Critica Sociale - anno XXXI - n.3 - 1-15 febbraio 1921

38 CRITICA SOO1ALE Non vi offendete se dico bene di voi dichiarando che, neglt stessi discorsi dei comp~gni avversari, di qnelli che più sono prigionieri di se stessi e della _loro tesi di ieri, ho trovato la prova che questa evoluzione è rapidamente in cammino. Qnanta differenza fra le avventate previsioni di Bologna ed i cauti discorsi degli estre1nisti e massimalisti di questo congresso! ( Com– menti, rumori. Una voce: Serrati!) 'l'U.HATI: Non faccio personalità; parlo in gene– rale. Voi non ve ne avvedete, ed è naturale. Ma voi correte verso di noi con la velocità di un treno lampo. Quando la mentalità di guerra (che non è colpa di nessuno) sarà evaporata, quando quella che, con frase felice Serrati 0hiamava il socialismo e la psicologia dei c~mbattenti, sarà esaurita, permettendo la rifles– Rione sulle esperienze fatte; allora io credo che l'unità del Partito, una unità più organica e più vera, tor– nerà a trionfare. Ecco perchè, pnre constat.ando i dis– sensi che non giova coprire ed attenuare, ma che giova invece denudare ed analizzare - poichè la critica è necessaria alla vita ed al pensiero dei partiti -, ecco perchò noi sian.o e rimarremo fermamente unitari. Ecco perchè ìo stesso, che passo per essere il più destro dei deRtri, io stesso mi uuisco con tutto il cuore alla mozione votata a Reggio Emilia, che vi sarà ripre– sentata qui, malgrado certe concessioni, certe transa– zioni, certe - vogliamo dirlo - ambiguità che essa qontiene, dovute ad nn onesto opportunismo di partito, al desiderio cioè di venire incontro a tutti i compagni, per realizzare con essi una salda e reale unità. (Ap· pi·ovazioni, commenti). Nella dottrina: Socialismo e Comunismo. Oompagui ! Non toccherò che due uote in questo breve discorso: la nota dottrinale e la nota pratica. Sul terreno dottrinale io rivendico sommariamente il mio ed il nostro dirit.to di cittadinanza nel Socialismo, che è il nostro Comuni smo, che non è il socialiqmo comu– nista o il comunismo socialista, perchè in queste de– nominazioni, artificiose e ibride, effettivamente l 'agget– ti vo scredita il sostantivo ed il sostantivo rinnega l'ag– gettivo. Il Comunismo ebbe due sensi nella storia del 1no– vimento dei lavoratori : o ·fu il comunismo critico di Marx e di Engels, contrapposto, per ragioni tutte tede– sche e transeunti, ai vari falsi socialismi (feudale, filan– tropico ecc.), antirivoluzionari tutti, che sono stati su– perati da nn pezzo, ovunque; - oppure fu il comu– nismo ideologico nelle previsioni della futura società, il quale al concetto del collettivismo (a ciascuno se– condo il suo lavoro, salvo - s'intende - i diritti di assistenza per gli invalidi per i vecchi, per i bimbi), opponeva come fase successiva il concetto pifa ampio: « a ciascuno secondo i suoi bisogni>, cont.:elto questo applicabile solo ad una società progredita, in cui sia abbondanza di prodotti. Successioni di fasi, dunque, anziché opposizione di concetti e di Ristemi. Compagni! Questo Comunismo, che si chiama poi Socialismo, può anche espellermi dalle file del Partito, ma non mi espellerà mai da se stesso, perchè franca– mente, compagni (attri.lluitelo al privilegio dell'anzia– nità, non ad un nost1·0 merito personale), questo So– cialis,no, questo Comunismo non solo lo avevamo imparato fino dalìa giovinezza, ma lo abbiamo in Italia, da lunghi anni, insegnato alle masse e ai partiti d'avan– guardia, quando questi l'ignoravano, quando lo temevano, È uscito in opuscolo, col titolo SOCIALISMO E MASSIMALISMO il disco rso detto da F11,1PP0 •ru1tA-r1 al Congresso socia– lista.di Bologna dell'ottobre 1919. E in deposito presso la Frazione di concentraiio11e socialista /via S. Giovanni in Conca, 4, Jml11no)a cui le richieste devono essere inviate. Il prezzo per ogni copia è di cent. 60. P.ir richieste superiori alle 20 copie il prezzo è ridotto del 100/o; ol– tre le 50 copie del 20 Ofo. BibliotecaGitlo Bianco lo sospettavano lo avversavano. È cosi che io, con alt~·i