Critica Sociale - XXIII - n. 2-3 - 16 gen.-1 feb. 1913

CRITICA SOCIALE legge che consenta di mettere in pubblico, senza an– dare' in galera, tntti i panni sudici di madonna Stampa?), noi ci limitiamo a chiedere il minimo dai signori im– piegati, cioè cbe, nell'adempimento delle loro funzioni e nelle loro contese, portino tutti, e specialmente i pie-. coli ed i giovani, un po' di fegato sano e di virtù ar– mata, e. che, prima di urlare o di vociferare contro l'amministrazione pubblica, come se fosse nè più nè meno che una suburra, e contro superiori e colleghi, come se fossero null'altro che masnadieri, facciano un serio esame di coscienza e vedano se, quando loro ha fatto comodo, non si sono dimostrati più masnadieri degli alt.ri o non hanno legato l'asino dove voleva il padrone, sai vo naturalmente dir poi del padrone plagas nei cor– ridoi e nelle anticamere, all'usanza di ogni buon ser– vitore. La legge sullo stato giuridico avrà calcato troppo la mano sull'argomento della disciplina; ma chiunque, al pari del sottoscritto (che pure è travet e non di animo servile nè pavido), ha la ferma convinzione p~e senza ordine non c'è regola e senza• disciplina non può esi– stere nè organizzazione nè amministrazione, deve r.on – veoire esser meno dannoso uno stringimento di· freni che non il dilagare ùi quella assoluta libertà piazzaiola, che 110nè sempre indice, in chi ne usa e ne abusa, di se11 ti menti coraggiosi e civili. Già, anzitutto, vorremmo sapere quale babilonia di– verrebbe mai la pubhlica azienda quando se ne por– tasse ·in piazza ogni provvedimento e sopra ogni prov– vedimento si facesse riversare (e nulla di più facile nel beato regno d'Italia!) il sospetto di frodi o d':in– gi u~tizie. Si µaria tanto di modernizzare, di sveltire e per~ino d'industrializzare l'Ammiuistrazione dello Stato, e non si pensa che il maggior ostacolo ad ogni sem– pliticazione è costituito dalla necessità di giustificare, di docnmentare, rli lardellare di pezze d'appoggio og11i , pi i1 piccola ed insignificante esplicazione d'attività, per allo11tanare i ~osµetti e le accuse; tal che è canone in bnrocrazia che sia meglio non fare che fare, quando del fare non si possa rendere miuutissimo, ineccepibi– lissimo conto. E potremmo narrare a questo proposito aneddoti gustosi. Ma, a parte ciò, noi temiamo forte che, se domani fosse consentita la. massima libertà, si espli~herebbe di regola nella ·peggior maniera, vale a dire con le forme collettive e tumultuarie, con dimostrazioni, comi_zi, et_similia, dove .la responsabilità di ognuno si attenua, quando non si fonde e si confonde, con la responsa– bilità di tutti; ben raro sarebbe il caso di impiegati singoli, capaci di ergersi a denunciatori di l'.tti ammi– nistrativi scorretti. Oh! se la pianta del funzionario di fegato fosse molto comune, qual magnifico controllo interno si avrebbe, ora e sempre, senza bfaogno di quellò esterno degli incompetenti che leggono i giornali o popolano le as:3emblee ! Ma il male che più rode la bu– rocrazia è la paura; paura, nei tanto dispregiati gros-bon– nets, di scontentare il potere politico che incombe sopra· la pubblica amministrazione; paura, nei bonnets piccoli, di alienarsi i grossi. Si tratta di un circolo vizioso, che nessuna legge può infrangere. Concedete domani la matisima libertà, e troverete il Campanozzi e l'Otto– lenghi che avranno il coraggio delle lo~o idee e parle– ranno chiaro, come parlavano prima, e, come prima, pagheranno di persona. Sicuro! Perchè come prima, se anche sparissero la destituzione e la revocazione ri– marrebbe sempre io mano ai superiori la carriera' dei dipendenti, a meno che non si