Critica Sociale - XXXI - n. 4 - 16-28 febbraio 1921

OlUTWASOCIALE 57 L'articolo che segue ci è stato inviato già da più mesi; ma la mancaaza di spazio ci ha fatto tardare sin qui la pubblicazione. Ohi ce lo manda, pur incli– nando alle nostre idee, non appartiene al nostro Partito. Il problema che egli accenna non ci pare per questo men degno di considerazione: è un aspetto particolare della coinplessa questione che occupa e preoccupa così intensamente e passionatamente il nostro Partito; ed è un aspetto ohe, di fronte alla dottrina marxista la qnale ha posto in così chiaro rilievo la funzione dello strumento tecnico di produzione nel processo di evo– luzione economico sociale, è, evidentemente, -della più alta importanza. La CRITJCA SoCIALE. Lii diserzione della grande maggioranza dei tecnici e degli impiegati nella recente vertenza dei metallurgici è un fatto meritevole della più grande attenzione. Evidentemente la diserzione degli impiegati e, spe– cialmente, dei tecnici, ha un grande valore per la classe padronale; ma sarebbe un atto di è'ccessiva stima nella intelligenza di questa - e del resto nessun genio pa: dronale potrebbe frenare la fatale evoluzione - il. cre– dere che il capitale abbia sapute conquistare a sè i suoi collaboratori intellettuali. La classe padronale, mossa dall'unica preoccupazione del suo guadagno, non parte, nella retribuzione dei suoi collaboratori, sieno intellet– tuali o manuali, da altra considerazione che quella ·del minimo costo, non certo da,lla valutazione oggetti va del– l'importanza del lavor0 che ogni singolo collaboratore compi.e. Cosi è avvenuto c:he gli oper11-i, i quali per forza di numero e di organizzazione costituiscono la più seria preoccupazione ·dell'industriale, hanno ottenuto. miglio– ramenti in proporzione assai .più forte di quelli concessi ai collaboratori intellettuali, perchè. questi, inferiori di numero, per educazione più alieni dalle forme violente, più a contatto col padrone o coi suoi rappresentanti, sono sempre stati per la classe 'padronale un elemento molto più facile a dominare. Il rapporto tra la paga degli -:iperai e quella dei collaboratori intejlettua!i è così andato modificandosi e tutto in favore dei p1i~i; e poichè l'azione di questi, miraBdo a conseguire una maggiore retribuzione, viene anche, implicitamente, a rivendicare per ogni forma di lavoro una più adeguata retribuzione, è logico pensare che certamente migliori condizioni sa– rebbero fatte ai lavoratori intellettuali, j] giorno .che i loro compagni lavoratori del braccio prendessero a. ge– stire le fabbriche, che non siano oggi fatte loro da,lla classe padronale. Per tutto questo, ma più ancora per la naturale evo– luzione alla quale nessuna forza produttiva può sottrarsi, la categoria dei tecnici e degli impiegati sta compienùo la 8Ua emancipazione dalla classe padronale, perchè, come quelli degli operai, anclvci gli interessi dei collaborabori intPllettuali non possono coincidere con quelli dei padroni. Nei giorni della recente ver-tenza gli ingegneri - dirigenti e capi servizio - .si sono fatti quasi ola per tutto promotori della coalizione di tutti i tecnici ed im– piegati; chimici, dottori in scienze commerciali, ragio– nieri e la: grande maggioranza in genere degli impiegati hanno aderito a questo movimento, che dal ramo metal– lurgico è passato anche agli altri rami industria,li, con un consenso molto vasto. Sono parecchie decine di mi– gliaia di. lavoratori che, in modo diverso, hanno tutti proclamato la loro indipendenza dalla classe padronale ed hanno rìvendica,to il diritto di intervenire come parte indipendente nel conflitto tra classe padronale e classe ibliotecaGino Bianco· opera.ia , a rappresentare il