenza e ogni lor propria deficienza, a trionfar.e, perchè sono più con-. for'rni all'istinto di conservazione e di variazione pro– gressiva del massimo numero di uomini, specie di razza europea e di pàesi sovrapopolati, che, per vivere, han- no bisogno d-i esportare e di lottare sui mercati del . mondo e quindi di possedere il massimo di iniziativa individuale,· di carattere, di cultura,. ossia di libertà. Coloro, che parlano di creare Stati antiliberali, anti– democratici, antiinternàzionalistici, non sanno nè ciò che dicono nè ciò che fanno e preparano per sè stessi e, purtroppo, per coloro di cui reggono le sorti, presto o tardi, terribili delusioni. Quos cleus vull perdere cle– menlat. .ANGELO CRESPI. • lo~talo Df!ijDi[ù ele~ro~òite ~ei ~olon Le discussioni che sono state fatte intorno alle con- -elusioni formulate nella relazione Arias, che la mag– gioranza dei Soloni ha approvata e il Sen. Gentile ha presentata al Presiclen te del Consiglio, non poggiano su una conoscenza esatta delle proposte i11 essa conte– nute. Non si può quindi darne ancora un giudiziò si– curo e preéiso. Si sa tuttavia che esse mirano a ri– formare il modo di costituzione del Parlamento, di'. cui una parte continuerebbe ad essere eletta, come è ora l'intera assemblea, dai cittadini in quanto tali, di– stribuiti secondo ripartizioni teri'itoriali; e un'altra par– te dovrebbe invece essere eletta dai cittadini ip quanto produttori (in un senso latissimo del vocabolo )i ri– partiti e associati secondo la natura dell'occnpaz10ne cui essi attendono. . Più d'uno dei critici ha osservalo già che, in nome di una pretesa rivoluzione, si tenta in realtà di risusci– tare ordinamenti antiquati, che lo spontaneo sviluppo della vita sociale e le esigenze nuove che esso è venuto creando hanno inesorabilmente abbattnti e travolti nel nulla. Qualcuno ha anzi richiamato parole conte– nute in un Ùbro, propr.io del relatore, nel quale l'ordi– namento che pare si voglia ora richiamare in vita è considerato come un'istituzione di tempi passati, repu– gt1ante allo spirito e alle forme di vita e di attività so– ciale dei teljl1pi ·nostri. Ma nei giorni in cui viviamo sarebbe ingenuità ma– ravigliarsi di qu~sti mutamenti d! p~nsiero. Il regim~ può vantare anzi come su,a gloria l aver offerto agh intellettuali, insienie con l'espressione del proprio di– sprezzo per essi, anche materia nuç,va di esperienza ~ argomenti di meditazione, alla stregua della quale e dei quali essi possano orientare in modo nuovo il loro pensiero; e gli intellettuali devoti al regime possono vantafe dal canto loro, insieme con la tranquilla man- • suetudi~e con cui hanno tollerato l'espressione di quel disprezzo senza sentir vacillàre la loro devozione, an– che la seiena obiettività con cui si sono accinti. a rive– dere le proprie posizioni mentali al lume delle espe– rienze e dottrine nuove. D'artra parte la rivoluzione, grande in virtù stessa della sua contraria apparenza, grande per la novità dello stile con cui è stata preparata e compiutai non è necessar1o che si'a una creazione di novità. I suo ufficio volle essere quello di liberare lo spirito italiano dalle artificiose sovrapposizioni e infiltrazioni esotiche, che minacciavano di soffocarlo e di corromperlo: dal Uberalismo di marca inglese, dalla de!J10crazia di mar– ca francese, dal collettivismo di marca germanica, d~l bolscevismo di marea russa. Essa volle restituire al– l'Italia la sua tradizione spirituale: niente di strano che si- proponga di richiamare in vita vecchie istituzioni.

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