volessero demandare anche le promozioni alle assemblee degli interessati! E la carriera è tale argomento da convertire in man– suete pecore tanti di coloro che più hanno l'aria di affannarsi per l'interesse pubblico. La nostra condusione è una sola: non insistiamo, per carità, nell'affermare che, senza la riforma delle pre– senti leggi, i poveri impiegati non abbiano modo di condursi da onesta gente. Gridiamo invece alto e forte che, con qualunque legge, anche la più retriva, c'è sempre maniera di non rendersi birbanti e, complici di birbanti, purchè ci si senta in grado di affrontare gli inconvenienti che derivano dal chiamar ladro il ladro e concussore il concussore. Per chi non vuol noie e · grattacapi, per chi ÈI alieno da qualsiasi lotta e com pe– tizione (e, 99. su cento, gli impiegati sono impiegati ap– punto per questo), ogni disposizione legislativa, anche la più liberale, sarebbe inutile. Essa servirebbe soltanto alle rumorose dimostrazioni dei giovani turchi, che sempre più spavente!·ebbero le animule burocratiche, e più lente e più.impacciate le renderebbero nell'adem– pimento dei loro doveri. PETER AUGEN. L'articolo di Petei· Augen, che tocca un aspetto speciale dei limiti assegnabili alla libertà di ma– nifestazione e di critica del pubblico impiegato, merita una parola di commento. . Nessun dubbio .che vi abbiano, in tutte le Am– ministrazioni, pubbliche e private, sPgreti, più o meno gelosi, da rispettare. L'impiegato, che co– munichi prima del tempo il tema di un esame, o le proposte di un concorrente a un appalto, o llll segreto di fabbrica, ecc., tradisce il suo preciso dovere e, lo faccia per lucro o per leggerezza, ciò influirà unicamente sul grarlo della sua respon– sabilità. E, del pari, nessun dubbio circa il do– vere di resistere a un superiore, che pretenda la complicità eci il silenzio di un dipendeute nella froci e, nel l'illegalità, uell'@ffesa pateute · al la mo– rale. Ma non è, di regola, su questi due' casi sem– plici, opposti ed estremi, i quali hanno in sè, po– tremmo dire, la propria soluzione, che sorge la contesa. Bensì è quando non .rli frode manifesta si tratta, nè <li segreto . <l'ufficio vero e proprio, affidato a quel dato impiegato per -ragione della sua funzione speciale, ma di tutti quei fatti che, attinenòo agli ordinamenti amministrativi, o al– l'indirizzo tecni,co e politico, e involgeudo o iudi– ziando errori,· ingiustizie, abusie favoritismi, ven– gono più facilmente a conoscenza di chi ,vive nel.la chiostra degli Uffici e possono interessare o il ceto rlegli impiegati o,i anche, più largamente, la pub– blica opinione. Allora sorge il conflitto fra l'iute– resse alla libertà della propalazione e della critica e i freni che il Governo, i dirigenti, gli interessati al silenzio pretendono imporre a codesta libertà. Gli esempi di Campanozzi, Ottoleughi, ecc., che ricor,ia Pder· Augen, riflettono 11,ppnuto casi somi– gliauti, nei quali la rivela,doue o la critica.riguar– davano fa,tti e sistemi di altissimo int~resse gene– rale e politico. In siffatte denunzie, polemiche, agitazioni, possono anche intercorrere enori, vio-· lenze di lingull,ggio, episodi cii partigianeria, <li– fetti ed ecces_si inseparabili <la tutte le controversie in cui soffia la passione. (Non parliamo della sem– plice espressione di opinioni politiche eterodosse, che dovrebbe esser libera - e an.cora non è - a tutti i cittadini, impiegati o no, in ogni Stato ci– vile). E dietro gli agitatori e i critici disinteres-" sati e rispettabili, come quelli testè citati, anche vengono sovente i dozzinali e rniatti criticonzoli,

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