Critica Sociale - XXIV - n. 21 - 1-15 novembre 1914

CRITICASOCIALE 329 liano, anche un altro vanta,ggio. Ci permetLerebbe, di verità. Noi siamo vissuti da quasi mezzo secolo meglio che l'opposizione assoluw. ad og.n.iazione con- come sul pendio d'un vulcano, che qua e là, ad lro l'Auslr.ia, di innuire sullo Sta lo•,perchè non segua ora ad ora,appena dà qualche vibrazione ed emett? i nazionalisti nella mania di conquista nell'Adriatico, qualche pennacchio di fumo, ma che nessuno ..n~ ollro i limiti geograficamente italiani. teneva più dovesse riaccendersi per intero; noi c1 L'Ilali.a ha ogni inLeresse acl o,lLener,e, libe·rlù di mo- siamo accapigliati su questioni economiche, sociadli, politiche; abbiamo sognato l'Internazionale, il i– viment.i nell'Adriatico. Ma, come•paese di popolazione sarmo, la Federazione europea, il socialismo, il non, grande, di sc:irsc risorse economiche e di non sindacalismo, l'Impero etiopico, ecc.; abbiamo con– sicura posizione geografica, cJ.eve• studiarsi di tenersi siderato come ferravecchi a,ntiquati, da relegarsi fuori della cont,esa fra i due grandi blocchi cJ.ipopo- ai IDusei, i cannoni, le fattezze, le corazzate, le la.zione, i·! tedesco e lo stavo·, e de,,e rinunziare al torpediniere; abbiamo sprezzato come ideologie predominio .assoluto in quel mare. Ogni pretesa in tal antiquate le questioni di nazionalità, le questioni senso, seguila da un tentativo di attuazione, attire- istituzionali politiche, ece.; ed ecco d'un colpo le rebbe conlr? l'It.alia l'inimieizia di tutti gli Stati che due revolverate di Serajevo, riverberandosi per ora occupano, 0 occuperanno domani, parte delle rive tutta Europa, anzi per tutto ·n mondo e diven- tamio colpi di fucile, di cannoni, di bombe e de– di quel mare. L'occupazione di Vallona pare sia un vastando terre e mari. troncano tutte le nostre primo p•asso sulla via fatale dell'imperialismo itali,ano quisquilie, 'c i fanno sostare esterrefatti e ci mo– nell'Adriatico. Forse il « sacro egoismo>> di Salandra strano che l e questioni nazionali, le questioni po– non sign,i.[ìoovaaillro. Contro questo peri•colo acquisle- litiche istituzionali ponno ancora scatenare ura– r,emmo diritto di agire, quando non avessimo già sc!'e- gani e teIDpeste, e che tutte le altre nostre discus– ditata la nostra op,era, osteggiando le rivendicazioni sioni e contese erano rese possibili solo dal nostro delle popokizioni italiane delì'Austria. ' oblìo delle realtà profonde. Le conolusioni di questo articolo potranno appai'ire Io confesso di non invidiare coloro che di questa poco socialiste solo a coloro che si fermano all'appa- catastrofe discorrono con le solite frasi fatte, che rnnza d,elle cose. Esso è stato sc1'ilto tenendo· pr•esenti erano di moda prima che scoppiasse; con gli in- teressi delle ditte addette agli armamenti, con gli cs·clusivamente le nec,essità g,enerali del movimento, intrighi della diplomazia, con le alleanze segrete, e conclude a dif-esa d•ella civiltà e della libertà, che con le preoccupazioni coloniali, col protezionismo, non sono soltanto concetti a"ccettati ed integrali n,e,J- col capitalismo, ecc. Per mio conto, se ·4,.damo l'ideale socialista, ma anche condizi,oni che facilitano Smith, se Marx, se Spencer, se Norman· Angeli, immensamente la Yitloria d,el proletariato rivol-uzio- spiegano ciascuno qualcosa, sento che tutti as– nario. sieme restano assai reIDoti dalla realtà paurosa Se attendessimo, in•erti, che, dopo il Belgio, la che ci opprime e ci affanna. Tutto questo discor– Francia fosse aHa sua volta annientala come nazione, rere di