Critica Sociale - Anno XXV - n. 2 - 16-31 gennaio 1915

""""""""'"""""" CRITICA SOCIALE 27 Nell'ultimo Congresso socialista internazionale, Keir Hardie, con molta eloquenza, caldege;iò la politica dello sciopero generale. Ledebour di Berlino, sarcasticamente, disse di ravvisare in quella smania di pace universale un sintomo della degenerazione dell'Inghilterra. Io 'di– chiarai che quello era un discorso piuttosto da dema– gogo che da socialista, e che l'ostacolo maggiore alla pace sta va nella Prussia. I fatti ora lo comprovano; Ledebour può compiacersi a sua posta della degenera– zione dell'Inghilterra; la Germania, sti·oppiata ed umi– liata, ritraendosi entro i suoi confini, riprenderà in esame la questione della giustizia sociale, ma è pro.babile che i suoi socialisti portino al proRsimo Congresso interna– zionale una disposizione di spirito più .... castigata. *.., Assodiamo ora le cause della guerra. Gli antagonismi di razza, le vecchie gelosie, l'arroganza delle aristo– crazie, l'avidità dei giornali prezzolati, tutti questi coef– ficienti, pure sosteno11do la loro purte infernale, a nulla avrebbero approdato senza quella che è la causa fon– damentale della guerra: la rivalità commerciale che rampolla dalla radice centrale del nostro sistema di produzione. Le merci si producono non pel consumo, ma pel protitto. Senza profitto niente consumo, tale è la formula. Non percependo i lavoratori l'equivalente di quanto producono, c'è un soprappiù da smaltire prima che i lavoratori possano tornare a produrre. Da più decenni le nazioni più avanzate dovettero, a un dato momento, procurarsi dei lnercati all'estero per– chè il loro proletariato non morisse di fame. In ogni paese calarono i salari, crebbe il costo della vita, e il malcontento sociale si addensa sempre più come una nube nel cielo. La• atatistica dei voti socialisti tedeschi nell'ultimo quarantennio ci svela graficamente la forza che spin– geva quelle classi dirigenti. ... dove? - alla guerra contro i loro concorrenti sui mercati. Che altro pote-. vano fare? Ancora un paio di milioni di voti, e i " bri– ganti senza patria,, raggiungevano al. Reichstag tale possanza, da rendere impossibile alla borghesia rii go– vernare. Era egli concepibile che coteste classi, rap– presentanti il più avido parassitismo sullo Stato, fa– cessero gra,ziosa e spontanea rinuncia del potere? Diceva Caterina di Russia: " L'unico mezzo per salvare il no– stro dominio dalle usurpazioni del popolo è una guerra che sostituisca alle aspirazioni sociali le passioni na– zionali"' La guerra nCln solo modifica in un giorno la psico- logia del popolo; essa dissipa inoltre le cagioni mate– riali di qnella apoplessia economica, che è come la tabe senile del capitalismo. Distruggendo uomini, allevia la congestione del mercato del lavoro; distruggendo merci, preparn lavoro ai superstiti. Questo evidente paradosso - la distruzione che crea la prosperità - eRaspera, lo so, gli economisti del capitalismo, ma non più di quel che esasperi i socialisti tutto il sistema di produzione capitaliAta con quell'altro suo paradosso per cui il la– voratore, più accresce la ricchezza da lui prodotta, e tanto più langue in miseria. L'essenziale per le classi dirigenti è che, nelle guerre, si vinca; o il domii:iio del mondo o la rovina: questo il dilemma. Vincendo, conquistate i mercati altrui, le vostre fabbriche rimangono intatte, e incassate una vi– stosa indennità da impiegarsi nell'acqui~to di materia prima e nell'avviamento. I lavoratori passano dal campo di battaglia a quello del lavoro, a produrre per le nuove Colonie: la Persia prussiana, l'Egitto prussiano, magari il Brasile prussiano. ljoteca Gino Bianco , I Al contrario, se non avete conquistato nuove Colonie, se le vostre fabbriche sono distrutte e dovete, per so– prassello, pagare per la ricostruzione delle fabhriche altrui - allora nel vostro paese tutti saran poveri: l'amarezza, la disillusione, diffuse, prepareranno più aspre contese all'interno. Si confrontino le· condizioni industriali dell'Inghilterra dopo la guerra Boera, o degli Stati Uniti dopo la guerra colla Spagna, con quelle della Russia dopo la guerra Giapponese. 