Critica Sociale XXIII - n.22-24 - 16 nov.-16 dic. 1913

• CRITICA SOCIALE 349 e con quanta maggiore prec1s10ne, con quanta più eroica sincerità confesserà il concetto che lo muove, l'interesse che rappresenta, la. visione che lo _anima. È con questo sentimento ch'io prendo la parola, primo fra i miei compagni non per altro che per il non invidiabile privilegio dell'anzianità, fiero tuttavia di parlare in nome di questi giovani che sono oggi i fratelli d'arme e saranno domani i continuatori ai -quali consegneremo la fiaccola sacra dell'ideale; di ,questi giovani, la ooi effervescenza, se oggi può pa– rervi molesta - giustificata del resto dall'accoglienza che fu loro fatta quando son giunti q,ui dentro - è sintomo e promessa di vitalità, poichè, se, com'io ne son cer_to, dissipatasi la spuma, rimarrà la sostanza -di un vino forte e sincero, non sarà inutile alla salute -dell'istituto parlamentare. La risposta della Nazione. Nè a noi, che non siamo dei formalisti, può spia– •Cere che un dibattito alto s'inizii intorno alla parola ciel Re, anzichè a quella, forse· meno impersonale, di :un Presidente di Repubblica; poichè vuole il rito che nella parola ciel Re, che è quella dei ministri respon– sabili, qualche cosa debba risuonare, che è più alto -dei meschini interessi e delle passioni di parte. Se !'on. G.iolitti ha dettato il discorso del Sovrano, certo -egli avrà con ogni cura tentato di <e sgiolittizzarsi >> il più che gli fosse possibile ... (Ilarità). E se dei pes– simi monarchici hanno fatto pronunziare al Re tante promesse mancate (tanto che potè dirsi che la raccolta dei discorsi della Corona sarebbe il libro più sovver– .sivo che possa stamparsi in Italia), noi di questo non -ci compiacciamo ... -Si è detto e si ripete volentieri che, a proposito del -discorso della Corona, si può discutere di tutto. Di tutto, sia pure, non· dunque· di qualche frammento; non sia l'attaccapanni a cui ciascuno possa appendere le proprie particolari vedute e intime miserie. Sì, di– scutiamo di tutto. E allora la risposta non sia, come non deve essere, risposta di una parte. della Camera; neppure sia la risiposta della maggioranza. Il Re non parla ai partiti, parla alla Nazione. Perciò questo in– .dirizzo è compilato non da una Commissione delle solitè, eletta a maggi.oranìa, ma da una Commissione speciale, eletta e presieduta dal Presidente della Ca– mera; in nome della Camera intera, di tutta, come .in esso si ripete ad esuberanza, la Rappresentanza nazionale. Il monarca ha parlato. La nazione risponde. Si domanda: in questo documento, eh.e ci chiamate .a discutere, risuona e vibra veramente la voce della Nazione? È esso veramente la risposta della Nazione? .Perchè, se esso deve discutersi, ciò significa che è un·a vera risposta, non più, come un tempo,· un atto -cli cerimoniale, non più una semplice parafrasi; nè, -d'altronde, !'on. Orlando è uomo da volentieri adat- tarsi a cotesto stupido genere di letteratura. Carlo Marx alla Reggia. Tanto meno una parafrasi potrebbe essere in questa -òccasione: quando la stessa Corona, nel suo messag– _gio, dichiara di rivolgere questa volta il suo saluto .alla Rappresentanza nazionale « con la più completa fiducia, c-he essa, eletta per la prima volta a suffragio universale, sarebbe la rappresentanza di tutte le clas– .si, la sicura tutrice dei loro legittimi interessi e delle flte idealità del!Q patria ». E la nostra Commissione ribadisce il concetto me– desimo afTermando che « soltanto adesso la volontà nazionale ha trovato la sua più diretta e universale espressione ». Ecco qui, on. Giolitti, una preziosa confessione. Si è tanto scherzalo, un tempo, da lei e da altri, su quel povero Marx confinato in soffitta, e ieri di Marx travestito che fece il suo ingresso in Senato; ebbene, ecco Marx alla Reggia, che parla per bocca del Re; il quale riconosce apertamente la lotta di classe; di– chia_ra che solo col suffragio universale possono tutte le classi essere rappresentate. O non fu fino a ieri un dogma ortodosso che il Parlamento, anche a suf– fragio ristretto, rappresentava ugualmente tutte le classi? Non eravamo dei blasfemi noi a negarlo e non ci hanno tante volte per questo minacciato il cellulare o il domicilio coatto? Allargato il sufTragio, l'eresia di ieri diventa orto– dossia. Anche le classi dirigenti, quando una verità ·più loro non nuoce, sono capaci di diventare sincere. , (Ilarità). Il pi·oletariato alla Camera. Certo è, comunque, che oggimai tutte le classi, vir– tualmente almeno, sono qui dentro rappresentate; dal virtuale all'efTettivo, dalla potenzialità alla realtà, vi è cli mezzo un'evoluzione storica; non si improvvisano le capacità popolari, non si mutano con un colpo di bacchetta magica i servi in cittadini, e l'anima stessa dei Parlamenti. non si muta dall'oggi al domani per decreto reale. Finchè sia, d'altronde, disuguaglianza economica, non sarà mai perfetta uguaglianza civile e politica. Ma, poichè l'adito è aperto, questo è appunto il còmpito nostro: fare che ciò, che è divenuto possi– bile, si converta al più presto in piena e viva realtà. Allora non si vedrà più una nazione di 35 milioni di abitanti, dei quali 30 milioni sono proletari, rappre– sentata, su 508 deputati, da circa 500 fra possidenti e professionisti. Poichè ancora noi del gruppo socia– lista siamo, in qualche modo, la più parte, i negotio– rum gestores degli interessi proletari, in attesa che essi siano qui più direttamente e autenticamente rap– presentati e difesi . Tutto ciò, on. colleghi, non è che un motivo di .più per interrogare questo primo esperimento di sufTragio universale con animo spregiudicato e non partigiano, e tentare di indovinarne i palpiti, di intravedere quello che da esso si annunzia in forma ancora embripnale, per fissarlo in quella che dev'essere la risposta della nazione al discorso reale, resa con la voce dell'As- semblea elettiva. · La Maggioranza. Dell'Assemblea elettiva, come ho già detto, non della sola maggioranza. Non di una qualsiasi maggioranza di un Parlamento q·ualsiasi, e tanto meno di questa. Invero, che cos'è una maggioranza? forse è essa ùn partito? ha essa, pel fatto di essere la màggioranza, un pensiero da esprimere, una idealità da afTermare? Che cos'è una maggioranza, che cos'è questa mag– gioranza, se non un'espressione numerica, una massa amorfa ed instabile, in ciò solo coerente a sè stessa: nel proclamarsi fedele ai ministri che salgono, per ab– bandonarli caduti? E, in verità, è forse soltanto ciel Parlamento ita– liano questo curioso fenomeno: di una maggioranza che pretende di farsi rnlere come un partito, non per

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