mediazioni, di prossima o lontana fine l'Inghi!Lerra umi,liata, e l'Europa intera ridotta soU.o della guerra, di ricostruzione dell'Europa su que– i! calca,gno di Guglielmo Hohenzollern, tran,emmo poi sta o quella base, di disarmo, di riduzione di ar- mamenti, di statizzazione e internazionalizzazione magro conforto dall'aver contribuito a mantener-e l'I- <legli armamenti, di amministrazione collettiva talia in p-ace, poichè quella sarebbe, per i popoli tutti, delle colonie; in quanto proviene in massima da la pace della comune servitù. persone che - coltissima ciascuna nella sua sfera E. C. LoNGOBARDI. - mancano per lo più di senso storico, del senso LA CRISI. EUROPEA· NELLE SUE' CAUSE PROFONDE E tuttavia, libera tu, o Padre Zeus, I figli degli Achei da questa nube e ra sereno Il cielo al di sopra di essi, e concedi al loro or.chi di· vedere, afflnchè, se è tua volonti, di ucciderli, tu Il uccida nella luce. Cosi c,l'II parlò, e Il padre Zeus spinse In giro 10·sguardo n lui e ne fl:l pietoso. E tosto dissipò In nebbia e scacciò In tenebra dal cielo, e 11 sole risplendette e chiara ap– parve per Intero la battaglia. • Preghie,·a d·i Aiace. ILIADE, XVII, 645-650. Hegel dice in una delle maggiori sue opere che intorno alle cose_ più grandi e importanti della vita non può scrivere davvero se non chi ne ha tremato da capo a piedi. Ed invero non ci si ac– corge di esser di fronte alla realtà, se non quando e nella misura in cui qualcosa, come uno scroscio di fulmine, sconquassa le nostre usuali abitudini di vita, le categorie solite del nostro pensiero, tra– scendendo ogni nostro sogno, ogni nostra paura. Tale è la guerra attuale, una guerra cui nessun continente, nessun mare è estraneo, una guerra in cui sono coinvolte nove nazioni soltanto, ma le cui conseguenze fin d'ora toccano tutti gli altri popoli, s'impongono alla borsa, al cervello, al cuore d'ogni abitante della terra e scuotono le fonda– menta stessa d'ogni nostro giudizio di valore e ioteca Gino Bianco cioe delle realtà èontinue, invisibili, impalpabili, delle abitudini, delle aspirazioni, delle fiducie e delle sfidncie che plasmano le istituzioni e le so– cietà e ne fanno non meri aggregati di individui e di classi, non meri conglomerati di interessi, sibbene organismi psichici storici, di cui gli indi– vidui e le classi sono solo centri, veicoli, e, presi a sè, astrazioni ; ha perfino l'effetto non solo di irritarmi, ma di spaventarmi, perchè, appunto, di fronte a una scossa come questa, sento di quanto il pensiero più riccq è povero e impotente a ri'. flettere la realtà. • Mi irritano e mi. spaventano non perchè io non condivida il loro senso d'orrore, le loro nobili impazienze e le loro idealità, ma perchè - igno– ranza forse essenziale al loro entusiasmo e alla loro funzione nel complesso storico - con l'igno– rare la profondità delle radici del male, la dif– ficoltà dell'estirparle, il costo dell'impresa, essi possono forse impedire o ritardare o attenuare quella piena Nemesi, dalla quale soltanto può pro– cedere un• radicale inizio di nuova storia. Questa guerra, come il terremoto, ci avverte della insta– bilità delle fondamenta della nostra vita abituale, delle nostre fortune, delle nostre certezze più salde, delle nostre cognizioni più sicure e più limpidamente chiare. Possiamo noi credere sul serio che i diplomatici siano belve assetate di sangue, o decadenti che, chiusi nei loro palazzi, non sentono più il fervore della vita? Possiamo noi credere sul serio, che la devozione, l'entusia– smo, l'eroismo con cùi da opposte parti decine di

RkJQdWJsaXNoZXIy