1o· non penso - scrivendo questo articolo per la Critica a dicembre inoltrato - che la Germania possa più uscire vincitrice dall'odierno conflitto. Si mante– nesse pure fino a priµiavera su la linea-che orà occupa, le nuove forze degli alleati non riuscissero allora che a respingerla entro i suoi vecchi confini, e la lotta ter– minasse pure per esaurimento dei combattenti o con un compromesso imposto dal senso morale .delle genti civili - comunque, il popolo Tedesco non avrà cavato alcun vanta~gio proporzionato al colossale suo sacri– .fizio. Che avverrà allora? Oggi, bene o male, circa otto milioni di Tedeschi stanno sotto le armi, nutriti e man– tenuti dallo Stato, mentre altri otto milioni sono occu– pati ad apprestar loro vettovaglie, vesti, mun.izioni. Alla firma del trattato di pace, ogni cosa si muta. Sette dei primi otto milioni vengono licenziati e deb– bono provvedere da sè a se stessi; degli altri otto mi– lioni la più parte rimane disoccupata. La storia non ha. esempio di una uguale disorganizzazione economica; e ciò si produce, si noti, nel paese il meglio organil,;zato del mondo - e quindi il più sensibile. ,Pensa il let– tore che il vigente sistema di " produzione pel pro– fitto ,, valga a fronteggiarti una crisi così gigantesca, sia pure in uno Stato accentrato come il Tedesco, e possa dar lavoro a tanti milioni di malcontenti, nutrirli e soddisfare ai loro bisogni? La Germania, così mera– vigliosamente preparata per la guerl'a, credete voi che lo sia in pari. grado .... pel' la bancarotta della guerra? Posseggo lettere di qualcun~ che è tra i leadei·s in– tellettuali dei socialisti tedeschi; non lo nomino sol– tanto perchè in questo momento potrei procurargli delle noie nel suo paese. Ebbene, egli narra che esiste come una tacita intesa, fra i socialisti tedeschi, di non agi– tare fra loro la questione della guerra, pel motivo che la discussione non potrehbe che riuscire unilaterale, non essendo possibile ai fautori di una insurrezione esprimere liberamente le loro vedute. Secondo lui, un qualsiasi tentativo che i socialisti facessero per impe– dire la guerra sarebbe subito represso. Ma, dopo la guerra - più ancora dopo il suo insuccesso -· la in– surrezione è più che probabile. Non occorrerebbe pro– clamare lo sciopero· generale: esso scoppierebbe da sè. Queste cose, scritte nel 1907, mi pare acquistino pro– prio ora il loro valore. Da notare che, per biasimevole che appaia, da un punto di vista internazionale, il contegno dei socialisti tedeschi. esso li colloca magnificamente dal punto di vista .... ~azionale. Sé il partito osteggiava la guerra, i militaristi giustificherebbero l'insuccesso col tradimento socialista. Ora invece s0no i socialisti che possono dir · forte : " Noi si fece del nostro meglio ; lo stesso Kaiser ci ha dovuto rilasciare un certificato di buona con– dotta! La colpa del disastro non fu dunque dei soldati nè del popolo, ma di voi, reggitori, che sollevaste t_utto il mondo in arme contro di voi. Siete degli inetti ; riti– ratevi! ,,. La Germania è oggi la nazione più istruita del mondo,

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