pochissimi, in un tempo che i giovani non possono n– cordare, abbiawo portato nelle lotte proleta1je italiane le finalità supreme del S0cialismo: la conquista del po– tere da parte della dasse proletaria, costituita in par– tito indipeudente di classe. Questa conquista del potere, che Terracini enunciava come un punto di distinzione fra la sua e la mia frazione, fra il programma antico e il programma nuovo, che egli confessò essere tut– tavia in faticosa elaborazione, è, da 30 anni ormai, il glorioso programma del partito socialista (approvazioni, commenti). Io pos1:10 perciò nmichevolmeute sorridere di queste novità e di queste pretese scoperte, che furnuo l'a– nima della nostra vita dn quando incominciammo a pensare (appruvazio11iJ. Quel che veramente ci distingue. Ma nou è r1uesto che ci distingue oggi. Ciò che ci distingue 11011 è la generale ideologia socialista. - la questione del line e 111•ppurade.i grandi mezzi (lot. ta di classe, conquista del potere etc.) - ; maè ·la valu– tazione della maturità della situazione e lo apprezzamento del valore di alcuni mezzi episodici. Primo fra questi la violenza, che per noi non è e non pu6 essere programma, che alcuni acc:ettano pienamente e vogliono organizzare (comunisti), altri accettano soltanto a metà (u1,itari comunisti o viceversa). Altro segno di distin– zione è la dittatura del proletai·iato, che per noi, o è dittatura di 1 minoranzn, ed è dispotismo che genererà naturalmente la vittoriosa controrivoluzione, od è di magg!oranza, ccl è un non ,senso, è una contraddizione in termini, poichè la m ,ggioranza è la sovranità le– gittima, non può e1:1s11re la dittatura. . Terzo punto di di3senso è la coerciziùne del pen– siero, la p,•rsecuzioue, nell'interno del Partito, dell'ere– sia, che fu l'origine rd è la vita stessa del Partito, la grande sua forza salvatrice e rinnovatriM, la ga– ranzia ohe esso po1:1sa lottare contro lo forze materiali e morali che gli si parano di contro. Ora tutti e f re qnesti concetti si riso! vono poi sempre in un solo: uel culto della violenza, sia !\Sterna od i11terna, e hanno un s010 presupposto, nel quale è iJ vero e maggiore punto di diverge1Jza tra_ noi: la il– lusione che la ri voluz10ne sia il fatto volontario di un giorno o di un mese, sia 1' improvviso oal11re di 1111 scenario o l'alzarsi di un sipario, sia i l fatto di nn domani o di un posdomani del calendario; ment.re la rivoluzione soci11le non è un fatto di un g iorno o di un mèse, è il fatto di oggi, di ieri, i: fatto di sempre, che esce dalle viscere stesse della- società capitalista, di cui noi creiamo soltanto la consapevolezza, e cosi ne agevoliamo l'avvento; mentre nella rivoluzione ci siamo, e matura nei decenni, e trionferà tanto prÌl presto, quanto meno lo sfoggio della violenza, provo– cando prove premature e suscitando reazioni trion– fanti, ne devierà il cammino. Ond'è che pe1·noi gli scor– cioni sono sempre la via più lunga, e la via creduta più lunga è stata e sarà semprn la più breve. La evoluzione si confonde nella rivoluzione, è la rivolnzione stessa, senza sperperi di fo1,ze, senza delusioni, senza ritorni. Ed ecco perchè il concetto lumeggiato dal compa– gno Serrati, secondo cui, in omaggio alla disciplina (la quale, ragionevolmente intesa, noi accettiamo senza ri– serve e senza ipocrisie), noi dovremmo, piì1 di ieri, sottometterci ed appartarci, questo coneetto deve eR– sere inteso ce,n molto grano di sale, al pari delta for– mula stereotipa della libertà del pensiero e della cri– tica combinata con la disciplina nell'azione (commenti). Ma quando, in un Partito come il nostro, incomincia l'azione? quando finisce? Per cpi crede al momento taumaturgico del trapasso, l'azione è di uneinomento; e allora si capisce la sottomissione, l'appartarsi di chi non può cooperare. Ma se l'azione è nei decenni, ma se la rivoluzione non è il fatto di un istante, ma il frutto di una lenta e faticosa conquista, allora, compagno Serrati, chi si sot- •

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