fattore intellettuale della pro– duzione. L'impostazione da,ta dai mwvi ribelli' è economica– mente sbagliata. Due sole souo infatti le classi e non tre: da, una parte la cla,sse pa,dronale e dall'altra la classe · di tutti inclistintamente i lavoratori che mettono la loro opera a disposizione del capitale. Tutti, indistintamente, i lavorato1·i devono combattere uniti. · Premesso que~to, gio,a per altro ricercare quali siano le ragioni che hanno sin qui impedito e ritardano tùttora quest'unione. Certo contribuiscono a ciò pregiudizi sociali 1 diversità di temperam-enti, le relazioni che impiegati e tec– nici hanno, nell'azienda e nella fabbrica, da una parte coi padroni, d,,li'altra coi lavoratori manuali; ma si può dire, senza tema di errare; che, se l'uni_one fra le due categorie d'i lavoratori non si· compie e - con la più grande sod– disfazione padronale - si profila la forma~ione di due organizzazioni ind:pend'enti, 'e forse contrastanti, la ra– gione sostanziaie consiste ora sopra t.i.tto nella risoluta, cosciente avversione che la categoria dei lavoratori in– tellettuali ha per le concezioni estremiste che sembrano oggi dominare -. per effetto d'una propaganda o~tinata -' la massa operaia. i lavoratori intellettuali, dalla conoscenza delle esi– genze e del ·modo di fnnzionare dell'organismo produt– tivo, ricavata dalla •vita vissuta - giorno per giorno, ora per ot·a, conTesponsabilità maggiori o minori_:_ tra i pro– blemi della organizzazione della produzione, deducono· che i metodi estremisti porterebber~ un colpo fatale alla, produzi~ne, senza dare ua vantaggio qualsiasi agli èf– fetti della rea,lizzazione socialista. * * * Lascio- da pa,rte le condizioni speciali dell'Ita,Ùa ri- guardo alla sua necessità attua,le del credito estero per il rifornimento sia del grano sia di molte materie prime ne– cessarie alle .sue industrie; lascio da parte la, necessità c!ie ha il nostro organismo produttivo qi rìtrovare al più presto il suo equilibrio profondamente turbato 'dalla guerra, la quale ha cresciuto·artificialmente certe bi·anche d'industri& come la siderurgia e la meccanica, per le quali tanto pletorico sviluppo non è consentito nè ùal nostro meroa,to nè da quello mondia,le, in relazione spe– cialmente alla concorrenza che ci fanno, per prezzo e qualità, certi mercati esteri; lascio da parte tutte queste considerazioni, pur decisive, e mi limito all'e;ame pre– valentemente tecnico delle concezioni estremiste. La lucida previsione marxista pone la socializzazione come lo sbocco logico della evoluzione naturale dell'or– ganismo produttivo capitalistico, evoluzione che porta alla concentrazione di tutto intero l'organismo produt: tivo in pochi gruppi formidabili tecnicamente, fin'anzia– riamente, commerci11lmente. Questi gruppi, nei quali si concentra tqtta la produzione, nascono da a,lcuni nuclei primitivi che, per la legge che regola 19 sviluppo del– l'economia capitalistica e anche per la forza degli uomini che li orgapizzano e li guidano, si ingrandiscono a poco a poco, uccidendo o assorbendo gradatamente nella 101,0 organizzazione tutti gli organismi produttivi mepo po– teuti. In un ulteriore momento questi gruppi si collegano fra, loro, disciplinando reciprocamente ed inquadrando il proprio lavoro, riducendosi così sempre più di numero ed irnmentnndo di forza. Così il capitale ·prepara la socializzazione perchè, quando iitfto l'organismo produttivo sia concentrato in pochi gruppi, il passaggio dal regime capitalista al .re• gime socialista di produzione costituisce un fatto i cui risultati sono tecnicamente sicuri. Anche se -- come è a prevedersi - a operare allora questa trasformazione

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